Capitolo 11 - Fuga da Shanghai
La ragazza scese dallo scooter. Portava un cappellino rosso con visiera, da sopra il laccio che fissava il copricapo, uscivano i capelli raccolti in una coda di cavallo. Da un grosso borsone verde prese una busta con alcuni dépliant e li depositò nella cassetta in metallo della posta.
Non passò molto tempo che dalla porta vicina uscì un ragazzo con gli auricolari alle orecchie. Non ascoltava musica, ma canticchiava come se lo facesse.
Girò la chiave e aprì lo sportello. Affondò la mano e prese sia i dépliant che la busta.
Tornò all'interno e fece finta di interessarsi ai dépliant.
"Eccolo qua, fresco fresco."
"Vediamo, disse l'altro giovane, il quale, se non fosse stato per i vestiti, sarebbe parso identico al primo.
Dalla busta estrassero un passaporto e un biglietto aereo.
"Perfetto, appena sfornati."
"Secondo te come arrivano qua da noi?" quello più grassottello indicò il passaporto.
"Non arrivano, li fanno."
"Stai scherzando?"
"Per loro non ci sono limiti", guardò il biglietto aereo e sorrise, "Questo invece è autentico, a parte il nome del titolare."
"Chi intendi con loro?"
"Smettila di fare domande, anzi, smettila di parlare."
"Agli ordini."
Il ragazzo con gli auricolari rimise tutto nella busta e la diede all'altro, "Ora sai cosa devi fare no?"
***
Philippe non aveva più avuto alcun contatto con Mathys e si chiedeva se avesse capito il significato del suo messaggio. Cominciò a pensare che avrebbe dovuto essere più esplicito, anche a costo di correre maggiori rischi. Pensò quasi di richiamarlo, ma per il momento accantonò l'idea.
Nel frattempo, la sua attività al laboratorio proseguiva con normalità, ma la sua mente era altrove e forse era giunto il momento di fare qualcosa, ma non sapeva da che parte cominciare, finché non suonarono alla sua porta.
Si sorprese, Non aspetto nessuno... come al solito, pensò.
Guardò dallo spioncino e vide una persona con un pacco, sulla maglietta riuscì a leggere Sherpa's, una nota compagnia di food delivery.
Philippe non si fidò e preferì non aprire la porta, "Chi è?"
"C'è qua la sua ordinazione."
Ma io non ho ordinato nulla, pensò.
Non fece a tempo a replicare che il ragazzo se ne andò, lasciando il pacco sul pianerottolo, lo sentì che diceva "Mi raccomando dammi un giudizio positivo con l'app."
Appena fu sicuro di non sentire più nulla aprì la porta e osservò il pacchetto in terra. Emanava un aroma di pesce fritto. Per il suo fine palato francese non sembrava nemmeno essere male.
Lo prese e lo portò all'interno, "Come faccio a darti un giudizio positivo se non l'ho ordinato?"
Pensò a un disguido e stava per contattare i vicini di pianerottolo quando qualcosa sulla scatola colpì la sua attenzione: il destinatario era Philippe Martin e l'indirizzo era il suo.
Si decise di rassegnarsi all'idea che forse qualcuno gli aveva inviato un omaggio.
Appoggiò il pacco sul tavolo del salotto e lo aprì cercando un biglietto di accompagnamento. Ma non vide nulla se non del cibo.
Una varietà di pesce fritto con verdurine di vari colori, tra cui riconobbe delle carote. Il resto poteva essere qualsiasi cosa.
Aveva fame, ma non si fidava di una cosa arrivata in quel modo. A malincuore prese il pacco e svuotò il contenuto nel sacco dell'umido.
Stava per buttare nella carta anche il contenitore, ormai vuoto, ma poi vide la scritta sul fondo dove prima c'era il cibo:
look under
"Che cosa...?"
Guardò sotto il cartone, ma non vi era nulla di particolare, a quel punto pensò che "il sotto" non fosse la parte inferiore, ma un doppiofondo.
Forse sto per impazzire, credo di essere in un film, si disse mentre cercava di capire come fosse fatta realmente quella scatola.
Non impiegò molto a capire che il fondo era formato da due strati di cartone sovrapposti.
Li separò e vide la busta che c'era nel mezzo.
L'aprì. Conteneva un biglietto aereo di sola andata per Roma e un passaporto.
Il passaporto aveva la sua foto, ma i dati non erano i suoi.
Alla data del volo mancavano solo cinque giorni.
Qualcuno lo stava aiutando a fuggire dalla Cina.
