Capitolo 1


I primi raggi di sole iniziarono ad illuminare le strade di Hoyot. La città, fin dalle sue origini, fu l'unica della otto capitali delle Terre dell'Orrentar a sorgere sul mare, divenendo così la principale potenza marittima del continente e permettendo al Regno di Porto Sicuro prosperità, soprattutto dopo la Lunga Guerra.

Quel mattino gli abitanti vennero svegliati da una leggera brezza primaverile, la quale trasportò con se il dolce profumo dei fiori appena sbocciati e lo scrosciare delle onde sugli scogli. Gli uccellini cinguettavano allegri, volando leggiadri sopra le case della capitale. Nel giro di pochi minuti ognuno riprese la propria routine quotidiana, dando vita al mercato cittadino e animando ogni angolo della città.

I bambini iniziarono a correre lungo le strade, giocando o cercando di rubare qualche mela per la colazione, le donne si ritrovarono a passeggiare tranquille, chiacchierando e ammirando i prodotti per la casa, i gioielli e tutto ciò che i mercanti offrivano, mentre gli uomini, di gran fretta, raggiungevano le navi pronti ad affrontare una nuova giornata di pesca.

Le risate.

Le chiacchiere.

Le musiche.

Tutto ciò rendeva Hoyot una città viva, unita e felice.

<<Forza Calime, dobbiamo essere più veloci! Mamma ci ha dato una lista ben precisa da seguire, non possiamo dimenticarci di nulla.>>

Nella folla spuntò una ragazza dalla pelle rosea, con due grandi occhi blu e una lunga treccia ramata, seguita da un'altra ragazza dalla pelle olivastra, gli occhi verdi e i tanti capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, che mettevano ben in vista le orecchie a punta.

<<Ophelia, sto guardando frecce nuove per andare a caccia... Dovresti guardarle anche tu, sai?- ribatte l'altra –Insomma, abbiamo un sacco di tempo, vedrai che appena troviamo Aegnor ci darà una mano e prenderemo tutto!>> concluse urlando per farsi sentire dalla ragazza che, con passo spedito, si era già allontanata da lei.

<<Perché diamine deve essere sempre così veloce? Il mercato è anche per noi!>> borbottò tra sé e sé. Calime accelerò il passo e raggiunse la sorella, la quale era già intenta a comprare le erbe aromatiche <<Io non vengo più al mercato con te, non posso avere sempre il fiatone!>>

<<Dici sempre così, eppure eccoti qui, al mercato con la tua dolce sorella!>> rispose l'altra ridendo.

<<Solo perché Aegnor sparisce ogni volta e io rimango sola con te, guastafeste!>> sbuffò la bionda.

Ophelia sorrise per l'espressione buffa della sorella e, prendendola per mano, la trascinò in giro per le restanti bancarelle <<Ti prometto che non appena finiamo le commissioni, andiamo a vedere tutto quello che desideri: frecce, archi, spade... Tutto quello che vuoi!>>

Nel sentir pronunciare quelle parole, la bionda si illuminò e con scatto agile da far invidia a qualsiasi felino, prese la lista dalle mani della sorella, iniziando a scattare da una bancarella all'altra per recuperare tutto il necessario. Nel giro di mezz'ora le due ragazze avevano svolto tutte le commissioni, comprando ciò che i genitori avevano richiesto e, sfoggiando un sorriso vittorioso, Calime prese sotto braccio Ophelia, trascinandola verso le botteghe e le bancherelle d'armeria.

<<Direi che abbiamo bisogno di frecce più sottili e veloci, al massimo possiamo chiedere a Awerin di farci qualche incantesimo per potenziarle!>> disse l'elfa osservando attentamente le frecce.

