Capitolo 4
L'estate arrivò in tutto il suo splendore. Il sole si pavoneggiava nel cielo cristallino, regalando i suoi caldi raggi a tutti gli abitanti dei dodici regni di Orrentar. Ogni cosa pareva più allegra e colorata: gli animali correvano liberi nei prati, tra i boschi e nei deserti, mentre gli uccelli cantavano e sorvolavano ogni città, villaggio o accampamento; gli alberi si erano fatti più robusti e mostravano fieri le loro verdi foglie, offrendo ripari d'ombra a chiunque ne avesse bisogno. La magia dell'estate, così la chiamava Ophelia.
Erano ormai passati tre mesi dal giorno in cui la ragazza scoprì di essere una stregona; tre mesi in cui tutto sembrava apparentemente tranquillo, senza ombre strane che cercavano di rapirla o ucciderla, figure bianche che le parlavano o strani sogni; tre mesi in cui imparò a prendere coscienza di sé e in cui iniziò a padroneggiare i suoi poteri.
Camminava nel bosco, lungo il sentiero che portava al ruscello, mentre leggeva un libro prestatole da Awerin. Era ormai diventato difficile per Ophelia trovare un momento per se stessa visto che al mattino stava con la nonna e Aegnor imparando pozioni, incantesimi e tutto ciò che le era utile, mentre al pomeriggio andava a caccia con Calime e il resto dei ranger; ma, finalmente, quella mattina la sua maestra le aveva concesso un po' di ''libertà''.
Arrivata alle sponde del fiume, la giovane cercò un albero sotto il quale cercare riparo e continuare a leggere e, non appena individuò quello perfetto, si distese continuando a leggere il libro. Passò un'ora e il caldo si stava facendo sempre più afoso e, dopo una veloce riflessione, decise che si poteva concedere un bagno. Chiuse il libro, lo ripose nella sacca e si alzò, osservando se non c'era nessuno in circolazione e dopo aver appurato di essere sola, si spogliò.
Rimase nuda per qualche minuto, osservando l'acqua che scorreva dolcemente. Si scrutò un attimo e si rese conto di come fosse diventata donna molto velocemente. Era alta, ovviamente non come Calime, ma un'altezza invidiabile per essere una semplice donna. Il suo corpo era snello ma le sue curve erano ben definite: il seno era sodo e di media grandezza, il ventre piatto con i fianchi non troppo larghi e le gambe magre e toniche.
Fece un leggero sospiro ed entrò nell'acqua.
Era fresca, piacevole da sentire sul corpo. Si lasciò cullare dallo scorrere del torrente per poi immergersi completamente. L'acqua, fin da bambina, le dava un senso di libertà. Quando riemerse, tenne gli occhi chiusi per assaporare meglio quel senso di beatitudine: sentì i capelli diventare un tutt'uno con la schiena e le goccioline scorrere delicatamente sul suo viso, quasi come se fossero carezze.
Sorrise e riaprì i suoi grandi occhi azzurri che in quel momento sembravano aver catturato il colore dell'acqua. In quel momento era tutto così perfetto, silenzioso e lei si sentiva in completa armonia con la natura.
<<Ophelia, finalmente ti ho trovata!>>
Ophelia si girò verso la sponda e vide, in tutto il suo imbarazzo, Aegnor davanti a lei.
<<Oddio... scusa... tu sei...>> il ragazzo non finì la frase e, come imbambolato, rimase lì a guardarla.
La rossa, si immerse nell'acqua, cercando di nascondere il corpo, diventando tutta paonazza in viso.
<<Io ora esco... >>sussurrò con un filo di imbarazzo nel tono.
Aegnor trasalì e si voltò di scatto.
<<Mi giro, così puoi vestirti. Scusami, io non volevo disturbarti...osservarti... oddio, scusami! Non sapevo tu fossi...>>
Era chiaramente in difficoltà e questo fece sorridere Ophelia.
<<Nuda?>> concluse lei, mentre si rivestiva.
<<Sì ecco, nuda... La parola giusta è nuda...>>
<<Sono vestita, puoi girarti!>>
Aegnor si voltò verso di lei, quando qualcosa lo sconvolse ancora di più, facendolo diventare ancora più paonazzo e solo dopo la ragazza capì quale fosse il problema: essendo ancora un po' bagnata, la maglia aderiva mettendo in risalto il seno.
<<Beh, io ti cercavo perché... Ti aspetto da Awerin e poi parliamo!>>
Il ragazzo pian piano indietreggiò senza guardare dove metteva i piedi, inciampando su una radice e cadendo di sedere. Ophelia si precipitò verso di lui, pensando si fosse fatto male.
<<Aegnor! Tutto bene?>>
<<Sì! Sì, sì... Non ho visto e sono caduto, nulla di grave, sto bene!>>
Fu in quel momento che i loro sguardi si incrociarono. Fu in quel momento che Ophelia si perse ad ammirare la bellezza e la profondità che Aegnor celava negli occhi e in cui lui, osservando quelli della ragazza, trattenne il fiato per lo splendore. Fu in quel momento che le loro anime si incontrarono, rivelando le sfumature più nascoste dei due ragazzi. Aegnor aveva dimenticato come si respirava mentre Ophelia, per la prima volta, sentì un formicolio all'altezza dello stomaco che si impadronì di lei.
