Capitolo 71 - L'appuntamento
La suoneria del telefono svegliò Elisabetta, "Mmh... perché ho messo la sveglia? Non c'è nessuna sveglia, sto sognando. Posso continuare a dormire."
La melodia con tre note insisteva.
Una tenue luce filtrava dalle persiane e di lì a poco sarebbe sorta l'alba, ma lei capì che la luminosità era quella emessa dal suo smartphone. Stava ricevendo una telefonata da Michelangelo Rey.
Prese l'apparecchio e fece lo swipe sulla cornetta.
"Pronto", il tono era assonnato. Si buttò indietro i capelli, ma gli ricaddero sul volto.
"Sono io. Vai all'appuntamento, sarò lì."
"L'appuntamento? Ah, sì ok, potresti però essere meno misterioso?"
"No. Ciao."
Guardò il telefono e vide che la telefonata era terminata. "Ciao", fece una smorfia, accorgendosi di avere ancora la voce impastata.
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Erano da poco passate le venti quando Elisabetta scese nella viuzza e salì sulla BMW X3.
Cercò di identificare le sue guardie del corpo, ma non notò nessuno che potesse ricoprire questo ruolo. In realtà chiunque avrebbe potuto ricoprirlo.
"Chissenefrega dei bodyguard, devo pensare all'appuntamento", brontolò fra sé.
Percorreva la provinciale nove che portava a San Martino. Era consapevole che stesse correndo qualche rischio e che il suo cavaliere, forse, non fosse degno di tale menzione.
"Stronzo, almeno mi avesse detto cos'aveva in testa."
Il sole stava scomparendo e i suoi ultimi raggi la colpivano in volto. Abbassò il parasole. La strada saliva verso la collina e lo spettacolo del tramonto era meraviglioso.
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Arrivò al borgo e quando oltrepassò la taverna Il cavaliere le venne da sorridere pensando al suo.
Entrò dalla piccola porta medievale chiedendosi se stesse violando la ZTL. L'ampia piazza di fronte a lei le suggerì di trovare un posteggio. Quando scese pensò subito a dove fosse l'abbazia, vicino ci sarebbe stata la via che stava cercando.
La vide, oltre la piazza, a circa duecento metri. Un'antica abbazia cistercense, costruita nel punto più alto del colle.
"Ok, facciamo due passi."
Le scarpe da ginnastica, i jeans e una T-shirt, con una magliettina di cotone buttata sulle spalle, la facevano stare comoda e la rendevano abbastanza ordinaria.
La chiesa era di fronte a lei, con le due torri campanarie. Solo una aveva l'orologio e segnava le venti e venticinque. Sulla facciata, tra le due torri, risaltava una grande vetrata decorata con diversi rosoni e uno stemma papale sovrastava l'ingresso.
Avrebbe voluto visitarla. Amava quelle opere sobrie, essenziali e allo stesso tempo maestose. Ma ora doveva pensare all'appuntamento.
Da quello che aveva visto, la via che cercava era appena a fianco dell'abbazia, sulla destra.
Oltrepassò una piccola piazza delimitata da bassi edifici, tra i quali vi era un grazioso ristorantino che le ricordò che non aveva ancora cenato.
"Via Borgovecchio, eccola! Cerchiamo il diciannove."
Provò l'inquietante sensazione di quando si devono ritirare dei referti medici.
"Dove sarà il mio cavaliere?"
La strada continuava a salire, tra piccole e modeste costruzioni di due piani. Impiegò poco tempo per arrivare al numero diciannove.
Si trattava di un rialzato che si raggiungeva con una piccola scaletta in cemento con le pedate in granito. Un'inferriata arrugginita era abbellita, si fa per dire, da vasi di gerani.
Alcune persone percorrevano la via, ma nessuna parve dare la benché minima attenzione a Elisabetta.
Si chiese se fosse stato il caso di salire e bussare a quella porta in legno che tanto avrebbe avuto bisogno di una riverniciatura.
Due frati scendevano la strada, avvolti nella tunica cistercense e con il cappuccio alzato sulla testa. L'abito arrivava fino alle caviglie, lo scapolare nero era indossato sulla tipica tunica bianca e una stoffa, anch'essa nera, faceva da cintura ricadendo su un fianco.
Uno dei due, senza che lei potesse vederlo in faccia, le sussurrò qualcosa: "Ciao, Eli."
I due monaci continuarono a camminare, mentre lei, perplessa, li seguì con lo sguardo. Quando si fermarono a parlottare poco più avanti, lei sorrise tra sé, "Poteva anche semplicemente dirmi buonasera e avrei capito che era lui... «Ciao, Eli», alla faccia della regola del silenzio cistercense."
