IL VOLTO DELL'ASSASSINO

"E' morta?", balbetto.

Deniel osserva la Tigre, accigliandosi un poco. "Per un'oretta, se siamo fortunati".

"Ha detto che ti sta cercando, che vuole vendicarsi!".

Un leggero sorriso gli illumina gli occhi. "Non preoccuparti, stava mentendo".

Respiro a fondo, irritata da questo suo inutile tentativo di nascondermi la verità. A che scopo poi? Se il Maestro sta cercando lui, automaticamente entro in ballo pure io, perché sono la persona che l'ha spinto a tradire la sua famiglia. Sono la molla che ha fatto scattare tutto il meccanismo.

"Non è vero, Deniel, lo sai meglio di me. Quello che ha detto è la verità".

"Se fosse la verità pensi che il Maestro ci lascerebbe il tempo di prepararci? Perché dovrebbe mandare la Tigre ad avvertirci quando potrebbe attaccarci senza preavviso?".

"Forse ha in mente una vendetta più diabolica o... dannazione! Sta arrivando la polizia!".

Si volta di scatto, dando segno solo ora di accorgersi delle sirene. Eppure avrebbe dovuto accorgersi molto prima di me.

"Andiamocene. Tu occupati della tua amica".

Un secondo dopo ha già issato la Tigre sulle spalle, trascinandola senza troppe difficoltà.

"Non stava mentendo", lo avverto.

Si volta irritato. "Come puoi saperlo?".

"Non posso saperlo. Ma c'è una persona che può dircelo".

Negli occhi vi leggo che ha capito bene a chi mi sto rivol-gendo.

"Parlerò a tuo padre", concede. "Ora afferra la tua amica prima che ti svenga ai piedi. E' pallida come un morto".

Con un cenno secco della testa mi indica una porticina grigia che quasi sicuramente da sul retro, invitandomi a fare strada. Cingo i fianchi di Irene con entrambe le braccia e annaspo sul ghiaccio, verso la porticina. Appena abbasso la maniglia una voce potente rimbomba nella sala.

"Fermi dove siete!".

Mi volto di scatto, mettendo a fuoco come prima cosa la pistola nera puntata contro di noi. Dopo brevi attimi, con un sospiro di sollievo, mi accorgo che ad impugnarla è Luke.

"Dove ci sono guai ci sei sempre, eh?", mi lancia un sorriso obliquo, carico di sottintesi. Impiego un po' troppo a capire che quella frase non era rivolta a me.

Deniel si volta lentamente, tranquillo. La sua espressione resta calma di fronte alla pistola. D'altra parte sa molto bene che Luke non mi sparerebbe mai contro. E se anche dovesse aprire il fuoco mirando contro di lui, la sua vita non sarebbe comunque neanche lontanamente in pericolo.

"Mi hanno chiamato i gestori di questa pista di pattinag-gio", ci spiega Luke, riponendo la pistola nel cinturone. "Ma l'ultima cosa che mi aspettavo era di trovare voi".

I suoi occhi tornano fissi su quelli di Deniel. Mi chiedo perché non lo stia ipnotizzando per permetterci di allontanarci.

"Che è successo a quell'uomo?", chiede, facendo un cenno del capo verso la Tigre.

"Nulla che ti riguardi", gli risponde Deniel.

"Mi riguarda tutto ciò che succede in questa città", obietta Luke, avvicinandosi di qualche passo.

"Ma davvero?", lo aggredisco. "E dov'eri tutte le notti che dovevo uscire per fare ciò che tu e i tuoi colleghi non facevate? Dov'eri quando l'altra sera sono stata picchiata dall' assassino che dici di riuscire a fermare? Se tutto ciò che succede riguarda la polizia, perché sei qui da solo?".

Luke resta per qualche attimo a fissarmi, spiazzato.

"Non ho intenzione di parlare davanti a dei civili. In quanto a te", continua sprezzante, rivolgendosi a Deniel, "sappi che mi riguarda anche tutto ciò che accade a Còrin".

"Ma per piacere", sbotto.

Deniel si libera dal peso della Tigre e accenna qualche passo verso di me, coprendomi in parte alla vista di Luke.

"Credo che faresti bene a non farti vedere da me a meno di un metro di distanza dalla mia ragazza". Il tono calmo e gentile di Deniel rende la minaccia ancora più terrificante.

Automaticamente affondo le dita nel suo braccio per paura di vederlo balzare contro Luke. Poi il rumore di una porta che sbatte, smorza la tensione.

"Còrin stai bene?". Anne vola quasi sul ghiaccio per rag-giungermi.

Annuisco, debole.

"E tu?", s'informa, rivolgendosi ad Irene.

Irene le fa cenno con la testa di stare tranquilla ma un attimo dopo perde i sensi per i ripetuti shock, cadendo pesantemente verso le scalinate e battendo la fronte su un gradino di cemento.

