Capitolo 63 - Dobbiamo salvare il mondo
"Cos'è questo?"
"Un file criptato e zippato", rispose Dennis.
Enea lo guardò come si guarda un bambino dispettoso, "Francesca intendeva chiederti, Dennis: cosa rappresenta questo file?"
"Credevi non l'avessi capito?"
"Sentite, ragazzi", il tono di Francesca de Boer era deciso, "se la smetteste di punzecchiarvi a vicenda la nostra collaborazione ne gioverebbe e comunque, Enea, non ho bisogno di un avvocato difensore."
Lui arrossì visibilmente, "Beh, certo e..."
"Inoltre è chiaro che Dennis ama essere coccolato e riverito; perciò, lasciamo che faccia tutte le sue liturgie, in attesa che ci dica quello che ha scoperto." Non solo era deciso, il tono di Francesca, ma sembrava non dare spazio a molte repliche che, in effetti, non arrivarono.
Paolo Bertagnini, o meglio Peter, osservava divertito.
"Tu che hai da ridere?"
"Nulla, Dennis, stavo pensando alla nursery", e continuò a ridacchiare, "Non credo riusciremo a salvare il mondo continuando a fare i bambini."
"Chi ti ha detto che dobbiamo salvare il mondo?" Dennis lo disse con l'intenzione di spostare l'attenzione che gravava su di lui.
"Ormai mi sembra evidente che il mondo aspetta solo di essere salvato da noi", proseguì Peter.
"Va bene, allora ascoltatemi, con molta attenzione", Dennis avvicinò il viso al monitor.
"In questo file zippato e criptato ci sono le informazioni che ho raccolto in diversi giorni, chiamiamoli... di attività."
"Ci stai dicendo che sei già andato oltre la fase quattro?"
"Sto dicendo che ho innescato un processo pilota che ha attivato le quattro fasi in tempi ridotti."
"Ma, Dennis...", Peter stava succhiando un affare che ricordava un chupa chups, "Così stai contravvenendo allo stesso principio della fase quattro."
Dennis lo squadrò, "Esatto, ma non abbiamo tempo... non avevo altro da fare."
"Vediamo se ho capito." Francesca si alzò dalla sua sedia e cominciò a camminare per l'ufficio, lo faceva con quell'eleganza che non poteva passare inosservata.
"La quarta fase è la stabilizzazione, avevi detto, no?"
"Avevo detto così."
"Quella fase dove le informazioni vengono raccolte in silenzio e nel tempo."
"Esatto, ci vorrebbe un tempo medio di 220 giorni, mentre noi ne abbiamo pochi; dovremo far venir meno il concetto di stabilizzazione. Non abbiamo alternative."
Enea si sentì di dire la sua, "Il rischio è che facendo fuoriuscire dei dati, pur criptati che siano, roviniamo il giochetto e ci beccano prima di trovare quello che ci serve."
"Grazie, Enea, come farei senza di te", Dennis accarezzò la sua maglietta con le formule che ormai puzzava da una settimana.
"Hai chiesto a Rey come dovevi agire?" chiese Francesca.
"C'eravate anche voi quando ha detto che ci dava pochi giorni no?"
Tutti annuirono e nessuno aggiunse altro.
"Allora? Vogliamo aprire l'ovetto Kinder o no?" Il tono di Peter palesava una certa irrequietezza.
"Prima dicci come hai fatto, noi vogliamo sapere tutto, vero, ragazzi?"
Gli altri guardarono la ragazza come per dire: Non ce ne frega un cazzo di come ha fatto, ma siamo invece curiosi di aprire la sorpresa, ma le parole che uscirono dalla bocca di Enea furono altre: "Francesca ha ragione, sentiamo cos'ha da dirci."
Lei, da brava psicologa, sapeva che bisognava premiare Dennis per le sue fatiche e appena vide la soddisfazione dipingersi sul volto del ragazzo, capì di aver fatto la cosa giusta.
"Mi piace quando vi interessate agli aspetti che si nascondono dietro un tale mirabile lavoro", rispose lui con tono ironico, "cercherò di essere breve, poi apriremo la sorpresa.
I miei collaboratori, chiamiamoli così, hanno selezionato alcuni personaggi dell'Istituto di Virologia, quelli ritenuti più idonei. Per trovarli sono bastate delle query ai database giusti. Si tratta di gente con accesso ai sistemi informativi di livello medio basso."
