Capitolo 6 - Pro et contra.
La situazione era forse peggiore di quanto Lucilla non avesse creduto. I comandanti dell'esercito avevano inviato al Senato un messaggero che come ogni mese stava facendo il resoconto di ciò che accadeva sul confine: l'esercito della Repubblica era riuscito ad avanzare e a conquistare una non indifferente porzione delle Colonie. Quel risultato avrebbe fatto gioire i cittadini e avrebbe rincuorato l'esercito stesso, spronando sempre più alla conquista.
«Abbiamo inferto enormi danni all'esercito nemico, che è stato costretto ad arretrare per potersi arroccare sul passo tra le montagne. I territori conquistati sono già stati controllati minuziosamente, tutti i superstiti sono stati fatti prigionieri ed è stato fatto in modo che, in caso di riconquista nemica, i vampiri non possano trovare che cenere e macerie», osservava il messaggero che sfoggiava una toga nuova per l'occasione. Il Senato e i Consoli avevano lasciato un'enorme libertà di decisione ai capi dell'esercito, coscienti che fossero loro gli esperti, ma per le decisioni importanti spettava comunque a loro deliberare.
«L'intero senato vi ringrazia per il dettagliato resoconto», Porcio si era alzato dal suo posto d'onore e aveva invitato il messaggero a sedersi. Ora spettava a loro decidere. Il princeps senatus, un istante prima di riprendere a parlare, si voltò a guardarla, l'espressione seria era un tentativo di ammonirla, perché sapeva bene che non sarebbe stata zitta. Che se ne andasse al diavolo. Certo non si sarebbe sottomessa alla volontà di uno Iulio.
«Ebbene, cari senatori, spetta a noi l'ardua decisione», una breve pausa, mentre, a braccia spalancate, osservava la platea tutt'attorno a lui. «Permetterete al nostro valoroso esercito di mobilitare altri mezzi e altri uomini, al fine di ridurre a nulla la minaccia di quei miserabili, quei mostri che nella notte minacciano l'incolumità dei vostri bambini, delle vostre figlie?» un brusio convinto si levò dalla platea di ascoltatori; ignoranti o strateghi, che credessero a quelle parole o lo facessero solo per tornaconto personale, quasi tutti volevano aumentare le legioni impegnate in quello scontro. Se fosse stato così però, non ci sarebbe stato scampo per i vampiri e non solo quello.
Basilea, sebbene molto più in basso e lontana rispetto a lei, si voltò a guardarla, la implorava con lo sguardo di intervenire; in un altro punto della sala, anche Celio la fissava, appena si accorse di lui, l'amico le sorrise incoraggiante. Sapeva bene che, se non altro, aveva la capacità di insinuare il dubbio negli animi dei presenti. Sospirò, ma gli fece un cenno d'assenso.
Si alzò in piedi. Nonostante non avesse fatto il minimo rumore, tutti si accorsero di lei e ammutolirono; i più la guardavano con odio e disprezzo, senza neanche preoccuparsi di celarlo, per tutti era solo una seccatura con fin troppo potere, residuo di un'epoca più tollerante. Fece qualche passo, adagio, i sandali in cuoio risuonarono per la sala, mentre si avviava verso uno dei corridoi che l'avrebbe condotta al centro, dove Porcio la osservava risentito.
«Stolti», forse non era proprio l'inizio migliore per ingraziarsi quella massa di invertebrati, ma almeno, si era assicurata la loro attenzione, ora tutti ascoltavano per davvero. «Siete solo degli stolti se vi illudete che possa essere così facile. Sottovalutare il nemico è l'errore più grave che si possa commettere ed è ciò che voi state facendo», un mormorio di protesta si era sollevato mentre scendeva le scale. Quando fu arrivata, fissò Porcio con astio, se fossero stati sposati avrebbero fatto fuoco e fiamme, ma in tutt'altro senso.