Anne è la prima a raggiungerla e a rendersi conto del danno che la caduta le ha causato alla testa. Un attimo dopo anche io, Deniel e Luke siamo accanto a lei.

"Ha bisogno di un medico", conviene Luke, dopo essersi accertato che il battito cardiaco sia regolare. "La porto in ospedale".

Mentre osservo Luke sollevare la mia amica, sento sulla spalla la mano calda di Deniel, pronta a sorreggermi. Sto cadendo nel panico. Non riesco a ragionare.

"Non sarà il caso di chiamare un'ambulanza?", gli chiede Anne.

"Impiegherò meno tempo portandola io stesso".

"E che cosa racconterai all'ospedale?", lo punzecchia.

"Ti senti bene?". Tra le voci di Anne e Luke riconosco quella bassa e preoccupata di Deniel.

"Sono preoccupata". Sto battendo i denti.

Il suo alito caldo mi sbatte contro la fronte, spostandomi una ciocca di capelli.

"Respira, Còrin. Chiudi gli occhi...".

Poi ridiscende lentamente verso le labbra, tracciando a passi calcolati un percorso invisibile per la sua bocca.

"... respira...".

Il bacio non dura più di due secondi.

Appena le sue labbra si staccano dalle mie un dolore for-tissimo alla gola mi mozza il respiro. Provo a deglutire ma non ci riesco. Che sta succedendo? Mi tasto la gola, incapace di parlare, fissando semplicemente gli occhi di Deniel che mi studiano preoccupati da sotto le lunghe ciglia scure. Barcollo qualche passo verso di lui, allargando le braccia per ritrovare l'equilibrio.

"Stai male!". Mentre lo dice mi ha già riacciuffata tra le braccia e sollevato da terra.

Dopo un lunghissimo momento riesco ad aprire le labbra. La voce mi esce in un soffio, rauca, come se avessi ingerito fuoco vivo.

"La gola...". La tocco. E' bollente. "Sembrava andare a fuoco".

"Cosa posso fare?".

"Niente. Probabilmente è solo un po' di influenza".

I muscoli della sua schiena si irrigidiscono. Posso sentirli vibrare sotto le mie dita.

"E' una malattia?", mi chiede.

"Già! Tu non puoi saperlo", ricordo più che altro a me stessa. L'essenza della vita l'ha reso immune a qualsiasi malattia, perciò il suo Maestro non ha ritenuto opportuno spiegargli cosa sia l'influenza. "L'influenza alza la temperatura corporea".

Appoggia una guancia alla mia fronte e resta un momento in silenzio.

"Non sei calda. Sei normale".

"Allora forse non è influenza...", biascico.

Chiudo gli occhi, rilassandomi sulla sua spalla.

"Dove mi stai portando?", gli chiedo dopo un po', accor-gendomi che abbiamo abbandonato l'interno della pista di pattinaggio.

"Da quel... da Luke". Riconosco l'angoscia nella sua voce. "Io non posso aiutarti".

Faccio un cenno d'assenso, poi richiudo gli occhi. Mi sento come se non dormissi da una settimana, ho il cervello annebbiato, incapace di metabolizzare in fretta ciò che Deniel e Luke si stanno dicendo. E' come se di punto in bianco mi si fossero riempite le orecchie di uno sciame di mosche e la conversazione tra loro due diventa quasi un sogno.

"Sarà piacevole ricordare a Còrin chi c'era con lei al mo-mento del bisogno. Immagino che tu avrai cose più importanti da fare che occuparti di lei". La voce di Luke mi raggiunge ovattata e distante.

"Ti avverto, Luke, se me la riporti a casa in uno stato peggiore di come te la sto lasciando, ti garantisco che arriverai a supplicarmi di ucciderti", lo minaccia Deniel, mantenendo sempre lo stesso tono pacato, vellutato di sfida.

Se non fossi in uno stato di semi-incoscenza mi permetterei di fare una bella ramanzina ad entrambi. Ma c'è la Tigre a meno di un metro da me, il Maestro ci sta dando la caccia per vendicarsi e la mia migliore amica ha un estremo bisogno di un dottore. E sembra che né a Luke né a Deniel questi tre punti bastano a tenere a freno questo loro assurdo tentativo di marcare il territorio –il territorio in questione ovviamente sarei io-.

Poi il buio vince la resistenza dei miei sensi.

Quando riapro gli occhi mi ritrovo sdraiata su un lettino ai bordi di un corridoio lungo e azzurro, illuminato da delle luci al neon, e non ho la più pallida idea di come ci sono arrivata. Sento ancora un fastidioso pizzicore alla gola ma non è nulla in confronto al dolore che avevo sentito alla pista del ghiaccio.

Mi guardo attorno spaesata, fissando alcune infermiere accanto alla segreteria che non sembrano badare a me. Perciò scendo dal lettino e mi avvicino a loro, in attesa che si accorgano della mia presenza.

"Oh... è ritornata", mi saluta gentile la più giovane delle tre. Fa un cenno alle altre due di allontanarsi e mi prende per un gomito, accompagnandomi all'interno della segreteria, separata dal corridoio da una grande vetrata.

