IV. Un debole fiore

«Promettiamo che non succederà di nuovo ma, la prego, non la porti via!» Gridava Shay, disperata.

«Possiamo occuparci di lei!» Suo marito aveva gli occhi arrossati dalle lacrime, affilate come un coltello.

«Mi dispiace, signora e signor Carey, ma non è possibile. Dobbiamo farlo. Non siete in grado di crescerla come si deve.» Il dottore glielo aveva spiegato per l'ennesima volta, quasi con disinteresse. «Dovrà essere cresciuta da un'altra famiglia.» Quelle parole in particolare furono un pugnale nel petto, terribilmente freddo e doloroso.

«Ma è successo solo due volte. Per favore!» Lo pregò lei.

I suoi occhi erano tremendamente rossi e la sua pelle si era impallidita dallo shock. Il dottore aveva notato sulle sue braccia alcuni buchi profondi e arrossati, che la blusa ricoperta di fiori rossi e viola non riusciva a nascondere perché le maniche erano trasparenti. Michael non ne aveva ma il suo volto era logoro, soprattutto il suo naso, dove c'era qualche residuo di polvere bianca proprio sotto le narici.

«Due volte? Forse questo mese è successo due volte!» Il dottore conosceva la loro condizione e avrebbe impedito persino con la forza che i signori Carey crescessero la figlia.

«La prego, dottor Williams!» Lei continuò a supplicarlo, ma invano.

Quando i due capirono che non avrebbero potuto crescere sul serio Jane, Michael fu invaso da un'ira profonda.

«La denunceremo per questo! Lei non può farlo! Non può portarcela via! Lei è nostra figlia!»

Entrambi gridavano senza risparmiare fiato, ma ormai il dottor Williams aveva preso una decisione. Già sapeva come sarebbe andata a finire, certo, a meno che quei due mangiatori di polvere non avessero smesso di farsi entro sette mesi e mezzo, ma ciò avrebbe richiesto troppa volontà d'animo per loro. Erano deboli e soli. Il dottore provava un pizzico di pietà per loro soltanto perché la figlia sarebbe potuta crescere in un ambiente malsano. Per sicurezza, Jane sarebbe stata mandata in un orfanotrofio e adottata da una vera famiglia. I genitori che vivevano in una terribile situazione economica non potevano certo permettersi di avere dei figli, tanto meno se fossero stati persino disposti a vendere i propri averi per procurarsi quella dannata e inutile polvere. Nella peggiore delle ipotesi avrebbero potuto vendere la loro stessa figlia. Chi lo sa. Quelli come loro sono capaci di tutto pur di sballarsi per venti minuti. Venti minuti della tua vita possono essere niente e possono essere tutto. Possono essere insignificanti e possono ucciderti. Sarà il tempo a essere il nemico o i modi in cui lo impieghiamo? Dopo sessantacinque anni di esperienza, Louis Williams era sicuro che fosse la seconda.

«Denunciatemi e finirete al fresco.» Con un tono secco e amaro il dottore riuscì a zittirli.

Era l'unico modo. Dopo anni di dissimulazione! Come potevano comportarsi così? Lo faceva per il loro bene, per evitare innanzitutto che la piccola potesse soffrirne o, peggio, potesse essere influenzata dalla loro dipendenza. Il dottor Williams era sempre stato dalla loro parte e solo grazie a lui Shay e Michael erano ancora liberi. Tutto questo perché loro non facevano altro che dire che avrebbero voluto avere un figlio da diversi anni e lui non poté che tacere sulla loro condizione. Non sapeva quale dio gli dettasse di agire in tal modo, ma sapeva di voler proteggere a tutti i costi i futuri figli dei Carey, che, senza il suo aiuto, avrebbero al novantasette per cento dei casi seguito il bell'esempio dei propri genitori. O almeno questo era quello che pensava lui. I suoi ragionamenti erano non poco pessimisti quando si trattava di dipendenze. A quel punto, Michael avrebbe voluto strozzarlo a morte per quell'assurda minaccia, ma qualche volta i violenti impulsi che la cocaina gli dettava di mettere in atto si soffocavano. Ucciderlo sarebbe stata una cattiva idea. Sarebbe stato un altro motivo per cui era giusto sbatterlo in prigione e gettare la chiave nel pozzo più profondo di Barkley.

«Ascoltate, per favore. La miglior cosa per vostra figlia è l'adozione. State male, molto male. Non potete crescerla.» Il dottore abbassò la voce perché notò che i due si erano calmati all'improvviso.

«Dove la porterà?» Sospirò Shay rassegnata.

«Andrà nell'orfanotrofio di Wineville. Sarà al sicuro.»

