Capitolo IV: Sensazioni

Le strade lastricate di Russia erano ancora candide, il sole tardava a sciogliere la bianca coltre di neve caduta durante la notte appena trascorsa. Era mattina presto quando una ragazza sotto gli occhi ammirati dei primi passanti, stava giungendo accompagnata da una bella donna molto simile a lei diversa solo per età e colore di capelli che aveva con se un prezioso pacchetto, all' Aeroporto internazionale di Mosca. Il pacchetto era un quadro di un importante collezionista d'arte americano, ed era stato prestato dal personaggio stesso alle due donne e, quindi esposto al museo d' arte di Mosca che loro gestivano, quel quadro però ora doveva essere riportato in America al suo legittimo proprietario. Era più il valore affettivo quello che legava il suo proprietario all'opera, in se non era nulla di che, era un quadro rappresentante un' eterea fanciulla dai lunghi capelli biondi avvolta in vesti bianche.Con sé la ragazza di origine siberiana che viveva con la madre a Mosca, oltre al quadro, aveva solo un bagaglio a mano, il resto della sua roba era già stata stivata sull'aereo appartenente alla Air Borderline company in partenza. La madre della ragazza consegnò il pacchetto alla guardia che lo depose con le valige della figlia nella carlinga facendole firmare un'assicurazione privata solo per la tutela di quel quadro che per lei non valeva molto anche se molto bello, ma per il Conte Silverton valeva molto più di tutte le sue ricchezze; quella tela rappresentava la donna amata e poi perduta che ora era presente solo nella sua mente sotto forma di sogni e ricordi... quei sogni prematuramente spezzatosi mesi addietro.

Dopo il Chek-in e l'attesa nell'accogliente salottino dell'aeroporto, la giovane salutò la madre con un cenno della mano per poi sparire oltre l'ingresso della scala che portava alla zona d'imbarco. Non c'era moltissima gente per essere un volo internazionale, probabilmente l'orario e la neve avevano costretto molti a rinviare le partenze. Ecco che la hostess di turno all'accoglienza controllò i biglietti dei passeggeri ed uno ad uno li fece passare per raggiungere il proprio posto a bordo dell'aereo. Quando tutti furono imbarcati, le porte si chiusero e lentamente dopo la prassi di rito, l'aereo si alzò in volo.

Le terre della fredda Russia erano solo un ricordo ora per la fanciulla dai capelli biondo chiarissimi e dagli occhi argentei, occhi insoliti i suoi ,grigi; grigi come il cielo di Russia, grigi come i crepacci delle lande ghiacciate sferzate dai venti siberiani, grigi come la solitudine che albergava nel suo cuore, dopo la scomparsa del fratello gemello disperso in mare travolto da una tempesta durante una traversata. Era un geologo e stava facendo una mappatura del fondale nei pressi del freddo Mare del Nord. Ogni volta che viaggiava, strani ricordi, strani pensieri affollavano la mente della giovane considerata da tutti quelli che non la conoscevano, come una creatura eterea e luminosa per la sua semplice e umile bellezza, ma glaciale ed inarrivabile. Bellezza però che celava nel suo cuore e nella sua anima lacerata, un dramma profondo, un legame spezzato violentemente dalla cosa che il caro fratello amava più di tutto, il mare. Pensava ora Vivien, questo era il nome della fanciulla, seduta sulla comoda poltrona della prima classe mentre sorseggiava un buon the caldo al cocco. Era mattina presto quando era partita, quante ore erano che era in viaggio? Era così lontana la sua meta? Questo fu l'ultimo suo pensiero prima di addormentarsi profondamente sprofondando sul comodo sedile del Boeing 747 bianco con il logo verde della compagnia aerea. Nel sonno, un sussulto, un mormorio generale, un trillo. L'interfono gracchiò, una voce calda e profonda probabilmente il comandante in seconda parlò:

- Si avvisano i gentili passeggeri di non preoccuparsi, stiamo entrando in una zona di perturbazione. Agganciate le cinture di sicurezza, restate fermi ai vostri posti e non allarmatevi. Vi porteremo a destinazione. Chiudo -

Vivien nel suo dormiveglia aveva ascoltato queste parole, era tranquilla. Situazione diversa per gli altri passeggeri che invece cominciarono a commentare ad alta voce e a fermare ad ogni passaggio le hostess che gentilmente offrivano ascolto a tutte le loro esigenze, anche le più assurde. Tra le tante, una giovane hostess dai lunghi capelli castani trattenuti in una morbida coda e dagli occhi verdi chiarissimi, fasciata in un tailleur color - terra di Siena bruciata - e dal cravattino verde, si avvicinò a Vivien chiedendole se avesse bisogno di qualcosa.
<< Signorina, ha bisogno di qualcosa? Una coperta, un caffè, una tisana?>>. Chiese la fanciulla con un radioso sorriso, <<E' preoccupata?>>
<<No, grazie, tutto apposto, nessuna preoccupazione. Sono abituata a viaggi instabili. >> , sorrise.
<<Bene. Se serve mi chiami>> , puntualizzò la hostess, detto ciò si allontanò con passo fermo e deciso.