"Come si sente?", mi chiede, esaminandomi il polso.

"Sola", le rispondo imbronciata. "Che mi è successo?".

Lei scoppia a ridere e mi aiuta a sedermi su una sedia foderata di rosso.

"Ma non è sola. Qua fuori c'è un bellissimo poliziotto che sostiene di essere il suo fidanzato. Al momento si sta occu-pando di una vostra amica che ha sbattuto la testa sui gradini di casa sua. Tra poco sarà qui".

E' dunque questa la scusa che Luke ha usato per giustificare la presenza di Irene all'ospedale? Devo stare attenta a ricordarmene.

"Come sta la mia amica?", mi informo.

"Non si preoccupi, la sua amica ha la testa dura. La terremo questa notte per assicurarci che non abbia emorragie interne. Non si preoccupi per lei, ci sono i suoi genitori per questo. Lei piuttosto: sicura di star bene?".

Annuisco, cauta, ricordandomi improvvisamente che da qualche parte sul mio corpo deve esserci una ferita profonda.

"Dove sono ferita?", le chiedo, tastandomi la gola. Alla pista di pattinaggio avevo imbrattato col mio sangue una buona porzione di ghiaccio ma non avevo capito dove ero stata colpita.

L'infermiera solleva gli occhi da un modulo che sta compilando e mi osserva stranita. "Non è ferita ma devo ammettere che quando è arrivata qui, due ore fa, stava proprio male".

La fisso incredula, smettendo automaticamente di tastarmi la gola. "Due ore fa? E quanta febbre ho?".

"Signorina Alley, non ha febbre e non è ferita. Ha avuto un semplice malore".

Sobbalzo sulla sedia. "Un malore? E' grave?".

"Si può collassate per molte ragioni. Un forte stress emotivo. Ma non credo sia il suo caso. E' così giovane".

Mi sfugge una smorfia sarcastica che mi impegno a na-sconderla dietro un colpo di tosse. Già! Perché mai dovrei collassare? Infondo, c'è soltanto un pericoloso assassino sulle mie tracce, il Maestro vuole uccidere Deniel e la città è invasa da decine di squilibrati in cerca di una portatrice. Già! Pensandoci bene non ho proprio nessun motivo per collassare.

"Oppure per una gravidanza", aggiunge dopo un pò, o-stentando indifferenza.

"Ooh, non sono incinta".

Allunga una mano per accarezzarmi le dita. "Quando ha avuto il suo ultimo ciclo mestruale?".

"Non sono incinta", ribatto, ritraendo la mano dalla sua.

"Signorina Alley!", m'incalza, come se avessi due anni. "Siamo tra persone adulte. Risponda alla mia domanda".

"Non sono incinta", sbotto.

Ma poi, quasi senza rendermene conto, comincio a fare mentalmente il calcolo di quando avrei dovuto effettivamente avere il ciclo. Ed è una cosa stupida dal momento che non ho mai fatto l'amore con nessuno dopo Luke. Sbircio verso il calendario appeso alla parete e riprendo da capo a fare il calcolo. Qualcosa non va. Sono più che convinta di non essere incinta eppure ho un ritardo di quasi un mese. Ne sono piuttosto certa perché avrebbero dovuto venirmi su per giù quando mi avevano dato i punti alla fronte. Aggrotto le sopracciglia, riprendendo per la quinta volta a fare il conto dei giorni. Ma ormai non serve a nulla, perché il conto l'ho imparato a memoria. Dev'esserci qualcosa che non va in me e non mi va di parlarne con questa infermiera.

"Posso vedere Luke?", farfuglio.

"Il suo fidanzato?".

Annuisco, seccata. Non è proprio il caso di smentire le parole di Luke, anche se mi scoccia dover recitare la parte della fidanzata di un poliziotto e per di più... incinta! Al solo pensiero di questa parola riprendo a contare a voce bassa.

Appena l'infermiera si declina per andare ad avvertire Lu-ke del mio risveglio, presa dalla frenesia afferro la cornetta del telefono sulla scrivania e compongo il numero di casa.

"Papà!", urlo nel ricevitore. "C'è Anne?".

"Stai bene Còrin?", mi domanda con urgenza.

"Sì, sì, sì", continuo ad urlare. "Passami Anne, per favore".

Lo sento allontanare il telefono dall'orecchio e i suoi passi veloci muoversi per la casa.

Un istante ecco dopo la voce di Anne. "Che succede?".

"Dicono che sono incinta", esplodo tra i singhiozzi.

"Oh Dio. E chi è il padre?", sussurra. "Stai calmo Andy", aggiunge a voce più alta.

Sento in lontananza la voce di mio padre gracchiare qualche frase priva di senso.

"Non lo so", continuo a singhiozzare. "Non ho fatto sesso con nessuno".

Dall'altra parte segue un silenzio prolungato.