«Fino a ora siamo sempre stati noi a fare la prima mossa. Noi abbiamo attaccato», lasciò che quelle parole risuonassero nell'immensa sala. «Noi ci siamo esposti mostrando ai vampiri la nostra forza e i nostri mezzi», girò su se stessa, cercò con lo sguardo coloro tra i senatori che avevano conoscenze strategiche e militari. Poteva contare su di loro, poteva sperare di insinuare in loro il dubbio, così che votassero contro. «Volete davvero illudervi, e con quali prove poi, che i vampiri semplicemente non siano preparati? Che il loro esercito non possa essere competitivo?» ancora una pausa, ancora alla ricerca di sguardi che potevano ribaltare la situazione. «Meglio di noi conoscono il loro stesso territorio; meglio di noi certamente sanno come sfruttare a loro vantaggio la geografia, infine, sanno bene con chi hanno a che fare e, di sicuro, non si illudono che il nostro esercito si limiti a ciò che abbiamo mostrato loro», fece qualche passo avanti e alzò il tono della voce. «Chi vi dice che non stiano attendendo il momento e il luogo propizi affinché possano danneggiare il nostro esercito? Una vittoria del genere fornirebbe loro nuova speranza e nuova fiducia», riuscì a scorgere i primi sguardi dubbiosi, qualcuno era persino preoccupato da quell'eventualità.
«Come potete pensare di nascondere la sconfitta a tutti gli schiavi che tutti noi ospitiamo nelle nostre stesse case? Rivolte si solleverebbero come si spandono le macchie d'olio. A niente servirebbero restrizioni e repressioni, perché la vendetta e l'eccitazione sono ben più forti della paura», non aveva ancora finito, con la coda dell'occhio vide Porcio tentare di prendere la parola, così riprese in fretta. «Noi stessi siamo gli artefici dell'imposizione per cui i nostri schiavi non possono avere una famiglia, degli affetti, ma così non c'è leva alcuna che ci permetta di frenare i loro animi collerici, non abbiamo acqua capace di spegnere un incendio del genere», fine. Aveva terminato il discorso e l'aula era caduta nel silenzio, tutti, persino i più convinti stavano ponderando bene le sue parole, rimuginando sugli scenari che aveva prospettato loro.
«Perché mai, dico io, i vampiri hanno lasciato in balìa di noi nemici, tanti loro simili, se fossero davvero in grado di difendersi? A quale scopo cedere tanto terreno e tante vite?» Porcio aveva fatto un passo avanti, tentando di riportare dal suo lato la platea.
«Parli degli stessi vampiri che tu stesso hai definito come barbari assetati di sangue, privi d'ogni sorta di civiltà e morale?» rigirò a suo favore una delle tante prediche che lo stesso Porcio aveva fatto ai comizi per alimentare l'odio popolare.
«Dunque, Lucilla Sabinia, per te è conveniente attendere e procedere con una guerra lenta, di logoramento, che sfinisca gli uomini che già hanno combattuto sin ora?» Tullio Cecilio, uno dei senatori più anziani e influenti la osservava dall'alto del suo posto, con le mani giunte sulla scrivania e le spalle dritte, rigido come una statua di Cesare.
«Non ho detto questo», lo fissò dritto negli occhi. Era abile nel mettere parole mai pronunciate in bocca agli altri, ma non era certo così sciocca, suo padre, a suo tempo, aveva insistito affinché imparasse a ribattere; aveva studiato con attenzione i Sofisti e i loro insegnamenti di dialettica. «Mandiamo le truppe non ancora mobilitate per sostituire quelle impegnate al fronte. Diamo ai nostri soldati un po' di tregua, così che gli animi si rinfranchino e le ferite guariscano. È bene ricordarsi che le Colonie non sono il nostro unico nemico», una breve pausa, il tempo necessario a vedere una scintilla irosa passare per le pupille del vecchio. «I trattati e le alleanze sono solo convenzioni, pezzi di carta tanto facili da scrivere quanto da stracciare», aveva parlato all'uditorio con voce bassa, ma ancora ben udibile. Risuonò come un ammonimento, mentre lasciava il palco con passi lenti e decisi. Per quanto fossero lontani quei tempi, tutti sapevano molto bene cosa fosse successo, prima che i vampiri venissero innalzati a nuova minaccia, non potevano dimenticare. Tornò al proprio posto e si sedette.
