Capitolo 13 - Pensieri insani
Aeroporto internazionale Tianhe, a nord della città di Wuhan, tra il lago Baishui e il lago Houhu. Era lì che era diretto Zhao Huang, con la sua nuova identità.
Il terminal 3 aveva inglobato da tempo tutti i voli internazionali, arrivando a gestire 35 milioni di passeggeri l'anno. Lui sarebbe stato uno di loro, ma non uno qualsiasi.
Il volo della Air China Airways numero CA8265 l'avrebbe portato allo scalo di Pu Dong di Shanghai in meno di due ore, giusto per buttare un po' di fumo negli occhi a chi si fosse interessato di lui. Aveva un biglietto di andata e ritorno, altro fumo negli occhi. In seguito, lo attendeva un aereo per Vancouver con scalo a Toronto e dopo un viaggio di 36 ore, sarebbe arrivato a Saint Martin, nelle piccole Antille. Lì avrebbe avuto diverse opzioni.
Zhao Huang, mentre camminava a testa bassa, fissava il pavimento lucido all'interno del terminal. Nessuno avrebbe notato la sua parrucca, ma era giunto il momento di liberarsene.
A quell'ora, per sua fortuna, allo scalo c'era molta attività. Cinesi che si recavano al lavoro, turisti, studenti. Una massa in fibrillazione che lui sentiva appartenere a un'altra dimensione, che ora non riteneva essere più la sua.
Alzò la testa verso la struttura a nido d'ape della copertura, decine di metri sopra di lui. Poteva toccarla, la sentiva, l'avrebbe potuta afferrare quando voleva. Il mondo ormai era suo.
I logogrammi cinesi sui tabelloni luminosi lo fecero tornare alla realtà e seguì le indicazioni per i servizi igienici.
L'interno del bagno era spazioso e lustro, il gres porcellanato del pavimento brillava. Passando davanti agli specchi gli venne da sorridere, si rese conto di essere ridicolo con quella parrucca, come se fosse appena tornato dalla festa di primavera del Capodanno cinese.
Affrettò il passo e si infilò in una delle cabine modulari. Guardò la parete davanti a lui come fosse uno specchio e lasciò uscire un lungo sospiro. Si sentiva sollevato.
Si tolse con un gesto secco la parrucca e la buttò nel raccoglitore dei rifiuti.
Orinò nel water e attese. Voleva evitare di apparire senza parrucca a chi l'avesse adocchiato all'interno. Cosa improbabile in quel via vai.
Uscì e si avvicinò ai lavandini. Mentre si lavava le mani si guardò il volto. In faccia era ancora gonfio, stava migliorando, ma si sentiva come fosse uscito da sotto un camion.
I dolori allo stomaco non erano scomparsi, non poteva permettersi di avere una emorragia interna proprio ora.
Si buttò dell'acqua sul viso e si asciugò con alcuni fogli assorbenti prelevati da un dispenser.
Cercò di sistemarsi i capelli, mentre si guardava di nuovo in faccia.
Uscito all'esterno dei bagni, si mise sulle spalle una maglietta di cotone presa dallo zaino e si incamminò versò l'imbarco, non era ancora finita, solo in volo si sarebbe sentito tranquillo.
Mancava un'ora e trentacinque.
Trovò l'area del check-in della China Airways e si mise in coda.
La procedura si svolse senza alcun intoppo, l'addetta fece il suo lavoro quasi ignorandolo e lui evitò di interagire, rispose solo a qualche banale domanda.
Tenne con sé il trolley, senza imbarcare nulla nella stiva.
Con passi incerti si incamminò. Incrociava davanti a lui gente di ogni tipo, ma quel giorno pensò che non vi fosse abbastanza sovraffollamento. Era la sua immaginazione, in realtà l'aeroporto brulicava di persone.
Si mise in fila al controllo, la coda gli sembrava interminabile.
Se un passeggero si soffermava troppo durante le verifiche e lo vedeva gesticolare, Zhao pensava a tutto tranne che a una banale discussione aeroportuale.
