Capitolo 87 - Scontro finale

Nessuno dei due combattenti sembrava temere l'altro e lo scontro sarebbe potuto proseguire per ore.

Dalla ferita di Lauren continuava a fuoriuscire sangue.

Per un istante entrambi smisero di fissarsi negli occhi, la loro attenzione fu  catturata da qualcosa di esterno: lo yacht stava rallentando.

Si udirono distintamente le sirene della nave, come se chiedesse strada.

Lauren pensò subito a due cose: uno, forse non era stata lasciata sola; due, era il momento giusto per inventare qualcosa.

Nella sua mente si materializzò Sun Tzu:

Veloce come il vento,
lento come una foresta,
assali e devasta come il fuoco,
sii immobile come una montagna,
misterioso come lo yin,
rapido come il tuono.

Con un balzo che solo una pantera avrebbe potuto imitare, Lauren volò su una cassettiera in noce in stile Impero.

Prese tra le mani la lampada Tiffany appoggiata al mobile e la alzò, come fosse un calice da consacrare.

I vetri colorati, mirabilmente piombati tra loro, riflessero lampi di luce.

Snake non capiva cosa volesse fare; pensò che usare quell'oggetto, di Art Nouveau, come ulteriore arma fosse una colossale sciocchezza.

Lauren rimase immobile per alcuni secondi. Poi, con mossa teatrale, strappò via il cavo di alimentazione dalla lampada che lasciò cadere a terra. A contatto col pavimento i vetri si infransero in una ghirlanda di colori.

Ora Snake sapeva cosa avrebbe fatto la donna. Emettendo un urlo stridulo e prolungato si lanciò su di lei.

Il sorriso di Lauren gli fece capire che ormai era tardi.

Dal cavo elettrico, che Lauren stringeva in mano, si vedevano distintamente i filamenti di rame sfilacciato della fase e del neutro.

Con due dita avvicinò i cavi spellati e i 230V fecero il resto.

Scattò il dispositivo salvavita dell'impianto elettrico e le tenebre avvolsero tutto.

Nel suo volo Snake sferzò solo l'aria, Lauren si era già volatilizzata.

Snake si abituò subito all'oscurità e si rese conto che dall'enorme vetrata filtrava ancora della tenue luce. Pochi secondi dopo si attivarono alcuni led in corrispondenza delle uscite.

Snake non capiva dove potesse essersi nascosta la sua nemica e tutti i suoi sensi erano all'erta massima. In quel momento, tuttavia, l'unica certezza era che lei non si trovava più dove era prima.

Si spostò anche Snake, con la silente grazia di una belva nel suo habitat.

Ognuno dei due non sapeva dove si trovasse l'altro, ma non potevano che essere vicini, forse più di quanto potessero immaginare.

Snake rallentò il respiro e i battiti, ma non percepì nulla.

Scrutò quella che sembrava la zona più buia, la donna non poteva che essere lì, avvolta e protetta dall'oscurità totale.

La lunga katana era salda nelle mani dell'uomo. Era la prima cosa su cui si era buttato, appena era comparso il buio.

L'arma descrisse figure astratte tagliando l'aria, il suo sibilo era un monito per Lauren e lei, ora, non poteva più nascondersi.

E fu così che lei uscì dalla zona buia, ombra tra le ombre, trovandosi davanti a Snake.

Premeva una mano sulla ferita per tamponare l'uscita del sangue.

Snake continuò con la sua danza e i suoi giochi di spada, con il metallo che sembrava vibrare di un suono sinistro.

"Continui a perdere sangue, donna, e ora hai perso anche l'unica arma che poteva salvarti."

Lei non disse nulla.

Snake si avvicinò con molta attenzione. La ragazza era ferita ma di lei non si fidava.

L'uomo strinse ancor di più l'impugnatura, pronto a sferrare il suo attacco finale.

"Sei stata un abile avversario e ti concederò l'onore di morire subito."

Il braccio ferito della ragazza era disteso lungo il fianco. Le scendevano rivoli di sangue, nonostante tamponasse la ferita.

Stava per essere uccisa, ma questo non sembrava preoccuparla.

Snake esitò e fu il suo più grave errore.

La mano del braccio ferito stringeva l'elsa della katana che si era spezzata in due. Lauren lanciò la spada nello stesso  istante in cui Snake affondò il suo colpo; era il momento giusto per farlo, quello dove lui si sarebbe sbilanciato e non avrebbe più potuto parare l'attacco.

Poi, con le ultime forze rimaste, Lauren si raccolse in un salto mortale all'indietro, evitando il fendente. Roteò in aria e ricadde in terra.

Snake era davanti a lei, con la sua katana ancora stretta nelle mani.

Il suo sguardo da serpente non era cambiato, ma un rivolo di sangue cominciò a fuoriuscirgli dalla bocca.

Lasciò cadere l'arma a terra. La vibrazione del metallo rimbombò nella sala.

Portò le mani sull'elsa della seconda katana, quella spezzata. I trenta centimetri che le erano rimasti erano entrati nelle sue carni.

Con un urlo disumano riuscì a estrarla.

Dallo spezzone della lama colò sangue denso e rossastro.

Lauren era immobile.

L'uomo fece alcuni passi verso di lei brandendo la scheggia di spada.

I suoi movimenti erano lenti, troppo lenti e la sua faccia era una maschera di odio.

Lauren, con una mossa di karate, gli sferrò un calcio frontale in volo. Dalla bocca di Snake schizzò via altro sangue e ricadde in terra come un pupazzo.