<<Oppure potremmo prenderle leggermente più spesse, in modo tale che non si spezzino!- propose la rossa, in realtà persa nei suoi pensieri – Non è il caso di cercare Aegnor?>>

Calime inizialmente non rispose, troppo presa a guardare nuove attrezzature, ma osservando di striscio la ragazza e notando la leggera preoccupazione che la rossa cercava di mascherare, si voltò tenendo in mano un arco bellissimo <<Ophelia, ormai dovresti sapere come funziona! È lui a trovare noi, mai viceversa... Sai che si perde con tutti gli animali!>> le sussurrò tranquilla mentre osservava l'arco <<Non lo trovi meraviglioso?>>

<<Lo so, forse non dovrei preoccuparmi.- sospirò Ophelia posando lo sguardo verso l'oggetto – Sì, mi piace molto! Pensi sia di quercia? Guarda che meravigliose incisioni elfiche!>>

Entrambe le ragazze rimasero affascinate dalla perfezione racchiusa in quell'arco: robusto legno di quercia, decorazioni floreali intagliate dalle mani delicate e agili di un elfo e una sottile, quasi invisibile, corda di titanio.

<<Lo voglio!- esclamò Calime voltandosi verso il mercante – Quanto viene?>> chiese all'elfo dai capelli scuri che le stava osservando già da tempo.

<<Ragazzina, costa troppo per le tue tasche. Non credo tu possa permetterti un arco lungo composito.>> rispose quest'ultimo con uno sguardo beffardo.

<<Non è ciò che ti ho chiesto, quindi potrebbe rispondere alla mia domanda?>> sibilò Calime con uno sguardo di sfida.

<<200 rupie.>> rispose l'elfo rivelando un ghigno sul suo volto.

Ophelia si mise ad osservare sua sorella, convinta che sarebbe esplosa di rabbia nel giro di pochi secondi, ma rimase piacevolmente sorpresa quando la vide riposare l'arco e sfoggiare il suo migliore sorriso verso il mercante <<La ringraziò per la sua disponibilità. Ophelia andiamo, Aegnor ci aspetta!>> e spingendola fuori, si allontanarono dal negozio.

<<Cosa ti sta succedendo? La Calime che conosco io avrebbe risposto a tono a quel presuntuoso!>> domandò perplessa la ragazza dai grandi occhi blu, meravigliata dal temperamento controllato della sorella.

<<Ci sono volte in cui è inutile discutere con degli elfi altezzosi.- spiegò semplicemente –Inoltre vorrei capire dove si è cacciato Aegnor!>>

Aegnor era il fratello gemello di Calime e se fisicamente erano uguali, tolto il fatto che lui possedeva dieci centimetri in più di altezza, caratterialmente erano il sole e la luna: lei era energica, estroversa e alle volte un po' irascibile, lui invece era timido, un po' sulle sue anche se, una volta che lo si conosceva bene, diventava come la gemella. Ophelia fin da subito legò con i gemelli e conosceva il gran cuore che li rendeva speciali.

Ricordava ancora la prima volta che li vide; ad essere precisi, il volto dei due elfi era il suo primo ricordo. Era una mattina di autunno quando fu trovata alle cascate di Denertiér e a svegliarla erano state le risate dei due fratelli e la voce calda e dolce di Elanor, la madre. Ricordava molto bene lo stato di confusione in cui si trovava quando Elanor le faceva domande, o la paura e il vuoto provato non appena si rese conto di non ricordare più niente, se non il nome Ophelia. Ricordava Calime e Aegnor che erano corsi ad abbracciarla ed Elanor che prendeva in braccio quella bambina di cinque anni senza una storia.

La madre dei due gemelli non ci pensò due volte, la prese con sé e la portò al villaggio e una volta arrivati, ricordava come il marito, Osillen, le disse <<Sì, teniamola con noi.>>.

Ophelia ricordava con felicità quella giornata, anche perché sarebbe poi divenuto il suo primo e vero ricordo.

<<Ehi, mi hai sentita? Tutto bene?>> la voce di Calime la risvegliò dai suoi pensieri <<Sì scusa, stavo pensando e mi sono persa via.>> disse Ophelia rimettendosi a camminare. Notò che la bionda la stava osservando stranita e, conoscendola meglio delle sue tasche, sapeva che il discorso non sarebbe morto lì. Camminarono in silenzio, l'una affianco all'altra, finché Calime non fu la prima a parlare <<A cosa stavi pensando?>>.