"Perché di livello medio basso?"
"Perché lì ci sono pochi controlli, la gente è meno preparata e più superficiale, sono poco sopra di chi scrive la password su un post-it appeso al video. Una volta entrati nei loro account, siamo già a metà dell'opera."
-
Atsushi lavorava da diversi anni come ingegnere informatico nell'area IT dell'Istituto di Virologia di Wuhan.
Come tutti i venerdì sera, finiva con l'andare a bere huangjiu allo Jz Club e, quella sera, non aveva ancora notato la ragazza in fondo al bancone. Questo fatto però non poteva durare a lungo.
Lei vestiva un tradizionale qípáo manciù, ma dal colore nero. Anche lo smalto sulle unghie era nero, mentre il rossetto era color vinaccia. Nel vestire, la ragazza aveva un'aria di chiara impronta gotica.
Il disegno a tratteggi bianchi di un drago le scendeva sul vestito, fino allo spacco che si apriva lungo la coscia.
Quando Atsushi colse lo sguardo della donna, capì subito che lei era interessata a lui.
Lui non era un idiota, sapeva che quella donna non era stata attirata dal suo fascino, ma questo non lo frenò.
Un'ora dopo lei era a casa sua. L'abito nero col drago era in terra e la donna, a letto con Atsushi, stava simulando un orgasmo.
Quando il respiro tornò alla normalità, lui si sentì piacevolmente soddisfatto, pur sapendo che quella donna avrebbe dovuto pagarla.
"Quanto vuoi?"
Lei sorrise maliziosa, mentre continuava ad atteggiarsi a qualcosa che non era.
"Forse mi basta una sigaretta", la donna sapeva benissimo che lui non fumava.
"Io non fumo... e non ho nemmeno una sigaretta."
Atsushi colse la delusione sul volto della donna.
"Aspetta, scendo qui sotto a prenderne un pacchetto."
Lei sorrise di nuovo.
Quando l'uomo risalì verso il suo appartamento, stringendo un pacchetto di sigarette Baisha, lo assalì l'idea di aver lasciato una sconosciuta a casa sua, sola. Ma subito rise tra sé. L'unica cosa di valore era il suo borsellino e lo aveva con sé. Rise poi, di gusto, pensando che prima di lasciarla andar via l'avrebbe 'perquisita' a dovere.
Atsushi la rivide ancora tra le lenzuola e questo lo fece sentire più tranquillo.
Lei, nel frattempo, aveva frugato nello zainetto che l'uomo portava sempre al lavoro, all'Istituto di Virologia. Da quello aveva prelevato una chiavetta USB e l'aveva inserita in una capsula, del tutto simile a una supposta. Alla capsula era collegato un sottile filo dello stesso colore dei suoi peli pubici. Quel filo serviva solo per poterla recuperare. Ora quella chiavetta era nascosta in un punto della donna dove Atsushi non sarebbe tornato, non adesso perlomeno.
"Ho preso la prima marca che ho trovato", disse lui con la timidezza di un ragazzino e mettendo in mostra un accendino usa e getta.
"Va bene così", sorrise lei.
La donna fece alcuni tiri espirando il fumo addosso ad Atsushi, ancora preso da una specie di estasi. Finì la sigaretta accarezzando Atsushi e facendogli delle moine.
"Ora devo andare."
Lei uscì dal letto e si infilò nel suo vestitino in poliestere.
"Allora non ti devo pagare?"
"Non oggi, domani... forse, sempre che tu abbia voglia di rivedermi."
Il sorriso ebete di lui fu la risposta più eloquente.
Il giorno dopo Atsushi non si sarebbe recato al lavoro, questo la ragazza lo sapeva. Della mancanza della chiavetta forse non si sarebbe accorto. Qualora fosse successo, avrebbe pensato di averla dimenticata in ufficio.
La sera del giorno seguente la ragazza tornò da lui.
Fecero di nuovo sesso, poi lei desiderò mangiare del pollo fritto alla taiwanese. Atsushi non fece altro che scendere nella rosticceria vicina a casa sua. Al suo ritorno la chiavetta, il cui chip era stato modificato, era di nuovo nello zainetto.
