Capitolo 62 - Studio Ovale
Casa Bianca
Washington D.C.
L'uomo, dalla corporatura imponente, tamburellava tra loro i polpastrelli delle mani. I gomiti erano appoggiati sulla scrivania in legno di quercia, costruita con parte del fasciame della nave britannica Resolute. Nel 1854, dopo essersi incagliata nei ghiacci del mare Artico, l'imbarcazione venne recuperata da una baleniera statunitense. In seguito, nel 1880, la regina Vittoria donò la scrivania al Presidente americano Rhuterford.
L'attuale inquilino della Casa Bianca non conosceva questa storia, così come, sull'abitazione in cui viveva, ne ignorava molte altre.
Non scattò mai un gran feeling tra lui e la nuova residenza in Pennsylvania Avenue, a cominciare dall'insediamento, quando la consorte la definì una specie di stamberga fatiscente. Lo disse subito dopo averne varcato la soglia, con la sua borsetta di Hermes, in pelle nera di coccodrillo, da settantamila dollari.
Il Presidente era abituato al lusso, la sua condizione di milionario glielo concedeva. Amava essere circondato da pletore di cortigiani e non apprezzava quei rari momenti in cui era solo. Il suo desidero di essere al centro dell'attenzione prevaleva su qualsiasi altra cosa.
Stava pensando questo quando, da una delle quattro porte dello Studio Ovale, entrarono Alex Thompson, Capo di Gabinetto, il generale Randy Gutierrez, Capo di Stato Maggiore e Sheryl Spaelh, Direttore della CIA.
Fu Thompson a prendere subito la parola, "Eccoci qua..."
Il padrone di casa si lasciò andare sullo schienale della poltrona e sbuffò, "Era ora."
"Signor Presidente...", il saluto del Generale suonò asettico.
"Signor Presidente...", quello del Direttore della CIA fu di una certa riverenza.
Il Capo di Gabinetto, infine, non ebbe bisogno di salutare l'uomo che vedeva più spesso di sua moglie.
Il Presidente rimase al suo posto, ma fece un cenno affinché gli altri si accomodassero; così che i tre si sedessero sui due divani posti ai lati della scrivania; Capo di Gabinetto e Generale da una parte, Direttore della CIA dall'altra.
L'uomo dietro la vecchia scrivania in quercia guardò il Rolex Oyster Perpetual che portava al polso. Stava per alzare il telefono quando nello studio entrarono altre due persone: il segretario della Difesa e il Direttore dell'Intelligence Nazionale.
"Scusate il ritardo..."
Il Presidente sbuffò di nuovo, "Ancora un po' e mandavo la Guardia Nazionale a cercarvi. Sedetevi."
Il Direttore dell'Intelligence Nazionale era il diretto superiore del Direttore della CIA. Entrambi venivano nominati per mano diretta del capo della Casa Bianca. Il primo copriva una carica essenzialmente politica, il secondo era più operativo. Al Presidente non era mai piaciuto che ci fosse una donna al comando delle operazioni della CIA, in particolare non gli piaceva Sheryl Spaelh. Fu un compromesso: una specie di contentino dato ai democratici, sapendo benissimo che in seguito avrebbero potuto pilotare la cosa. Fu solo per questo che lui avallò la candidatura di una donna, in seguito l'avrebbe modellata a sua discrezione. Così pensò. Purtroppo per lui, capì solo più tardi di aver fatto uno degli errori più grossi della sua presidenza.
Rex Haley, Direttore dell'Intelligence Nazionale, era un uomo robusto, con i capelli tagliati corti con scriminatura e il volto accigliato di chi sembra sempre contrario a priori su qualsiasi cosa, "Mi siedo vicino a te, Sheryl, posso?"
"Certo, Rex, sei il mio capo, puoi fare come desideri."
Il Segretario della Difesa, Ryan Powell, ex ufficiale di fanteria, si guardò attorno indeciso a dove accomodarsi.
Il Presidente lo tolse dall'imbarazzo, "Mettiti pure sulla poltrona, Ryan, davanti al caminetto e al vecchio Franklin. Bene, eccoci tutti... la prossima volta useremo la Sala del Gabinetto della Casa Bianca." Emise una risata che degenerò in una specie di rigurgito.
Ryan Powell e il suo subalterno, il Capo di Stato Maggiore Randy Gutierrez, non si guardarono nemmeno. Era noto che il Generale a quattro stelle mal digeriva di essere di gerarchia inferiore rispetto a chi fu solo un mediocre ufficiale.
Haley si sporse, avvicinandosi alla donna di fianco, la bocca vicina all'orecchio di lei, "Mi hanno detto che vorresti creare un altro organo tipo la CIA o sbaglio, Sheryl?"
La donna sorrise, mentre lanciava un'occhiataccia al Capo di Gabinetto, "Non prima di essere diventata Presidente."
Dalla bocca di uno dei pochi uomini capaci di cambiare gli equilibri sulla faccia della terra, proruppe una nuova grassa risata, "Non crediate che non vi abbia sentito... allora è proprio vero quello che si dice di te, Sheryl."
"E cosa si dice?"
