Capitolo 58 - Il Colonnello
Nel suo ufficio a Roma, il colonnello Adriano Giussani aveva in mente solo una cosa: il Centro di Montaldo di Castro, quando sentì suonare il cellulare.
Il nome sul display lo fece trasalire, "Michelangelo Rey!"
"I casi sono due," pensò, "o è telepatia oppure ho le cimici nel mio ufficio."
Rispose alla chiamata.
"Dottor Rey..."
"Colonnello."
"A cosa devo la tua chiamata?"
"Innanzitutto, come te la passi?"
"Sopravvivo e tu?"
"È lo scopo della nostra esistenza, sopravvivo anche io. Domani sono lì dalle vostre parti e potremmo mangiare qualcosa assieme."
"Ottimo, ma alle mie condizioni: punto uno ti offro io qualcosa di meglio di un 'qualcosa', visto che sarai mio ospite, punto due, quale sarebbe il motivo della tua visita?"
"Vada per il primo punto e per il secondo..." Rey rimase sul vago, "Si tratta di proporti una collaborazione."
"Quale?"
"Come monitorare un uso improprio della rete, cose di questo tipo."
Adriano capì subito che la cosa era stata inventata sul momento e capì che il motivo l'avrebbe scoperto solo l'indomani.
"Interessante, ti aspetto, verso... nel tardo pomeriggio. Quando arrivi chiamami."
Adriano si massaggiò le guance. Era molto perplesso.
***
Non potevo considerarmi amico di Adriano, ma tra noi c'era molta stima e questo di solito mi poteva bastare, sperai fosse così anche questa volta.
Era sera. Avevo chiamato Adriano alcune ore prima per avvisarlo del mio arrivo e aveva subito proposto una trattoria non distante da Piazza Dante.
Oltrepassai uno scalcinato commissariato, dove l'unico decoro sembrava riguardasse le due bandiere appese a fianco della scritta polizia. Tre saracinesche abbassate lo separavano dalla trattoria: un bugigattolo con una tenda da sole smunta, calata sull'ingresso.
Entrando mi trovai in una saletta dove alcuni tavolini intasavano gli spazi già stretti.
Diversi avventori banchettavano da tempo e il brusio delle loro argomentazioni creava un rumore di fondo costante.
"Hei", dovetti alzare la voce per farmi sentire dall'uomo che trafficava dietro a un bancone.
Il personaggio poteva essere un cameriere, un uomo delle pulizie o un rifugiato finito per sbaglio lì dietro. Mi squadrò come se avessi violato chissà quale spazio territoriale.
"Ci vuole una prenotazione", lo disse tornando ai suoi traffici.
"Credo di averla."
"Nome?"
"Non saprei, forse... Adriano?"
L'uomo smise di asciugare qualcosa con uno straccio, "Adriano?"
"Adriano, sì... devo aggiungere qualcos'altro?"
"Ci provi."
Mi avvicinai al bancone e mi sporsi verso di lui guardandolo bene in faccia, "Giussani?"
"Macchecazzo... mi scusi, l'accompagno subito al suo tavolo, l'avevo presa per un turista."
L'uomo si avviò e io lo seguii. Scese lungo una scala in marmo dozzinale, malcurato e vecchiotto.
Dopo un pianerottolo, un'ultima rampa svoltava di novanta gradi e lo scenario cambiò.
Una vecchia cantina era stata riadattata a ristorante, le pareti e il soffitto ricostruite in sasso. Un grosso arco, anch'esso in pietra, metteva in comunicazione con un'altra sala. L'atmosfera era raccolta e i rumori ridotti al minimo.
"L'accompagno al suo tavolo."
Il personaggio mi portò di fronte ad Adriano che sorseggiava dell'acqua al suo tavolo.
"Sono in ritardo?"
"Puntualissimo, accomodati."
Sentivo a pelle che di quell'uomo potevo fidarmi e sapevo che anche lui era abile a classificare le persone. Quindi non ero certo che avesse un'ottima considerazione di me, pensai ridacchiando.
"Cos'è quel sorriso?"
"Nulla, pensavo che il posto è interessante."
"Aspetta di assaggiare la loro trippa alla romana con mentuccia e pecorino."
"Per carità... partirei da un antipastino e poi, forse due tonnarelli cacio e pepe."
Adriano schioccò le dita e il personaggio di prima si materializzò. Senza importunarci era nei dintorni e stava aspettando che ordinassimo.
