Capitolo 8
Dopo aver pronunciato quelle parole, i due ragazzi si scambiarono ancora qualche sguardo perplesso e scioccato. Jregh si appoggiò ad un albero lì vicino e sprofondò seduto tra le radici mentre Ophelia osservava l'amico, senza saper bene cosa dire.
Rimasero ancora qualche minuto in silenzio, minuti che in realtà si trasformarono in un'ora. Il fischio del vento e lo scorrere dell'acqua erano le uniche melodie che accompagnavano quell'attimo.
<<Non sono pazzo, Ophelia. So che può sembrare impossibile e incredibile, ma in tutta la mia vita solo due persone mi hanno donato tanto calore, mia madre e mia nonna e sono sicuro che, quella figura bianca sia mia madre.>> disse il ragazzo, volgendo il suo sguardo verso il ruscello.
<<Non potrei mai prenderti per pazzo! Insomma, non mi hai giudicata tu per quello che mi succede, non lo farò io per questa tua affermazione. Posso solo chiederti il perché credi sia lei?>> domandò la rossa.
<<Perché solo lei riusciva a farmi sentire al sicuro con una carezza, solo lei...>>
Ophelia si avvicinò a lui e lo avvolse in un abbraccio. Ci sono momenti in cui le parole non bastano, in cui un gesto può valere mille volte di più e lei lo sapeva bene. Le parole, alcune volte, arrivano a stonare, a rovinare un attimo in cui il silenzio può dire molto di più.
Senza che i due se ne resero conto, arrivò l'imbrunire e solo allora decisero di uscire dalla loro bolla di silenzio e tornare al villaggio.
Quando arrivarono al limitare del villaggio, notarono i due gemelli sotto la Grande Betulla che parlavano e, come in quasi tutti i momenti di tranquillità, fumavano un po' di erba silverina.
<<Guarda Calime, i nostri amici hanno deciso di tornare!>> esclamò ironico Aegnor, palesemente strafatto, alzandosi in piedi e facendo un inchino.
Calime, visibilmente più sana, si portò una mano alla fronte e cercò di rimettere il fratello a sedere.
<<Su Calime, non sei curiosa anche tu di sapere dove sono stati per tutto il pomeriggio?>> disse lui, schivando la presa.
<<No, Aegnor. Ora torna a sedere e stai zitto.>> protestò la bionda.
<<Stai zitta tu. Dove siete stati? Perché non ci includete mai nelle vostre strane storie?>> poi si voltò verso Ophelia <<Ora che hai un nuovo amico e che hai scoperto che fa parte del tuo club, io e Calime non contiamo più nulla?>>.
La rossa ci rimase male a quelle parole, soprattutto perché le furono dette da Aegnor.
<<Amico, non è successo nulla... Mi ha solo detto del ciondolo, come volevi tu!>> intervenne Jregh vedendo che la ragazza non riusciva a dire nulla.
<<Nessuno ha chiesto il tuo parere, amico.>> rispose Aegnor che, tirando una spallata contro Ophelia, se ne andò.
<<Non so cosa gli sia preso, è da un paio di ore che è strano!>> disse Calime, anche lei scioccata dal comportamento del fratello.
Per il resto della serata il biondo non si fece vedere, neanche durante la cena. Jregh e Calime sembravano aver dimenticato l'accaduto, anzi lo giustificarono dicendo che era solo stanchezza ma Ophelia non ci credeva, non riusciva a dimenticare lo sguardo malvagio che Aegnor le aveva rivolto qualche ora prima.
La serata passò tra qualche risate e le chiacchiere in famiglia, ma di Aegnor ancora nessuna traccia. La rossa continuava a guardare fuori dalla finestra, in pensiero per quello che sarebbe potuto succedere al fratello.
Una strana sensazione cresceva dentro di lei. Uno strano timore si stava impossessando della sua anima.
