Capitolo V: Ombra di Tenebra
Erano circa le 02.30. Sulle terre emerse era calata la notte, una notte strana senza luna, i temporali delle precedenti ore non avevano ancora lasciato il cielo che appariva sempre scuro, nero. L'oceano era ancora in subbuglio, onde pesanti e ostili si abbattevano inesorabili sulle scogliere di Sun Valley, le navi erano ormeggiate nel porto, sorvegliate; il pericolo che le chiglie con la loro mole si sganciassero e andassero a sbattere sugli scogli era alto. Gli animali cercavano riparo sotto le chiome delle piante ripiegate sotto il peso della pioggia e dall'incedere dei venti, i fiori perdevano i giovani petali primaverili appena sbocciati. Le luci della città si accendevano e spegnevano a causa di blackout temporanei dovuti al tempaccio che quella notte si era abbattuto sulla costa, Sun Valley non era esclusa.
Dal nulla un' ombra scura approfittando delle tenebre prese forma confondendosi con le miriadi di ombre che quella sera popolavano le vie della cittadina. Ombre causate dai giochi di luce tra lampi e lampioni. Due occhi viola inscritti in un viso ovale pallido come il chiarore lunare che quella sera era assente; lunghi capelli corvini che ne incorniciavano i lineamenti, un lungo abito raso color nero pece , avvolgeva il corpo slanciato; una creatura bella quanto inquietante, giovane oppure millenaria, quel corpo quel viso, non avevano età o segno alcuno. Sembrava un angelo vendicatore senza ali, sceso sulla terra per vendetta, o forse cercava qualcosa o qualcuno. Sapeva cosa voleva. Una pietra millenaria. Ad ogni suo passo, ad ogni suo elegante movimento, un'aura violacea risplendeva illuminandola e un dolciastro profumo di fior di loto si diffondeva attorno a lei. In lontananza, una dimora. Ciò che cercava .
Un antico palazzo abbandonato, un cancello scricchiolante, grosse pietre ne ricoprivano la struttura, edere rampicanti avevano invaso scale e pareti inerpicandosi anche su, verso i torrioni, lo stato di degrado era evidente, anche nel fatiscente giardino sul retro dove, una fontana spenta giaceva solitaria ergendosi come guardiana e, aspettava solo di essere pulita e riattivata. Il palazzo era costruito su una collinetta sopraelevata accessibile solo attraverso una ripida scalinata tra i muri di fondamenta della costruzione , lateralmente lungo il perimetro delle mura di cinta, vi erano strutture più piccole, mezze diroccate, simili a torrette probabilmente utilizzate per la Guardia o come vecchi depositi. Dietro di esso, alberi scuri si ergevano millenari nell'altezza delle loro chiome brune e nello spessore dei loro tronchi, sullo sfondo la notte e un bagliore, il chiarore sinistro di un lampo.
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Fleim dormiva tranquilla nel suo letto, quando ad un tratto, un rumore la svegliò. Un lampo caduto dal cielo aveva scaricato la sua carica li vicino, a seguire un qualcosa la colse nel suo riposo, ecco una visione:
-L'immagine di un pianeta visto dallo spazio, probabilmente la stessa Terra a giudicare da territori e acque, sovrastato da due occhi profondi ed inquietanti avvolto da fiamme violacee.-
La ragazza scese dal letto piano incerta nei suoi passi, attorno a lei l'atmosfera era fresca rispetto alla stagione primaverile inoltrata, stando attenta a non svegliare il fratello che dormiva ignaro nella camera accanto, uscì piano cercando di non far cigolare la porta. Ma il fratello non dormiva, era sveglio come lei. Fleim scese le scale in legno ed andò in cucina a bere un bicchiere d'acqua, scostò le leggere tende di cotone, finalmente fuori non pioveva più, ma la notte era ancora scura. Odiava l'oscurità, amava il sole e il chiarore da esso emanato. Nel caminetto del salotto, alcune braci giacevano inermi tra i residui della legna, stranamente erano ancora calde. Se ne poteva avvertire il calore avvicinandosi. Dal nulla, quelle stesse braci addormentate presero vita, dapprima una piccola lingua di fuoco, poi una fiamma iniziò ad ardere con più fervore. Un bagliore rosso amaranto si diffuse attorno all'anima dell' fuoco inondando di luce il salotto. La cosa l'aveva inquietata, non spaventata. Sapeva che il fuoco non le era nemico. Sua madre era una sacerdotessa di Ra, sapeva gestire queste situazioni e lei, come sua futura erede , era capace ad interpretare il fuoco e a leggere nella sua ardente anima. Regel intanto l'aveva sentita scendere e poi l'aveva seguita, ed ora sulle scale silenziosamente la osservava, quando sua sorella si svegliava di notte, non era mai un segnale positivo. Fleim sapeva della sua presenza, ma ora non era il momento di concentrarsi sulla sua figura, il fuoco davanti ai suoi occhi stava ardendo e dentro ad esso, un' immagine prendeva forma, due occhi di brace, gli stessi della precedente visione, sopra un paesaggio che sembrava una visuale di una località già vista . A quella visione Fleim indietreggiò e si stupì. Aveva già visto, aveva già inquadrato ed ora il fuoco gli e lo aveva nuovamente rivelato. Una minaccia o qualcosa incombeva sulla cittadina, quegli occhi scrutavano il tutto dall'alto. Chi era? A chi appartenevano? Si domandò. Al fratello scappò un esclamazione di sorpresa. Il fuoco così come alimentato si spense e Fleim, si accasciò a terra accaldata, un rivolo di sudore le scese lungo una guancia.