"Danilo, portaci due antipasti..."
"Faccio io?"
Adriano ammiccò, "Se al mio ospite va bene."
"Si tratta di assaggi di antipasti sia caldi che freddi, un tagliere di salumi di Bassiano, delle tartare di Fassona piemontese al coltello, condita con capperi, scalogno, tabasco, cognac..."
Lo interruppi senza voler sembrar scortese, "Mi hai convinto... andiamo con gli assaggi." Non so quanto il mio sorriso apparve cordiale o ironico.
"Il resto ve lo chiedo dopo", l'uomo si congedò.
Guardai Adriano, "Un panino da portare in macchina no, eh?"
"Michelangelo, ho come l'impressione che la parte buona del nostro incontro sia il pranzo e quella cattiva il resto."
Abbozzai un'espressione tirata, "Mangiamo allora, poi parleremo."
***
La cena fu squisita e non rimpiansi l'alternativa del panino in auto. Ma adesso era venuto il momento di tirare fuori quello che avevo da dire.
"Vado dritto al punto: perché mi controllate?"
Giussani non cercò nemmeno di sembrare sorpreso.
"Ti controllo perché so che stai seguendo una traccia importante."
"Allora saprai già molte cose."
"Abbastanza, e credo sia arrivato il momento di condividerle."
"Proposito lodevole."
"Chi comincia?"
"Comincio io, Colonnello. L'argomento, come sai, riguarda il virus in Cina."
"Conosciamo la storia e ne stiamo seguendo gli sviluppi."
"Certo... tuttavia, credo di avere degli elementi importanti."
"Del tipo?"
"Elementi che porterebbero a pensare che questo virus sia stato..."
"Manipolato?"
Lo guardai sorpreso, "Ne sapete più di quanto immaginassi."
"Qualcosa sappiamo."
Continuai, "Credo inoltre che il fine di questa manipolazione abbia scopi... non proprio umanitari."
Adriano non si scompose, si comportò come se avessi detto che domani ci sarebbero state condizioni di tempo variabili.
Lo fissai, "Non vorrei ripetermi, ma ho come l'impressione che voi la sappiate molto più lunga di quello che sembra."
"Continua... poi ti dirò cosa sappiamo noi."
"La faccio breve. Abbiamo del materiale: documenti, fotografie..."
"Sul virus?"
"Esatto."
"Continua."
"Non è molto, ma proviene da una persona fidata, ma che ora è scomparsa."
Raccontai ad Adriano di quanto Jane aveva fatto avere a Elisabetta, fornendo il maggior numero di dettagli.
"... sto anche facendo approfondimenti, con una certa cautela, per verificare le informazioni della dottoressa Jane Yifei... e capire dove sia finita."
Il Colonnello prese la parola, "In sostanza stai cercando di capire se c'è qualcosa di strano in quel laboratorio di Wuhan."
"Eri al corrente anche di questo?"
"Qualche dettaglio."
Non risposi e lui continuò, "Prosegui pure su questa strada e quando avrai elementi concreti... fammeli avere, subito e solo a me."
"Va bene e... c'è altro che vuoi chiedermi?"
"Il tuo capo cosa sa?"
"Non conosce i dettagli, ma sa che sono in possesso di questo materiale, la cui fonte, così gli ho detto, non è nota."
"E come l'ha presa?"
"Mi è sembrato turbato, più per lui che per le sorti dell'umanità. E mi ha chiesto di non dirlo a voi, per ora, ma di tenerlo informato."
Vidi un'espressione strana sulla sua faccia, come se sapesse anche questo. "Hai agito bene. Un'altra cosa: vedi se riesci a... controllarlo un po'."
Capii subito cosa volesse dire, "Ci stavo già pensando."
"Non ne dubitavo", sorrise lisciandosi il leggero pizzetto, "Ma c'è una cosa che mi sfugge ancora: se volevi essere cauto... perché ti sei rivolto a noi?"
"Non mi sto rivolgendo a voi... mi sto rivolgendo a te."
Giussani non rispose e io proseguii.
"Credo che l'organizzazione che c'è dietro a tutto questo sia molto capillare e controlli diverse persone."
"Credi?"
"Al Centro molte notizie che arrivano dall'esterno sono filtrate, hanno un codice B8."
"Il che vuol dire che arrivano solo a una persona."
"Solo una e sai di chi parlo."
"Santovito Vichi", Adriano si fece pensoso, forse era il primo segno di preoccupazione che percepii sul suo volto.