<<Io andrò a dormire, signorine care, buona notte. Signora e signor Nieninque, grazie per questa piacevole serata!>> esclamò ad un certo punto Jregh, risvegliando Ophelia dai suoi pensieri.
<<Buona notte a te, gentile essere verdastro.>> disse ridendo Calime, mentre gli regalava un leggero bacio sulla guancia.
<<Grazie a te, ti aspettiamo per colazione!>> lo salutarono in coro i due coniugi.
<<Jregh, buona notte...>> sorrise Ophelia.
<<Tranquilla, se lo vedo lo mando subito a casa!>> le assicurò il mezzorco uscendo di casa.
Alla rosse venne da sorridere sentendo le parole del amico, era come se le avesse letto nella mente. Dopo essersi sistemata e aver finito di sistemare la cucina, la ragazza andò in camera sua. Prima di stendersi sul letto guardò un'ultima volta fuori dalla finestra, con la speranza di vedere il fratello rientrare, senza successo.
Il sonno tardò ad arrivare, mille pensieri le inondavano la mente, ma quando, finalmente, riuscì ad entrare nel dormiveglia, un rumore la risvegliò. Con la mano cercò subito di afferrare il coltello sul comodino, nascondendolo sotto le coperte. Rimase distesa, sotto il lenzuolo, avvolta nell'oscurità. Poco dopo sentì la sua porta aprirsi, ma senza fare il minimo movimento, lei finse ancora di dormire.
<<Ophelia, sei sveglia?>>
Era la sua voce.
Svelta si mise a sedere sul letto e, con una piccola fiamma che le partì dall'indice, accese la candela sul comodino.
<<Dove sei stato?>> chiese lei, osservando Aegnor avanzare fino al bordo del letto.
<<Avevo bisogno di stare solo... Mi spiace averti fatto preoccupare.>> sussurrò dolcemente, posandole una mano sulla guancia.
<<Mi hanno fatto male le tue parole oggi...>> provò a dire lei, ma si paralizzò quando vide il viso di Aegnor sempre più vicino al suo <<Cosa stai facendo?>> chiese, in preda dal panico, senza ricevere risposta.
Era così persa in quel momento da non accorgersi che la presa del ragazzo si faceva sempre più forte e vicina al suo collo, solo quando se lo ritrovò sopra notò che gli occhi del ragazzo erano completamente neri.
<<Tu devi morire.>> furono le parole pronunciate.
Ophelia cercò di divincolarsi dalla presa, ma il corpo del ragazzo l'aveva praticamente bloccata sul letto.
<<Tu non sei Aegnor! Torna da me, ascoltami.>> sussurrò all'orecchio del biondo.
<<Stupida, credi che ti ascolterà?>> rispose colui che si era impossessato del corpo del ragazzo.
<<Sì, lui è più forte di qualsiasi demone.>>
<<Ma tu sarai morta comunque, finalmente.>> un sogghigno si dipinse sul volto del ragazzo.
Con molto dispiacere e dolore, Ophelia pugnalò il ragazzo sulla coscia, riuscendo però a fargli mollare la presa.
<<Stupida ragazzina, cosa credi di fare?!>> esclamò lui pieno di rabbia.
<<Salvarlo e salvarmi.>> disse lei, sicura di sé <<Sheim tutuus alar>>.
Un lampo di luce colpì il ragazzo, mentre Calime, Osillen ed Elanor avevano già fatto irruzione della camera.
<<Ophelia è Aegnor!>> gridò disperata la gemella che, solo quando vide il demone fuoriuscire dalla bocca del fratello, si paralizzò sul posto.
Pian piano, un demone oscuro tramutato in un ombra, usciva dalla bocca del ragazzo, prendendo forma davanti a loro, mentre Aegnor si trovava incosciente sul pavimento.
<<Tu morirai, ragazzina. Preso o tardi, morirai. I miei padroni ti uccideranno, proprio come hanno fatto con i tuoi genitori, sacerdotessa.>> pronunciò, mentre una risata malvagia si liberava nell'aria.
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