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"In sostanza, i nostri 'collaboratori' hanno usato delle chiavette che sono state regalate o sostituite, ma soprattutto modificate. In alcuni casi non è stato semplice, ma i miei amici non amano le cose semplici. Qualcuno mi ha accennato di come una tizia sia riuscita a sottrarre la chiavetta a un sistemista di alto livello, quando la chiavetta è tornata al suo posto... era stata modificata."
"E come l'avrebbe sottratta?" Non era solo la curiosità femminile di Francesca ad aver posto la domanda: tutti se lo stavano chiedendo.
"Solo accennato, in verità non lo so e non lo voglio sapere", sibilò Dennis. "Un istituto non è la NASA, spesso basta che gente, come gli addetti alle pulizie, infilino delle chiavette nelle porte USB sul retro di qualche server. Lì passano inosservate, nessuno guarda cosa c'è dietro a un computer."
Dennis notò sul volto di Enea e Francesca segni di preoccupazione, ma continuò, "Sono stati coinvolti molti soggetti, non avete idea di quanti. Per questo lavoro dovremo mettere a piè di lista un po' di spese, ma Rey apprezzerà... spero." Sembrava compiaciuto ma allo stesso tempo preoccupato.
"Vedrai che apprezzerà", sorrise Francesca, "Ma, tornando a noi, che chiavette sarebbero queste?"
"Come avrete capito, sono particolari. Su di esse è memorizzato un file system in ROM non formattabile e tale da non essere rilevato né al boot né da uno scan sulla chiavetta. Purtroppo, abbiamo dovuto quasi saltare la fase uno, sarebbe stata interessante."
"La fase uno è quella dove si cerca di capire..."
"Sì, la ricognizione, quella dove si potrebbe scoprire che uno ha un'amante, e questo lo renderebbe vulnerabile." Enea guardò Francesca con fare provocatorio.
"Perché?" La ragazza capiva che lui voleva solo metterla in imbarazzo.
"Perché spesso, colleghi che vogliono comunicare tra loro, parlando magari delle rispettive porcatine, usano dei sistemi non consoni alla sicurezza interna: installano applicazioni di chat non standard, ad esempio, e noi agiamo su quelle, semplicemente perché sono fuori controllo..."
"Ok, abbiamo capito, Dennis, ma torniamo alla chiavetta."
"Sì, la chiavetta. La piccola carognetta ha una particolarità: un meccanismo a tempo entro il quale il file system diventa attivo, in altre parole compare, quasi dal nulla. Non è altro che un semplice microchip che fa questo lavoro."
"Fantastico, ci stai dicendo che quando l'amico si porta in ufficio il gadget, forse lo formatta, magari a basso livello, ma senza toccare quella partizione, poi alcuni giorni dopo, bum, la chiavetta prende nuova vita."
"Esatto, un nuovo file system diventa attivo e comincia a fare il suo sporco lavoro, insinuando un suo processo nel computer di cui la chiavetta è ospite. Dimenticavo, subito dopo questa cosa il file system si disattiva e torna a nascondersi."
"Ma a quel punto il piccolo curiosone se ne sta andando in giro", Peter sembrò colpito.
"Proprio così."
"Ma non rischia di essere intercettato da un antivirus?"
"Il rischio c'è, ma quel programma si comporta come un task di sistema del quale ha preso il posto, conservando gli stessi attributi e le stesse caratteristiche."
"Nel senso che non cambia dimensione, né data...?"
"Precisamente."
"Inoltre, non fa nulla, osserva soltanto ed è pressoché non identificabile. Ma il rischio c'era."
"C'era? Quindi non è stato identificato?" Enea era ormai impaziente di sentire la fine della storia.
"Che io sappia no, visto che sta ancora sfrugugliando allegramente su diverse macchine."
"Non avevi detto che saresti stato sintetico?"
"Me l'avete chiesto voi di spiegare cosa ho fatto."
"Sì, ma non con tutti i dettagli."
"Ok, ok, arrivo al dunque. Il nostro cavallino di Troia ha lavorato bene e si è già moltiplicato, oserei dire in modo esponenziale. Ha superato diverse fasi e da quello che ho capito da una mappatura delle loro LAN, ha raggiunto anche le reti dei laboratori. Un successone direi, forse fin troppo facile."
"Molto bene e... il Kinder?"