"Tu sai come nascono i bambini, vero?", mi chiede ad un certo punto.

"Sì, che lo so. E' solo che l'infermiera... oh Dio, Anne. Che devo fare? So che è impossibile, che non posso aspettare un bambino. Eppure ho quasi un ritardo di un mese".

"Può capitare. Il ciclo non è un orologio svizzero. Anch'io sono in ritardo di qualche settimana. Lo vedi? E' normale".

Tiro su col naso . "Sei in ritardo anche tu?".

"Sì".

"Non lo dici solo per farmi stare tranquilla?".

"No", ridacchia. "A proposito, come sta Irene? Spero bene, perché qua a casa tua l'atmosfera è un po' tesa. Suppongo tu capisca a cosa e a chi mi sto riferendo".

"La Tigre?", le chiedo, riacquistando per un momento il sangue freddo.

"Deniel", sospira. E anche se non la posso vedere, posso giurare che sta alzando gli occhi al cielo. "Non sembra particolarmente contento del fatto che tu sia sola con Luke".

Come l'avesse evocato entra nella stanza, seguito dall' infermiera. Lei mi guarda con irritazione, segno che non ap-prezza il fatto che sto usando il suo telefono. Le invio un sorriso colpevole mentre concludo veloce la telefonata.

"Sarò lì tra poco. Irene è con i suoi genitori".

"D'accordo. Sbrigati. E stai tranquilla".

Riattacco con gesti impacciati tentando di sviare lo sguardo di rimprovero dell'infermiera ma purtroppo, così facendo, mi scontro con quello di Luke, molto più rilassato ora che la situazione si è risolta e che tutti stanno bene. Non posso impedirmi di arrossire sotto i suoi occhi roventi. Sembra che questa farsa lo stia divertendo più del lecito. Ed io non ne posso proprio più.

"Amore, ti senti meglio?", mi chiede, facendomi l'occhiolino quando l'infermiera non ci sta puntando con lo sguardo.

Infuriata sgrano gli occhi e mi aggrappo alla sedia per non balzargli contro.

"Sospettiamo che la sua fidanzata sia incinta", prende la parola l'infermiera.

Luke sgrana gli occhi, spostandoli lentamente da me a lei.

La mia fortuna è che non è così lento di comprendonio da non capire al volo il malinteso che si è creato tra me e l'infermiera. La mia sfortuna invece è che non è così genti-luomo da non prendere la palla al balzo.

"Aspettiamo un bambino!", esulta.

Mezzo secondo dopo mi ritrovo controvoglia tra le sue braccia e con le labbra appiccicate alle sue.

"Non ne sono sicura", ringhio, tirando indietro la testa.

"Oh, ma che gioia", esulta, prima di afferrarmi la nuca e spingermi nuovamente contro le sue labbra.

Sento lo stomaco rimescolarsi per la rabbia. Ne sta approfittando un po' troppo per i miei gusti.

Gli occhi dell'infermiera non mi mollano un attimo perciò mi sforzo di sorridere, anche se le mie labbra si piegano in un semplice ghigno minaccioso.

"Bene!", esclama raggiante, scoccando un'occhiata felice verso Luke mentre gli passa un biglietto. "Questo è il numero del ginecologo: contattatelo".

Una volta sola con lui, non c'è più nulla che mi trattenga dallo sfogare tutta la rabbia che finora ho gestito magistral-mente. Con la mano ancora chiusa in pugno alzo il braccio o lo stendo verso la sua mandibola, senza moderare la forza.

"Sei un'idiota!", grido, prima di voltargli le spalle.

"Andiamo, Còrin, ti ho baciata solo per far credere a quell' infermiera che eri effettivamente la mia fidanzata".

Sollevo gli occhi al cielo. "Come no!".

Con mio enorme stupore, ha perfino la faccia tosta di av-vicinarsi per cingermi i fianchi con un braccio.

"D'accordo", si arrende. "Forse ho esagerato. Comunque, sei un'ottima attrice. Prima che mi colpissi sembravi piuttosto partecipe".

Mi scanso. "Io non ero assolutamente partecipe".

"Ah no?", sghignazza malizioso, avvicinando le labbra al mio orecchio.

Lo spingo indietro. "Lasciamo perdere. Dimmi piuttosto in che stanza è stata ricoverata Irene".

"Non puoi andare da lei".

"Perché?".

"Non ha il piacere di vedere nessuno".

Mi blocco. "Che stai dicendo? Nemmeno me?".

"Cerca di capirla, è sotto shock".

Sospiro. "Sei proprio certo che non voglia vedere nessu-no?".

"Concedile il tempo per riprendersi. Vedrai che domani andrà meglio".

Annuisco. "Se le cose stanno così allora me ne torno a casa".

"Saggia decisione. Ti accompagno".

"Te lo puoi scordare".

Lo sento sbuffare e contemporaneamente trascinarmi lungo la corsia e per tutto l'ingresso. Se non ci fossero tante persone mi metterei ad urlare, invece non posso fare altro che starmene calma fin quando mi fa salire sulla sua auto.