Ophelia ci mise un po' a rispondere ma nel momento in cui i suoi grandi occhi blu si incontrarono con gli occhi verdi della sorella, si decise a esporle i suoi pensieri. Gli occhi di Calime avevano sempre avuto uno strano potere sulle persone, forse per la loro particolarità, ovvero la sfumatura ambrata che si fondeva nel verde, o forse perché la bionda era sempre stata molto convincente.

<<Vorrei sapere da dove vengo, Calime... Più divento grande, più sento la necessità di sapere chi ero.>> sussurrò lei, con sguardo basso.

<<Posso capire questa tua esigenza. Spesso ti dico che non importa chi eri ma credo sia giusto che tu lo sappia, che tu voglia conoscere le tue origini... Siamo una famiglia e ci si aiuta,- un sorriso si dipinse sul volto di Calime –Se questo è il tuo desiderio, io ti aiuterò in questa impresa!>> concluse prendendole le mani e cercando lo sguardo di Ophelia, la quale ricambiò con un dolce sorriso.

Mentre le due ragazze continuavano a chiacchierare, dietro di loro comparve un bellissimo lupo grigio dagli occhi scarlatti con al seguito in fantastico ragazzo biondo: Aegnor e il suo fedele compagno Flame.

<<Eccovi qui! Vi ho cercato a lungo, iniziavo a preoccuparmi.>> disse l'elfo interrompendo le chiacchiere <<Che stavate facendo?>>

<<Noi che stavamo facendo? Quello che avremmo dovuto fare tutti e tre assieme!>> esclamò Calime irritata <<Ma non ti preoccupare, abbiamo fatto tutto da sole.>> terminò, tirandogli un leggero pugno sulla spalla.

<<Ehi, sta calma! Dovevo comprare un po' di cose... Dai, venite che vi faccio vedere!>>

I tre ragazzi si incamminarono verso l'uscita della città, osservando le bancarelle e facendo gli ultimi acquisti, mentre Ophelia spiegava al ragazzo che si sarebbe messa alla ricerca del suo passato <<Credo sia giusto, appoggiò la tua scelta e, come ti ha già detto Calime, noi ti aiuteremo... L'importante è che tu sia felice.>> disse lui, dando una piccola carezza alla rossa, la quale lo guardò perplessa per il gesto appena compiuto <<Scusa, mi è venuto naturale... Mi spiace!>> si giustificò lui chiaramente imbarazzato, dal momento che le guance si tinsero di rosso.

<<Non ti preoccupare! Grazie per il tuo aiuto e le tue parole.>> disse Ophelia in una risata, cercando di smorzare l'imbarazzo.

Appena prima della Grande Porta, Aegnor fece chiudere gli occhi alle due sorelle e, prendendole per mano, le guidò oltre la porta <<Tenete gli occhi chiusi, non fate le furbe!>> ripeteva il ragazzo osservando che nessuna delle due aprisse gli occhi <<Si può sapere cosa stai facendo?>> esclamò Calime spaesata, senza riceve risposta.

D'un tratto si fermarono e l'elfo permise alle ragazze di aprire gli occhi: davanti a loro vi erano tre bellissimi cavalli dal manto bruno, apparentemente identici, ma se li si osservava meglio ognuno di loro aveva delle piccole particolarità. Il primo, infatti, aveva grandi occhi ambrati, il secondo la criniera dorata e una piccola macchia più scura come contorno all'occhio e il terzo possedeva delle macchie scure lungo tutto il corpo; rimasero incantate dalla bellezza dei tre puledri.