<<Fleim!>>, urlò incredulo il fratello raggiungendola per soccorrerla. Sapeva che lei era l'erede della madre, ma non poteva avere gli stessi poteri, almeno non ora. Era ancora giovane, non era ancora stata designata come sacerdotessa erede. Come poteva essere possibile?
<<Fleim, ma tu...?>>, bisbigliò Regel nonostante le parole gli morissero in gola . La ragazza si voltò verso il fratello , i loro sguardi si incrociarono come se qualcosa stesse per spezzarsi, come se questo fatto potesse minare il loro legame fraterno.
<<Ecco perché ho voluto venire con te. Quel ruolo non mi compete. Non lo voglio, mi basta questo>>. Indicò il caminetto, portandosi una mano alla fronte disperata.
<<Ma Fleim perché non l'hai detto che il fuoco poteva interagire con te? Perché non..>>
<< Perché non ho detto che sapevo leggere il fuoco sacro come nostra madre? È vero non l'ho detto, perché io lo so, lo sento. Quello non è il mio destino, io non voglio che quello sia il mio futuro, io voglio vivere come una persona normale senza avere responsabilità più grandi di me stessa. Questo strano potere poi.>>, scosse la testa.
<< Essendo figlia femmina, sapevo che questa possibilità c'era, sapevo che probabilmente anche in te si sarebbe sviluppato questo potere ma non volevo crederci. Lo so che non vuoi quella vita, ma io ho il dovere ora di..>>
<<Dovere di cosa Regel? Di dirlo ai nostri genitori ?Ecco perché non hanno detto nulla quando ho detto che sarei partita con te, loro sospettavano questa cosa e hanno incaricato te di controllarmi!>>
<<Non è così Fleim, non volevo controllarti.>>, abbassò gli occhi in segno di colpa << Ma capisci che ho il dovere di dirlo a loro e di proteggerti.>>
<<Proteggermi da cosa?>>, ora i toni della discussione si fecero più accesi . <<Proteggermi da me stessa e dai miei poteri?! Ma ti rendi conto di cosa vuol dire avere questi poteri? E poi preziosa per chi? Per la congrega di Ra e per nostra madre che mi voleva come erede? Non ho chiesto io questi poteri, non ho chiesto io questa vita. Lo capisci Regel? A nessuno importa di cosa veramente io sono e di cosa veramente voglio!>>.
Calde lacrime scesero a rigare il viso abbronzato della fanciulla, subito il fratello le fu accanto e la abbracciò, fu un abbraccio sincero, fraterno. Le lacrime continuarono a scorrere, l'angoscia si fece sempre più greve
<<Regel... lo capisci... perché ...io...>>, confessò Fleim tra i singhiozzi. <<Sorellina, non fare così, da quando sei nata tutti hanno sperato in questo, se solo io potessi sostituirmi a te lo farei, lo so che questa non è la vita che vorresti però nessuno è colpevole di ciò, se sei nata con questi poteri, uno scopo c'è.>>
<<Tu hai ragione ma vorrei trovare un modo per sottrarmi a tale compito. Perché i nostri genitori non fanno nulla per impedirlo?>>, Fleim si era calmata almeno per il momento. I due fratelli si sedettero sul comodo divano dai grandi cuscini in pelle zebrata e continuarono il discorso. Il primo a parlare fu Regel, il saggio fratello maggiore:
<<Sai Fleim, probabilmente anche nostra madre non voleva questo compito, ma fino a quando la custode del fuoco di Ra non si rivelerà, sai benissimo che toccherà a lei celebrarlo>>, Fleim lo interruppe.<<Sei convinto di ciò? Io non credo a questa cosa, Ra era una divinità antica venerata dagli egizi, ma ora non siamo più a quei tempi è solo una leggenda. La congrega esiste per tramandare il passato, non ha nulla a che fare con Dei o divinità>> << Forse hai ragione, ma tanta gente ancora ci crede, ha bisogno di credere in qualcosa che vada oltre il proseguo naturale delle cose e poi, nelle leggende si nasconde sempre un po' di verità>>, la ragazza sapeva che non aveva tutti i torti.
Fleim e Regel, parlarono per un po', poi entrambi si addormentarono sul divano in attesa di una nuova alba protetti dal fuoco che ora giaceva inerme tra le ceneri del caminetto. Intanto all'orizzonte un nuovo giorno era alle porte, questa volta era un giorno sereno, il sole stava tingendo d'oro l'orizzonte gettando sulla cittadina un' aura di luce, un nuovo giorno stava nascendo, un nuovo dono era stato regalato, almeno per il momento.
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Nuovamente nel luogo misterioso la pietra si illuminò, nuovamente la luce rossa. Questa volta non c'erano testimoni a questo evento, solo il cielo nero come osservatore silenzioso in una notte dove l'equilibro del mondo ora, era più in bilico che mai.
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