"Beh, il nostro amico è stato programmato per leggere informazioni, senza alterarle né inviarle, le tiene solo nella sua piccola memoria, che non è poi così piccola. Nel codice ha un vocabolario di parole chiave che hanno un peso da zero a dieci. Ad esempio, fiala ha peso otto, virus nove, pandemia dieci, e poi ce ne sono diverse migliaia più tecniche come RNA, aminoacido, ma anche parole normali come 'modificato'."
"Continua", lo pregò Peter.
"Un algoritmo dà dei punteggi ai dati letti provenienti da documenti, database etc., appena il punteggiò arriva a un valore abbastanza alto, blocca l'intero documento nella sua memoria, che altrimenti verrebbe cancellato per fare spazio, e prosegue nel lavoro. Raggiunto un certo numero di salvataggi bloccati e con la memoria ormai piena, l'animaletto fa una cosa diversa: cripta e zippa questi dati e li spedisce all'esterno. Per far questo, nel suo girovagare, si tiene mappate le porte per poter uscire, se trova quelle giuste, spedisce tutto, se non trova porte di uscita, continua a girare tenendo in memoria le sue preziose informazioni, fino a quando becca un'uscita."
Uffici del Sistema informativo dell'Istituto di Wuhan
"Non potevamo rimandare la manutenzione del DB a domani?"
"Sono giorni che la rimandiamo, facciamola e via, è un lavoro da un'oretta."
"Va bene, ho già preparato gli script SQL per le REORG, li prendo e li lancio, hai mandato la comunicazione che per un po' il DB non andrà?"
"La mando ora e... aspetta, cos'è quello?"
Uno dei due tecnici aveva rilevato qualcosa di inusuale. Alcuni allarmi erano comparsi sul suo terminale.
"Ci sono dei problemi."
Su una poltroncina, ricurvo su un display, l'operatore osservava le diverse icone lampeggiare. Alle sue spalle il collega di grado più alto fissava in piedi lo stesso schermo.
"Un guasto al sistema?"
"No, ma su alcuni server ci sono anomalie e sembra si propaghino, come... come fosse un virus."
L'uomo in piedi pensò per un attimo al paradosso di un virus informatico che si stava introducendo all'interno di un istituto di virologia, "Sei sicuro? Non può essere un semplice guasto?"
"No, non c'è possibilità di sbagliare, sono segnalazioni dei sistemi di protezione."
"Merda. Disattiva tutti i collegamenti verso l'esterno e fai lo shutdown dei server colpiti."
"Questo significa togliere diversi servizi."
"Non me ne frega niente dei servizi! E non perdere tempo con le comunicazioni. Le faremo dopo."
Il tecnico iniziò le procedure di spegnimento.
"Fatto?"
"Sì", sullo schermo le luci rosse su diverse icone diventarono di colore grigio, cioè sistema inattivo.
"Chiamo gli esperti per la procedura di ripristino e di sanificazione."
"Aspetta."
"Cosa c'è ancora?"
Altri segnali rossi comparvero a video.
"Maledizione."
L'uomo sulla sedia era teso, "Abbiamo altri allarmi, e si stanno moltiplicando a vista d'occhio."
Il suo responsabile, in piedi dietro di lui, impallidì.
"Spegni, spegni tutti i sistemi!"
-
Peter si rivolse a Dennis con una domanda di cui conosceva già la risposta, "E se qualcuno spegne i computer su cui si trova il nostro amichetto?"
"Purtroppo in quel caso perdiamo i dati, ma non vi ho detto che, mentre il furbacchione girovaga, crea dei cloni identici a lui che in modo esponenziale si riproducono su enne dispositivi, proprio come un virus."
"Se muore uno ne sopravvivono altri, che si sono spostati su altre macchine."
"È così."
"Ma alla fine, il nostro amichetto l'ha trovata la porticina d'uscita o no?" Enea ormai non ne poteva più.
"Secondo te?"
Tutti guardarono quel file come stessero osservando una preziosa reliquia.
Dennis riprese la parola, "Quando l'amichetto esce dal sistema è il momento più critico... la probabilità di essere intercettato è al massimo. E se succedesse, sarebbe difficile trovare altre chance per infilarsi di nuovo."
Il ragazzo fece una pausa.
"E purtroppo è quello che è successo", la faccia contrita di Dennis lasciò subito spazio a un gran sorriso, "Diversi amici sono però riusciti a uscire dai sistemi e a portarci qualcosa. Ecco a voi l'ovetto Kinder, che ne dite se guardiamo la sorpresa?"
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