"Via, non far finta di non saperlo, si dice che hai due palle così."
"Leggende metropolitane, le mie palle sono normalissime."
Il Presidente non riuscì a trattenere un'altra risata che degenerò anche questa in strani spasmi.
"Allora, signori...", guardò la donna e ridacchiò di nuovo, "... e signore, Alex mi ha già aggiornato, mi aggiorna sempre", Sheryl colse l'ennesima frecciatina, "Ma voglio risentire da voi ogni dettaglio."
-
Non ci volle molto per informare il Presidente su aspetti che in parte già conosceva. Sia il Capo di Gabinetto Thompson, sia il Generale Gutierrez, esposero la propria visione delle cose. Il Direttore dell'Intelligence Nazionale annuì, come se sapesse già tutto nei minimi particolari e fosse padrone assoluto della situazione. Il Segretario della Difesa rimase sulle sue. Il concetto di fondo sembrava essere che non vi fossero gravi motivi per allarmarsi di un nuovo virus, messo in giro non si sa da chi e perché. Anche se alcuni aspetti non erano parsi molto limpidi.
Sheryl Spaelh non aveva ancora detto nulla, perlomeno fino a quel momento. "Col suo permesso, signor Presidente, io non sarei così tranquilla."
L'interpellato guardò prima gli altri uomini, ammiccando un sorrisetto beffardo, poi scrutò la donna e strinse gli occhi, come faceva quando era contrariato.
"Quindi noi dovremmo preoccuparci di un focolaio scoppiato in Cina a dodicimila chilometri da qui?"
"Signor Presidente, le ricordo innanzitutto che due città della Cina, con decine di milioni di persone, sono in lockdown, non lo chiamerei un semplice focolaio. Detto questo... non è solo quello a preoccuparci, ma il sospetto che sia stato originato da un intervento umano deliberato, per scopi che ancora non conosciamo." Sheryl aveva parlato con voce decisa, fissando senza timori l'uomo a capo del paese che produceva quasi un quarto del PIL mondiale.
"Ma non abbiamo uno straccio di prova", Le parole, dalla scrivania in legno di quercia, arrivarono come un sibilo.
Thompson era l'uomo del Presidente e ne condivideva idee e pulsioni, si sentì quindi in dovere di sostenerlo. "Non c'è bisogno di agitarsi, Sheryl, quello che vediamo noi è che abbiamo solo alcuni indizi... e comunque non li stiamo sottovalutando."
Comandare la nazione più ricca al mondo significava anche evitare di essere difesi davanti ad altri, e gli altri lo capirono subito, compreso Thompson.
Ci fu silenzio, e l'uomo dietro la scrivania sapeva che tutti stavano aspettando che fosse lui a parlare. "Se questi maledetti cinesi si sono barricati come topi nelle loro tane, dovremmo stare più tranquilli, no? Saranno cazzi loro."
"Non possiamo essere certi che il virus non esca dalla Cina", insistette il Capo della CIA, "Signor Presidente, lei deve sentire al più presto il suo omologo cinese e farei lo stesso con tutti i capi di Stato delle maggiori potenze. Dobbiamo inoltre essere preparati ad affrontare un piano pandem..."
La risata del Presidente sommerse le parole della donna, ma per poco, perché tornò subito serio. "Non dirmi cosa devo fare, Direttore, chiaro?"
Sheryl Spaelh non disse più nulla, pensò soltanto che di fronte a lei aveva un grosso imbecille.
"Da voi voglio solo resoconti o al più suggerimenti", fissò la donna stringendo ancora di più gli occhietti, quasi a chiuderli, "Chiaro?"
"Chiaro, signor Presidente."
"Bene... e quando potremo sapere se questo cazzo di virus è rimasto a casa sua o sta per arrivare a grattarci il culo?"
Tutti gli altri si guardarono in faccia per un lungo momento, infine fu solo Sheryl a rispondere: "Temo presto, signor Presidente, molto presto."
***
Jason Firth estrasse dal sacchetto di carta un cheesesteak. Il capo del nucleo antiterroristico da contaminazioni patogene della CIA pensò per un istante ai suoi oltre cento chili.
Osservò il lungo panino, lo girò più volte, poi lo addentò. Appena lo stress saliva, saliva anche la sua fame, orientata soprattutto su quanto fosse da evitare.
Ho mandato io il messaggio in codice a Mathys che diceva che Philippe stava uscendo dalla Cina.
Jason cercò di rivedere mentalmente quello che aveva fatto. I suoi pensieri gli si materializzavano davanti e lui cercava di darli in pasto alle sue capacità deduttive.
Mathys si è appoggiato all'AISE. Poi è stato ucciso, lui e la sua compagna, ed è stato ucciso poco prima che potesse riferire qualcosa e quel qualcosa era per forza legato a Philippe Martin.
Gli hanno chiuso la bocca con un tempismo disarmante. Chi poteva conoscere quello che stava facendo Mathys se non chi lavorava con lui?
Affondò di nuovo i denti tra la carne di manzo rosolata e il formaggio.
"Devo sentire qualcuno che non sia immischiato", sussurrò a se stesso.
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