Capitolo 39 - Le tre salette

L'elicottero si posò su quello che sembrava il green di un campo da golf. La brezza proveniente dal mare scompigliava i capelli dei due passeggeri appena scesi. Uno dei due si muoveva goffamente, a causa dei chili di troppo, ma aveva l'aria di un bambino al parco dei divertimenti. Il secondo era l'immagine di coloro che, tronfi dei loro mezzi, bramano solo di esibirli.

Raggiunsero il sentiero in ciottolato che li avrebbe condotti alla villa.

All'uomo in sovrappeso venne presto il fiatone, l'altro lo osservò sorridendo, "Avrei voluto la mia dimora su una collina, ma qua in riva al mare non ce n'erano. È stata una fortuna, per te, che io non l'abbia trovata", una fragorosa risata seguì subito quelle parole. Cravatta, gemelli d'oro e abito in monopetto di Prada, davano a quell'uomo un tono di importanza.

"La fortuna, invece, è proprio che tu abbia una villa di fronte a questo mare", lo disse ansimando e con un tono di invidia, mentre cercava di togliersi la giacca imbrattata di sudore.

Le due grosse ante di un portone in legno pregiato, incastonato in un muro in sasso, si aprirono appena si avvicinarono. Quello che si spalancò davanti a loro sembrava un grande salone, ma era solo un atrio d'ingresso. Un pavimento in marmo di carrara lucido brillava ai loro piedi. L'interno era fresco e ventilato. Aromi della macchia mediterranea sembravano diffondersi nell'aria, mentre la vista del mare, oltre le grandi vetrate poste su un lato, dava un senso di vastità e allo stesso tempo di quiete.

Venti minuti dopo Vittorio Santovito Vichi sorseggiava un cocktail con ghiaccio. I suoi centoventi chili sprofondavano su un morbido divano in pelle con imbottiture di piuma d'oca.

"Allora, che mi dici della proposta?" Abbandonata la giacca, davanti a un bancone da bar, l'altro stava preparando due Martini dry.

"Mi sembra interessante e se ho ben capito non dovrei fare molto."

Il barman improvvisato posò le due coppette sul tavolinetto di fronte al divano.

"E no, caro amico, dovrai fare moltissimo invece", l'uomo si accomodò, "Il tuo compito sarà di tenere a bada le tue persone, soprattutto quel... come si chiama?"

"Michelangelo Rey."

"Sì, proprio lui e si dovrebbe fare attenzione a uno con un nome così."

"Non è il nome che fa di lui un grosso rompiscatole, è il suo DNA."

"Ed è per questo che ci servi tu: evita che scassi troppo il cazzo, in particolare, evita che ficchi il naso sulla questione cinese."

"Non ficcherà il naso da nessuna parte."

"Bene. Ma non dovrai boicottarlo, cerca solo di fare da filtro e di tenerlo ai margini."

"Mi vuoi insegnare il mio lavoro?"

"Che diamine", l'uomo dai gemelli d'oro si alzò come per prendere le distanze, "assolutamente no."

Prese i due Martini dry e uno lo passò a Santovito, "Tieni, io faccio il politico e tu fai il direttore del tuo Centro, ma dobbiamo cooperare, ognuno di noi è un anello della catena e si sa... ogni catena potrebbe avere un anello debole."

"Cosa vorresti dire?"

"Vittorio, ci conosciamo da anni e sono stato io che..."

"Esattamente, devo a te il mio posto di capocentro, e questo fa di me un anello debole, era chiaro quello che intendevi."

L'altro si riaccomodò e sorseggiò il suo Martini, "Ti sei sempre guadagnato la tua pagnotta, non cominciare a fare storie proprio ora", la voce era pacata e bonaria, ma ferma, "Siamo noi politici a rischiare maggiormente, oggi abbiamo in pugno il paese, domani nel pugno potremmo trovare solo delle mosche."

Vittorio Santovito Vichi sorrise in modo tirato portando alla bocca il drink, poi si alzò dal divano, "Okay, chiudiamola qua, so che di te posso fidarmi."

Il padrone di casa ricambiò il sorriso e gli diede una pacca sulla spalla.

"Ora ti faccio vedere le comodità della mia umile dimora: dalla zona benessere, alla sala biliardo, alle salette..."

"Salette?"

La curiosità stava avendo il sopravvento.

"Salette... e ora le vedrai amico mio, le vedrai."

I due si avviarono a braccetto.

"Ci sono tre salette, una è quella asiatica, un'altra quella africana e l'ultima è quella... chiamiamola est-europea."

"Mi stai intrigando", Santovito era impaziente di capire cosa nascondessero le salette.

"Sono tre piccoli assaggi, portati qua solo per te."

Entrarono in una zona che sembrava una SPA: a una piscina lunga almeno quindici metri, erano affiancate tre Jacuzzi con idromassaggio.

Oltrepassata questa, si apriva uno spazio con un bagno turco e una sauna finlandese.

I due continuarono a camminare, senza incontrare nessuno, si sentiva solo il gorgoglio dell'acqua di alcune fontanelle.

"Ci siamo quasi."

La zona in cui erano arrivati era una zona relax.

Luci soffuse si adeguavano alla melodia trasmessa da un impianto ad alta fedeltà, con un effetto soft. Profumi di essenze esotiche e aromi naturali permeavano l'aria.

L'uomo che accompagnava Santovito fece un gesto con il braccio indicando un'ampia vetrata, "Eccoci alle sale."

Facendo molta attenzione, si potevano notare tre porte di vetro ben mimetizzate. Su ciascuna di esse erano incisi dei disegni.

"Ti stai chiedendo cosa rappresentano le tre mappe?"

Santovito non se lo stava chiedendo, stava guardando oltre la vetrata.

"Vedo che stai già andando avanti, ma ti dico cosa rappresentano." Puntò il dito alla vetrata, "Sono regioni: a destra è disegnata la cartina della Nigeria, a sinistra quella della Thailandia e al centro...", continuò come fosse una guida turistica, "Lì c'è stata un'unificazione, abbiamo: Ungheria, Romania e Ucraina."

L'altro non stava più ascoltando, il suo sguardo era fisso su tre splendide nere, impegnate in giochi erotici nella sala a destra. E non si stava perdendo nemmeno i giochetti delle tre bianche, dalla pelle color latte, nella sala al centro.

L'anfitrione, capendo dove fosse caduta l'attenzione del suo ospite, si sentì di intervenire.

"Non sottovaluterei la sala a sinistra."

Santovito stava sudando copiosamente e non per il leggero tasso di umidità.

Girò lentamente il volto in direzione della sala a sinistra.

Due donne dai tratti asiatici si stavano toccando.

"Vedi? Aspettano solo te."

>>>continua...>>>

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