"Cercava qualcuno?"
Mentre Elisabetta stava ancora pensando a Rey, un uomo, appena uscito dal porticino sgangherato, ripeté la domanda: "Cercava qualcuno?"
Il momento di sorpresa scomparve appena lei lo vide.
Era un vecchietto magro, vestito con abiti semplici. Pareva abitasse lì.
"Avevo appuntamento con... qualcuno", rispose lei.
L'omino, da sopra la scaletta al di là della balaustra, scrutava con fare sospetto la donna.
"Qualcuno, eh?"
"Sì, qualcuno."
Il vecchietto continuò a scrutare, muovendo i baffetti come per scacciare una mosca. "Venga su."
La donna salì le scale, ma non prima di aver lanciato un'occhiata verso i due frati. Quando incrociò lo sguardo di Rey si sentì più tranquilla.
Sul pianerottolo l'omino la aspettava quasi spazientito.
"Venga... venga su." La scrutò di nuovo, "Entri pure."
"Preferirei stare qua."
"Mmh", l'uomo agitò nuovamente i baffetti, "Mi hanno detto di farla entrare."
"Chi gliel'ha detto?"
L'uomo non rispose.
"Ok, va bene, entro."
L'ingresso dava su una specie di tinello con cucinino annesso. Un odore di stantio le fece rimpiangere di non essere rimasta fuori. Il vecchietto le stava davanti e continuava a scrutarla.
"Non ho molto tempo." Non era vero, ma Elisabetta cominciava a spazientirsi.
"Devo fare le cose per bene", rispose lui.
Lei fece una smorfia, "Per bene? Ottimo, allora cominci a vuotare il sacco."
"Mi hanno chiesto di darle questo messaggio."
L'uomo le porse un foglietto.
Lei lo prese con un gesto brusco, "Cos'è? Una caccia al tesoro?"
Sapevo che avrebbe portato altri.
Ombre nascoste si agitano tra queste mura antiche.
È difficile meritarsi la fiducia della gente, ma le voglio dare un'altra opportunità.
Al parcheggio di Civita di Bagnoregio, da sola... questa volta.
Domani, stessa ora.
Sarò io a farmi riconoscere.
Fissò l'uomo, "Chi glielo ha dato?"
"Il foglietto? La stessa persona che ha chiesto la mia discrezione."
I suoi baffetti parvero ancora più irrequieti, "E ora la saluto... signora."
Lei uscì, apprezzando l'aria fresca ritrovata all'esterno. "Signora...", sibilò, "Per chi mi ha preso? Per sua nonna?"
Scendendo la rampetta vide che Rey stava ancora parlando con il suo compare e si chiese se almeno quello fosse un vero frate. Tuttavia, se avesse potuto vedere la Beretta APX calibro 9 mm portata nella fondina ascellare, i suoi dubbi sarebbero svaniti.
Elisabetta si incamminò ancheggiando come una modella che si era concessa un giro da turista. Passando vicina ai due, lanciò loro un fugace cenno d'intesa.
-
"C'est une chose curieuse." L'uomo aspirò una boccata di fumo dalla sigaretta. Non aveva mai smesso di osservare la donna. La notte stava scendendo e, nell'edificio di fronte, dal dietro di una tenda, nessuno l'avrebbe mai notato.
"È una cosa curiosa che due frati si fermino a parlare proprio lì per tutto questo tempo." Il suo viso sembrò rabbuiarsi, "Non importa, come avevo supposto, era naturale che non venisse sola."
***
Elisabetta era in auto quando la chiamai.
"Allora? Tutto ok?"
"Non saprei, pare di essere nel mezzo di una caccia al tesoro."
"Immaginavo che non si facesse trovare."
"Potevi anche dirmelo allora."
"Era necessario che tu fossi il più naturale possibile."
"Sì, certo. Hai mai visto Civita di Bagnoregio?"
"Ovvio che sì."
"Bene, allora mi ci dovrai portare."
-
Mentre leggevo il biglietto lanciavo delle occhiate a Elisabetta.
Dopo aver avuto la certezza che non fosse seguita, l'avevo fatta fermare ed ero salito sulla sua auto, alcuni chilometri dopo.
La fissai, "Forse è solo un tuo ammiratore."
"Ne dubito", rispose lei, "E... mi chiedevo, perché sempre sul tardi?"
"Un'idea ce l'avrei. Domani scopriremo se è fondata."
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