<<Io... Ti aspetto da Awerin.>> disse il ragazzo, distruggendo l'intensità e l'imbarazzo di quel momento.
<<Sono pronta, possiamo andare insieme.>> osservò lei.
<<Sì certo, se sei pronta sì!>>
Ophelia prese la sacca e se la mise a tracolla, mentre Aegnor guardava un punto indefinito nel bosco. Camminarono fianco a fianco nel più rigoroso silenzio, forse troppo imbarazzati per trovare qualcosa da dire. Ogni tanto il loro silenzio veniva interrotto da qualche uccellino che cinguettava allegro o da qualche scoiattolo che saltava da un albero all'altro.
<<Eccovi finalmente!>>
La voce gioiosa di Calime li raggiunse, mentre l'elfa sventolava la mano vicino alla casa di Awerin. I due ragazzi accelerarono il passo, raggiungendola.
<<Ci avete messo un sacco! Spero non vi siate persi.>> disse, regalando all'aria una viva risata. Dopo qualche secondo osservò Ophelia, ancora non era del tutto asciutta e il gemello, che aveva la maglia bagnata per via delle gocce che cadevano dai capelli della rossa <<Perché sei bagnata? E tu... Perché hai la maglia macchiata?>>
<<Nulla! Ophelia faceva un bagno e quando sono caduto mi ha bagnato la maglia con il corpo... No, cioè, con i suoi capelli... Le gocce dei suoi capelli...>>
Aegnor cercò di dare una spiegazione, ma non appena capì che tutto il suo imbarazzo avrebbe suscitato solo le battute maliziose della gemelle o le prese in giro, decise di zittirsi ed entrare in casa. Calime, sogghignando, prese a guardare Ophelia, aspettando di vedere la sua reazione.
<<Sì, è caduto e quando mi sono avvicinata devo averlo bagnato con i capelli.>> rispose semplicemente, procurando uno sbuffo alla bionda.
<<Va bene, vi crederò! Allora entriamo che ci vogliono parlare.>>
<<Parlare di cosa?>> chiese incuriosita Ophelia.
<<Non so bene, ho visto solo che sono arrivate delle lettere! Quindi muoviamoci, la curiosità sta uccidendo me da più tempo.>> e, prendendo per mano la sorella, corsero dentro casa.
Una volta entrate, videro che Awerin, Osillen ed Elanor erano seduti al tavolo, Aegnor sulla panca con Flame e le due ragazze si posizionarono sulle sedie restanti.
<<Ora che siamo tutti qui, queste sono per voi.>> disse Awerin mentre Elanor consegnò ai figli le tre lettere viste da Calime.
<<Cosa sono?>> chiese Aegnor, sperando di ricevere subito una risposta soddisfacente.
<<Aprile, ragazzo mio!>> rispose Awerin, mentre gli lanciava un'occhiata severa.
I tre aprirono la busta e vi trovarono una lettera. Calime aprì la sua, mettendosi a leggere ad alta voce.
''Carissimi ragazzi,
E' con grande onore che vi informo che, per via delle vostre capacità e del vostro coraggio, siete stati selezionati come possibili membri dell'Ordine di Telumehtar . Vi invitiamo a partecipare alla selezione recandovi il 9 nejer al Palazzo delle Stelle, ad Hoyot.
Allenatevi e preparatevi per affrontare le prove.
Sommo Sorin II ''
Non appena l'elfa finì di leggere, lasciò cadere la lettera dalle sue mani ed incredula osservò prima i fratelli, i quali erano a bocca aperta quanto lei, e poi i genitori, che li guardavano fieri.
<<E' uno scherzo, vero?>> se ne uscì dicendo.
<<No, ragazzi miei, non è uno scherzo! Sono così contento, così orgoglioso di ognuno di voi!>>
Osillen si alzò dalla sedia, avvicinandosi ai suoi figlioli, con la voce piena di felicità.
<<L'ordine di Telumehtar, come i vostri nonni!>> continuò, facendo girare i ragazzi verso Awerin che, con un grande sorriso, aspettava di poter prendere la parola.
<<Nonna... E' autentica?>> chiese Aegnor.
<<Non dire scemenze, certo che lo è! Toglietevi questi sguardi da pesci lessi, era ovvio che vi avrebbero preso in considerazione. Ricordo ancora quando ne facevo parte... Solo i ragazzi coraggiosi, dotati e giusti venivano considerati. Siate fieri di aver ricevuto queste lettere, non è da tutti!>>
<<Perché proprio noi?>> domandò Ophelia, guadagnandosi anche lei lo sguardo severo della nonna.
