Capitolo 5
La notte si era conclusa da poco quando un dolce raggio di sole accarezzò il viso di Ophelia che ancora dormiva beatamente; a dire il vero tutto il villaggio ancora riposava, succedeva sempre così di Cardh, il giorno sacro dedicato alla casa e al riposo.
Solo quando il raggio si spostò sugli occhi della ragazza, questa si svegliò. Rimase nel letto, osservando il soffitto e ascoltando i canti degli uccellini che, lì fuori, stavano dando il buongiorno ad ogni creatura. Le scappò un sorriso all'idea di iniziare una nuova e faticosa giornata di allenamento visto che, da quando era arrivata la lettera, Awerin e Osillen allenavano i ragazzi senza sosta, concedendo a loro solo poche pause e, massimo, un giorno di riposo.
Dopo essersi lavata e vestita, la giovane donna si recò verso la cucina e solo quando si ritrovò da sola, senza essere travolta dal solito caos mattutino, si ricordò che era il giorno di riposo e che, finalmente, anche la seconda settimana di intenso allenamento era giunta al termine.
Prese una mela e un pezzo di pane, depositandoli nella sua sacca e decise di andare alla piccola arena per continuare ad allenarsi. Non si sentiva in competizione con i fratelli, sapeva di valere ed essere forte quanto loro, ma si rendeva conto i vantaggi che avevano gli elfi rispetto a lei: grande velocità, ottimo udito e ottima vista, per questo motivo, anche nei momenti di pausa, lei andava avanti con gli allenamenti.
Appena prima di arrivare, la sua attenzione venne catturata da qualcosa dietro ai cespugli. Si avvicino silenziosamente, tenendo pronto il coltello nel caso in cui ci fosse qualche pericolo e, non appena arrivò al limitare dei cespugli, si rese conto che quel qualcosa in realtà era un qualcuno.
Passo dopo passo arrivò verso il corpo, si accovacciò lì vicino e, non appena vide il viso, un piccolo urlo strozzato uscì dalla sua bocca.
<<Non è possibile! Samhel, Samhel svegliati!>> iniziò ad urlare, scuotendolo per un braccio.
Nessuna risposta.
<<Dai, forza, svegliati!>>
Il panico e la paura si stavano impossessando di lei. Senza pensarci due volte si alzò e corse verso la casa più vicina, iniziando a bussare con foga.
<<Aprite! Per favore, aprite! Samhel non sta bene! Ho bisogno d'aiuto!>>
Nessuna risposta.
Tornò verso il centro del villaggio, urlando con tutta la voce che aveva in corpo, ma nessuno le rispondeva. Si avvicinò ad un'altra porta e quando provò a bussare, notò che la porta era socchiusa. Spinta dall'istinto e dalla paura entrò, correndo da una stanza all'altra e urlando aiuto.
Nessuno.
Solo quando arrivò nell'ultima stanza, una scena raccapricciante si presentò davanti ai suoi occhi: sangue ovunque e sei corpi stesi a terra, tra cui due bambini.
<<Oh cristo! No, no, no!!>>
Si precipitò a controllare i corpi, pregando di trovare qualcuno ancora vivo, ma la speranza le morì solo quando arrivò all'ultimo corpo. Erano stati sgozzati, tutti e sei, come animali da macello.
Iniziò a piangere mentre si osservava e cercava di pulire le mani sporche di sangue.
<<Aiuto! Qualcuno mi aiuti!>> urlò disperata.
Perché nessuno andava ad aiutarla?
Perché nessuno le rispondeva?
Si recò fuori dalla casa, chiedendo ancora aiuto. Bussò a tutte le porte, cercando di svegliare tutti gli abitanti, ma senza successo.
<<Cazzo! Vi volete svegliare?>>
<<Cos'hai tu da urlare?>>
Una voce.
Si voltò e vide Arvilar, elfo capo della sicurezza, che la guardava stranito dalla porta di casa.
<<Finalmente qualcuno mi ha sentita! Arvilar, devi venire con me, è successa una cosa gravissima!>>
Ma l'elfo non rispose più, rimase lì, immobile ad osservarla. Ophelia camminò verso di lui, furente per non essere presa in considerazione e, quando arrivò, lo prese per un braccio con l'intento di trascinarlo verso il luogo del delitto, senza però riuscirci. Arvilar divenne polvere tra le sue mani.
<<Assassina!>>
<<L'hai ucciso!>>
Un coro di voci si levò alto dell'aria e, incredula dopo quello che era appena successo, si voltò vedendo tutti gli abitanti del villaggio muoversi verso di lei.
<<No! Io non ho fatto nulla, non sono stata io!>>
Le lacrime ripresero a solcarle il viso.
