Capitolo 33 - Elisabetta Farnese

Milano - Italia

Porta Romana, una delle sei porte di Milano, incastonata negli antichi bastioni spagnoli eretti a difesa della città.

Ora le mura non esistono più, ma la porta, dal 1596, volge ancora la sua arcata monumentale verso l'antica via di Roma.

Ogni volta che transitava in Piazzale Medaglie D'Oro, Elisabetta Farnese pensava alla storia di quella porta: la fece costruire Filippo III di Spagna inserendola in un contesto particolare. Pare che le mura, se guardate dall'alto, somigliassero a un grande cuore e la porta fosse la sua punta. Fu il suo regalo a Margherita d'Austria, quando la sposò.

Tuttavia, a far sorridere Elisabetta era altro: per due secoli quello fu l'unico ingresso monumentale della città, in altre parole Filippo III si era assicurato la strada per il cuore di Margherita per ben due secoli. Era questa allegoria a far sorridere Elisabetta.

Non ci sono più i legami di una volta, disse tra sé.

La voce del tassista interferì con i suoi pensieri.

"Dove la lascio?"

"Al sette, grazie."

Il traffico era intenso, ma auto, motorini e rumori svanirono appena l'auto svoltò in una piccola viuzza: via Orti, un'antica strada nei pressi della punta del cuore di Milano.

La zona era tranquilla, forse quanto lo era nell'800, al tempo dei contadini che vi coltivavano frutta e ortaggi.

Lei non vedeva l'ora di essere a casa, mancava da troppi giorni.

Pagò il tassista e scese dall'auto.

L'apertura dell'antico portone in legno le dava sempre dei problemi. Il vecchio portinaio l'aveva chiuso da qualche ora e questo le evitò i soliti convenevoli, che quella sera avrebbe retto a fatica. La grossa chiave, dopo vari tentativi, con uno stridere metallico sbloccò la serratura.

Entrò nel suo appartamento trascinando un piccolo trolley che abbandonò nell'atrio. Si tolse la giacca in scamosciato sintetico e lasciò la borsetta su un mobile, infine si tolse le pump.

Camminando verso la cucina fece scivolare a terra la gonna in pelle. Si fermò un attimo solo per sfilarsi le autoreggenti, prima di raggiungere il frigo. 

Aprì l'antina. Una bottiglietta di acqua minerale, nella desolazione più totale, la fissava e lei fissò la bottiglietta.

"Siamo rimaste sole solette?"

"Beh, sappi che ci sono passata anche io."

Sulla poltrona sorseggiava l'acqua a piccole dosi e guardava un punto nel nulla. Era su un fianco, una gamba la teneva piegata sotto di lei, l'altra la lasciava libera di muoversi e con le dita del piede giocherellava con uno dei braccioli.

Ora doveva decidere: doccia, cena, dormire. L'ordine era quello e due cose erano inevitabili, dal suo punto di vista, perlomeno. L'altra l'avrebbe valutata.

Accese la TV e si infilò nel box doccia.

Indugiò sotto i vapori dell'acqua calda per un lungo momento, poi uscì con addosso solo un telo doccia.

Mentre si asciugava i capelli biondi pensò a cosa avrebbe potuto mangiare, ma qualcosa in televisione richiamò la sua attenzione: "Rimane alta l'allerta sulla strana forma virale scoppiata in Cina. Le autorità locali minimizzano dicendo che si tratterebbe solo di casi isolati, riconducibili a patologie già note e che non dovrebbero destare alcuna preoccupazione."

Era quello che ci mancava, speriamo sia come dicono.

Tornò alla questione cena. Non aveva nulla in casa e non aveva intenzione di uscire. I due concetti definivano un problema senza una soluzione, fino a quando si ricordò della pizzeria al piano terra.

Cercò il numero sull'iPhone.

Il segnale telefonico echeggiò diverse volte. Dai... Non fatemi scendere che non ne ho minimamente voglia.

Qualcuno gracchiò qualcosa che nemmeno capì.

"Sì, ciao. Mi fate una pizza da portar via? Caprino e rucola, appena potete."

"Anche subito? Perfetto."

"E... me la portereste su? Sono nel vostro stabile, al terzo piano."

"Il portone di fianco al vostro, al sette."

"Non fate consegne a domicilio?"

"Dai ti prego, non posso scendere, sono qua mezza nuda."

"Arrivi subito?"

"Ah... ottimo, grazie."

"Dimenticavo, una birra fresca, chiara e leggera e suona alla porta con le lettere E.F."

Elisabetta ripensò a quello che aveva detto, su come non era vestita, Il fine giustifica i mezzi, l'importante è che arrivi la pizza.