Il tragitto verso casa, anche se breve, mi sembra eterno. Dopo il mio sfogo, durante il quale ho usato parole che non credevo nemmeno di conoscere, ce ne siamo rimasti zitti fin davanti casa mia. Scendo senza aspettarlo e mi precipito dentro. Ancora arrossata in viso per l'imbarazzo, mi fiondo a passo di marcia verso il salotto, concedendomi solo uno sguardo verso la Tigre che se ne sta seduta sulla poltrona.

"Che succede?", mi viene incontro Andy. So che non gli è servito fare appello alle sue doti empatiche per capire che sto per scoppiare a piangere.

"Ciao Andy". Solo ora mi rendo conto che Luke mi ha se-guita.

Mi volto verso di lui, furibonda, e mi accorgo che sta guardando con un sorriso beffardo proprio Deniel. Se fosse un ragazzo normale gli racconterei tutto più che volentieri ma so che non posso farlo. Sono arrabbiata con Luke, ma non tanto da volerlo morto.

"Che è successo?", chiede mio padre.

"Una dimostrazione d'affetto di sua figlia", gli risponde Luke, massaggiandosi la mandibola e mantenendo lo stesso sorriso malizioso.

"Perché ti ha colpito?".

"Non deve essergli piaciuto come l'ho baciata quando ho scoperto che aspetta un figlio mio", sghignazza.

La risata di Deniel mi sorprende tanto quanto l'espressione impassibile e calma di mio padre.

"Ben ti sta", commenta Deniel, lanciandomi un'occhiata colma di ammirazione. "Mi dispiace solo che abbia già prov-veduto lei a darti una lezione perché avrei gradito farlo per-sonalmente".

"Ah sì? E che avresti fatto?", lo sfida Luke. Questa è senza dubbio la dimostrazione che non sa neanche lontanamente di quanta forza sia dotato il suo avversario.

Immediatamente Andy si sporge in avanti, posizionandosi tra i due. "Diamoci una calmata, ragazzi. E giusto per sapere, cos' è questa storia del bambino?".

"Una stupidaggine, papà". Non riesco a distogliere lo sguardo da Luke. Ho come la netta sensazione che questi siano i suoi ultimi secondi di vita.

"Ti avevo gentilmente chiesto di riportarmela a casa nelle stesse condizioni in cui te l'avevo lasciata", la voce di Deniel non è più calma e gentile come lo era stata prima.

"Non hai diritti su di lei", infierisce Luke.

Improvvisamente il sorriso scompare dalle labbra di Deniel e il panico mi attraversa il volto. So che sta per succedere. So cosa sta per succedere. Ora lo uccide. Davanti a mio padre!

"Oh, ne ho. Ne ho, eccome. O forse ti sfugge il fatto che lei è mia?".

"Tua?", sbraita mio padre.

Deniel mi cinge le spalle e mi trascina contro di sé, come a voler rispondere. Nonostante i suoi occhi sono più duri e gelidi del ghiaccio, percepisco i suoi muscoli rilassati, segno che non ha intenzione di uccidere Luke. Per ora.

"E sarò più chiaro", continua Deniel dopo qualche breve attimo, in tutta calma. "Se ti rivedo accanto a lei –e non m'importa se hai un'ottima giustificazione- farò in modo di spiegarti con i fatti ciò che a parole non sei riuscito a capire".

"Non vedo l'ora", ruggisce Luke, tutt'altro che impressionato.

"Posso dire la mia?", intervengo, timida.

"NO!", obiettano insieme, senza smettere di fissarsi, ostili.

"Farò in modo che accada molto presto", continua a rivolgersi a Luke, dopo un'alzata di spalle. "Dopotutto se desideri la morte non puoi che farmi contento".

Luke gli lancia un ghigno di sfida poi si sporge verso di me per baciarmi sulla guancia.

"Suppongo che il mio pugno non ti sia bastato", brontolo, ritraendomi.

"Non ti preoccupare amore mio", la voce di Deniel prende a vibrare, come se stesse per perdere ogni controllo. "Il resto provvederò io a farlo".

"Lo vedremo". Luke gli lancia l'ultima sfida, avendo co-munque il buon senso di retrocedere verso la porta. "Quando sentirai il bisogno di un uomo vero e non di un bambino, sai dove trovarmi, Còrin".

Si chiude la porta alle spalle, lasciando interdetti sia me che mio padre, che non perde tempo a lanciarmi un'occhiata di rimprovero alla quale rispondo con un sorriso timido.

I seguenti minuti di imbarazzante silenzio vengono spez-zati da una voce che fatico a riconoscere nello stato confusionale in cui mi ritrovo.

"Perché non l'hai ucciso?". Nella frase, la Tigre ha usato tutta la ovvietà del mondo. Come se uccidere Luke equivalesse a gettare via un paio di scarpe rotte.

