Capitolo 25 - La conferenza
Centro Analisi Dati
Dipartimento Informazioni per la Sicurezza
Montaldo di Castro
La doccia mi rigenerò. Dell'uscita in bike mi rimaneva solo un piacevole stato di benessere.
Andai nel mio ufficio, entro poche ore avrei parlato davanti a un gruppo eterogeneo di persone: colleghi, scienziati, giornalisti, curiosi... una platea troppo diversificata, almeno per i miei gusti.
L'attività sportiva mi aveva liberato dalle futilità quotidiane, ma odiavo le conferenze, in particolare quelle dove l'oratore ero io. Avevo anche un'allergia cronica verso le discussioni frivole, per non dire stupide, che al solito impregnano i venti minuti prima dell'inizio dell'evento.
È vero che la Cina ha un piano per colonizzare Marte? E lo sta attuando prima degli americani?
Parlando di cose serie, quando sarà possibile avere dei robot che rimpiazzeranno l'uomo?
Per questi, e tanti altri motivi, sarei rimasto rintanato nel mio ufficio fino all'ultimo momento.
Dimenticavo: sulla mia lista delle cose da odiare c'era anche il post-conferenza, ma quello non c'era modo di aggirarlo.
Passata una mezzora, decisi a malincuore che sarebbe stato il caso di spostarmi in sala Archimede, quella riservata agli incontri di questo tipo.
Cercai di evitare di intrattenermi con chiunque incontrassi; entrai nella grande sala, mi accomodai al tavolo dei relatori e alzai lo schermo del laptop.
Litigavo da giorni con un algoritmo codificato in Python: un caso affascinante dove, nell'immediato, avevo scarse probabilità di venirne a capo. Era la cosa migliore per passare il tempo che rimaneva; in situazioni come queste mi immergevo in quello che facevo, entravo in un mondo parallelo e interrompevo le comunicazioni con quello reale. Nessuno ci avrebbe fatto caso, potevo benissimo essere intento a sistemare le mie slide.
Quando mi distaccai dal mio mondo parallelo vidi che molti visitatori avevano già preso posto.
Si trattava perlopiù di giovani dottorandi, mentre colleghi ed eminenti scienziati avrebbero beneficiato del cosiddetto ritardo accademico e dei posti davanti a loro riservati.
Mi ricordai che avevo appoggiato degli appunti su un banco delle ultime file, distrazione dovuta a uno scambio di battute con uno dei tanti rompiscatole che non ero riuscito a evitare. Due ragazzi ancora in piedi, e indecisi se sedersi, stavano esaminando le mie carte. Nel frattempo, continuava l'afflusso degli invitati.
Fissai i ragazzi e all'improvviso, come un pazzo furioso, mi alzai in piedi di scatto e urlai, "Non toccate i miei cerchi!"
Il rumore di fondo cessò e i ragazzi, imbarazzati, cercarono di arretrare, per quanto fosse possibile. Di certo allontanarono le mani dai fogli.
Picchiettai sul microfono, "Suvvia, sto scherzando."
Mi guardarono, ma non sembrarono tranquillizzarsi.
Mi avvicinai. Nel frattempo il brusio aveva ripreso possesso della sala.
"Dottor Rey, desideravo proprio fare quattro chiacchiere con lei prima del..."
"Buongiorno, Onorevole, mi deve scusare ma ho un'importante faccenda da sbrigare prima dell'inizio", guardai con molto distacco la faccia sorpresa del parlamentare, "Ci sentiamo dopo."
Sfoggiai uno dei miei più falsi sorrisi e non poté uscirmi meglio.
Non ci vedremo nemmeno dopo, esimio deputato, e non sarai certo tu a bloccarci i finanziamenti.
Arrivai davanti a quei giovani e buttai lì un sorriso, che cercai di non rendere troppo ironico, "Avevo solo citato una frase, chi conosce l'autore?"