Nessuno era stato respinto per ora, né tantomeno arrestato.
I suoi pensieri erano talmente martellanti che cominciò a pensare ai giorni futuri e perse la cognizione del tempo.
Arrivò il suo turno, l'ispettore addetto alla verifica era davanti a lui e gli stava chiedendo i documenti, alle spalle ciondolavano due militari con fucile mitragliatore a tracolla.
Consegnò il passaporto.
"Jin Liang?"
Zhao stava già dimenticando che quello da ora sarebbe stato il suo nuovo nome.
"Sì, certo, sono io."
L'ispettore lo osservò poco convinto, ma gli riconsegnò il passaporto facendogli cenno di mettere il trolley sul nastro trasportatore.
Poi si ricordò che avrebbe dovuto mettere nel vassoio tutti gli oggetti di metallo e gli apparecchi elettronici.
Si tolse l'orologio e lo depositò nella cassetta con il borsellino e lo smartphone.
Nel borsellino aveva già infilato una piccola collana d'oro e due anelli, toglierli in quel momento avrebbe solo rallentato l'operazione. Non era il caso.
Si avviò verso il metal detector a raggi X.
L'ispettore lo fermò con una mano.
Il cuore di Zhao accelerò di 50 pulsazioni.
"È il suo primo volo?"
Stava per rispondere di sì, ma si ricordò che sul passaporto erano già stati indicati altri viaggi e comunque era meglio dire la verità, almeno quando si poteva.
"No no, è che oggi sono distratto."
Un gesto lo invitò a proseguire.
Il passaggio nel metal detector non rilevò nulla.
Riprese il passaporto e i suoi oggetti dalla vaschetta, il trolley e si avviò al gate.
Sei un immenso idiota, ce la stai mettendo tutta per farti notare, maledizione.
Insultarsi lo fece sentire meglio.
Arrivò all'area di attesa.
Trovato un posto libero si accomodò e tirò l'ennesimo sospiro di sollievo, ormai ne aveva perso il conto.
Osservava tutto con timore, ma non notava pericoli imminenti. Vedeva gente ordinaria, persone che si incontrano normalmente in un aeroporto.
La ragazza di fronte a lui aveva l'aspetto di una studentessa e Zhao aveva l'impressione che lei lo fissasse.
Era cinese, con una lunga gonna nera. Quando Zhao gli puntò addosso gli occhi, se la immaginò come una giapponesina con indosso il fuku alla marinara, con gonna a pieghe che non arrivava nemmeno a metà coscia, calze tirate fino a sopra le ginocchia e cravatta british college allentata sopra un'abbondante scollatura. Un cosplay decisamente sexy.
La normalissima ragazza cinese a tratti lo guardava. Pensò che fosse solo curiosa e non certo attratta da lui, visto che sguardi del genere li otteneva solo a pagamento.
Presto se ne sarebbe scopata una così, meglio ancora se vestita come se l'immaginava, si disse tra sé. Anche gli sguardi che si sentiva addosso ritenne fossero colpa delle sue paranoie e della sua ipersessualità.
Si guardò intorno, in cerca di normalità, ne aveva bisogno e forse la trovò. Sulla destra due ragazzini di pochi anni non la smettevano di saltellare e agitarsi di fronte a una donna dall'aspetto stressato e sconsolato, la madre probabilmente. Nessuno di loro lo guardò, meglio così pensò. Stava giusto adagiandosi in questa normalità, quando due guardie aeroportuali si avvicinarono.
Vestivano l'uniforme dai colori classici: giacchetta azzurra e pantaloni blu scuro. Portavano un caschetto con la scritta Police, inequivocabile anche per gli stranieri.
Zhao si irrigidì ed evitò di guardarli. Per essere più naturale cercò qualcosa nel trolley, senza sapere cosa.
In poco tempo i due si fermarono di fronte a lui.
Alcune perline di sudore gli comparvero sul viso e i battiti cardiaci cominciarono ad accelerare, ormai, per lui, non era più una novità.