La risposta di Deniel mi colpisce come una doccia fredda.

"Se Luke ama Còrin anche solo la metà di quanto l'amo io, vederla accanto a me dev'essere stato per lui molto più doloroso di una morte veloce".

Anne mi strizza l'occhio, scoppiando a ridere. Poi la voce austera di mio padre attira la nostra più completa attenzione.

"Sarà bene riprendere il discorso interrotto".

"Di cosa parlavate?", m'informo, andando a sedermi sul divano accanto ad Anne.

"Il Maestro: Twen Sin", borbotta Andy, voltandosi poi verso la Tigre e posizionandosi in modo da potrelo vedere bene negli occhi. "Dimmi perché uscivi con Irene?".

"Era il modo migliore per controllare sua figlia senza dare nell'occhio. Sapevo che, controllando lei, prima o poi sarei arrivato a Deniel".

"Un piano eccellente, Freid. Degno del tuo nome. Ora dimmi: quanto vantaggio abbiamo?", lo incalza.

Freid contorce le labbra in una smorfia. "Anche se Twen Sin decidesse di attaccare tra dieci anni la cosa non farebbe alcuna differenza. Non siete nella posizione di poter vantare o sperare in un vantaggio. Andy, lei conosce meglio di tutti noi di cosa è capace il Maestro. Essere ottimisti è un'inutile spreco di tempo".

"Ma che cosa vuole da noi?", mi lagno, sconvolta dal pessimismo della Tigre. "TU, cosa vuoi da noi?".

"Voglio collaborare". Evidentemente non ha alternative perché non sembra soddisfatto di questa sua scelta.

"E' vero?", chiedo a mio padre.

Annuisce, assolutamente sicuro.

Torno a fissare la Tigre, scettica. So bene che con mio padre presente nella stanza non ho un solo motivo per non crederle, eppure, questa decisione inaspettata da parte sua mi porta dritta dritta al sospetto più mero. Dov'è il trucco?

"Quindi, ricapitoliamo: prima rapisci Irene, poi tenti di uccidere me e adesso vuoi collaborare?".

"Ho visto cosa siete capaci di fare. Per poco non mi avete ucciso. Ed è una cosa che ho sempre creduto impossibile dal momento che nelle mie vene scorre l'essenza della vita".

Sulle labbra sento affiorare un sorriso. "Tu hai paura di noi?".

"Sì", grugna, distogliendo lo sguardo da me.

Anne mi da una lieve gomitata sul fianco e ci scambiamo un'occhiata sorpresa. Sappiamo benissimo che la Tigre non ha una sola ragione per temerci. Potrebbe ucciderci tutti usando semplicemente due dita, eppure ci teme troppo per farlo. Incredibile! Assaporo un brivido di trionfo.

Mentre Deniel e Freid prendono a parlarsi in una lingua strana, che solo mio padre sembra capire –probabilmente stanno parlando il Tibetano o come diavolo si chiama- mi concedo di perdermi nei miei pensieri. La giornata mi è scivolata addosso e non ho avuto il tempo di metabolizzare tutto quello che mi è accaduto; il futuro mi appare un abisso pieno di incognite.

"Dov'è Andrew?", chiedo ad un certo punto, accorgendomi solo ora che è l'unico a mancare all'appello.

"E' di ronda", mi risponde Nick.

"Anne sta meglio?".

Annuisce, sbirciando nella sua direzione. "E Irene?".

"Luke ha fatto credere ai medici che è caduta davanti casa sua".

"Quindi il nostro segreto è al sicuro?".

Mi chiudo le labbra come si fa con un lucchetto e getto la chiave invisibile dietro alle spalle.

Nick sospira di sollievo, tornando a concentrarsi su Deniel e mio padre. Faccio altrettanto. Stanno ancora conversando in una lingua incomprensibile.

"Papà", sbuffo dopo quasi dieci minuti. "Potreste parlare in inglese? Vorrei capire cosa sta accadendo visto e considerato che probabilmente non sopravvivrò fino al prossimo Natale".

Andy con un gesto enfatico della mano invita la Tigre a tradurre e sintetizzare ciò che si sono appena detti.

"Dopo lo scontro alla CBM sono tornato a casa, in Tibet, ed ho informato il Maestro di quanto era successo", mentre parla vedo le sue mani chiudersi in pugno. Sarà anche dalla nostra parte ma questo non gli basta a mettere da parte il suo odio per noi. "Lui mi ha quasi subito rimandato qua a Loveland per far sì che vi impedissi di lasciare la città. Cosa tra l'altro che stupidamente voi non avete nemmeno preso in considerazione. Perché potrete anche essere in grado di uccidere me", si sblocca un istante per lanciarmi un sorriso cattivo, "ma il Maestro no. Vi ucciderà, uno ad uno, finchè non riavrà ciò che gli avete tolto".