Uno dei due sembrava di qualche anno più vecchio; nei suoi occhi brillava la scintilla innata di chi cerca la conoscenza e la vuole trovare. Fu lui a balbettare qualcosa.
"Veramente non ho capito", risposi in tono pacato.
Il ragazzo, dai capelli castani e un pizzetto non troppo impegnativo, si schiarì la voce.
Decisi di venirgli incontro, "Beh, per iniziare puoi presentarti."
"Ah sì, certo... sono Davide dell'università Bicocca di Milano e mi occupo di Quantum Computing."
"Ho sentito parlare di te, hai implementato ed eseguito una simulazione del protocollo BB84 su un computer quantistico. Molto bene, Davide... quindi?"
"Quindi... cosa? Ah, chi ha detto: non toccate i miei cerchi? Credo sia stato Archimede, quando entrò un soldato romano nel suo studio."
"Esattamente e spero non mi facciate fare la sua fine e... occupate pure quei posti, non sono riservati."
Davide sussurrò qualcosa al compagno, immaginai gli stesse dicendo che il soldato romano uccise il grande Archimede.
"Tu, invece, chi sei?" Chiesi al suo compagno, fisicamente diverso, ma con la stessa luce negli occhi.
"Gabriele, Politecnico di Milano, ma... sto ancora studiando."
"Se alle mie conferenze, oltre a vecchi babbioni, vengono anche giovani ragazzi, che sottraggono tempo prezioso ai loro studi o peggio alla Play Station... beh significa che ho un discreto successo, sempre che non lo facciate per il rinfresco."
Il ragazzo sembrò giustificarsi, "Io... sono da poco tornato da una conferenza di Roberto Mercadini e..."
"Spero non sia una minaccia verso di me." Sapevo che si trattava di un divulgatore abbastanza noto sul web e con questi, si sa, non è facile competere.
"No, si figuri, nessuna minaccia, e lì non c'era nemmeno il rinfresco", Gabriele abbozzò un sorriso.
"Mmh... allora quel tipo deve essere proprio bravo."
Parlare con giovani motivati, e pieni di genuino interesse, era per me una boccata d'ossigeno, quasi quanto interagire con politici, giornalisti e molti colleghi, era come respirare aria viziata.
"Mi raccomando, dopo non perdetevi il rinfresco", Tornai alla mia postazione, ormai la sala si era popolata.
La voce di uno dei ragazzi mi fermò, "E i fogli?"
"Tranquilli, ve li regalo", lo dissi con un filo di voce, come fosse materiale riservato.
Arrivato al tavolo del relatore, riattivai il microfono e battei con le dita per verificarne il funzionamento.
"Buongiorno a tutti, grazie per essere qua. Il mio intento è di parlarvi di cosa ci occupiamo in questo Centro e a cosa potrebbe servire il lavoro che stiamo facendo. Fate domande, quante ne volete, ma se fossero alla fine ottimizzeremo i tempi", e non mi scasserete da subito i cosiddetti.
"Allora, tutti sapete cosa sia un computer, ci giochiamo, ci lavoriamo, prenotiamo vacanze, ordiniamo libri, pizze, chattiamo.
Quando l'uomo atterrò sulla luna, il computer di bordo di allora, l'AGC, che sta per Apollo Guidance Computer, aveva una CPU di due mega hertz, ora i più comuni smartphone sono migliaia di volte più potenti, sono passati dai mega ai giga hertz, hanno più core e la memoria è aumentata di un fattore enorme.
Eppure... nonostante la legge di Moore preveda il raddoppio della potenza dei processori ogni 18 mesi", versai in un bicchiere dell'acqua e ne bevvi un sorso, accidenti alla bici, "eppure... l'avidità di conoscenza dell'uomo sta creando dei limiti. Già, più avanziamo più limiti incontriamo.
I più grandi elaboratori, milioni di volte più potenti di AGC, di fronte a certe sfide non hanno abbastanza potenza. O perlomeno non ce l'avevano fino a ora."