<<Assassina!>>
<<Figlia dell'Oscurità!>>
Il tono di voce si fece sempre più alto, mentre gli abitanti erano sempre più vicini a lei.
<<Non sono stata io! Ve lo giuro, non potrei mai fare del male a uno di voi, siete la mia gente!>>
Nessuno ascoltava.
Si accasciò a terra, prendendo tra le mani la polvere e chiuse gli occhi.
<<Non sono stata io.>> continuava a ripetere finché, come per magia, non calò il silenzio.
Ophelia riaprì gli occhi, ormai arrossati per il pianto e vide che tutti erano stesi a terra, immobili, con gli occhi aperti, fissi verso il cielo. Gattonò fino al corpo più vicino e ne ascoltò il battito del cuore: era debole, ma era vivo.
<<Cos'ho fatto? Devo andare da Awerin!>>
Si rialzò e con tutta la velocità che possedeva corse verso la casa di sua nonna. Sentiva la stanchezza prendere il sopravvento su di lei, gli occhi iniziarono a bruciarle e la testa a pulsare... Tutto ciò era assurdo, ma sicuramente Awerin avrebbe trovato la soluzione.
Non appena arrivò davanti a casa dell'elfa, notò una piccola bambina sulla soglia della porta che le dava le spalle.
<<Ti sei persa?>>
La bambina si voltò. Aveva lunghi capelli lucenti e rossi, due grandi occhi azzurri, limpidi come il cielo e le guance arrossate. Ophelia la riconobbe subito, era lei... Lei da bambina.
<<No, non mi sono persa.>> rispose la piccola sorridendo.
Ophelia non sapeva cosa dire, cosa fare. Non capiva come fosse possibile. Provò a darsi un pizzicotto, sperando di svegliarsi, ma sentì dolore.
Era il mondo reale.
<<Perché sei così pallida, ti senti bene?>> chiese la bambina, continuando a sorridere.
<<Chi sei? Come puoi essere qui? Io sono qui e tu non dovresti esistere.>>
Indietreggiò di qualche passo, portando la mano verso il coltello che prima aveva ritirato.
<<Non dovresti neanche essere sporca di sangue, così penseranno che tu sia un mostro... O forse lo sei davvero?>>
Il sorriso della bambina si trasformò in un ghigno malefico, mentre i suoi occhi diventarono rossi.
<<Hai sterminato l'intero villaggio, sei una creatura pericolosa.>> continuò la piccola Ophelia, facendo dei passi verso di lei <<Hai ucciso anche la tua famiglia!>>.
La sua famiglia. Da quando si era svegliata non aveva ancora visto nessun membro della sua famiglia, non sapeva dove fossero e se stessero bene, quindi la bambina poteva anche avere ragione.
<<No!! Io non ho ucciso nessuno!!>> urlò con tutta la rabbia che aveva nel corpo.
<<Nessuno ti crederà, sciocca. Nessuno crederà alla povera pazza che ha dato fuoco al suo villaggio.>>
A quelle parole si voltò verso il villaggio che, casa per casa, iniziò ad essere inghiottito dalle fiamme. Il rosso era diventato il colore predominante in quella giornata: rosso come il sangue che inutilmente era stato versato, rosso come il fuoco che stava cancellando l'esistenza di tutto ciò in cui Ophelia era cresciuta, rosso come la rabbia che cresceva dentro di lei, rosso come il cielo sopra la sua testa.
<<Cos'hai fatto! No, no!>>
Si voltò e, dove prima si trovava Ophelia da bambina, ora c'era una versione di lei adulta.
<<Tu sei un'assassina.>> le incominciò a canticchiare, saltellando verso il bosco.
Cercò di seguirla, ma quando provò a muovere il primo passo, si rese conto di essere stata paralizzata. Provò a concentrare tutte le sue forze nell'incantesimo di sbloccò che le era stato insegnato, ma in quel momento tutto pareva inutile. Guardò all'interno della casa e vide Awerin che, stesa a terra, si stava riprendendo.
<<Nonna! Nonna aiutami!>>
Gli occhi ambrati della donna incontrarono quelli della ragazza e le urlò <<Resisti! Aselem...>> ma non fece in tempo a finire l'incantesimo che la casa prese fuoco. Fu straziante ciò che Ophelia fu obbligata a vedere, immobile e impotente: sua nonna che pian piano veniva risucchiata e imprigionata nelle fiamme, mentre urlante, esalava l'ultimo respiro.
<<Allora, come ti senti?>>
Ophelia, però, non stava ascoltando l'insopportabile voce che veniva da se stessa. Osservava disperata il fuoco, con il viso inondato di lacrime, il fiato corto di una ragazza che non sa più respirare.