Tornò a sorseggiare dalla bottiglietta, poi la guardò: "Il mio rapporto con te sta finendo, è stato bello, ma ora arriva di meglio."

Passò poco tempo e cominciò a rendersi conto che il mondo onirico le stava spalancando le porte. Fu il suono del campanello a svegliarla, si era addormentata.

Balzò in piedi e corse alla porta.

Quando l'aprì si trovò davanti un ragazzo sui sedici anni con il cartone della pizza in una mano e la birra nell'altra.

Il fattorino strabuzzò gli occhi, "Ma allora è vero, non stava scherzando!"

"Cosa è vero?"

"Che lei e mezza nuda."

"Non muoverti da lì."

Si girò e prese la borsetta dal mobiletto, "Quant'è?" chiese mentre cercava il borsellino.

"Venti euro, signora."

Gli occhi di lei diventarono due fessure, "Sai che con quel signora stai rischiando di perdere la mancia?" Non aspettò la risposta che faticava ad arrivare, "Eccone trenta, quello che resta è per te."

L'altro allungò la mano, ma Elisabetta ritrasse la sua e lui non riuscì ad afferrare le banconote.

"Ragazzo...", lei lo fissò, "non farmi pubblicità di cui farei volentieri a meno e di cui tu potresti pentirti. Mi hai capito?"

"Io non ho visto nulla." Visto che non hai addosso quasi nulla, gran pezzo di gnocca.

"Bravo, sei sveglio."

Lui consegnò pizza e birra, poi prese i soldi. "Grazie mille", con un sorriso a trentadue denti si avviò verso l'ascensore, "Comunque il suo didietro è favoloso, ma non lo dirò in pizzeria, stia tranquilla."

Lei lo squadrò dubbiosa, chiedendosi se il suo silenzio sarebbe valso i dieci euro di mancia.

In pochi minuti la pizza era stata divorata e la bottiglia della birra giaceva vuota su un tavolino; ne avrebbe apprezzata un'altra, ma ne bastava una per farle girare la testa.

Si pentì di non aver preso anche dell'acqua. Per un istante pensò di richiamare la pizzeria. Il ragazzo, ne era sicura, sarebbe corso in un attimo, ma scartò l'idea.

Aprì il rubinetto della cucina e lasciò scorrere l'acqua.

Ok, fra mezzora sarò a letto e dormirò, lo giuro. Ma prima devo fare ancora una cosa: guardare la posta.

Prese la bottiglietta di plastica, "Ciao, sono di nuovo io, ti sono mancata?" e la riempì con l'acqua del rubinetto.

Quando parlava con se stessa era il segno che doveva dormire.

Prese lo smartphone e si buttò sul divano, una gamba lunga distesa e l'altra appoggiata allo schienale.

Fece passare le e-mail in grassetto, quelle non lette.

"Pubblicità, spam... questa la leggo domani, queste pure, questa la butto, questa..."

La colpì una e-mail con un mittente insolito: [email protected].

L'oggetto non era specificato, era vuoto.

Aprì la mail, era in inglese:

Se il virus si diffondesse... ci sarebbe una pandemia su scala mondiale con milioni di morti.

Jane Y.

Elisabetta pensò subito alle solite e-mail spazzatura e nella migliore delle ipotesi a fake ben confezionati, ma poi vide il nome.

"Jane?"

"Jane Yifei?"

Aveva capito a chi appartenere la lettera Y.

Jane ha usato il suo account dell'università di Montpellier... è molto strano.

Si mise seduta sul divano e notò l'allegato, È zippato, meglio che a questo punto lo apra sul computer."

Prese il suo MacBook e lo accese.

Quando aprì il file compresso le comparve una cartella con delle fotografie e un documento:

Carissima, questo materiale dovrai consegnarlo solo a una persona e a nessun altro. Il suo nome è Michelangelo Rey, lo troverai facilmente. Mi conosce e di lui ci si può fidare, ma lavora per il governo... fai prima delle valutazioni. Spero di vederti presto, non posso dirti altro.
PS Non contattarmi.

Jane

Michelangelo Rey! Ripeté dentro di sé.

Elisabetta guardò nel vuoto come per cercare le informazioni che le mancavano.

Lavora in un centro innovativo che si occupa... non mi ricordo nemmeno di cosa, dalle parti di Montaldo di Castro.

Guardò le foto, non sembravano sconvolgenti. Ritraevano aree di un laboratorio, materiali biologici, fiale con sigle e immagini di documenti. Per lei tutto ciò sembrava non avere alcun senso.

Rilesse il testo iniziale della e-mail e si ricordò quello che aveva sentito in televisione sul nuovo virus. 

Un brivido le salì lungo la schiena.

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