***
Il giorno dopo Philippe era di nuovo nel suo studio, ma non riusciva a concentrarsi. Ormai doveva abbandonare tutto. La cosa era diventata pericolosa e, con buona probabilità, poco legale. Ma prima di fuggire voleva capire meglio, qualcosa lo tratteneva ancora.
Pensò a Jane Yifei, la donna che sarebbe stata la più idonea a far parte di quel progetto. Aveva tutti i requisiti: brava, di nazionalità cinese e già dell'Istituto di virologia di Wuhan. Conosceva i suoi interlocutori di Wuhan e lei non era tra questi.
Potrebbe essere inserita in un settore al quale non ho accesso, pensò.
"Va bene, tanto sto per bruciarmi, proviamo a contattarla", se lo disse a voce alta, quasi per farsi coraggio.
In fin dei conti è una telefonata a una collega, sebbene non nella lista di quelli permessi, anche questo fu un pensiero di auto incoraggiamento.
Philippe si appartò e appena fu sicuro di essere solo compose il numero diretto del cellulare di Jane.
Prima che rispondesse si sentì due volte il segnale della linea.
"Philippe?"
"Ciao Jane."
"Non mi aspettavo una tua telefonata."
"Nemmeno io di fartela."
"Ho sentito che ti sei trasferito a Shanghai."
"Esatto, sto lavorando a un esperimento interessante, simile a quel nostro lavoro di diversi anni fa, il progetto Priapo."
"Priapo?"
"Beh, si concluse dandoci molte soddisfazioni se ben ricordi."
"Ma..."
"Ora devo andare Jane, devo scappare..."
Philippe chiuse la linea, Se non è coinvolta, e spero che non lo sia, le ho dato da pensare.
Jane rimase perplessa, quello che aveva sentito da Philippe non aveva molto senso e le era sembrato agitato.
Il progetto Priapo a cui lavorarono anni fa non partì mai, per i troppi rischi che comportava.
***
Per Philippe quella domenica sarebbe stata molto diversa dalle altre. Aveva ormai raccolto tutti i dati che poteva trovare negli archivi a cui aveva accesso e aveva cercato di non lasciare troppe tracce. Era un lavoro che aveva iniziato appena capito che avrebbe lasciato la Cina.
Dai documenti di analisi di laboratorio alle e-mail, non trascurava nulla.
Compresse il contenuto in un file protetto da password e lo caricò sia sul cellulare che su una chiavetta.
Usciva molto di rado al di fuori dell'Istituto e questa volta Philippe Martin fece un'eccezione alle sue abitudini, mise tutto quello che aveva d'importante in uno zainetto e lasciò l'appartamento.
Prenotò un taxi. A Shanghai il modo migliore per spostarsi era senza dubbio quello, i taxi erano numerosi ed economici.
Uscì dall'enorme palazzo che ospitava l'Istituto Pasteur e attese.
Non vedeva nessuno di sospetto, ma aveva l'impressione di essere osservato.
Arrivò il taxi e vi salì, "Oriental Pearl Tower, per favore."
In un'auto posteggiata, un uomo interamente vestito di nero, con guantini in pelle anch'essi neri, non l'aveva mai perso di vista.
Nelle ore di punta spostarsi era un'impresa, ma quella mattina il traffico era scorrevole.
Philippe era curioso di vedere la spettacolare torre di oltre quattrocento metri d'altezza. Nel biglietto, che gli avevano consegnato insieme al passaporto, c'erano poche frasi. I suggerimenti erano di comportarsi da turista, andare in un grosso centro affollato, cercare di far perdere le proprie tracce e infine andare all'aeroporto, calcolando i giusti tempi.
Per non destare sospetti, il luogo dove avrebbe dovuto eclissarsi non doveva essere troppo vicino all'aeroporto, ma nemmeno troppo lontano. L'Oriental Pearl Tower sembrava soddisfare queste condizioni.
Un tunnel sotterraneo gli fece capire che si trovava al di sotto del fiume Huangpu. Poco dopo essere tornato in superficie arrivò a destinazione.
Pagò il tassista e scese.
Sussultò di colpo. A poche decine di metri, immobile, l'uomo vestito di nero lo fissava.
È uno di loro, pensò Philippe. Per quell'uomo vestito di nero, il fatto di ostentare in modo palese la sua presenza, rappresentava una specie di monito: occhio a quello che fai, sembrava volesse dire. Philippe fece finta di non averlo visto.
Le indicazioni sui tempi di coda per salire alla sommità della torre erano di due ore, ma questo non sarebbe stato un problema: aveva una prenotazione oraria fatta la sera prima, direttamente dal suo cellulare. Era il modo migliore per saltare la coda, si infilò perciò nella corsia semideserta degli accessi prenotati.