Osservai la platea, tutto quanto dicevo era scontato e risaputo, nulla di che, ma andava detto. La mia era una delle solite liturgie che odiavo, che non servivano a nulla, né a me né a quelli che stavano davanti.
Incontri del genere avevano il solo scopo di dare visibilità, per essere riportati su giornali e riviste specializzate e questo aiutava a ottenere finanziamenti. Il Centro era sotto il diretto controllo del ministero dell'Interno e la politica sovvenzionava con maggior riguardo chi era seguito dagli elettori.
Guardai di nuovo la platea e mi chiesi quale fosse il vero interesse di quelle persone. Credo che molti pensassero a quando ci sarebbe stato il coffee break con i pasticcini. Ripresi la parola con questo dubbio.
"Un matematico degli anni '50 creò un test al quale diede il suo nome, il test di Turing. Banalizzando, si tratta solo di capire con delle domande se chi risponde, al di là di un separé, possa essere un uomo o una macchina. Per intenderci, faccio solo un esempio, è come se io dovessi indovinare se dietro una chat su WhatsApp ci possa essere una mia amichetta oppure mia moglie, che è molto gelosa e che si è impossessata del telefono dell'amichetta. Io devo scoprire se è veramente la mia amichetta o se invece è mia moglie. Beh, il test è una cosa del genere, dove però uno dei due è una macchina."
Alcuni mormorii mi fecero pensare che c'era gente preoccupata che la moglie potesse nascondersi dietro messaggi WhatsApp di una qualche amichetta.
"Ebbene, questo test non è mai stato violato. Si è sempre capito che di là c'era una macchina o una moglie se preferite."
Fu inevitabile sentire delle risatine ironiche.
"Tuttavia, da alcuni anni, il test di Turing comincia a dare segnali di cedimento. Nel 2014 un computer ingannò i suoi analizzatori spacciandosi per umano, ma poi uscirono delle critiche su come venne svolto il test. Questione di cavilli. Forse non fu una vittoria limpida quella del computer, ma qualche dubbio ci fu, erano i primi scricchiolii alla solidità del test.
Esistono computer che apprendono sempre più in fretta, come facciamo noi durante la nostra vita.
Ora dico una cosa che a qualcuno di voi potrebbe creare inquietudine. Ascoltatemi con attenzione: vi garantisco che vi potrei consegnare testi, su un qualsiasi argomento, scritti da macchine, uso questo termine, macchine, perché dà l'idea che stiamo parlando di ferro e algoritmi, niente altro che ferro e algoritmi... ebbene vi garantisco che non sareste in grado di capire se è stato scritto da un umano o no.
Sotto questo punto di vista il test di Turing esce sconfitto, ma questo non è il vero test, il vero test è quando parliamo con qualcuno e vogliamo capire se è una macchina o un umano.
Ora, potremmo essere ingannati da un computer, potrebbe stupirci, potrebbe farci credere che sia... un illustre scienziato, il vostro salumiere, vostra moglie magari."
Il solito brusio si sollevò, era evidente che la questione moglie, presente sotto diverse spoglie, era molto sentita.
"A oggi, per manipolare il linguaggio naturale si potrebbe ricorrere a soluzioni open source. OpenAI è una di queste; è arrivata alla terza versione chiamata GPT-3 e utilizza 175 miliardi di connessioni in nodi di reti neurali, ed è in continuo addestramento attraverso un metodo auto-regressivo.
A queste macchine viene fornito quasi tutto lo scibile a disposizione attraverso il web e questo viene elaborato per capire come può essere portata avanti una frase, in modo da creare dei discorsi.
Non è ufficiale, lo sanno in pochi", ridacchiai, "ma entro un paio d'anni verrà rilasciata una versione interattiva, alla quale potrete chiedere qualsiasi cosa... e lei esaudirà la vostra richiesta. E se a volte la risposta vi sembrerà un po' stupida, sappiate che per voi ci sarà la versione pensata per il grande pubblico, senza la possibilità di impostare né parametri, né modelli. Ma vi garantisco, già da ora, che resterete stupiti di cosa potreste vedere."
