Capitolo 3: Divento un ricercato

Il vento gelido attraversava i muri in pietra con estrema facilità. Mi guardai attorno, era buio pesto, tanto da non riuscire a vedere a mezzo metro da me. Poi lo sentii, qualcuno stava piangendo. Feci come per prendere la spada dallo zaino per farmi luce, ma non ce l'avevo. Camminai lentamente verso il pianto, che si faceva sempre più intenso. Era un ragazzo, raggomitolato a terra nell'angolo della stanza con delle catene alle caviglie attaccate alla parete. I capelli biondi gli cadevano sul volto scavato, mentre balbettava parole incomprensibili tra un singhiozzo e un altro. Sentii il cuore accelerare all'impazzata quando riconobbi chi avevo d'avanti.

<<Luca?>> mormorai titubante, ma non rispose. Qualcuno mi afferrò per la spalla, e girandomi potei vedere l'uomo incappucciato proprio davanti a me. Sentii una fitta atroce all'addome e abbassai lo sguardo, per vedere il coltello che aveva in mano affondare nella mia carne. Dopodiché mi svegliai, madido di sudore e il respiro affannoso.

<<Ti lamenti nel sonno>> commentò una voce femminile. Il primo istinto fu quello di alzarmi di scatto, non una grande idea, perché sentii la testa girare. Fui costretto a stendermi di nuovo sul letto, la vista ancora un po' offuscata.

<<Calmati, ancora non hai ripreso tutte le forze>> davanti a me c'era seduta una ragazza. I capelli lisci e argentei le cadevano sulla lunga veste verde, gli occhi azzurri che mi studiavano attentamente, quasi come se davanti a lei ci fosse una strana creatura che non aveva mai visto. <<Chi è Luca?>>

<<Dove mi trovo?>> le chiesi, ignorando la sua domanda. Mi guardai attorno. Ero in una stanza fatta per la maggior parte di pietra, fatta eccezione per il soffitto in legno. Un raggio di luce attraversava la sottile apertura della pesante tenda, cadendo alle spalle della ragazza.

<<Sei al castello Pendragon, tranquillo, qui sei al sicuro>> mi disse mentre mi fasciava la caviglia. Doveva avere la mia età, ma lo sguardo serio la faceva sembrare più grande. <<Sei fortunato che Merlino fosse con te, pochi sopravvivono al morso della coda di un grifone. E' estremamente velenoso.>>

Feci un lungo sospiro. Avrei sperato fosse tutto un brutto sogno, che mi sarei risvegliato nella mia camera, ma la realtà era quella. Luca si trovava imprigionato chissà dove, e io non sapevo da dove iniziare per cercarlo.

<<Devo parlare con Merlino, subito.>>

<<Calmati, prima di tutto bevi questa>> mi ordinò la ragazza allontanandosi per un secondo, raccogliendo un bicchiere da sopra il tavolo. Dentro c'era una bevanda bianca e fumante. <<E' latte di unicorno, ti aiuterà a rimetterti in piedi.>>

Gli unicorni esistevano, ovviamente, ormai nulla mi avrebbe sorpreso. Tracannai la bevanda calda tutta d'un sorso, era dolce come il miele. Mi misi a sedere, ancora scosso e depresso per aver perso il mio migliore amico, ma la ragazza non mentiva, potevo già sentire tornarmi le forze.

<<Io sono Tabitha, comunque>> disse con tono un po' offeso. <<Anche per me è un piacere conoscerti.>>

Mi guardai attorno, vidi la spada poggiata su un tavolo in legno in un fodero di cuoio. Mi alzai dal letto, avvicinandomi zoppicante per colpa della ferita alla caviglia. Bruciava e mi faceva un male cane. Afferrai la spada, estraendola un po' dal fodero. Potevo vedere il mio riflesso nella sua lama tanto che era lucida. I ricci castani e scompigliati mi cadevano sulla fronte, incorniciando i miei occhi neri e tristi. Mi sentivo proprio uno straccio, ma sapevo che non fosse a causa del veleno, almeno non in parte. Avevo appena vissuto la giornata più movimentata e strana della mia vita, ed ero sicuro di essere solo all'inizio.

