L'Old Station Pub si trovava nella parte più a nord di Tarquinia.
Non era improbabile che vi capitassi, ed ero solito rintanarmi nella zona più interna del locale, dove la luce era ancora più soffusa. Le volte a crociera con sassi a vista rendevano l'atmosfera quasi ieratica, ma le birre sugli scaffali facevano subito tornare alla vera realtà.
Mancava poco all'appuntamento, il mio IWC segnava le 17:55.
"Buonasera."
"Ciao, Manuel, portami la solita... anzi, che mi dici di una trappista bella fresca?"
"Dico che di solito è ottima come bicchiere della staffa, ma prima di cena..."
"Manuel, se voglio una birra da 8,5 gradi prima di cena ci sarà un motivo, no?"
"Mi aveva chiesto cosa ne pensavo..."
"Era un frase di cortesia rituale, tu, portamela."
"Subito, signore."
'Signore'... quando mai mi dà quell'appellativo, devo averlo fatto incazzare. E la mia 'Cortesia rituale'?.. Meglio lasciar perdere.
Il buon Manuel tornò con una bionda che sprigionava malto solo a guardarla.
Cercai di riparare, "Scusami... per prima."
"Ci mancherebbe, il cliente ha sempre ragione."
"Crede sia sconveniente portarne una anche a me?" Elisabetta Farnese scostò una sedia e prese posto al tavolo, posandovi sopra la borsetta.
"Sentito, Manuel?"
"Sto già andando a prenderla."
Il cameriere si allontanò subito.
Forse il mio sguardo indugiò troppo su di lei e credo se ne accorse. Indossava jeans attillati e una giacchetta in pelle. Non posso dire che se la tirasse, ma aveva quell'atteggiamento di chi può avere tutto... e chiunque. "Vedo che sei puntuale."
Prese dalla borsetta un pacchetto di Parliament Night Blue dal quale estrasse una sigaretta, "Apprezzo che stai continuando a darmi del tu... Michelangelo."
"Valeva solo per l'altro giorno?"
"Direi di no."
"Aggiungerei che in un pub semibuio davanti a due birre, sarebbe un delitto non farlo. Vorrei però farti notare che da tempo non si fuma all'interno dei locali pubblici."
"Hai forse anche notato che abbia acceso la sigaretta?"
Abbozzai un sorriso.
"Tranquillo, amo la gestualità, mi aiuta a farmi sentire a mio agio."
Guardai la sigaretta, stretta fra le lunghe dita affusolate, "Marca elitaria direi."
"Semplici sigarette, hanno solo una piccola camera d'aria in fondo al filtro che elimina i cattivi sapori. Mai fumato?"
"Qualche mese all'università, pochi anni fa."
Sorrise senza voler essere scortese, così mi sembrò, perlomeno.
Manuel arrivò con la seconda birra che aprì e versò in un calice.
Lei la guardò, "Sicuro che sia birra?"
"Pensavo la conoscessi."
"Per niente, mi sono fidata di te."
Attesi un istante prima di risponderle, "Mai fidarsi di un uomo che ti invita in un pub a prendere una birra da otto gradi e mezzo prima di cena."
"A dire il vero mi sono autoinvitata."
"Questo è vero", portai subito la coppa alla bocca, rinunciando alla solita manfrina dei brindisi. "Deliziosa. Non bevi?"
I suoi occhi verdi mi fissarono, per poi socchiudersi appena la birra inumidì le sue labbra.
"Com'è?" chiesi con un po' di impazienza.
"Non male, e non sembra forte."
"Aspetta di finirla."
"Il sapore è... buono, e ha un profumo particolare."
"È aromatizzata con foglie di eucaliptus."
"Non mi dire..."
"La producono i monaci del monastero le Tre Fontane."
"In pieno stile trappista", disse la donna sorseggiandone ancora.
"Non tutti conoscono quel termine."
"Beh, sono una giornalista, per chi mi hai presa?"
Sorrisi, "Sentiamo, cos'altro sai?"
"Mmh, che i trappisti siano monaci cistercensi lo sanno tutti, osservano solo in modo più stretto la regola benedettina..."
"Già di per sé austera", aggiunsi.
"Silenzio, preghiera e lavoro."