Una voce si sollevò dall'auditorio, "Dottor Rey, ci può fare un esempio concreto?"
Il suggerimento di lasciare le domande in coda era già svanito nell'aria.
"Certamente", dissi con un sorriso più di circostanza che di spontaneità.
Studiai l'uomo da cui era partita la domanda, aveva dei vaghi tratti orientali, "Se lei fosse un esperto di storia cinese, a questo sistema potrebbe chiedere di scrivere un saggio di, diciamo cinquemila parole, su... l'invasione cinese in Africa."
Guardai la platea, "Il saggio verrebbe prodotto in pochi secondi, quando, per un umano, anche se esperto in materia, sarebbero occorsi giorni interi per documentarsi. Ah, dimenticavo, scritto in perfetto inglese o italiano se preferite. Ma questo è solo uno dei tanti casi. Interi articoli, che richiedono poca fantasia e molti dati, verrebbero prodotti in questo modo: i commenti sulla borsa ad esempio.
Tutto molto bello? In apparenza sì, ma in realtà queste macchine spesso scivolano sulla classica buccia di banana. È come se avessimo davanti un super uomo onnisciente che però, ogni tanto, spara qualche cazzata."
Altro brusio, dovuto al fatto che forse il termine usato non era né molto tecnico né molto elegante.
"Prima di parlare di questi scivoloni, dovete però sapere che questo ha un costo, ed è elevato. Per un GPT-3, solo per l'inglese, è stato fatto un investimento da 12 milioni di dollari senza includere i costi di gestione, uno su tutti: la quantità enorme di energia elettrica necessaria.
Volete degli esempi di... cavolate? Beh, vediamo, questa l'ho letta da qualche parte: c'è stata una situazione dove la macchina è arrivata a dire che per far passare un tavolo da una porta molto stretta si poteva segarlo a metà. Beh, poteva essere un'idea, ma forse non era quella più sensata.
A volte, come noi umani, anche queste super intelligenze falliscono, proprio perché si basano sull'analisi di montagne di dati e non sul buon senso, ammesso di saper definire il concetto di buon senso. Potrebbe succedere che a una domanda specifica del tipo: qual è il paese più grande dell'America centrale che non sia il Messico?, si possa ricevere una risposta sbagliata, come: il Guatemala, quando la risposta esatta è invece Nicaragua. Ma tranquilli, l'anomalia verrebbe subito corretta, perché la cosa più inquietante è che queste intelligenze imparano sempre di più... e lo fanno molto in fretta."
In quel momento vidi entrare il mio compagno di uscite in MTB: Giuliano De Santis occupava un posto di rilievo nell'area delle analisi storiche su minacce patogene in ambito terroristico. Non era da lui presenziare a un inutile convegno: aveva per forza qualcosa da dirmi.
Guardai distrattamente il cellulare silenziato, ma non vidi messaggi. Lui se ne stava tranquillo in fondo alla sala e mi fece cenno di continuare. Ripresi il mio discorso, ma in quel momento pensavo, con una certa impazienza, a cosa mi avrebbe detto.
"In questo centro noi lavoriamo su quanto possa migliorare la qualità della nostra vita e il livello della nostra sicurezza. È una continua sfida tra innovazione e chi, l'innovazione, la sfrutta per scopi illeciti e pericolosi.
Mi preme però sottolineare che c'è in atto un'altra sfida, ed è ancora molto aperta: quella tra l'uomo e i computer. Uno dei prezzi da pagare è l'utilizzo di enormi quantità di risorse, soprattutto se vogliamo avere macchine che elaborino montagne di dati, che traducano alla perfezione le lingue in tempo reale, che analizzino sequenze di DNA per trovare correlazioni e che... possano prendere decisioni che solo l'uomo saprebbe prendere. Nel 1956 un ragazzo di ventotto anni, John McCarthy, coniò l'espressione intelligenza artificiale. A lui non piacque questa forma, perché l'idea che aveva era di creare un'intelligenza vera, autentica e non artificiale. Questa sfida ha raggiunto un punto cruciale e l'aggettivo artificiale, forse, si sta rivelando sempre meno adeguato."