<<Ecco perché non vi ho aiutato. Papà mi ha mandato a prendere queste magnifiche creature, sono un regalo da parte sua!- spiegò Aegnor soddisfatto e contento –Ora ne dovete scegliere uno, io credo che prenderò lui...>> e così accarezzo il muso del cavallo dagli occhi ambrati, suscitando gelosia in Flame che lo prese a tirare per la manica <<Non essere geloso, sai che per me ci sarai sempre e solo tu!>> gli disse l'elfo tirando fuori dalla tasca una crocchetta.

Erano ormai due anni che Flame era stato regalato al giovane elfo. Fu trovato una mattina da Calime mentre era a caccia e subito l'aveva portato a casa pensando che il druido di famiglia, Aegnor, se ne sarebbe preso cura e così fu. I due nel giro di poco tempo diventarono inseparabili e il lupo non lasciò mai più il suo padrone la famiglia di elfi.

Una volta scelti i rispettivi cavalli, tornarono verso casa.

<<Dovrò scegliere un nome...- sussurrò pensierosa Ophelia –Come si può chiamare un cavallo?>> domandò invece Calime al fratello <<Come preferisci, è tuo!>> rispose lui ridendo.

Mentre i due gemelli si misero a discutere, qualcosa attirò l'attenzione di Ophelia: una figura bianca, nascosta dietro gli alberi, osservava i tre fanciulli e, in particolare, osservava lei.

<<Ragazzi...>> provò a dire Ophelia, ma improvvisamente tutto in torno a lei iniziò a girare. Provò a chiamare i fratelli, ma nessun suono usciva dalla sua bocca. Cercò di aggrapparsi al cavallo, il quale spaventato corse via. Cercò di richiamare ancora i fratelli, i quali non si erano accorti di nulla e continuava a parlare animatamente. Cadde a terra, sballottolata da questo mondo che continuava a vorticare davanti a lei, mentre la figura bianca l'osservava ancora di nascosto.

Ophelia provò a chiederle aiuto, ma sentiva l'aria mancare dai suoi polmoni. Poi, con uno scatto veloce, la figura bianca si posizionò davanti a lei e le sussurrò qualcosa <<Scusa, non ti sento... Alza la voce!>> ma non fece tempo a concludere la frase che la figura, dopo averle sorriso, sparì nell'aria.

<<Ophelia? Ehi, rispondici!>> i due fratelli le erano davanti scuotendola cercando di ricevere risposta. Il cavallo, che non era scappato come credeva lei, con il muso le dava leggeri colpi sulla spalle e tutto intorno era tornato immobile <<Voi... Non avete visto nulla?>> domando stranita da ciò che era successo.

<<No, abbiamo visto solo te con lo sguardo perso nel vuoto...>> disse Aegnor con tono preoccupato, mentre Calime la osservava in silenzio.

Ophelia montò a cavallo, senza forze per camminare e ancora sconvolta dalla visione.

<<Sei sicura di stare bene?>> chiese Calime dolcemente, raggiungendola.

<<Sì, tranquilli... Sarà stato un calo di pressione!>> sorrise lei, cercando di rassicurare i due gemelli <<Dai, facciamo una gara? Chi arriva per ultimo al villaggio aiuterà nonna Awerin a spellare gli animali!>> propose iniziando a galoppare.

<<No, non succederà mai!>> esclamano insieme i due gemelli, incitando i rispettivi cavalli a correre il più veloce possibile. Ophelia, tra le risate, rivolse un ultimo sguardo dietro di sé, cercando la figura bianca vista qualche minuto prima, senza vedere nulla. Cosa le stava succedendo? Era il caso di parlarne con sua madre?

Un'ora più tardi, i tre ragazzi arrivarono al villaggio, situato nei Boschi Infiniti e videro Osillen tornare dalla battuta di caccia insieme agli altri ranger.

<<Ecco i miei ragazzi!>> esultò regalando loro un sorriso e osservando i cavalli contento <<Vedo che avete già deciso di quale vi prenderete cura!>>.

Calime corse ad abbracciarlo, seguita dal fratello e infine da Ophelia la quale, nonostante vivesse con loro da ormai sedici anni, era sempre intimorita dal padre, o dall'idea di non essere abbastanza per lui.