Mi accorsi che le dita delle mie mani si stavano intrecciando e che avevo gli indici appoggiati alla bocca, come quando si ascolta con molta attenzione, "Poi? Cos'altro?"
"So che il nome deriva dal monastero di La Trappe, non lontano da Parigi. Quello che non so è dove si trovi l'abbazia delle Tre Fontane, in Italia immagino, in qualche valle sperduta."
"Scherzi? E tutta la logistica per la vendita? Naaa, quest'abbazia è nel cuore di Roma."
"Mi prendi in giro?"
"Si trova all'EUR, vicino al Parco degli Eucalipti."
"Ecco dove li prendono: produzione autoctona", disse con un sorriso appena accennato. Non capivo se fosse seria o ironica.
Continuammo a sorseggiare fino a quando il silenzio fu quasi imbarazzante, ma non durò molto.
Mi scrutò, più di quanto già non facesse, "Non dovevo essere io a intervistarti?"
"Così doveva essere, oppure è arrivato il momento in cui tu mi dica cosa vuoi veramente da me." La fissai, "Ho la sensazione che più che intervistarmi tu voglia analizzarmi."
Ammiccò, per poi assottigliare le palpebre, "Forse voglio solo conoscerti meglio, un po' come stai facendo tu con me."
"Anche questo richiederebbe un motivo."
Si guardò attorno e tornò a sorseggiare la birra, "Forse è ora che venga al punto."
"Mi sembra una buona idea."
Prendeva spesso la sigaretta, se la passava tra le dita e sfiorava le labbra, valorizzate da uno splendido rossetto carminio dal sottotono freddo. A ogni suo movimento i capelli biondi ondeggiavano con un'eleganza particolare, ricadendo morbidi sulle spalle.
"Ho bisogno di fumare."
"Usciamo", feci un cenno a Manuel, "La birra era ottima, come al solito."
Elisabetta salutò il barman che, da gran signore all'antica, accennò un elegante inchino col capo.
Poco dopo fummo in strada.
La temperatura dell'aria era piacevole. Ci incamminammo lungo via Antica, un viottolo in selciato di sanpietrini.
"Non ho da accendere", le dissi.
"Nessun problema, sono cortesie che si usavano nei vecchi film."
Sentii il click dell'accendino. Aspirò una boccata di fumo tenendo la sigaretta tra l'indice e il medio, tra la prima e la seconda nocca, tipico delle donne; era inevitabile che lo facesse con una sorta di ostentazione. Così come quando ripiegava il braccio, con la mano rivolta in alto e la sigaretta tra le dita.
"Sarei qua per seguire gli studi che svolgete al Centro..."
"Saresti... Ma la verità qual è?"
"La verità è che un'amica mi ha detto delle cose, ma mi ha chiesto di non parlarne con nessuno."
"Ma con me ne stai parlando."
"Mi ha detto con nessuno, tranne Michelangelo Rey."
La mia sorpresa fu evidente, "Mi conosce?"
"Vi conoscete e sa esattamente di cosa ti occupi e per chi lavori."
"E perché non ha contattato me?"
"Proprio perché sa per chi lavori, non sapeva se fidarsi... del tutto."
"Mentre di te si fida?"
"Sembrerebbe di sì."
Senza sapere cosa riguardassero 'queste cose', sentivo già la gola secca, avrei voluto bere altra birra.
Smisi di camminare, "E tu... sembra ti stia fidando di me."
"Non lo so ancora, sono qua per questo."
"Ottimo, e immagino che finché non ti fiderai non saprò cosa siano queste cose."
"Immagini bene."
Per un attimo non dissi nulla, ma la domanda la dovevo fare, "Chi è?"
"Il nome della nostra amica?" esalò altro fumo dalla bocca, "Beh, questo credo di potertelo dire."
"Quindi?"
"Jane Yifei, dell'Istituto di virologia di Wuhan."
Rimasi impietrito, "Forse è meglio andare a casa mia."
I suoi occhi verdi mi fissarono, sembrava dovesse trovare la forza per prendere una decisione.
"Non posso dirti nulla... non ancora."
"Cosa devi dirmi?"
"Dammi alcuni giorni di tempo, devo capire."
"Cosa devi capire?"
Non aggiunse altro e si alzò per andarsene, "Ti chiamerò io."
>>>Continua...>>>
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