«Bene», Porcio si schiarì la voce e riprese a parlare. «È giunto il momento di votare: chi di voi è favorevole a incrementare le legioni che combattono la feccia della Terra?» in molti alzarono le mani, ma in ogni caso non a sufficienza per ottenere una maggioranza. Non era ancora deciso. Uno scribacchino appuntò con precisione quanti voti ci fossero stati a favore; quando ebbe finito, fece un cenno a Porcio che continuò.
«Chi invece vota contro tale scelta?» molte mani si alzarono, gli astenuti non furono pochi. Non avrebbe saputo dire se fosse riuscita a ribaltare la situazione, erano divisi in maniera più o meno paritaria. Il tallone le tremava, mentre scrutava con ansia lo scribacchino che contava i voti. Quale sarebbe stato il verdetto? L'uomo in toga finì di contare e si avvicinò alla lavagna per segnare i volti, che sarebbero rimasti lì per il tempo necessario a redigere un minuzioso verbale di quella riunione. La mano grassoccia si avvicinò ai gessi e iniziò a tratteggiare i numeri, grandi a sufficienza affinché tutti nella sala potessero leggerli. Trattenne il respiro. Gli astenuti erano ancora più di quelli che sembravano, in molti i cui affari avrebbero risentito del voto contro, ma che erano troppo terrorizzati per le conseguenze di un voto a favore avevano preferito non esporsi. Ecco il numero dei voti a favore, ma il cervello era talmente bloccato dall'ansia che non riusciva a fare il conto. Quando vide il numero dei voto contrari, tirò un sospiro di sollievo. Solo due voti in più. Due miseri voti, che però avevano decretato il suo successo.
L'aula fu percorsa da un brusio elettrico, disapprovazione mista a sollievo nascosto. Sorrise vittoriosa, mentre si rilassava, raddrizzando la schiena per accavallare le gambe una sull'altra.
«Ebbene, per oggi abbiamo finito», Porcio, più deluso che mai, lasciò tutti liberi di andare; il rumore delle sedie che stridevano contro il pavimento prese il sopravvento, per poi essere sostituito da una marea di voci e passi.
Si alzò anche lei, pronta a tornare a casa per occuparsi di tutt'altra questione. Con molta lentezza si incamminò per le scale intasate da tutti gli altri senatori; non riuscì neanche a scendere il primo gradino che Tullio Caecilio le bloccò la strada, a stento nascondeva l'ira con il labbro secco piegato verso il basso in una smorfia di disgusto.
«Questa volta hai vinto Lucilla, ma dammi retta, quando ti dico che faresti bene ad abbandonare la tua inutile resistenza», la fissò con il sopracciglio bianco sollevato in un'espressione di pietra. Quella era una minaccia. Una minaccia fatta da un uomo che aveva commesso atti orribili in passato, avrebbe dovuto temere per la propria incolumità, sì, avrebbe dovuto, ma non si sarebbe certo fatta intimorire. Non aveva la minima intenzione di cedere; sorrise, piegando un poco la testa.