<<Dove posso trovare Merlino?>>

<<Al momento è nella sala grande, sta facendo una riunione con i cavalieri.>>

<<Quelli della tavola rotonda, immagino.>>

<<Immagini bene.>>

"E ti pareva." pensai. Ancora faticavo a credere che tutto ciò fosse reale.

<<Be', mi deve delle spiegazioni, quindi per favore portami alla sala grande.>>

<<Non accetti un no come risposta, immagino.>>

<<Immagina meno e portami da lui.>>

Con un sospiro Tabitha si alzò dalla sedia e andò ad aprire la porta. <<Seguimi, e cerca di non cadere con la faccia a terra, non ho intenzione di medicare pure il tuo naso>> mi disse prima di attraversare l'uscio. Mi allacciai il fodero alla vita, seguendola. I corridoi del castello erano interamente in pietra, alti almeno sei o sette metri, con delle grosse vetrate ad arco colorate che lasciavano passare la luce del giorno.

<<Per quanto tempo ho dormito?>>

<<Quasi due giorni.>>

Pensai subito a mio zio. Chissà cosa stesse facendo, se si fosse scomodato a chiamare la polizia dopo due giorni di assenza, o se fosse ancora sul divano a bere la birra e a fumare sigari. Per come lo conoscevo, avrei detto più la seconda.

<<So cosa stai pensando, puoi stare tranquillo, il mondo magico è fuori dal tempo di quello mortale. Non si sono ancora accorti della tua assenza.>>

<<Leggi per caso nella mente?>>

<<No, ma è quasi sempre la prima cosa che pensate voi mortali quando vi trovate qui.>>

<<Noi mortali?>>

<<E' un termine usato per quelli nati nel tuo mondo, ma non dovrei dirlo a te. Dopotutto, sei il possessore di Excalibur, appartieni più a questo mondo di quanto immagini.>>

<<Non capisco cosa ci trovate in questa spada>> borbottai. Certo, poteva illuminarsi a comando, ma oltre a quello cosa avesse di così tanto speciale non riuscivo a capirlo.

<<Quella che hai è l'arma più potente di tutto il mondo magico. E portale rispetto, si dice abbia una volontà propria.>> Si fermò di colpo, per poco non andai a sbatterle contro. <<Siamo arrivati, fai parlare prima me, non voglio che lo distur...>> aprii la porta e mi incamminai nella sala.

La sala grande era... grande. Il pavimento in marmo rifletteva la luce dei lampadari, le pareti erano riempite da mosaici che sembravano narrare le gesta epiche di cavalieri, dall'affrontare grifoni a salvare principesse rinchiuse nelle torri. Al centro, la famosa tavola rotonda era scolpita in pietra, e su di essa spiccavano candelabri d'argento. Il soffitto era adornato con un unico e grande affresco di un re che affondava la sua spada nel petto di un drago. Merlino era seduto alla tavola con un cavaliere, lo dedussi dall'armatura lucente che indossava quest'ultimo. Sembravano molto presi dalla loro conversazione, perché non si erano minimamente accorti della mia presenza, e dagli sguardi seri dedussi che non stessero chiacchierando di qualcosa di leggero. Cacciai un colpo di tosse, ora avevo la loro attenzione. Lo stregone si voltò verso di me e subito gli spuntò un largo sorriso.

<<Per dinci, era ora che ti svegliassi!>> disse invitandomi con un cenno della mano ad avvicinarmi. <<Grazie per averlo portato qui da noi, Tabitha. Puoi andare.>>

Mi girai verso la ragazza, sembrava un po' delusa dall'essere scacciata così. La afferrai per il polso prima che si allontanasse. <<Grazie per avermi medicato>> le dissi con un sorriso sincero, prima di lasciarla andare. Ricambiò il sorriso, e si allontanò oltre la porta. <<Scusate l'interruzione, ma avrei un po' di domande>> camminando - o meglio, zoppicando - verso i due uomini, notai un volto familiare. Il cavaliere era il tizio che avevo incontrato alla fiera medievale, o meglio, a Camelot. Lo riconobbi subito dai capelli biondi che gli cadevano sulle spalle e la lunga cicatrice sull'occhio sinistro, che gli dava un'aria alquanto intimidatoria.