Gli era rimasta l'ultima carta da giocare: la rassicurazione. Con calma li avrebbe convinti che loro non erano adatti a formare una famiglia sana semplicemente perché l'ambiente in cui vivevano non era sano. Ma non c'era certo da preoccuparsi: l'adozione avrebbe risolto i loro problemi! La piccola crescerà in una normale famiglia e la sua vita non riscontrerà disgrazie di alcun genere. Disgrazie? Ma quali? La morte di overdose dei suoi genitori? Il suo interesse verso le droghe? La morte prematura di Jane Carey per malnutrizione o scarsa igiene? Di tutto poteva accadere in una famiglia così, soltanto perché i suoi genitori erano accecati dalla cocaina e chissà da quale altro stupefacente. Ad ogni modo, il dottore sperava con tutta la sua anima che accettassero di rinunciare alla propria figlia. Devono accettare per forza comunque, pensò.

«Chi si prenderà cura di lei se non i suoi genitori?» chiese Michael con occhi allarmati.

Tremava come se il freddo avesse coperto ogni centimetro del suo corpo. I suoi occhi erano iniettati di sangue. Non riusciva a stare fermo. A Louis quasi scappò un'amara risata vedendolo e ascoltandolo. Era così ovvio! Come potevano i suoi genitori occuparsi di lei se non sapevano nemmeno prendersi cura di sé stessi?

«Un'altra famiglia la adotterà. Ve l'ho già spiegato, ma andrà tutto bene. Ve lo prometto.»

Il tono del dottor Williams si fece più pacato e rassicurante. Stava cercando di ipnotizzarli in un certo senso. Parlare piano e usare parole piene di speranza è la chiave per mantenere calmo qualcuno.

«Un'altra? Noi non siamo una famiglia senza di lei!» Ma potrebbe non essere così in alcuni casi: Michael si era infuriato in un attimo per la seconda volta.

«Lei sarà al sicuro ed è tutto. Potete andare.» E quelle furono le sue ultime parole.

Il dottore strappò dalle mani di Shay la piccola Jane come se fosse una bambola. Poi chiamò degli assistenti, che nel frattempo lo stavano aspettando fuori dalla porta. Era già tutto organizzato e quei due non avrebbero potuto fare niente per impedirlo. Shay e Michael cercarono di afferrare la neonata dalla fascia bianca che la avvolgeva con disperazione. Le loro lacrime scesero a fiotti fino a bagnare i loro vestiti e le loro grida acute come delle unghie che strisciano sulla lavagna si diffusero in tutta la stanza. Per evitare inconvenienti, Louis somministrò una dose di sonnifero a entrambi. Così se ne stavano buoni.

Piansero molto. Piansero per giorni, mesi, anni. Non avevano ritrovato la felicità da quel maledetto giorno. Era il 17 settembre quando Jane Carey era nata. Quello fu un giorno pieno di gioia e dolore. Prima Shay l'aveva portata alla luce e subito dopo era ritornata nell'ombra. Dopo diciotto anni fu affidata ai Thompson. Sarà davvero al sicuro? Questa domanda era molto frequente tra un singhiozzo e l'altro. Lo speravano ma non ne furono mai del tutto convinti. In ogni caso, giorno dopo giorno il dolore si faceva sempre più insostenibile. Shay dovette prendere degli antidepressivi per riuscire a prendere sonno mentre Michael continuò a inalare polvere; almeno quello lo faceva distrarre. Nonostante tutto, quando non erano sotto l'effetto di quelle schifezze una fitta lancinante come un cumulo di chiodi li assaliva nel petto. E sembrava non affievolirsi mai, finché non prendevano un'altra dose. Vivevano ma non vivevano. Si chiedevano tutti i giorni che cosa mai avessero sbagliato. Speravano che Jane sarebbe stata bene anche se li avrebbe distrutti se in futuro si fosse affezionata ad altri genitori.

«Mike, voglio ritrovare mia figlia.»

Una sera erano andati a dormire presto senza aver mangiato niente per tutto il giorno. Shay si lamentava continuamente e Michael piangeva senza sosta. Verso le due di notte l'aveva assalita una fitta al petto. Le gravava sul cuore ed era così opprimente che stringeva la sua gola in un nodo.

*Nota dell'autrice*

Ciao, ragazz*! Questo capitolo, come avrete inteso, è dedicato ai genitori di Jane. Volevo mostrare la loro prospettiva per raccontare un po' del suo passato. Riuscirà la nostra protagonista a ritrovare i suoi genitori? La troveranno loro? O cos'altro? Se vi è piaciuta la mia storia vi invito a lasciare un commento! Il feedback è sempre apprezzato. :) Detto questo, vi saluto e al prossimo capitolo! <3

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