<<Sono bellissimi papà, grazie mille!>> esclamò la bionda tutta allegra.

<<Avete già scelto un nome?>> chiese lui curioso.

<<No, credo l'abbia scelto solo Aegnor...>> continuò a dire la prima, mentre la rossa li guardava.

<<Ti piace?>> domandò ad un tratto Osillen guardando la rossa curioso e impaziente di ricevere un giudizio <<Sì, moltissimo! È un bel regalo, ti ringrazio molto.>> le rispose imbarazzata. L'elfo, vedendo la figlia esitare, le rivolse un sorriso luminoso e allargò le braccia in attesa di stringerla a sé; solo in quel momento la ragazzo lo accontentò.

Dopo aver sciolto l'abbraccio, Osillen disse alle figlie che quella stessa sera si sarebbe svolta la caccia notturna ed entrambe le ragazze, vogliose di provare i nuovi archi, annuirono entusiaste alla notizia.

I tre fratelli andarono poi verso casa, trasportando la spesa fatta qualche ora prima e sistemandola. Dopo aver terminato le faccende domestiche, Ophelia si ricordò di dover andare a parlare con la madre e si voltò verso i gemelli <<Ragazzi, io devo andare a parlare con Elanor, vi raggiungo alla Grande Betulla!>> e senza aspettare risposta corse subito fuori casa.

Adorava andare in bottega dalla madre, sapeva sempre di mille profumi con tutte le erbe aromatiche che c'erano dentro. Camminava con un passo veloce, passò per tutto il villaggio finché iniziò a vedere l'edificio. Appena fu al limitare della bottega, sentì chiamare il suo nome:

<<Ophelia...>>

La ragazza si guardò in giro, sicura che le fosse già capitata un'esperienza del genere, ma non vide nessuno.

<<Ophelia...>>

Un brivido la percorse lungo la schiena, come se un tocco freddo si fosse posato sulla sua spalla. Di scatto si voltò e rivide la figura bianca di un'ora prima. Mosse qualche passo verso il sentiero, come ipnotizzata da ciò che le si presentava davanti, quando la voce di Elanor la riportò alla realtà <<Bambina mia, cosa ci fai qui?>>.

La ragazza rivolse uno sguardò perso alla madre ed ella capì che qualcosa non andava, ma prima di poter dire qualcosa Ophelia le mostrò un sacchettino <<Sono venuta a portarti le erbe che ci hai chiesto...- poi sospirò –Mi è successa una cosa strana, pensavo fosse giusto parlarne con te.>>

<<Vieni, entriamo. Prepariamo un buon tè e mi racconti tutto, ci stai?>> le disse sorridendo l'elfa. Ophelia, fin da bambina, riteneva Elanor l'elfa più bella che avesse mai visto, anche se in realtà erano tutti molto belli. In lei, però, c'è sempre stato qualcosa di magico: i lunghi capelli biondi erano legati in mille treccine, sempre ben raccolti in uno chignon; gli occhi leggermente allungati, grandi e di un verde chiaro che faceva ricordare il colore dei grilli canterini; era alta, snella e aveva un bellissimo naso all'insù ma, soprattutto, Elanor aveva un sorriso splendente, di quelli che emanano amore.

<<Cosa succede?>> chiese Elanor mentre si sedeva su una sedia dietro al bancale <<In realtà non so molto bene neanche io...>> le rispose Ophelia, iniziandole a raccontare ciò che aveva sognato, in particolare della figura bianca. L'elfa ascoltava senza dire nulla, stava in silenzio sulla sua sedia e nel mentre assimilava tutto ciò che la figlia le stava raccontando. Solo dopo che Ophelia finì di parlare, la donna si alzò, andando verso un cassetto e prendendone il contenuto.

