Capitolo VI: Quando soffia il vento...

Erano le 09.00 di mattina, troppo presto se si considera la differenza del fuso orario alla quale Vivien era stata sottoposta. Infatti la bionda siberiana dagli occhi d'argento si svegliò malvolentieri, le piaceva dormire e adorava la sensazione di sentirsi addosso, il cotone delle lenzuola fresche di bucato. Si girò e rigirò nel letto una, due, tre volte, poi decise di alzarsi attirata dal pallido sole che filtrava timido tra le tende candide della sua stanza, adorava il colore bianco, il colore della neve della sua terra natia. Alzatosi dal letto ancora in tenuta da notte si portò ad una delle finestre della grande stanza. Sbirciò fuori per vedere il paesaggio dopo la terribile tempesta della notte, ne rimase stupita. Nonostante tutto, il paesaggio non era stato deturpato troppo dalla calamità naturale, le gocce di pioggia ancora sulle foglie e sulle piante al sole rilucevano come perle, le pozzanghere nei campi circostanti sembravano specchi d' argento liquido, per un attimo riuscì a sentirne addirittura la sostanza, un brivido le percorse la schiena. Accarezzò dolcemente il vetro immaginando di poterle toccare, si accorse che quel che sembrava una fredda lastra, non lo era, un tepore dovuto al contatto col sole mattutino doveva averlo scaldato. Si voltò verso la sua camera per vestirsi e scendere per la colazione, nel mentre, vide che sul tavolino al centro della sua stanza c'era un particolare vaso con delle rose bianche e al centro un biglietto. Prese il piccolo foglio , una mano ferma , una calligrafia in un corsivo elegante aveva tracciato poche righe, poche parole:

" Quando ti sveglierai, se ti va, scendi a fare colazione nel giardinetto sotto la tua finestra. Ti aspetto."

Vivien restò sorpresa da ciò. Come aveva fatto quel biglietto ad essere li? Probabilmente ieri sera ancora prima del suo arrivo qualcuno aveva preparato li quelle rose e quel biglietto, ma lei stanca per il viaggio non se ne era nemmeno accorta. Si avvicinò alla seconda finestra della sua stanza che dava sul giardinetto laterale, sotto vide il Conte Silvertorn seduto al tavolino in ferro battuto intento a leggere un giornale, probabilmente il quotidiano locale. Sorrise di ciò ripensando alla precedente sera, quella del suo arrivo, quando dopo aver posato le sue cose in camera era scesa a salutare, ecco che la sua mente tornò a quel ricordo:

Il pugno sulla pesante porta.

Conte: " Avanti"

Bjorn: " Lord Silvertorn, è giunta la vostra adorabile ospite"

Conte: " Certo Bjorn. La faccia entrare"

Bjorn: " Come desidera. Le serve qualcosa d'altro?"

Conte: " No. Grazie di tutto. Va bene così. Buonanotte Bjorn, puoi ritirarti"

Bjorn: " Prego Lady Vivien, il Conte la sta aspettando. Le auguro buon riposo"

Vivien: " Grazie Bjorn. Buonanotte anche a te"

Conte: " Benvenuta nella mia dimora . Accomodati pure. Andato bene il viaggio?"

Vivien: " Bene grazie, un po' lungo ma fa lo stesso, ho riportato il quadro che ci hai prestato, grazie. So quanto vale per te."

Conte: " Di nulla. Come sta Nives? Sai, le somigli tanto..."

Vivien. " Me lo dicono in molti...sta bene nonostante tutto, ti porto i suoi saluti...e tu?"

Conte: " Bene....grazie...."

Vivien: " Ti dispiace se parliamo domani? sono un po' stanca per il viaggio"

Conte: " Si, parleremo domani. Buonanotte Vivien"

Vivien: " Buonanotte anche a te."

Ecco che ridestandosi dal ricordo, tornando al presente, si apprestò a vestirsi con un semplice abito in pizzo bianco e, a rifare il letto, anche se non ce n'era veramente bisogno in quanto il caro Bjorn avrebbe pensato a tutto; prese con se il biglietto e scese le scale in marmo giungendo alla veranda esterna.