L'uomo continuava a seguirlo.
Espose il QR code del suo smartphone al lettore e l'apertura automatica del cancello si aprì.
Una volta oltrepassato l'ingresso si fermò per vedere cosa facesse l'uomo che, ormai era evidente, gli stava alle costole. Lo vide superare alcune persone in coda per poi infilarsi dietro a una donna che stava passando dal tornello. La donna gesticolò facendo subito intervenire due uomini del servizio d'ordine. Philippe vide che gli agenti avevano fermato l'uomo, ma questo non gli impedì di accelerare il passo. Si sentì sollevato. Quando fu più tranquillo, un certo languore allo stomaco gli fece capire che doveva mangiare qualcosa.
Il Dinner at Oriental Pearl Tower faceva al caso suo. Meglio evitare di avviarsi subito verso l'uscita, c'era tempo e più questo passava, più le cose si sarebbero volte a suo favore.
Il panorama della skyline di Shanghai era mozzafiato e il cibo era di alta cucina. Unica pecca il costo: si partiva dall'equivalente di 200€ in su, ma come ultima cena in Cina ci poteva stare.
Entrò e si sedette a un tavolo, tenendo sempre d'occhio l'ingresso. Era chiaro che il suo uomo non era riuscito a entrare. Forse era stato trattenuto.
Si concesse un Yangchun Noodl, una pasta di gamberetti secchi e porro accompagnata da tè verde. Avrebbe preso un buon vino, ma in Cina il buon vino era un'utopia. Ordinò allora del sake. Il lato positivo di questo liquore era l'assenza di solfiti, questo gli evitava il bruciore di stomaco che i vini occidentali spesso gli procuravano.
Mentre sorrideva tra sé, pensava a un francese che beve in Cina un liquore giapponese, poi gli tornò in mente il suo inseguitore e decise che fosse ora di muoversi.
Si alzò e andò a pagare. Mentre saldava il conto, chiese alla ragazza della cassa se ci fosse una seconda uscita.
"Certo, c'è l'uscita di sicurezza, ma in condizioni normali ci può passare solo il personale di servizio", la ragazza lo disse quasi scusandosi.
"La mia sarebbe un'emergenza."
Avvicinò la sua bocca all'orecchio della ragazza e gli sussurrò, "Sono seguito da un tipo poco raccomandabile, credo sia qua fuori, non vorrei che mi rapinasse."
La ragazza si inquietò, "Chiamo il servizio di guardia."
"Aspetta, aspetta, ho un'età che non è più verde come la tua, bambolina, e certe emozioni per me potrebbero essere fatali. Potresti concedermi di uscire dall'uscita secondaria, per questa volta soltanto?" L'uomo allungò alcune banconote, "Queste sarebbero per te. Vedilo semplicemente come il gesto di tenerezza di un povero vecchietto verso una tenera bambolina come te."
La giovane ragazza tentò un fugace rifiuto che venne però smorzato dai modi suadenti di Philippe, "Grazie mon amour, se avessi avuto quarant'anni in meno ti avrei invitata a cena."
La ragazza, nonostante sorridesse, arrossì e pensò che quel tipo non fosse del tutto normale.
Philippe si avviò con una certa fretta, ma senza correre, puntando l'uscita secondaria.
Scese diverse rampe di scale, per poi tornare agli ascensori che portavano alle uscite principali. Ormai si era rimescolato alla folla. Cercò le indicazioni per l'uscita Ovest, la più lontana rispetto alle altre e dovette fare un percorso abbastanza tortuoso per raggiungerla. Il dubbio che l'uomo si fosse appostato a una delle uscite era concreto, ma ormai confidava di essere diventato come il classico ago in un pagliaio.
Nel frattempo, l'uomo che seguiva Philippe era stato rilasciato dal personale della sicurezza. Il suo volto era una maschera di rabbia. Afferrò il telefono, "Ho bisogno di una mano, mi servono alcune persone che vadano alle uscite della Oriental Pearl Tower, subito!"
Appena Philippe fu di nuovo fuori, prese un taxi e cercò di essere il più naturale possibile, ma il suo cuore batteva oltremisura. "Aeroporto internazionale."
Non ho più l'età per giocare a guardia e ladri e la cosa non mi sta divertendo, pensò.
***
Il gate era come al solito un inferno dantesco, ma a differenza di quelli occidentali, le persone sembravano muoversi con più ordine ed educazione.
Philippe aveva bisogno di trovare un bagno, andò verso i servizi.