<<Non ne dubito mio caro, ed ogni cosa ti verrà rivelata, a suo tempo>> dopodiché indicò il cavaliere seduto alla tavola rotonda. <<Ti presento sir Lancillotto, maestro di spada del castello Pendragon. So che avete già avuto il piacere di incontrarvi.>>

<<Aspetta, quel Lancillotto?>> il cavaliere si fece scappare un sorriso.

<<Per precisazione Lancillotto sedicesimo, sono solo un suo discendente.>> rispose, facendo un leggero inchino con la testa. <<E' un onore conoscere l'erede della spada. Ora con permesso, Merlino, mi congedo. Avrete molto di cui parlare>> e alzatosi dalla sedia, ci lasciò anche lui da soli.

<<Mi dispiace di averti incuto timore l'altro giorno, ma credimi, nemmeno io mi aspettavo estraessi Excalibur dalla roccia.>>

<<Dove mi trovo? E dove si trova Luca?>>

<<Ti trovi a Camelot>> rispose, come se la cosa fosse ovvia. Dopodiché lo sguardo dello stregone si fece più serio. <<Il tuo amico è al momento in un luogo fin troppo lontano, ma sono sicuro che stia bene.>>

<<Forse non hai capito bene la domanda. Dov'è il mio migliore amico?>> scandii le parole, in un misto di frustrazione e rabbia. Excalibur, Camelot, tutto questo non mi interessava minimamente. <<Se sai dove si trova, hai il dovere di dirmelo adesso.>>

Lo sguardo di Merlino si incupì ulteriormente. Con le braccia incrociate dietro la schiena, si voltò verso la grande vetrata alle spalle della tavola rotonda. <<Ricordi la profezia che ti ho detto quando ci siamo incontrati?>>

<<Quale parte? Era piuttosto lunga, sai>> ovvio che me ne ricordassi, mi aveva fatto accapponare la pelle.

<<Nella terra delle selve oscure e sentieri intricati, cercatori di luce saranno inviati. La coppa nascosta, sfida e speranza, in prove e sacrifici rivelerà la sua potenza. L'ombra della spada, dubbio seminerà. Tra miti e destino, la tavola rotonda risplenderà. Il fuoco del drago illuminerà il cammino della verità, ma l'oscurità avanza e la fine si avvicinerà.>> con un lungo sospiro, si voltò nuovamente verso di me. <<Ecco, credo che il tuo amico sia nella valle delle selve oscure, Avalon.>>

Il nome di quel posto mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Nemmeno io sapevo come mi fosse salito alla mente. <<E' l'isola dove è morto re Artù, giusto?>>

Un lieve sorriso malinconico spuntò sul volto di Merlino. <<Esatto, e dove è stata forgiata Excalibur.>>

<<Perfetto, portami lì.>>

<<Il tuo coraggio mi rincuora, ma è qui il problema, nessuno sa bene dove si trovi adesso.>>

Sentii un peso sul petto a quelle parole. Ero in un vicolo cieco, in un posto lontano da casa e ancora più lontano dal mio unico amico. <<Ma ci dev'essere un modo per raggiungere quell'isola, dammi un indizio, qualunque cosa!>>

<<Credimi giovane, ho letto più pergamene in questi due giorni che negli ultimi cento anni. Trovare il tuo amico rientra nelle nostre priorità e stiamo facendo di tutto per riuscirci.>>

Improvvisamente ricordai la conversazione che l'uomo incappucciato, o come aveva detto Merlino, il mago oscuro, aveva avuto con lui prima che rapisse Luca. <<E' stato Mordred a rapirlo, giusto?>>