<<Sciocchina, tieni le tue stupide lacrime per dopo!>> proseguì l'altra Ophelia, aggiungendo una risata maligna.
<<Sta' zitta! Perché? Perché mi stai facendo tutto questo?>> e quando si voltò verso se stessa, vide che si stava allontanando ancora di più.
Provò a correre e questa volta non si trovò paralizzata. Iniziò a muoversi velocemente, raggiungendo la figura che, immobile al centro del bosco le stava dando le spalle. Ophelia afferrò velocemente il coltello, ma se stessa fu più rapida e la colpì, scaraventandola a terra.
<<Sei ancora troppo debole! Guardati, cosa pensi di fare?>>
<<Ucciderti prima ancora che tu possa aprire bocca!>>
<<Non vuoi sapere dove sono la tua mamma e il tuo papà? O i tuoi preziosi fratelli?>>
Ophelia si rialzò e si avvicinò a lei, solo quando le fu vicina la figura la paralizzò e avvicinandosi al suo orecchio sussurrò <<Seguimi, continua a correre!>> sparendo nel nulla.
La ragazza si guardò attorno finché non ritrovò la figura e si rimise a correre, mente nell'aria aleggiava una risata famelica, seguita da una cantilena <<Assassina! Assassina!>>.
Poco dopo raggiunse un strapiombo, a est del villaggio, verso le montagne. Non appena uscì dal bosco, vide Elanor, Osillen, Calime e Aegnor lungo il cornicione, fermi, immobili che la osservavano.
<<Sei la nostra disgrazia.>> disse la prima.
<<Assassina.>> continuò il secondo.
<<La mia vita è peggiorata dal tuo arrivo! Sei una nullità!>> urlò la terza.
Ophelia li osservava, incredula, arrivando poi ad osservare Aegnor; aspettava che anche il ragazzo dicesse qualcosa ma, contro ogni previsione, la osservò e si buttò giù nel precipizio.
<<No! Cazzo, no! Aegnor!!>>
Corse veloce e si lanciò in scivolata sul prato, ma quando arrivò vide solo un piccolo puntino nero precipitare.
<<L'hai ucciso tu.>>
Le voci dei suoi famigliari rimbombavano nella sua testa, nell'aria, in ogni dove. Lei fissava ancora il vuoto, mentre le lacrime che scendevano dai suoi occhi raggiungevano il corpo ormai senza vita e disperso di Aegnor. Tutto quello che provava in quel momento la stava pian piano consumando, uccidendo.
Era davvero un mostro?
Era davvero lei la causa di tutto?
<<Vedi? Tu sei Morte.>>
Chiuse gli occhi.
Non sentì più nessuna voce, nessuna risata, solo il vento fresco sul suo viso, il vuoto sotto le sue gambe e una presa salda attorno al suo braccio.
<<Ehi tu! Ora ti tiro su, resisti!>>
Sentì una voce maschile, molto profonda e giovanile e, poco dopo, provo la sensazione di volare; quando riaprì gli occhi si ritrovò a rotolare nell'erba con davanti un mezzorco che si stava rialzando dal bordo del precipizio. Qunado si voltò verso di lei, d'istinto, prese il pugnale.
<<No, stai calma! Io... So di essere brutto e molto probabilmente puzzo anche, ma non ti farei mai del male! Insomma, ti ho appena salvato la vita!>>
<<Salvato la vita?>> chiese Ophelia curiosa.
<<Sì, ti sei lanciata dal precipizio. Ho cercato di chiamarti, ma non mi hai risposto... Sembrava tu stessi dormendo!>> disse tutto impacciato, mentre gli porgeva una mano per aiutarla ad alzarsi.
<<C'erano altre persone con me?>>
<<No, no... Sei sola, no eri, ora ci sono qui io... Stai bene?>>
Il mezzorco non le sembrava una persona cattiva, anzi, continuava a sorriderle ed era seriamente preoccupato per lei.
<<Cosa mi è successo? Stavo solo sognando?>>
<<Beh, più che un sogno, forse stavi facendo un incubo!>> ragionò il suo salvatore.
Si sentirono dei passi veloci andare verso i due finché, dal verde bosco, comparvero Aegnor e Flame.
ANGOLO AUTRICE:
Tatata! Sta settimana ben due capitoli per voi, miei cari lettori :D
Diciamo che essendo in ferie, mi sono potuta dedicare alle correzioni suggerite da alcuni di voi e alla stesura di un nuovo capitolo.
Come sempre, sbizzarritevi nei commenti, nei suggerimenti e non fatevi scrupoli, correggete laddove l'errore mi sfugge.
La storia di Ophelia sta pian piano entrando nel vivo e ora inizieranno ad arrivare i nuovi personaggi (come il nostro salvatore!). Fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci,
Ophelia_493
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