Seguì le scritte in inglese e in ideogrammi fino agli ingressi dei servizi igienici, poi il cuore gli sobbalzò in gola. Il tizio che credeva di aver seminato, all'Oriental Pearl Tower, stava entrando nei bagni. Lo riconobbe, forse più dai vestiti che dalla faccia, visto che era di spalle. Completo nero, scarpe nere lucide e... guanti neri.
Si voltò e decise di andare diretto all'imbarco, avrebbe trattenuto i suoi bisogni.
Si chiese in quanti lo stessero cercando. Forse più di uno e tutti vestiti allo stesso modo, ma si rese subito conto che questo fosse alquanto improbabile.
Si incamminò dalla parte opposta, girandosi spesso per controllare gli ingressi dei bagni.
Il suo cuore aumentò i battiti all'impazzata: l'uomo era uscito dai bagni.
Accelerò il passo, troppo. Se ne rese conto dopo, appena capì che l'uomo l'aveva visto. Decise di mettersi a correre senza più voltarsi, ora non poteva far altro che nascondersi di nuovo tra la folla.
L'uomo vestito di nero fece lo stesso, ma la sua corsa era molto più efficace, sembrava volasse. In poco tempo l'avrebbe raggiunto.
***
Il piede della ragazza che camminava verso l'uomo si allungò quasi impercettibilmente.
Questi volò in terra, spianandosi faccia in avanti, lungo e disteso.
Alcune persone si bloccarono vicino a lui, paralizzate dal timore di non capire cosa stesse succedendo.
La ragazza corse in aiuto all'uomo e chinandosi iniziò a chiese scusa.
Lui si rialzò di scatto ignorando chiunque, se non il suo obiettivo, ma la ragazza, mentre lo tratteneva per la giacca, insisteva nel chiedere se stesse bene.
L'altro la scansò senza nemmeno guardarla e riprese a correre gettando a terra due persone che erano sulla sua strada. Fu in quel momento che capì di aver di nuovo perso il suo uomo. Si fermò e setacciò con gli occhi tutto l'orizzonte davanti a lui, in cerca di qualche dettaglio. Riprese poi a correre nella stessa direzione che aveva preso Philippe, continuando a scansare gente a bracciate.
La sua corsa durò poco, due uomini in divisa con le pistole puntate si pararono davanti a lui.
La ragazza che aveva provocato la caduta dell'uomo, fece l'occhiolino a un altro ragazzo poco distante, poi si sistemò la coda di cavallo, si infilò un cappellino rosso con la visiera e se ne andò.
***
Al controllo documenti Philippe cercò di essere rilassato, ma aveva il cuore in gola.
Nessuno gli chiese nulla.
Riuscì a entrare nel gate.
Cercò l'accesso al volo per Roma, ma poi decise di attendere presso un imbarco locale a breve distanza. Ormai ragionava come un uomo braccato: chi lo cercava sapeva che stava per prendere un volo e avrebbe di certo controllato i punti per le destinazioni europee.
Si sedette nelle panche di attesa e si asciugò il volto sudato.
La vescica gli stava esplodendo, ma preferì continuare a trattenere i suoi bisogni.
Si tolse la giacca scura e la arrotolò mettendola da parte. Sotto aveva una camicia bianca, gli aloni di sudore si notavano appena. Vide una rivista abbandonata sulla sedia vicina, la prese e la portò all'altezza della faccia, per nasconderla il più possibile.
Quel minimo che poteva fare, per non farsi individuare, l'aveva fatto.
Quaranta minuti dopo iniziarono le procedure per l'imbarco.
Quando fu sull'aereo si sentì come Papillon al largo dell'Isola del Diavolo e fu il momento di pensare alla sua vescica.
***
Mathys dormiva con la testa di Monique appoggiata al suo petto.
Dopo aver fatto l'amore lei gli si appiccicava contro per almeno mezzora, per poi spostarsi nella sua parte.
Sentì vibrare il telefono appoggiato sul comodino, spostò con delicatezza la testa della ragazza che borbottò qualcosa. L'uomo capì che lei stava sognando.
Aprì la conversazione, "Le segnalo che la spedizione è partita. La merce sarà consegnata a Roma, contatti il distributore locale."
Il messaggio preregistrato era di Jason e significava che Philippe era uscito dalla Cina e sarebbe sbarcato a Roma. Il distributore locale di Roma rappresentava in codice il servizio segreto italiano.
Posò il cellulare.
"Chi era?"
"Non stavi dormendo?"
"Prima che mi svegliassi. Chi era?"
"Hanno sbagliato numero."
"Bugiardo, ma non fa nulla, non mi interesso dei tuoi loschi affari."
Mathys sorrise, "Dormiamo ora."
"E no, caro mio... mi hai svegliata, ora la pagherai cara."
>>> continua ... >>>
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