A sentire quel nome, la postura dello stregone sembrò irrigidirsi. Dietro quegli occhiali a mezzaluna si celava uno sguardo che sembrava preoccupato. <<Mordred vuole la tua spada e non si fermerà davanti a niente per averla. Ma ti basta sapere che qui sei al sicuro, nessuno ti potrà fare del male. Per ora pensa solo a riposare e a riprendere le forze, ti serviranno.>>

<<Ma io voglio sapere di più, devo sapere di...>>

<<Riposa!>> e con uno schiocco delle dita, vidi il mondo attorcigliarsi davanti ai miei occhi. Un istante dopo mi ritrovai fuori all'entrata della sala grande, con un forte senso di vertigine e lo stomaco sotto sopra. Mi voltai, facendo in tempo per vedere il portone chiudersi davanti ai miei occhi. Evidentemente la mia conversazione con Merlino si era conclusa lì, per adesso. Feci un sospiro e decisi di farmi un giro fuori dal castello per schiarirmi le idee. Se non voleva parlarmi lui di cosa stesse succedendo, avrei trovato le mie risposte altrove. 

Il castello Pendragon era grande e intricato, tanto che ci misi una buona mezz'ora per trovare le scalinate che portavano al pian terreno. Mi trovai in una vasta sala circondata da colonne imponenti. Lungo le pareti e il soffitto, candele fluttuanti proiettavano ombre danzanti, contribuendo a creare un'atmosfera magica.

Uscii attraverso una delle porte laterali e mi ritrovai nel giardino del castello. L'estensione verde si perdeva all'orizzonte, e solo la sagoma delle torri di Camelot si ergeva in lontananza. Il giardino era un labirinto di siepi ben curate, fontane e aiuole di fiori colorati. Il suono di uccelli canori e il profumo dei fiori riempivano l'aria. Oltre i giardini, il terreno cambiava in quello che sembrava in tutto e per tutto un campo di addestramento. Al centro del campo spiccava un'arena circolare delimitata da ringhiere di legno massiccio, dove gli allenamenti dei cavalieri si svolgevano sotto lo sguardo attento dei maestri d'armi. Gli spadaccini si esibivano in duelli acrobatici, colpendosi con maestria e destrezza, il clangore delle lame che si scontravano echeggiava nell'aria. In un angolo, gli addestranti praticavano il tiro con l'arco prendendo di mira balle di fieno, mentre attorno al campo altri si allenavano in esercizi di destrezza a cavallo. Avvicinandomi sempre di più al campo, notai come tutti i cavalieri si fermassero un momento per osservare me. Forse era perché ero l'unico senza un'armatura, pensai. Mentre mi incamminavo, uno dei guerrieri attirò particolarmente la mia attenzione e mi fermai ad osservarlo. La sua abilità con la spada era sorprendente, tanto da riuscire a tenere testa a due combattenti allo stesso tempo. Schivava e deviava i colpi di spada come se fosse naturale per lui, tanto che riuscì ad atterrare con una spazzata della sua spada uno, per poi colpire con un calcio al petto l'altro, facendo finire anche lui con le gambe all'aria. Mi scappò un fischio per la sorpresa. Il cavaliere si girò, iniziando a camminare nella mia direzione. 

<<Se sei qui per osservare meglio che te ne vai>> potevo sbagliarmi, ma mi sembrò di aver sentito una voce femminile da sotto l'elmo.

<<Calma, mi sto solo facendo un giro, è il mio primo giorno qui.>>

<<Mi dispiace dirtelo ragazzino, anzi non mi dispiace affatto, qui si viene per combattere. Quindi o prendi in mano quella bella spada che hai o puoi smammare.>>

Il tono saccente con cui mi parlava mi dava sui nervi, ma probabilmente era proprio quello l'obiettivo del cavaliere. Non me lo feci dire due volte. Estrassi la mia arma e attraversai la staccionata che ci divideva, cercando di ignorare il dolore pungente alla caviglia. Afferrai Excalibur con entrambe le mani, cercando di replicare la posa del mio avversario.