«Forse sarà tutto inutile, ma procura sempre un immenso piacere distruggere i piani avversari», si allontanò senza attendere risposta e senza salutare, era un uomo riprovevole e non meritava certo il suo rispetto. Riprese a scendere e, quando uscì all'aperto, intravide Celio e Basilea. Erano fermi all'angolo della piazza, in una zona meno trafficata; anche da quella distanza Celio spiccava come un pavone in mezzo a dei colombi: la toga sgargiante era decorata con ricami porpora e oro, su di essa scintillavano i gioielli che adorava indossare, neanche Basilea aveva in dosso così tanta roba. Mentre si avvicinava, iniziò a fare il conto di cosa avesse messo l'amico quella mattina: da là riusciva a vedere una collana in oro battuto, le mani sembravano delle protesi, da quanti anelli le rivestivano; aveva anche uno spesso bracciale, era mezzo nascosto dall'angolo della toga, ma avvicinandosi era riuscita a scorgerlo. Ah! Gli orecchini, si era messo persino gli orecchini; quella mattina ci si era messo d'impegno a prepararsi e sapeva bene che significava solo una cosa: Celio doveva incontrare qualcuno su cui voleva fare colpo. Quando fu abbastanza vicina, si rese conto che Basilea la stava fissando preoccupata, mentre Celio aveva stampato in faccia un sorriso irriverente; dovevano aver visto che era stata fermata da Tullio.
«E brava Lucilla! Sai sempre come mettere i bastoni fra le ruote agli altri», Celio le si avvicinò facendole un teatrale baciamano e la affiancò, mentre Basilea, inquieta, l'aveva presa a braccetto.
«Cosa ti ha detto?» l'amica la fissò negli occhi, spronandola a parlare, Celio invece sbuffò roteando gli occhi al cielo; sbatté una mano sull'altra e gli anelli cozzarono tra loro.
«Cosa vuoi che le abbia detto? L'avrà minacciata», parlò con un tono fin troppo alto, come suo solito, e attirò l'attenzione dei passanti.
«Abbassa la voce, idiota!» Basilea si protese nella sua direzione per farsi sentire nonostante il tono sussurrato. «Allora, Lucilla?» tornò a guardarla in attesa di una risposta che non le sarebbe piaciuta.
«Diciamo che mi ha consigliato di farmi da parte», sorrise all'amica, mentre Celio si esibiva in un esagerato "te lo avevo detto" allargando le braccia e facendo un lieve inchino. «In ogni caso, non ho intenzione di seguire il suddetto consiglio», guardò l'amico che le fece l'occhiolino; Basilea sbuffò.
«Prima o poi finirete entrambi nei guai», non era proprio provvista di spirito avventuroso, mentre Celio era solito ficcarsi nei casini senza pensarci due volte; l'amico sembrava avere una dipendenza da adrenalina. «Devo andare. Ho un appuntamento con Clodio, per occuparmi della tua festa», la mora la puntò con l'indice e le lasciò il braccio per imboccare un'altra strada.
«E io ti ringrazio con tutta me stessa», le sorrise salutandola.
«A presto, cara Basilea!» Celio sorrise sornione mostrando i denti bianchi e curati. «Allora Lu, sono curioso di conoscere il tuo nuovissimo gladiatore!» rise. Ora tornava tutto: Celio si era messo in tiro per Lucas. Neanche sapeva che faccia avesse, ma la tentazione di sedurre qualcuno, uomo o donna, umano o vampiro che fosse, per lui era troppo forte.
«Sei sempre il solito», scosse la testa. «Mi dispiace deluderti, ma non credo che Lucas sia interessato a te in quel senso», lo guardò per sbirciare la sua reazione.
«Tu dici?» Celio non ricambiò il suo sguardo, aveva un'espressione piccata. «Come sempre mi sottovaluti. Se così è, gli farò cambiare idea», accelerò il passo, costringendola a fare lo stesso.
Proseguirono in silenzio fino al limitare della cittadella, una volta fuori dal caos del centro, imboccarono una strada ampia e alberata, era vuota, solo qualche passante in lontananza.
«Hai valutato la mia proposta?» Celio aveva cambiato tono; ecco a cosa stava pensando. Non aveva voglia di parlarne, ma non poteva neanche evitare per sempre il discorso.