<<Perché proprio voi, mi chiedi? L'ordine di Telumehtar richiede membri d'onore e valorosi, con grandi capacità e, per quanto mi riguarda, voi le possedete tutte queste qualità! E' dalla fine della guerra che l'Ordine si occupa di mantenere la pace in tutti i Regni dell'Orrentar, dopo che il suoi fondatori, Julien e Sorin, sconfissero il terribile Arnoon... Dovreste conoscere la storia!>> concluse Awerin.
<<Certo! Bene, allora abbiamo tutta l'estate per allenarci e migliorare! Dire di prenderci liberi gli ultimi giorni e poi si inizia seriamente.>> saltò su Calime.
<<Ben detto, figlia mia. Sarò lieto, quando posso, di allenarvi.>> aggiunse Osillen alle parole della figlia.
<<Perfetto!>> approvarono anche Ophelia e Aegnor.
***
Ben presto il Sole calò, lasciando il posto di guardia alla Luna.
La luna si pavoneggiava molto meno rispetto al suo compagno, anzi, solitamente rimaneva in disparte nel cielo, osservando silenziosamente i suoi protetti.
Dopo cena, Ophelia decise di uscire a fare due passi, recandosi verso la grande Betulla. Si sedette al chiaro di luna e, alzando lo sguardo verso il cielo stellato che le mozzò il fiato per tutta la sua bellezza, tirò fuori il libro che stava leggendo al torrente. Era lì, sola, nel silenzio più intimo, solo ogni tanto sentiva qualche gufo omaggiare la luna.
Leggeva tranquilla, quando un leggero passo le fece sollevare la testa dal libro, portandola ad osservare la figura di Aegnor che ancora non si era accorto di lei.
<<Anche tu qui?>>
Il ragazzo per lo spavento prese il pugnale che ritirò subito dopo, quando si rese conto che era di Ophelia la voce.
<<Oh, scusa, non ti avevo vista! Ti lascio subito stare...>>
<<No, non te ne devi andare! Mi fa piacere se rimani qui, con me.>> le rispose, abbozzando un sorriso.
Il biondo le si avvicinò e si sedette vicino a lei, rimanendo in silenzio. Anche Ophelia non disse nulla, chiuse il libro e riprese ad ammirare le stelle.
<<Scusa per oggi, non volevo guardarti. Non mi aspettavo di trovarti così, completamente nuda e vederti così... Insomma, io non me lo aspettavo... Non mi...>> ma prima che il ragazzo potesse finire la frase, Ophelia gli prese la mano e lo rassicurò.
<<Non ti preoccupare, non è colpa tua! Devo stare più attenta, insomma stavolta eri tu, chissà chi può essere la prossima volta e cosa mi potrebbe fare!>>
<<Oh, esatto! Cioè, un altro ragazzo che ti vede nuda? No, non è possib...>>
Si rese conto troppo tardi di quello che stava dicendo e, nonostante la frase interrotta, una persona poteva interpretare le sue parole nel modo sbagliato.
<<Non voglio dire che tu sia brutta, no... Però hai ragione, avrebbe potuto vederti un altro ragazzo e...>> Aegnor si bloccò ancora dopo aver sentito Ophelia ridere.
<<Ho capito, stai tranquillo.>>
Lo trovò incredibilmente dolce e quel formicolio, sentito anche qualche ora prima, tornò a prendere il possesso del suo corpo. Era una sensazione così strana, così piacevole.
<<Direi che è ora di andare a dormire, ci aspettano poi lunghi allenamenti!>> la voce di Aegnor la riportò alla realtà.
<<Sì, direi di sì! Andiamo!>>
Con un movimento agile si alzò da terra e prese la mano del fratello per tirarlo su.
<<Grazie! A proposito... Cosa ne pensi della lettera di oggi?>>
<<Ne sono contenta! Ti ricordi quando da bambini progettavamo di entrare a far parte dell'Ordine? Insomma, un sogno che diventa realtà!>> esclamò lei, felice.
<<Hai ragione, ancora mi sembra incredibile! Noi che entriamo a fare parte dell'Ordine degli Spadaccini del Cielo? Devo migliorare le mie capacità da ranger!>>
Una volta arrivati a casa i due ragazzi si divisero, andando nelle rispettive stanze. Ophelia non appena arrivò in camera sua si spogliò e si mise la lunga tunica che usava come pigiama, ponendo il pugnale a fianco al comodino e sistemando i vestiti sulla sedia. Guardò fuori della sua finestra e vide Crollo, il corvo, fare la guardia osservando l'orizzonte e, più in là, le guardie del villaggio che perlustravano i confini.
Si distese sul letto e iniziò a pensare: erano ormai passati tre mesi dal suo ultimo contatto con la figura bianca e le mancava non aver più nessun tipo di comunicazione, le mancava non sentire più quella voce dolce... Perché nonostante la paura provata, Ophelia era sicura che non si trattasse di qualcuno di cattivo, anzi, da una parte sperava fosse lo spirito della madre e, con questo pensiero, andò a rifugiarsi tra le braccia di Morfeo.
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