<<Vedo che fai sul serio, ma attento, non ci andrò leggero solo perché non hai un'armatura. Se ti fai male è colpa tua>> dopodiché mi caricò con un affondo di spada. Riuscii a deviare il colpo all'ultimo momento. Era veloce, ogni singolo colpo era veloce, nonostante le grosse dimensioni dell'arma. Arretravo, riuscendo a malapena a parare i colpi con la mia spada. Prima ancora che me ne accorgessi, aveva già alzato la gamba, infliggendomi un pesante calcio al petto. Caddi a terra proprio come avevo visto succedere al cavaliere di prima, ritrovandomi la punta della spada puntata alla gola. Alzò la parte frontale dell'elmo, i lineamenti duri del volto erano circondati da una chioma rosso fuoco, gli occhi grigi mi scrutavano mentre aveva stampata sul viso un sorriso di scherno. <<E' questo quello che sai fare? Avevo sentito che avevi sconfitto un grifone, ma evidentemente non hai nulla di speciale. Mi chiedo se Excalibur non si sia sbagliata a sceglierti.>> 

Non sapevo come risponderle, non le davo tutti i torti, la differenza nelle nostre abilità era palpabile. Scostai la lama con una mano e mi rialzai da terra. Avevo avuto a che fare con gente di quel tipo tutta la mia vita. Odiavo i bulli, e di certo non mi sarei lasciato intimidire da uno, sebbene questo avesse un grosso spadone tra le mani.

<<Hai ragione, non sarò abile quanto te, ma non mi arrendo facilmente>> le dissi, riafferrando la spada con entrambe le mani. Ripensai a Luca. Se solo fossi stato abile tanto quanto il mio avversario forse avrei potuto salvarlo. Volevo diventare più forte, dovevo diventare più forte. Improvvisamente la lama si illuminò, ed un ricordo riaffiorò nella mia mente. Il ricordo di una sanguinosa e violenta battaglia, e di un cavaliere che si destreggiava tra i suoi nemici con velocità e forza. Sapevo non fossero ricordi miei, e per qualche motivo l'unica spiegazione che potevo darmi era che fosse stata Excalibur a mostrarmeli. Tornai in me, e questa volta sentivo come se la paura fosse scomparsa dal mio corpo. Un misto tra rabbia e sicurezza, era questo quello che provavo. <<Fatti avanti>> la sfidai, la luce della mia lama si rifletteva nella sua armatura.

Non esitò a colpire, forse con più vigore e foga di prima. Mi limitavo ad arretrare e parare i colpi di spada, ma questa volta mi sembrava più semplice starle al passo. Poi sferrai il mio primo fendente. Swing. Un taglio netto, come se avesse attraversato dell'acqua, spezzò la lama della ragazza. Neanche mi accorsi della piccola folla che si era formata attorno a noi, mezzo campo aveva interrotto le sue attività solo per vedere il nostro scontro. La ragazza rimase di sasso nel vedere che non aveva più una spada da brandire, o meglio mezza spada. Furiosa, gettò quello che era rimasto della sua arma a terra e si avvicinò a lunghi passi verso di me.

<<Oh-oh>> furono le uniche parole che dissi, prima che mi desse uno spintone, atterrandomi per la seconda volta. Alla piccola folla che si era formata non sembrava dispiacere lo spettacolo, anzi ridevano. Dedussi che nessuno sarebbe arrivato in mio soccorso, ma mi sbagliavo.

<<Smettila subito, Vivianne!>> Lancillotto, comparso dal nulla, si frappose fra noi due, spingendola via. La guerriera sputò a terra, allontanandosi solo dopo avermi lanciato un'altra occhiataccia. Mi tirai su, cercando di ripulirmi dal terriccio che si era attaccato ai vestiti. Ora che ero a mente lucida notai di essere sudato fradicio e di avere il respiro affannato. Combattere di spada non era affatto una passeggiata, pensai, ma almeno potevo ringraziare l'adrenalina che avevo ancora in circolo per non sentire più il dolore alla caviglia.