Nel sentire queste parole estraggo automaticamente i tre biglietti dalla tasca dei jeans, anche se li ho letti tante volte da conoscerli a memoria. Le parole della Tigre sono identiche a quelle scritte sul terzo biglietto. Quindi l'uomo che desidera la mia morte altro non è che Twen Sin. Il più pericoloso uomo del mondo. L'assassino più forte, più spietato che sia mai esistito.

Apro la bocca con tutta l'intenzione di urlare "oh mio Dio" ma l'unica cosa che mi esce è un rantolo di terrore puro.

Le mani di Deniel si serrano immediatamente attorno alle mie e i suoi occhi mi fissano per un lungo istante.

"Quanto è forte il Maestro?", gli chiedo dopo aver deglutito una decina di volte.

"La sua forza non è classificabile. Ha tutti i poteri in corpo. Può essere il serpente, il drago, il leopardo, la gru, la tigre o tutte queste cose insieme".

Lo fisso con gli occhi sgranati. La cosa che più mi terrorizza non sono le sue parole fin troppo descrittive, ma l'ansia che per la prima volta vedo nei suoi occhi. Un'ansia che distrugge ogni mia speranza di salvezza.

"E ovviamente ha l'essenza della vita", aggiunge mio pa-dre, battendo un pugno sulla scrivania.

"Se è tanto forte perché la Tigre ha scelto di essere con noi e contro di lui?", faccio notare ad Andy.

"So che il mio Maestro mi ucciderà per questo tradimen-to", mi risponde direttamente la Tigre. "Ma so che voi fareste altrettanto. E dal momento che non sono riuscito a nascondervi la mia presenza a Loveland...".

Anne sobbalza sul divano. "Stai dicendo che stai con noi solo per poter sopravvivere qualche giorno in più?".

"Esattamente".

Sconcertata mi sfrego il viso, sperando di cacciare la confusione che si è andata a creare nella mia testa. Poi sollevo lo sguardo su mio padre, evitando meticolosamente quello di Deniel; vedere preoccupato uno come lui è peggio di una doccia gelata.

"E' chiaro che questi biglietti...", attacco.

"Te li ho inviati personalmente", m'interrompe la Tigre. "Avrei dovuto farteli trovare la sera che ti ho attaccato...".

"Ricordo quella sera", lo interrompo, irritata, cercando Anne con lo sguardo.

La Tigre inarca un sopracciglio. "Mi aspettavo di trovarti sola, invece eri in compagnia di Anne. Perciò ho deciso di recapitarti il messaggio in un modo diverso e più sbrigativo".

Mi sfrego il viso ancora una volta. "Dunque, ricapitoliamo: il Maestro vuole attaccarci per vendicarsi della morte della Gru e del Leopardo. Inoltre rivuole Deniel ed incolpa noi per il suo tradimento. Questo mi porta a supporre che l'unico qua dentro che non rischia la vita sia proprio Deniel".

"Il Maestro incolpa te, Còrin, per avergli portato via Deniel e tutti voi per aver ucciso i suoi diletti", conferma, abbracciando con lo sguardo ognuno di noi. "E' vero, non vuole uccidere Deniel. Ma dal momento che lui ha abbandonato la sua famiglia per abbracciarne un'altra, vuole distruggere Loveland ed ogni suo abitante per far sì che Deniel sia costretto a tornare a casa. Vuole distruggere la sua nuova famiglia, il mondo a cui in realtà non appartiene, per rammentargli di appartenere alla dinastia dei Sin".

Sgrano gli occhi, incredula, smettendo automaticamente di mettere a fuoco ciò che ho davanti a me. La gola riprende a bruciarmi, arsa da un fuoco invisibile e impietoso.

"Inoltre, voi, e soprattutto tu Còrin, avete distrutto il suo mondo, gli avete tolto ciò che aveva di più caro", continua con tono neutro. "Il suo scopo, ora, è di farvi vedere tutti i vostri amici e le persone a voi care morire per mano sua, in modo che capiate cosa significhi la solitudine e la perdita. Infine sarete voi a morire", il ghigno che gli appare sulle labbra appena terminata la frase mi raggela il sangue.

"E' pazzo?", ansimo a bocca aperta.

Tutte le persone della mia città stanno rischiando la morte per causa mia. Irene, mia madre, i miei compagni di corso... tutti! Chiudo gli occhi, ricacciando in gola un singhiozzo. Improvvisamente sento sulle spalle tutto il peso del mondo e sono troppo piccola, troppo indifesa per reggerlo.

"Quanto tempo ci resta?", chiede Nick, stringendosi Anne al petto.

La Tigre allarga le braccia, facendole poi ricadere sui braccioli della poltrona. Quel ghigno soddisfatto continua ad incurvargli le labbra. Più noi ci mostriamo spaventati, più si allarga, mostrando i suoi denti bianchi e perfetti.

"Non so di preciso quando. Gli serve tempo per reclutare uomini in grado di supportarlo durante lo sterminio che ha in mente. Probabilmente colpirà col nuovo anno".