Lui non lasciò mai la presa della katana, se non quando le forze lo abbandonarono.

Snake aveva sempre saputo che non sarebbe morto nel suo letto, e farlo in combattimento poteva essere una cosa onorevole, ma cadendo a terra pensò solo al suo disprezzo verso la donna che lo stava uccidendo.

Lauren si avvicinò a lui e si chinò. Quegli occhi trasmettevano la stessa luce sinistra di sempre e lui sembrava ancora pronto a mordere.

Snake avrebbe voluto dire qualcosa, ma riuscì a emettere solo un rantolo.

Lei non aveva nulla da dire.

Prima di morire fu scosso da un ultimo sussulto.

Con gesti lenti e cerimoniosi, in quella che poteva essere una sorta di Chiburi, Lauren pulì la lama spezzata sul vestito dell'avversario, per poi posarla a terra.

Guardò la sua ferita, doveva fermare l'emorragia. Strappò via un pezzo del suo vestito, lo avvolse attorno al braccio e aiutandosi con la bocca lo strinse, bloccandolo in qualche modo.

La ragazza aveva ancora una cosa da fare ed era la più importante.

Prese la katana, quella integra, e si portò nella zona dove Jack se n'era andato.

Dall'ampia vetrata ormai filtrava solo la luce delle stelle.

Nel salotto una porta era semiaperta, da lì entrava della luce. L'impianto di illuminazione era saltato solo in una zona limitata.

Con cautela si avvicinò.

Roteò una sola volta la katana, in quello che era un angolo buio: un uomo stramazzò a terra con il ventre squarciato, un altro si diede alla fuga.

Non si era detto che se fossi sopravvissuta mi avrebbero lasciata tranquilla?

Lauren si chinò sull'uomo.

E questa cos'è?

La donna focalizzò l'arma, una Smith & Wesson Model 500.

Grosso calibro, da battuta di caccia, esaminò il tamburo e vide che era caricata con i suoi classici cinque colpi.

Preferivo qualcosa di più leggero, ma questa può fare grossi danni, gettò la katana in terra e cominciò a correre lungo un corridoio.

Due uomini le sbarrarono la strada, puntandole addosso delle armi.

Prima che potessero dire altro Lauren aveva già sparato due colpi. Uno fu colpito al cuore, l'altro al volto, non sarebbe stato facile riconoscerlo.

***

Le sirene dello yacht continuavano a suonare, come se potessero servire per evitare la collisione dell'aereo con la nave.

Qualcuno a bordo stava di certo pensando di aver di fronte un kamikaze. Nel frattempo, la grossa barca iniziò una manovra di rotazione verso dritta per tentare di evitare lo scontro.

Dall'abitacolo dell'idrovolante lo yacht stava diventando sempre più grosso, ormai era a poche decine di metri.

"Cosa vuoi fare? Schiantarti sullo yacht?" chiese Noah senza scomporsi.

"Voglio solo vedere il bianco dei loro occhi", rispose Batchelor.

"Tu sei pazzo." La voce di Noah aveva una tranquillità disarmante.

La nave, come in uno sforzo estremo, al limite delle sue possibilità, continuò la virata, ma l'aereo pareva destinato a disintegrarsi addosso.

Fu solo quando l'impatto fu ormai imminente che Batchelor tirò a forza la cloche, cabrando improvvisamente.

L'ala sinistra del Cessna sfiorò una balaustra del grosso natante.

"Wow, questa sì che è adrenalina... maledetta e pura adrenalina."

Appena l'aereo riprese un assetto orizzontale, lo yacht era ormai alle sue spalle.

"Hai visto qualcosa di interessante?" chiese Batchelor col suo solito sorriso.

"Non ho visto un cazzo, cosa dovevo vedere? Long John Silver, con la sua fottutissima gamba di legno alla guida di un timone?"

Batchelor rideva come un forsennato, "Speravo avessi visto Lauren."

"Lauren? Dubito sia ancora viva."

"Scarsa fiducia nel gentil sesso?" Batchelor fece fare un'ampia virata di centottanta gradi all'aereo, riportandolo in coda allo yacht, "Riprendi i comandi e... seguilo."

"Tu che fai?"

"Chiamo i ragazzi."

"Ci vorrà un po' prima che arrivino con l'Helicopters."

"Non chiamo... quei ragazzi."

-

Sull'acqua si materializzò un'ombra, ma non era quella proiettata dall'aereo. Era qualcosa che stava al di sotto, una sagoma scura, allungata, come quella di un enorme squalo, se non fosse che la lunghezza superava i settanta metri.

La prima parte a emergere fu la torretta, poi tutto il resto.

"Che mi venga un accidente." Era difficile che Noah si lasciasse andare a frasi che testimoniassero il suo stupore, e negli ultimi minuti era successo più volte, "Quello è un INS Karanj e sembrerebbe indiano."

"Come sempre, hai occhio amico mio... si tratta proprio di un Karanj, un sottomarino militare d'attacco della classe Scorpene", Batchelor sembrava in estasi, "Caratteristiche stealth superiori, tecniche avanzate di silenziamento acustico, livelli di rumore irradiato minimi e soprattutto..."

Fu Noah a continuare, "Ampia dotazione di lanciasiluri, armi pesanti e missili antinave Exocet a guida di precisione." Si girò verso Batchelor, "Che cazzo ci fa qua?"

"Ci dà una mano."

"La marina militare indiana?"

Batchelor sorrise, "Perché no?"

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