Pensò che avrebbe dovuto temere un altro tipo di persone, non i rappresentanti della legge. Ma qualsiasi intoppo gli sarebbe potuto essere fatale. In Cina falsificare passaporti non era visto con benevolenza. E, cosa non secondaria, lui non poteva più rimanere in Cina, non sarebbe stato al sicuro nemmeno in carcere, soprattutto ora, con oltre quattro milioni di dollari appollaiati sul suo conto estero.
Cercò di alzare gli occhi, con estrema lentezza. Vide le gambe dei due uomini, immobili di fronte a lui, ed ebbe l'impressione di essere spacciato.
Stanno ridendo, sono felici di avermi beccato, maledizione. Ora non poteva fare altro che guardarli in faccia.
Le due guardie osservavano i ragazzini e una di loro stava dicendo che i suoi figli, più o meno della stessa età, erano ancora più agitati.
Mentre i due proseguivano con indifferenza, la mamma si prodigava per tranquillizzare i piccoli, con risultati deludenti.
Questo tolse la donna dall'imbarazzo, ma soprattutto risollevò l'animo di Zhao. Morirò di cuore prima di potermi godere i miei soldi.
Come da protocollo, mezzora prima del volo si aprì l'accesso all'imbarco. Alcuni brusii e del movimento gli fecero capire che il momento era arrivato.
Ad attenderli c'era un Airbus A320-200 da 180 posti. Aveva le classiche due colonne di sedili da tre posti l'una.
Si diresse verso la parte centrale, posto F18, vicino al finestrino.
Non era per la vista del paesaggio che sceglieva posti simili, ma perché statisticamente più sicuri in caso di incidente.
I posti più sicuri sono quelli in coda, con un tasso di mortalità in caso di disastro aereo del 32% più basso di quelli centrali e soprattutto di quelli in testa. Non erano nemmeno lontani dalle uscite di sicurezza ubicate nelle file 12 e 13. C'era inoltre un aspetto non secondario: non avrebbe dovuto alzarsi per far passare chi doveva uscire, odiava questa cosa.
Zhao infilò il trolley nella cappelliera e si accomodò al suo posto abbastanza soddisfatto.
Stava per appisolarsi, lo stress gli provocava questo effetto.
Una ragazza occupò il posto vicino a lui e gli sorrise con garbo.
Pensò al reflusso ormonale provocato dall'immaginaria studentessa giapponese e lui ricambiò il sorriso.
Tratti occidentali, capelli rossi, alcune lentiggini le decoravano un bel volto valorizzato dagli occhi azzurri. Lei era così, questa volta non era frutto della sua immaginazione.
La ragazza, issando nella cappelliera il pesante bagaglio a mano, mise in mostra tutte le sue curve sensuali, oltre a emettere dei piccoli gemiti che attirarono subito l'attenzione di Zhao.
Lui si alzò per cercare di aiutarla, ma il trolley si era già infilato al suo posto. Il gesto gli servì solo per avvicinarsi a lei, e di sentirne il profumo.
I loro volti si trovarono quasi a contatto, quello di lei incantevole e quello di lui grassoccio e sudaticcio.
La giovane gli sorrise di nuovo, "Bene o male questo maledetto trolley è entrato."
"Molto bene", la risposta dell'uomo non fu certo originale.
Entrambi si misero a sedere.
Lui non smetteva di fissarla, lei sembrava indifferente.
Zhao provò ad attaccare bottone, in fin dei conti un contatto c'era già stato.
"Lei vive a Shanghai? Se non sono indiscreto?"
Alla ragazza uscì una risata spontanea.
"Le sembro una di Shanghai?"
"Ho visto lo skyline di Shanghai illuminarsi mentre calava il crepuscolo e non esiste nulla che si possa paragonare a questo. Lei è molto solare e mi ha evocato queste sensazioni, ma... direi di no, non credo sia di Shanghai. Aspetti però, mi lasci indovinare: francese?"
"Quasi. Sono italiana. A Shanghai mi fermo alcuni giorni, poi prenderò un volo per Milano, lì vicino diciamo. E lei?"