<<Grazie per l'aiuto>> dissi all'uomo, rinfoderando la spada. Mi guardai attorno, la folla aveva già perso interesse e stavano tornando ai loro addestramenti.

<<Merlino ti avrà detto che devi riposare, che ci fai qui? E soprattutto, come sei finito a combattere con Vivianne?>>

<<Non era nei miei piani, ma mi ha provocato e... Diciamo che non rispondo bene alle provocazioni, ecco.>>

<<Sei fortunato che non ti ha fatto a pezzetti. Stai lontano da lei, è una tipa irascibile.>>

<<Tu dici? Non l'avevo capito, guarda>> dissi, il mio sarcasmo si poteva percepire a un chilometro di distanza.

Lancillotto accennò un sorriso divertito, avviandosi al castello. <<Ti riaccompagno alla stanza, hai bisogno di una doccia.>>

<<Cosa mi sai dire su Mordred?>>

A quelle parole, l'uomo si fermò di colpo. Si voltò verso di me, guardandomi con uno sguardo impassibile. <<Cosa ne sai tu di Mordred?>>

<<So che vuole Excalibur, ma più di questo non so dirti.>>

<<Se Merlino non te ne ha parlato, vuol dire che non sei ancora pronto.>>

C'era poco da fare, sapevo che il cavaliere non avrebbe aperto bocca a riguardo. Lo seguii, incamminandoci verso l'entrata del castello Pendragon.

Quella notte faticai a prendere sonno. Mi mancava casa, la mia vecchia routine giornaliera con Luca, persino andare a scuola. Ero sotto le coperte, a fissare il soffitto della stanza. Non sapevo bene che ore fossero, ma dalla finestra potevo vedere che la luna era alta nel cielo stellato, la notte era ancora lunga. Affacciandomi, potevo vedere da lì il campo di addestramento, isolato, e più avanti la foresta che circondava parte dei giardini del castello. Una sottile brezza mi colpì il viso, chiusi gli occhi per godermi quel momento di pace. Dato che sapevo non avrei dormito affatto quella notte, forse farmi un giro fuori dal palazzo per prendere un po' d'aria non era una brutta idea. Mi vestii con gli abiti che mi avevano fornito, una sottile e larga camicia, un paio di pantaloni e dei grossi stivali in pelle. Excalibur legata al fianco, uscii dalla mia stanza e mi addentrai per i corridoi del castello. 

Anche i giardini erano completamente isolati, a farmi compagnia c'era solo il rumore delle cicale e la brezza notturna. Poi la vidi, una figura incappucciata che si addentrava nella foresta poco lontana dal campo di addestramento. Anche se un po' titubante, la mia curiosità ebbe la meglio e decisi di seguirla. La luce della luna penetrava in piccole colonne argentee tra le folte chiome degli alberi, creando giochi di ombre. Avanzai lungo il sentiero, seguendo da lontano quell'enigmatica figura. Qualche minuto dopo, la foresta dava su una enorme vallata, la persona si fermò l centro di essa. La vidi armeggiare sotto il lungo mantello e, pochi secondi dopo, delle minuscole sagome alate spuntarono dall'erba alta e iniziarono a circondarla. Dovevano essere una decina, e volavano a cerchio attorno alla persona incappucciata. Nonostante la luce della luna, non riuscivo a distinguere cosa fossero, sembravano delle vere e proprie ombre con le ali. Estrassi la spada, che si illuminò a comando, facendo scomparire le creaturine. Solo allora la persona si girò, il vento le tirò giù il cappuccio. Era Tabitha. 

Mi guardava con aria sorpresa, come se fosse stata scoperta su qualcosa che non avrebbe dovuto fare. Si avvicinò.

<<Che ci fai qui?>> mi chiese.

<<Non riesco a dormire.>>

<<Metti via la spada, li spaventi.>>

<<Spavento chi?>>

<<Tu fallo e basta.>>

Feci come mi aveva detto, e non appena rinfoderai Excalibur ecco che le piccole creature rispuntarono nell'aria. Tabitha cacciò un pezzo di pane, alzando la mano e lasciando che quelle piccole ombre ne strappassero i pezzi poco alla volta.