Vivien continuò a fissare il cielo plumbeo e le nuvole cariche di pioggia che si stavano addensando sempre più, l'aereo era di tanto in tanto scosso dalle forti raffiche di vento che provenivano da ogni direzione, quella che si stava avvicinando era una tempesta . Non aveva paura di quello che poteva accadere in quei casi, nonostante il panico si stesse diffondendo tra i passeggeri del volo, lei era assolutamente tranquilla, era una scena già vista, già vissuta, nonostante il tempaccio adorava il vento e le tempeste, da sempre fin da quando era bambina e con il fratello giocava lungo il parco della villa di famiglia, tra la neve, con le bufere, con la pioggia; ecco che la sua mente vagò in cerca di sopiti ricordi che oggi sembravano lontanissimi. Lei e il fratello erano argento vivo, ora non più, quei momenti se ne erano andati a causa di un destino beffardo, così vicini ma adesso così distanti. Mano a mano che proseguiva il viaggio e pensava e ripensava a quei giochi da bambini, mano a mano che si allontanava dalla sua terra d'origine, così come la fredda neve delle sue terre che quando vede il sole inizia a sciogliersi, il peso sul suo cuore cominciava ad alleggerirsi e tutti i se e i ma sparivano lasciando spazio solo al dolce e sincero viso del fratello e ad una lacrima che antica e silenziosa, scendeva a rigarle le gote.

Interminabili minuti passarono, la perturbazione si agitava inquieta sotto di loro; volando però sopra le nuvole riuscirono a sviarla, almeno per il momento. Il cielo oltre la coltre grigia, era limpido, punteggiato di stelle che luminose sembravano piccole lucciole in gruppo che correvano per le praterie del cielo. L'aereo adesso stava scendendo di quota, entrarono nuovamente dentro la grigia e spessa coltre delle nuvole, grigiore che era in netto contrasto con la bellezza dell'infinità dell'universo che sopra di loro si stendeva, lungo immaginari binari e confini tracciati nel corso della storia. Sotto di loro si potevano avvistare nonostante l'oscurità, le fasce costiere delle terre emerse dell' isola di Losille, ricamate da mille luci. Si alzò dalla sua postazione per sgranchirsi le gambe e fece una telefonata con il permesso del comandante. Finalmente atterrarono.

L'Aeroporto internazionale di Sun Valley non era grandissimo, aveva due piste e una reception non troppo grande ma adorna di fiori, probabilmente finti per essere così rigogliosi; tutte le volte che tornava in quella città erano sempre gli stessi fiori, gli stessi petali, oltre a loro un altro aereo era atterrato probabilmente qualche ora prima. Non c'era tanta gente. Diede uno sguardo all'orologio, le 22.30 di sera. Stranamente fuori pioveva. Appena atterrata Vivien si rese conto di quanto diversa era l'aria che si respirava in quella cittadina, aria così fresca e umida per la pioggia ma calda rispetto al gelo della Russia alla quale era abituata. Era da tanto che non metteva piede in quell' isola. Forse gli abiti impermeabili e termici che indossava erano un po' pesanti per quella località. Si sgranchì le gambe per il lungo viaggio cercando di riattivare la circolazione dopo le lunghe ore di volo e poi con vigore ritrovato, si diresse al recupero bagagli. Tutto era arrivato perfettamente in ordine, niente era stato trafugato. Fuori dalla porta a vetri dell'aeroporto, un'auto scura con tanto di autista mandata dal Conte Silverton stava aspettando proprio lei. Prese l'ombrello bianco, ma poi lo ripose sopra la capiente borsa, adorava sentire le gocce di pioggia sulla pelle. Uscì nel diluvio di quella sera, l'autista le venne incontro con un ombrello, lei non accettò. Restò un attimo immobile sotto la pioggia scrosciante sotto lo sguardo incuriosito del povero autista responsabile della sua incolumità, poi con una risata cristallina corse verso l'auto e salì, lasciando il povero autista alquanto imbarazzato.
Appena salita sprofondò nonostante gli abiti umidi dalla pioggia negli accoglienti sedili in pelle beige. <<Signorina, ha fatto buon viaggio?>> Domandò in tono elegante e raffinato l'autista , un uomo di mezza età abbigliato elegantemente con un completo in tweed marrone.
<<Si Bjorn, benissimo grazie. Lei come sta>>
<<Oh bene direi... se devo essere sincero preferisco il clima caldo di Losille alla fredda Russia, almeno i miei reumatismi qui non mi danno problemi>> Rise di questa cosa Vivien. Bjorn aveva vissuto a Mosca come lei. Lo conosceva da tempo.

Il viaggio in auto fu abbastanza breve e rapido, arrivò alla villa del Conte alle 23.15. Davanti al perimetro della cancellata in metallo e bianchi mattoni che correva tutt'attorno alla proprietà, il pesante cancello si aprì al tocco di un telecomando ad infrarossi, imboccarono quindi un vialetto laterale che portava ad un garage in muratura sul lato destro della villa.
Ad una della finestra della vetrata anteriore semi nascosto da pesanti tende in broccato dorato intanto, un bell'uomo in abbigliamento distinto e dagli occhi vispi attendeva l'arrivo della sua ospite.

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