«Quale proposta? Quella degli abiti?» sperò che si stesse riferendo ad altro, ma Celio le lanciò uno sguardo infastidito.
«Sai bene che non mi sto riferendo a quella di proposta», quando Celio capì che non avrebbe ricambiato il suo sguardo, tornò a fissare la strada. «Mi sto riferendo al matrimonio. Te l'ho detto, non ho intenzione di chiederti nulla, sarà solo di facciata. Non ti obbligherò neanche ad avere figli se non li vorrai e sai bene quanto io in realtà ne vorrei», si fermò, obbligandola a rispondergli.
«Proprio per questo non posso accettare. Un matrimonio di facciata non mi salverà dalle chiacchiere e dalle maldicenze», gli sorrise mesta. «Ti ringrazio per la tua offerta, ma rimango della mia idea. Spero invece che tu riesca a trovare una donna che sia in grado di sopportare tutte le tue eccentricità, inclusa la tua infedeltà», aguzzò il sorriso con espressione provocatoria. Celio rise, fingendo di ritrovare una spensieratezza che non avevano.
«Non credo che ci possa essere donna in tutta l'Urbe disposta a sopportarmi come riesci a fare tu!» le avvolse le spalle con il braccio, stringendola a sé.
«Non essere così pessimista», rise. «Certo, forse è un po' eccessivo per un primo appuntamento trovarti nudo a bere vino dal rubinetto della botte», Celio scoppiò in una risata così forte che annunciò in anticipo il loro arrivo a casa sua.
«Ma quello con te non era un primo appuntamento!» si giustificò lui, mentre Androsilla si affacciava dal portone per raggiungerli.
«Celio!» Androsilla scese i gradini felice di vederlo.
«Amata! Ogni giorno più bella», l'amico le fece il baciamano. «Ho sentito che tua sorella ha comprato un nuovo gladiatore. Dimmi un po', com'è? Sono troppo curioso e lei non mi dice mai nulla», soffiò una ciocca castana che gli era caduta sugli occhi e sorrise alla ragazza.
Entrarono in casa confabulando sul povero sciagurato di Lucas; Lucilla provava pena per lui, Celio sapeva essere davvero invadente e insistente, nessuno meglio di lei poteva saperlo. Quell'idiota aveva provato a sedurla un'infinità di volte, prima di arrendersi e diventare uno dei suoi amici più cari, tra tutti di sicuro il più estroso.
«Forza Lucilla, muoviti! Voglio vederlo mentre si allena», Celio era tornato indietro per raccattarla.
«Arrivo, arrivo!» sbuffò e si lasciò trascinare.
Arrivarono davanti ai portoni che vennero spalancati all'istante. Fece un cenno a Ostilio per fargli capire che non era lì per loro e indicò Celio; il vampiro annuì. Costeggiarono la corte e si fermarono a metà del colonnato.
«Allora? Dov'è? Non lo vedo», Celio tirava il collo impaziente, cercava di allungarsi per trovare la faccia nuova; Mireia lì vicino li guardò perplessa, Lucilla alzò le mani e scosse il capo, si era rassegnata da tempo alle richieste dell'amico.
«Eccolo! È con Fidel», Androsilla puntò il dito verso un angolo del campo: il biondo li salutò mentre finiva di allacciare l'armatura a un vampiro, che doveva essere Lucas, ma con l'elmo in testa non era riconoscibile.
«Intrigante. Sono eccitato all'idea di scoprire come sia», gli occhi di Celio stavano scandagliando l'armatura con minuzia, cercando di farsi un'idea di chi ci fosse dentro. Si girò a guardarlo, gli avrebbe risposto molto volentieri con una battuta sagace, ma si trattenne per Androsilla.
«Lascia stare, è come se lo avessi detto. Ormai ho la tua voce nella mia testa», rise. La sorella li guardò confusa per pochi istanti, ma rinunciò, troppo curiosa di osservare Fidel.