<<Sono ombrafolletti, si nutrono principalmente di emozioni negative, ma non disdegnano un po' di cibo.>>

Nel giro di pochi secondi, il pane era completamente andato, ma le creature sembravano trovare gusto nel girare attorno a noi. Senza che me ne accorgessi, la malinconia che avevo per casa mia si era alleggerita. Abbozzai un sorriso.

<<Hai rubato del pane dalla cucina per... gli ombrafolletti?>>

<<Esatto, per favore non dirlo a Merlino.>>

<<Tranquilla, sarà il nostro segreto.>>

Vidi anche lei sorridere. La luce della luna faceva sembrare i suoi capelli bianchi argento puro. Era davvero bella, ma forse era colpa degli ombrafolletti.

<<Anche tu non riuscivi a dormire?>> le chiesi.

<<Esatto. Vengo qui di tanto in tanto, non mi è consentito in teoria superare i giardini, ma questo posto mi rilassa>> e detto ciò, si sedette sull'erba. Mi tirò per la mano, invitandomi a sedermi di fianco a lei. Guardavo il cielo, punteggiato da una miriade di stelle. Non se ne vedevano così tante a Roma.

<<E' davvero bello.>> pensai ad alta voce.

<<Vero>>  rispose. Gli ombrafolletti erano scomparsi di nuovo, lasciandoci soli. <<Ho sentito che hai battuto Vivianne oggi.>>

<<Direi più un pareggio, ma è grazie alla mia spada. Non so come spiegarlo, ma mentre combattevamo mi ha mostrato...>>

<<Ti ha mostrato dei ricordi che non sono tuoi, giusto?>>

<<Giusto, come fai a saperlo?>>

<<Merlino me ne parlava in continuazione, tu ed Excalibur avete un legame, un legame che nemmeno Mordred può sciogliere.>>

<<Chi è Mordred?>>

A quella domanda, la ragazza si ammutolì, guardando in basso. Aveva proprio l'espressione di qualcuno che non poteva dire altro.

<<Per favore, Tabitha, devo saperlo. Sono stanco di andare a vuoto, ho il diritto di sapere chi mi sta dando la caccia, chi ha rapito il mio migliore amico.>>

<<Mordred Pendragon, figlio di Artù Pendragon. Mordred è una figura complicata, una sorta di gemma oscura nella storia di Camelot. Il suo destino è stato segnato fin dalla nascita, predestinato a portare caos e distruzione. Merlino ha cercato di cambiarlo, di guidarlo lungo un cammino diverso, ma le sue scelte lo hanno portato lungo una strada oscura.>>

Mi fissò negli occhi, e potevo percepire la gravità delle sue parole.

<<Mordred è coinvolto in una guerra antica, una lotta che va oltre il nostro mondo. C'è un'oscurità che cerca di avvolgere tutto, e Mordred è diventato uno strumento nelle mani di questa forza maligna. Merlino sa che solo tu, con Excalibur, puoi contrastare questa minaccia. Ecco perché Mordred ti cerca, per ottenere il potere della spada e usarlo a suo vantaggio.>>

<<Cosa devo fare?>> chiesi, cercando di elaborare tutte le informazioni.

<<Devi continuare ad allenarti, migliorare le tue abilità con Excalibur. Merlino ti guiderà, ma il destino è nelle tue mani. Dovrai affrontare prove difficili, ma ricorda che hai un potere unico, una luce che può contrastare l'oscurità.>>

La ragazza si alzò e mi porse la mano per aiutarmi a rialzarmi.

<<Ora torniamo al castello, altrimenti Merlino sospetterà qualcosa. Ma ricorda, non sei solo in questa lotta.>>

Camminammo insieme attraverso la foresta, sotto il cielo stellato di Camelot, consapevoli che un destino straordinario ci attendeva.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top