Ho la pessima idea di voltarmi verso Deniel. La sua e-spressione è tesa, rigida, la perfetta traduzione dei suoi pensieri; non sono ottimisti come mi aspettavo.

Mi mordo un labbro, cercando nuovamente mio padre con lo sguardo ma lo trovo assorto. Gli occhi freddi puntati in un punto nella stanza, le labbra serrate, le mani posate sulle tempie. L'espressione vuota di chi ha appena visto la propria vita sfuggirgli dalle mani.

"Che ne facciamo di lui?". Indico la Tigre con un gesto della testa. "Sarà anche sincero nel dire che collaborerà con noi, ma non dimentichiamoci che è un assassino. Perché a questo punto non ci sono più dubbi che sia lui il colpevole di tutte queste vittime. Non possiamo lasciarlo libero".

"Resterà in questa casa. Nello scantinato", mi risponde Andy, dopo qualche secondo passato a meditare.

"Non lo voglio vicino a lei", scatta Deniel.

"Perché non lo teniamo nella villa di Andrew?", propone Anne. "E' isolata ed ha un sistema di sicurezza perfetto".

"No. Deve stare qua per poter essere sorvegliato costantemente", ribatte Andy. "Non voglio che in questa città ci siano altri morti".

"Non sarebbe il caso di consegnarlo alla polizia?", gli chiede Nick. "Sono settimane che stanno dando caccia all' assassino".

"E cosa credi possano fare i poliziotti? Li ucciderebbe prima ancora di finire dentro una cella".

"E la mamma?", esplodo, avvicinandomi. Sto per cantar-gliene quattro, ma il suo volto è tanto nervoso e preoccupato che non riesco a dar voce alle mie lamentele.

"Starà dalla nonna per qualche tempo", mi ricorda.

Mia nonna soffre di un cancro al seno da circa dieci anni. Se non fosse per la sua età avanzata l'avrebbero già operata o per lo meno data per spacciata. Invece, grazie alle cellule che ormai le si rigenerano al rallentatore, sta riuscendo a convivere con questo male. Di tanto in tanto mia madre va a farle visita, alle volte anche per settimane intere -come spero faccia questa volta- dal momento che non abbiamo il denaro sufficiente per pagarle un'infermiera. Le abbiamo proposto mille volte di trasferirsi da noi e per un certo periodo si era stabilita qua a Loveland, ma poi era tornata a Denver per via della sua incapacità di ammettere di essere autosufficiente.

Mi getto a peso morto sul divano, inclinando la testa all'indietro. Sento il sonno strisciare lentamente sotto le palpebre e spingerle verso il basso.

"Dio solo sa quanto mi disprezzo per ciò che sto per dire ma non ho altra scelta: ti affido Còrin e ti do inoltre il per-messo di restare in questa casa fino a quando tornerà mia moglie". La voce di mio padre è un sussurro.

"Parli sul serio?", gli risponde Deniel.

Apro un occhio, vagamente consapevole di ciò che sta accadendo.

"Mettiamola così, Deniel: in una situazione diversa non ti lascerei in custodia nemmeno un dollaro bucato ma tu sei l'unico abbastanza forte per riuscire a proteggere mia figlia. Trovo inutile ricordarti ciò che ci siamo detti qualche tempo fa", conclude in un sibilo, lanciando un'occhiata d'intesa a Deniel che subito annuisce con un colpo secco della testa.

Aggrotto la fronte, non riuscendo a capire il senso di questa frase, detta quasi come fosse una minaccia. Ma sono troppo stanca, troppo esasperata per voler indagare.

"So quali sono le vostre tradizioni", lo rassicura Deniel. "D'altra parte non mi permetterei mai un atteggiamento che possa mettere Còrin in ulteriore pericolo".

Di cosa diavolo stanno parlando? Apro la bocca per dire la mia ma uno sbadiglio mi soffoca le parole sul nascere.

Andy mi accarezza i capelli con un gesto frettoloso. "Vai a dormire piccolina. E' stata una brutta giornata". Segue un attimo di silenzio, interrotto nuovamente da mio padre, che ha repentinamente cambiato il timbro della vice, trasformandolo in un ringhio gelido. "Deniel! Va con lei. Io voglio scambiare ancora quattro chiacchiere con Freid".

Sento le braccia di Deniel cingermi i fianchi e resto basita per i dieci secondi seguenti. Arrivati in cima alle rampe ci raggiunge ancora la voce di mio padre. Non percepisco l'inizio della frase perché ormai devo essermi addormentata in piedi, tuttavia riesco a captarne le ultime parole.

"...quindi voltati e guardami negli occhi".

Dopo qualche secondo –almeno credo- risento la voce di mio padre. "Sei tanto confuso, Deniel, che non riesco nemmeno a capire le tue intenzioni".

"Ti garantisco che sono intenzioni più che lecite", gli ri-sponde Deniel.

Nel momento stesso in cui le loro voci si affievoliscono chiudo gli occhi. Nel silenzio resta solo il battito calmo del mio cuore.



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