Fuori soffiava una leggera brezza portando con se il profumo dell'umido che la notte e poi il sole mattutino avevano lasciato. La fresca brezza le carezzava il viso quasi fosse il dolce tocco di un innamorato. Una sensazione di benessere si diffuse in lei facendole arrossare leggermente le pallide gote. Giunta davanti alla vetrata anteriore della veranda scorse ad attenderla come scritto, il Conte vestito elegantemente già di primo mattino. Nel vederla lo stesso alzò lo sguardo, un meraviglioso sorriso si dipinse sul volto dell'uomo:
<<Benvenuta cara. Accomodati. Ti ho aspettato apposta per la colazione>> , disse il Conte posando il giornale,<< Le frittelle alla mela sono state appena sfornate e il cappuccino con panna, sta arrivando.>>
<<Grazie...ma come facevi a sapere che ...>>. Il Conte la guardò e alzando un dito in direzione della sua finestra, sorrise beffardo:
<<Ti ho vista alla finestra e ho dato ordine di preparare>>
Poco dopo arrivò un Bjorn sorridente e cordiale come sempre, con un carrello sulla quale era poggiato un meraviglioso piatto colmo di frittelle alla mela, le sue preferite e, due cappuccini di cui uno con la panna. <<Grazie per le frittelle e grazie per le rose bianche, ti sei ricordato sia il fiore che il colore.>>
<<Certo. Ricordavo. La rosa viene dal mio giardino personale, perciò visto che nelle terre di Russia ce ne sono poche ho pensato di regalartene qualcuna, quelle erano le più belle. Le ho colte personalmente ieri sera>>
<<Mi ha fatto molto piacere infatti.Come va il lavoro? E la collezione?>>
<<Molto bene. Gli affari pubblici vanno bene, anche la ricerca e la collezione, ma nel privato...>>, lasciò la frase in sospeso, lasciando sottointendere che qualcosa lo turbava, ancora. Il sorriso si spense sul viso del Conte lasciando spazio ad un incredibile tristezza faticosamente nascosta, il suo volto apparentemente così giovane e cordiale ora appariva come un volto stanco, pallido nonostante l'abbronzatura e provato.
<<Non volevo tornare sull'argomento, io lo so che non è colpa tua.>> <<Grazie, purtroppo qualcun altro non è del tuo parere. In fondo Alex ha voluto seguire le mie orme, io ne ero responsabile, l'ho mandato io laggiù>>
<<No papà, non è stata colpa tua l'ho spiegato anche a mamma, ma non vuole capire. Alex ha voluto lui sostituirti in quella faccenda, sapeva che sarebbe stato pericoloso, eppure... mi spiace papà... so come ti devi sentire, ma la mamma ha bisogno di tempo, sono sicura che tutto si sistemerà>>
Detto ciò proseguirono silenziosamente il loro pasto gustando le buonissime frittelle preparate da Bjorn, il fido maggiordomo russo, che da sempre lavorava per il padre e che gli era stato vicino anche nei momenti bui. Bjorn non lo faceva per interesse anzi, amava il suo lavoro, amava la famiglia del Conte, dopo anni di servizio gli si era affezionato considerandola ricambiato, la sua seconda famiglia, purtroppo la moglie e i figli l'avevano lasciato tempo prima, deceduti in un gravissimo incidente stradale, in cui solo lui nonostante mesi di cure ed ospedale si era salvato. Appena ebbero finito di mangiare, il maggiordomo tornò per sparecchiare il tutto e il Conte si alzò chiamato dallo stesso, per una chiamata d'ufficio. Si alzò scusandosi con la figlia e andò a rispondere.
Vivien intanto ripensò al loro discorso, il padre amava la madre e la madre amava ancora il padre, ma per la morte del figlio tanto a lungo desiderato, l'angoscia e la responsabilità di non aver potuto fare qualcosa, avevano pietrificato i loro cuori, la disperazione aveva sovrastato i sentimenti ed invece di rafforzarli, li aveva resi fragili, troppo per superare questi momenti. Solo lei , sola ed indifesa ma forte nelle sue convinzioni era riuscita a vedere ciò che di buono ancora nascondeva la vita, con questa convinzione era risalita dal pozzo chiamato angoscia , per poter rivedere il sole, quel sole che incessante continuava a splendere nonostante tutto quello che dall'alto vedeva, sulle praterie, le città e gli oceani della Terra. Vivien si alzò. Di nuovo il vento, di nuovo una carezza, sussurri lontani provenienti da chissà quale luogo, da chissà quale dimensione; dopo un 'altra folata una voce sottile ed ultraterrena si diffuse nel vento e andò ad insinuarsi nella mente di Vivien..." Non sei sola...io vivo, sono con te.."
Forse era solo uno scherzo della sua mente, forse se l'era solo immaginata, ma l'eco lontano di quella voce, così simile alla sua, diversa solo nel timbro di un tono più alto, poteva essere solo quella di lui, di Alex, suo fratello gemello. Lei ne era convinta. Non poteva essersi sbagliata.
Persa nei suoi pensieri e nei labirinti della sua mente, da qualche parte questa convinzione si era fatta strada sempre più, se era la verità l'avrebbe ritrovato ad ogni costo. Ma poi però ripensando alla dinamica degli eventi, l'euforia iniziale lasciò spazio alla tristezza e di nuovo l'oblio come ogni volta che pensava a lui. La speranza era l'ultima a morire, ma questa era morta con lui quando trovarono sulle coste siberiane il relitto della sua nave arenata, nessun corpo, le acque se l'erano portato via con se per sempre.

₪₪₪₪₪

Tra le sale della Galleria d'arte del conte Silverton momentaneamente chiusa al pubblico intanto, in una delle stanze superiori, una finestra si spalancò di colpo, qualcosa brillò di luce bianca, pura e fredda. Questa luce si diffuse in un secondo confondendosi col chiarore del sole alto nel cielo di Sun Valley, una folata di vento sfuggì al cielo per raggiungere quella luce poi in un attimo tutto tornò all'origine. Buio freddo e silenzio.

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