«È meglio che tu ti faccia controllare. Sentire le voci è troppo anche per te», si scambiarono uno sguardo d'intesa e tornarono con l'attenzione su Lucas: Ostilio gli stava gridando ordini e spiegazioni, mentre il vampiro cercava in vano di proteggersi dai colpi di Victor.
«Non mi sembra che sia poi così bravo», commentò Celio, perplesso dalle innumerevoli legnate che stava prendendo il ragazzo.
«Questo è l'allenamento per abituare i gladiatori al senso di stordimento. È normale che venga colpito così spesso. Deve solo avere il tempo di assestarsi e di reagire», osservarono l'allenamento, Androsilla e Celio facevano il tifo come fossero ai ludi; Theodore e Manuel li raggiunsero alle spalle, fermandosi accanto a loro.
«Qualcuno ha voglia di infierire?» Theodore si sporse con un sorriso subdolo stampato in faccia, gli occhi rubino saltavano tra i presenti; stava porgendo loro un sacco pieno di pietre.
«Cosa ci dovremmo fare con i sassi?» Celio lo osservava perplesso; Manuel, senza proferire parola, ne prese uno, se lo rigirò tra le mani e poi, con una mira eccellente, lo lanciò addosso a Lucas. Il vampiro, che stava per colpire Victor, si fermò per voltarsi verso il ragazzino. Anche se non poteva vederlo in volto era sicura che fosse furioso. Scosse la testa, tentando di trattenere una risata inopportuna.
«Prima o poi vi farete ammazzare voi due», li ammonì con poca convinzione.
«Il gioco vale la candela e poi è tutto allenamento. Vuoi che sopravviva ai ludi? Lascia fare a noi e vedrai che gladiatore!» Theodore lanciò il proprio sasso; Lucas si fermò di nuovo, per qualche altro breve istante, valutando se fosse capace di ignorarli o se invece era meglio inseguirli.
«Non siete molto gentili, però», Androsilla aveva incrociato le braccia al petto, guardandoli imbronciata, aveva un animo troppo gentile per poter apprezzare scherzi del genere.
«La gentilezza non ci salva le chiappe, però», Manuel rispose scimmiottando la coetanea, che gli tirò un'occhiataccia; ragazzini, quella era l'età dei battibecchi.
All'ennesima pietra, che colpì Lucas proprio in testa, il vampiro abbandonò Victor in mezzo al campo e, togliendosi l'elmo, si gettò contro Manuel e Theodore. I due vampiri, senza smentirsi, abbandonarono il sacco e si nascosero dietro a Lucilla.
«Voi due...» Lucas sibilò furibondo, avanzando, deciso a mettere le mani addosso ai due. Fu Celio a salvarli, incurante del pericolo, si piazzò di fronte a lui e sfoggiò il suo migliore sorriso.
«Tu devi essere il nuovo gladiatore di Lucilla. Non vedevo l'ora di conoscere quale bel pezzo di vampiro avesse acquistato questa volta», gli tese la mano aspettando che contraccambiasse; Lucas lo guardò come si guarda un maiale con le ali, lo squadrò confuso, ma decise che non gli interessava approfondire la questione, Lo superò senza degnarlo di ulteriore attenzione e tentò di acchiappare i due, che cercavano in tutti i modi di evitarlo.
«Ti stiamo facendo un enorme favore, sei solo un ingrato!» Theodore gli urlò subito prima di buttarsi dietro a Manuel in mezzo al campo, Lucas li seguì ancora convinto a volerli pestare.
«Che dire, ha un bel caratterino», Celio lo seguì con lo sguardo, sul volto un sorriso soddisfatto dimostrava quanto il povero Lucas gli fosse piaciuto.
«Ti ho detto che non era interessato», Lucilla gli posò una mano sulla spalla.
«Questo non è ancora detto», l'amico alzò l'indice in aria e la guardò eccitato.
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