<<Credo tu debba iniziare da questo, o almeno credo possa esserti utile. L'avevi al collo il giorno in cui ti abbiamo trovato,- spiegò Elanor porgendole una collana con il ciondolo di un fiore bianco –Apparteneva alla Gilda del Fiore Lunare, spie di alto livello e difensori notturni della pace, ma non esiste più da tempo, gli ultimi membri dicono siano stati uccisi tutti.>>

Mentre la madre parlava, Ophelia si avvicinò osservando attentamente il ciondolo: non era molto grande ed effettivamente aveva la forma della Campanelle Lunari, fiori che lei sapeva sbocciare solo di notte. Forse la sua storia iniziava da lì, proprio da quel piccolo ciondolo.

<<È tempo che tu riabbia ciò che è tuo e che ti metta alla ricerca di chi sei.>> disse Elanor mentre le allacciava la collana, donandole un bacio sulla nuca <<Grazie mille, mamma!- rispose la giovane abbracciando la madre –Credi che i miei genitori siano morti? O che facessero parte di questa Gilda?>>

<<Non saprei risponderti, Ophelia e non saprei neanche come aiutarti. Quello che so è che la Gilda fu fondata da Partus il Sole più o meno duecento anni fa e che per farne parte bisognava essere uomini e donne con abili poteri e abilità, non era cosa da tutti.>> spiegò l'elfa.

<<Dove potrei trovare informazioni riguardo a questa storia?>> domandò la rossa e la madre, con sguardo rammaricato, le spiegò che sia durante la dittatura di Arnoon Occhi di fuoco, sia dopo la sua morte, tutto ciò che raccontava della Gilda fu distrutto e mai più riscritto <<Hanno vissuto gli ultimi anni come ombre...>> conscluse.

Ophelia si fermò più a lungo in bottega, aiutando la madre nella sistemazione delle nuove e pulendo un po' gli scaffali. Terminato il lavoro, salutò allegramente la madre mentre usciva alla ricerca dei due fratelli.

Passò a vedere se erano a casa, ma una volta arrivata vide che vi erano soltanto Quamara e Erenin, i due fratelli minori.

<<Quamara! Erenin! Sapete dove sono gli altri due?>> si affrettò a domandare la rossa.

<<Stavano parlando con papà, prova a vedere se sono andati alla Grande Betulla!>> esclamò Quamara, indicandole il possente albero che fin da lontano si faceva vedere.

<<Come ho fatto a non pensarci...- sussurrò a se stessa Ophelia –Grazie mille ragazzi, ci vediamo per cena! Buon lavoro.>> li ringraziò, dirigendosi verso l'albero del villaggio.

Quando arrivò, un'immagino dolcissima le si palesò davanti: i due fratelli stavano dormicchiando seduti all'ombra della grande chioma, mentre Flame era accucciato ai loro piedi. Avanzò lentamente, facendo attenzione a non svegliare i due fratelli, ma il lupo si accorse della sua presenza e, facendole le feste, corse incontro alla ragazza.

<<Tutto bene dalla mamma?>> chiese Calime stiracchiandosi, mentre osservava Ophelia raggiungerli.

<<Sì, ha detto di non tardare per cena!- rispose la rossa prendendo posto vicino alla bionda –Ma credo si riferisse più che altro a te, Aegnor.>> precisò, facendo scoppiare a ridere anche gli altri due.

Mentre parlava con i fratelli, qualcosa la colpì alla nuca. Un forte dolore le pervase la mente, e il suono di un martello s impossessò delle sue tempie. Cadde a terra, senza forze per cercare un sostegno. Si vide avvolgere da una luce bianca, la stessa luce intravista dalla figura emblematica che la seguiva da tutto il giorno. Le forze l'avevano ormai abbandonata e, prima di chiudere gli occhi e vedere tutto nero, sentì due voci: la prima era quella di Calime che disperata urlava chiedendo aiuto, l'altra era la voce melodiosa di prima...

<<Ophelia, aiutaci...>>

Angolo autrice:

Eccomi qui con il primo capitolo, nel quale ho cercato di introdurre un attimo i personaggi.
Fatemi sapere cosa ne pensate! :*

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