Capitolo 36b - Piña colada

È ancora presto, devo aspettare.

Dylan Batchelor non avrebbe mai creduto di trovarsi in una situazione simile.

Quanto aveva sentito da quella donna era abbastanza per mollare tutto, ma c'erano tre problemi: punto uno: non lasciava mai un lavoro a metà; punto due: non poteva ignorare quanto saputo da quella baldracca dai capelli unti di gel; e infine, c'era l'ultimo punto, quello che stava su quell'enorme yacht... e non erano i lingotti d'oro.

L'uomo ebbe un fugace pensiero anche per la montagna di dollari che gli erano stati promessi: la metà di quello che Jack doveva ancora ricevere, in altre parole la metà di 190 milioni di dollari.

Si mise a ridere.

Appena ti ho tirata verso di me, baldracca del cazzo, ho sentito... e ho capito di cosa sei fatta.

L'azzurro dei suoi occhi parve essere trafitto da un bagliore sinistro.

"Problemi, capo?"

Batchelor lasciò i pensieri e tornò nel mondo reale.

"Noah, perché non mi avverti quando arrivi, cazzo? Sei come un fantasma."

Non ricevette alcuna risposta, non ce n'era bisogno.

"Siediti."

L'uomo appena arrivato indossava solo dei pantaloni di lino ed era a torso nudo. Come sempre i suoi capelli erano raccolti in una coda di cavallo. Dal collo gli scendeva, fino ai pettorali, una collana di perline di legno. Si sdraiò sul lettino in teak.

Batchelor schioccò le dita.

Una giovane ragazza asiatica arrivò con un vassoio, portava un copricostume trasparente, ma del costume non vi era traccia.

Appoggiò su un tavolino due cocktail e se ne andò sorridendo, mentre i due parvero non averla nemmeno vista.

"Cos'è?"

"Mi sorprendi, Noah, non riconosci una piña colada?" Afferrò il grosso bicchiere sul cui bordo faceva bella figura uno spicchio di ananas, mentre una ciliegia candita era adagiata sul liquido bianco e denso. Prese la ciliegia per il picciolo e la buttò, stessa fine fece l'ananas. "Non capisco perché ci mettano tutte queste stronzate... brindiamo?"

I due avvicinarono i bicchieri fino a farli tintinnare.

"A cosa?" chiese Noah.

"A una gentil donna di mia conoscenza, prosit", alzò il bicchiere e trangugiò gran parte del drink. "Ahh! Rum bianco, ananas frullato e latte di cocco: all'inventore di questo nettare avrebbero dovuto dare il Nobel, non so in cosa, ma dovevano darglielo. Ma ora dimmi, cosa hai saputo?"

L'altro bevve un sorso, "Su di lei nulla di più di quanto non sapessimo già." L'uomo si inumidì le labbra, riassaporando i sentori del cocktail appena bevuto. "Il contatto è affidabile e garantito, sono anni che lavoriamo assieme."

Batchelor sprigionò il suo miglior sorriso enigmatico, "Ma questa volta è successa una cosa inaspettata... la tipa è venuta allo scoperto, si è fatta vedere da me. Non era mai successo che mostrasse il suo volto."

"E cosa pensi che possa significare?"

"Che non è il suo solito modo di agire; è come se... avesse voluto giocare con me."

"E quindi?"

"Quindi, c'è qualcosa che non quadra, e noi dobbiamo scoprire cosa."

"Se c'è qualcosa di strano la troveremo."

"Fai continuare le verifiche, voglio sapere chi si nasconde veramente dietro quel visino da vecchia troia."

Noah, prima di fare un'altra domanda, attesa alcuni istanti. "C'è altro che dovrei sapere?"

"Presto dovremo muoverci, ma non è ancora il momento." Batchelor fece una pausa, "e visto che non fai domande continuo io..."

Prese di nuovo il bicchiere e se lo scolò. "Questo è il secondo, ma prometto che sarà l'ultimo."

Guardò il compagno, come per richiedere tutta la sua attenzione. "Torneremo da Jack... molto presto."

"E cosa dovremo fare da Jack?"

"Tecnicamente pagarlo, ma qui si pone un problema. Forse il pagamento non avverrà in dollari."

Noah sembrò cambiare espressione, ma era probabile fosse solo un'illusione. "Devo preparare la squadra?"

"No!"

"No?"

Batchelor, col suo solito sorriso indecifrabile, lo fissò, "Per ora basteremo noi due."

"Sei sicuro?" Lo chiese solo per avere altre informazioni, mai avrebbe dubitato su quanto fosse sicuro il suo capo.

E infatti la risposta fu solo un labbro che si incrinava, che significava, Sono fottutamente sicuro, cazzo.

Il mare di fronte a loro era calmo e il sole era prossimo a oltrepassare l'orizzonte, laggiù, dove si perdeva il golfo del Siam.

Batchelor emise un leggero sospiro, "Te lo dirò io quando avremo bisogno della squadra, intanto tieni i ragazzi all'erta." Quest'ultima affermazione, e lui lo sapeva, era scontata.

"Sono sempre all'erta."

Il silenzio che si creò fece capire che le argomentazioni stavano per finire. Noah fece quindi la domanda che più gli premeva, "Cosa stiamo aspettando?"

Per tutta risposta l'inglese si alzò dal lettino e mosse alcuni passi sulla sabbia, verso il mare. Il fievole sciacquio della risacca si smorzava a pochi metri da lui. "Lo saprai presto."

L'altro era consapevole che era inutile insistere. "Vado. Hai bisogno di qualcosa? Ti rimando la ragazza?"

"Per quella basta schioccare le dita", Batchelor scrutava sempre il mare di fronte a lui. "Pare che qua, di decente, sappiano fare solo piña colada e due mi possono bastare."

"La ragazza sa fare molte altre cose."

"Non ne dubito", questa volta, non poté fare a meno di ridere, cosa inusuale per lui, abituato solo a sorrisetti difficili da decifrare. "Approfittane pure, se ti va."

Noah se ne andò e solo allora Batchelor si girò.

Vide che il bicchiere del compagno era ancora quasi pieno. Lo prese e se lo portò alla bocca, ma poi, come preso da un gesto inconsulto, si girò e lo lanciò verso il mare. La piña colada roteò in aria più volte, per poi disperdersi in acqua.

Questa faccenda è diventata troppo fetida per tutti.

Guardò ancora verso l'orizzonte. Il suo sguardo sembrò solcare le acque per dirigersi verso mari lontani, in un luogo dove un gigantesco yacht gettava la sua lugubre ombra sulle onde dell'Oceano Indiano.

Presto verrò a prenderti... piccola.

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