"Dottor Rey, ci sta dicendo quindi che dovremo preoccuparci di questa intelligenza?"
Per me fu inevitabile pensare che questo tipo di domanda, fino a poco tempo fa, apparteneva al genere, da me stesso definito, delle grosse cazzate. Ora la questione era cambiata.
Anche una donna di mezza età alzò la mano e si sistemò gli occhiali, "Ma se questa... intelligenza dovesse..."
"Volete sapere cosa succederà quando l'intelligenza artificiale avrà raggiunto un livello uguale se non più alto di quello dell'uomo?"
"Sì, esatto, intendevo questo", aggiunse l'uomo, con l'altra che annuiva.
Feci un sorriso tirato, "Dovremo cominciare a patteggiare con lei."
***
"Sputa, ho cinque minuti."
"Per tornare a raccontare palle a quegli idioti?" Eravamo nel corridoio esterno alla sala, Giuliano si stava bevendo un caffè da un bicchierino biodegradabile.
"Per tornare a dare un'adeguata immagine del Centro, e non sono tutti idioti, ci sono anche dei ragazzi svegli. Allora?"
"Mettiamoci in quell'angolo... ci sono novità."
"Sentiamo."
"Ufficialmente io non ti ho detto nulla, ma in Cina sta succedendo un gran casino."
"Che tipo di casino?"
"Si parla di studi illeciti su un virus, e quello che è peggio è che, in modo accidentale o meno, pare che il virus non sia più sotto controllo: è riuscito a diffondersi ed è molto pericoloso."
"Cazzo. Fonti certe?"
"Non al cento per cento, ma quasi, ci stanno lavorando i nostri colleghi dell'AISE con i loro amici esteri, CIA e DGSE."
"Da dove sarebbe partito?"
"Forse Shanghai, forse Wuhan, forse entrambe le città."
"C'è altro?"
"C'è altro: un virologo francese è stato fatto fuggire dalla Cina e a Roma è stato prelevato da due nostri agenti."
"E...?"
"I due sono morti entrambi."
"Morti? Per il virus?"
"No, pallottole calibro 9."
"Non capisco."
"Te l'ho detto che è un gran casino. Pare che i due si siano uccisi a vicenda e il virologo abbia fatto perdere le proprie tracce."
Lo fissai temendo altre notizie, ma lui non disse altro.
"È stato il virologo a diffondere il virus?"
"Pare di no, è solo uno studioso."
"È tutto?"
"Non ti basta?"
"Manca una delle cose più importanti per capire come si può propagare: il tipo di virus."
"Probabilmente è aerobico e colpisce le vie respiratorie, ma prendila con le pinze."
Non risposi e guardai l'orologio, "Se è tutto, devo andare."
Giuliano mi mise una mano sulla spalla, "Fossi in te comincerei a scaldare i tuoi modelli previsionali, simula cosa potrà succedere nel breve, tu e il tuo team fate quello che volete, ma fate qualcosa... potremmo non avere più molto tempo."
"Abbiamo pochi dati, sarebbe come lanciare dei dadi con una benda sugli occhi."
"Tu lanciali lo stesso, cazzo... e vediamo cosa viene fuori."
"Ci proverò... ma avrò bisogno di altri dati."
"Certo, se li avrò te li darò e forse arriveranno anche in via formale."
Mi fece un cenno e se ne andò.
Lo guardai scomparire in fondo al corridoio.
Merda! Cosa cazzo prevedo senza dati? Dati che non so nemmeno se mi arriveranno e quando arriveranno, a meno che...
Sono certo che per un istante, sul mio viso, comparve una sorta di sorrisetto... a meno che non sia io ad andarmeli a cercare.
<<< continua...>>>
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