"Shanghai per affari. E non sono nemmeno io di Shanghai", cercò di simulare un sorriso, poi, come se parlasse più a sé stesso, "Shanghai è composta da due parole, Shang e Hai, sa cosa significano?"
"No... non saprei."
"Significano sul mare. Tra il Fiume Azzurro e il mare Cinese Orientale per la precisione."
"Interessante."
Zhao proseguì, "Fino a pochi anni fa era la città più popolosa al mondo con quasi trenta milioni di abitanti. Ora la città di Chongqing, che nessuno conosce e che non ha nulla particolare, l'ha superata. Non è sul mare, non è un antico porto di scambio, non è nulla. Lei non saprà nemmeno dove sia. È il boom economico, la globalizzazione. L'espansione incontrollata segue dinamiche strane e poco prevedibili, costruendo ricchezze che a lungo andare possono diventare molto effimere."
Zhao, che fino a quell'istante aveva guardato davanti a sé, si girò verso la ragazza e colse in lei un leggero turbamento.
Quel monologo, se pur interessante, non era forse il miglior approccio, se ne rese conto e cercò di riparare, "Ed è per questo che il mio desiderio sarebbe vivere su un'isoletta tranquilla e poco abitata", la frase gli uscì con una grassa risata, questa volta autentica.
La ragazza ricambiò con un timido sorriso.
E mi piacerebbe averti con me su quell'isoletta, pudica troietta del cazzo.
L'aereo decollò dopo venti minuti.
Zhao si addormentò, lo stress aveva avuto la meglio.
Dopo un tempo che non seppe quantificare, qualcosa svegliò il biologo.
Stavano distribuendo bevande e snack.
"Cosa desiderate?" L'hostess ripeteva la domanda con lo stesso tono, chiunque avesse di fronte.
Zhao notò che la ragazza aveva la testa reclinata, si era addormentata.
Fece un cenno con la mano verso la hostess che fermò subito il carrello e arretrò di alcuni passi, "Cosa desidera, abbiamo..."
Zhao la interruppe subito, non voleva che la ragazza dai capelli rossi si svegliasse.
"Un succo d'arancia", sussurrò.
"Ecco a lei."
"Anzi, me ne dia un altro e tenga il resto", l'uomo le porse una banconota da dieci dollari.
"Non siamo autorizzati a prendere mance, signore."
"La dia in beneficenza."
"Ecco a lei il resto", le porse una manciata di renminbi, dopo una conversione di valuta fatta a spanne.
L'uomo portò alle labbra il bicchiere di plastica e si bevve d'un fiato il contenuto, schifosa brodaglia. Stava per emettere un sonoro rutto, ma si trattenne.
Pensò di evitare il secondo bicchiere, ma ne sorseggiò una piccola parte, Perché cazzo non mi sono preso uno scotch.
In realtà ne conosceva con chiarezza il motivo: voleva evitare di perdere la testa.
Si chiese quanto mancasse. Quell'aereo non disponeva di display sul sedile anteriore e non ne vide altri in giro.
Zhao stava meditando di finire il secondo succo, quando la ragazza si svegliò.
Lei si guardò attorno smarrita e rendendosi conto di dove fosse si stiracchiò, soffocando uno sbadiglio.
In quel momento vide il bicchiere ancora quasi pieno di succo d'arancia, "Lo sapevo, passano sempre mentre dormo."
Il biologo allungò la mano che stringeva il bicchiere.
"Tenga, ne avevo presi due."
"No, no, grazie. E' molto gentile"
"Coraggio, non l'ho ancora assaggiato", mentì spudoratamente l'uomo.
"Non vorrei essere... se rintraccio la hostess me ne faccio portare uno."
"La prego, ne sarei felice."
La ragazza esitò un istante, poi allungò la mano e prese il bicchiere.
"Grazie, lei è molto gentile."
"Me l'ha già detto", rispose mostrando tutti i denti, e sapessi quanta voglia avrei di scoparti piccola troietta, questi ultimi pensieri rimasero nella sua testa, mentre lui continuava a sorriderle.
>>> continua...>>>
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