Si lisciò di nuovo i baffi, "Stai scoperchiando qualcosa di tremendamente marcio. Qualcuno sta già giocando sporco e qualcun altro è troppo imbecille per capire che la cosa è più grave di quello che si possa credere."
Giussani, dopo una breve pausa, continuò, "E di questa Elisabetta Farnese cosa mi dici?"
"È a posto, è solo un'amica della virologa scomparsa. In ogni caso l'ho messa sotto osservazione, più per proteggerla che per spiarla."
"Bene, ottima mossa."
Mi guardai in giro.
Tutti gli avventori erano intenti a parlare gustando le loro pietanze e il brusio era aumentato. Era impossibile distinguere i discorsi ai tavoli vicini a meno che parlassero ad alta voce.
Fissai Giussani.
"E ora credo sia il caso che anche tu cominci a raccontarmi qualche storiella", sussurrai.
***
Sorseggiavo un amaro dal colore ambrato e dal gusto agrumato, l'aroma richiamava erbe montane delle quali percepivo solo il fiore di genziana.
"Con questo dovrei digerire tutto?" Posai il bicchierino e fissai Adriano.
"Antipasto e tonnarelli, di sicuro, per il resto..."
"... Per il resto ci vorrebbe tutta la bottiglia di cognac che ho in ufficio."
"E non credo possa bastare, anche se so che prendi i migliori cognac."
"Lasciamo perdere i miei gusti e ricapitoliamo: mi hai appena detto che Santovito è coinvolto in qualcosa e AISE, DGSE, CIA e MI6 stanno già indagando su una faccenda che sembra combaciare con quello che ho in mano io, corretto?"
"Corretto, ed è quasi certo che il tuo capo sia coinvolto, mi mancano solo le prove."
"E io? Non credi che possa essere coinvolto anche io?", buttai lì.
"È una possibilità. Non lo penso, ma se fosse così, ora sapresti che siete tutti sotto osservazione e prima o poi, anche tu, faresti un passo falso. Non cambierebbe molto."
"Pensavo ti fidassi di me."
"Dal mio punto di vista valgono entrambe le cose: mi fido, ma sono anche prudente", sorrise sornione il Colonnello.
Presi dalla tasca una chiavetta USB, "Ti passo una cosa, contiene tutti i dati che ho avuto da Elisabetta Farnese, allunga una mano sotto il tavolo."
Fece come gli chiesi e afferrò la chiavetta.
Continuai, "Per quanto riguarda la dottoressa Jane Yifei..."
"Farò delle ricerche."
Mi schiarii la voce, "Avrei incaricato un'unità speciale..."
Lui sorrise, "So tutto, mi chiedevo solo perché volessi trovare questa donna... ora mi è chiaro. È meglio, però, che la questione passi in mano mia, se non ti dispiace, lasciamo che ognuno faccia il proprio lavoro."
"Te l'avrei passata, prima o poi. Ora dimmi qualcosa di più su questo personaggio... Philippe Martin, potrebbe essere il collegamento che ci può portare a Jane. Lei, dopo un dottorato di ricerca a Montpellier, ha mantenuto molti contatti in Francia."
"Verificherò i legami tra i due, nel frattempo non c'è molto da dire, lo stiamo cercando."
"Credi sia stato ucciso?"
"Penso di no... non ancora perlomeno. Dopo essere fuggito, Martin ha cercato di mettersi in contatto con un agente francese. Il DGSE e noi abbiamo cercato di intercettarlo, ma siamo arrivati tardi. Dopodiché abbiamo perso i contatti, molto probabilmente si sarà liberato del cellulare."
"Ci sono già stati troppi morti in questa faccenda", dissi con una nota di dolore.
"Anche l'agente francese è morto, lui e la sua compagna."
La mia angoscia non poté far altro che aumentare.
Adriano riprese il discorso interrotto, "L'elenco delle persone coinvolte potrebbe essere molto più ampio: il capo dell'agente francese ucciso, il maggiore Thierry Chevalier e il generale Jean Roux non mi hanno convinto."
"Anche loro?"
"Forse nascondono soltanto qualcosa... in fin dei conti tutti noi stiamo nascondendo qualcosa."
Lo guardai senza potergli dare torto.
Giussani sorrise, era più avvezzo di me a trovarsi in situazioni di quel genere, "Un caffè, dottor Rey?"
"Più tardi, magari, ho bisogno di prendere aria."
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