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La mensa era il locale più ampio dell'intera struttura.
Enormi lampadari grigi scendevano dal soffitto in pietra. L'ambiente ricordava molto una chiesa gotica. Grandi tavolate disposte parallelamente in tutta la lunghezza della sala ospitavano gli studenti, dal primo al sesto anno.
I professori invece, sedevano in una grandissima tavolata semicircolare che, dalla parte opposta del gigantesco portone di legno, sembrava abbracciare i tavoli degli studenti.
Alle spalle dei professori c'era una stupenda vetrata colorata che ricopriva la maggior parte della parete, raffigurante il simbolo Manganeua: una "S" molto affusolata con una stanghetta che partiva perpendicolare dalla sua curva superiore ed altre due che partivano da quella inferiore. Intorno al simbolo c'erano vari disegni raffiguranti le Tribù.
Gli studenti, che ormai si erano seduti, stavano in silenzio, aspettando che la donna che aveva parlato in precedenza lo facesse nuovamente.
Emerald era seduta sulla panca del tavolo vicino alla parete di destra. Li contò. Dovevano essere almeno otto tavoli lunghi quanto tutta la sala. Davanti a sé Emerald aveva Aalim e Ayman. Da una parte c'era Raphael e dall'altra Jia seguita da Amelie.
Tutti fissavano la donna. Gli studenti più anziani con rispetto e quelli del primo anno con un po' di timore.
- Benvenuti al Collegio. - disse ormai con gli occhi di tutta la sala puntati addosso.
- Il mio nome è Adelaide Whitesoul. Sono la preside di questo istituto da ormai ben diciannove anni. Devo dire che è sempre un piacere ritrovarsi a dare il benvenuto a giovani menti come le vostre. Ed è sempre un piacere vedere come a scuola le nostre culture e le nostre Tribù si fondano insieme. Purtroppo nel mondo che ci circonda, spesso e volentieri tendiamo a non collaborare tra di noi. Voi, giovani, siete il perfetto esempio di come la nostra comunità potrebbe convivere pacificamente, se solo lo volesse.
- Ma tralasciamo queste note dolenti. Oggi siamo qui per inaugurare un nuovo anno scolastico. Sono qui per incoraggiarvi ad intraprendere quella che per alcuni di voi è una nuova avventura e per altri un fantastico viaggio che continua nel migliore dei modi. Sono sicura che non verrò delusa dai miei studenti. Sono ben consapevole del fatto che i giovani sono sempre grandi risorse del quale a volte noi adulti non siamo a conoscenza.
- I nuovi studenti avranno notato che è stato affidato loro il compito di arredare le proprie camere. Molte scuole dotano gli alloggi degli studenti di mobili ed oggetti loro utili prima che loro arrivino, così da non creare situazioni confusionarie. Noi abbiamo deciso di non farlo. E questo non perché non disponiamo di personale pronto a svolgere il compito, no. Ma perché è nello spirito di questa scuola il concetto del duro lavoro. Del sacrificio. Del rimboccarsi le maniche. Il Collegio vi offre numerosi servizi, certo, ma non aspettatevi che sarà un percorso tutto rosa e fiori, quello che intraprendere qui. Arredare il vostro alloggio è un compito che spetta a voi, come molti altri che sarete chiamati a svolgere. Nella vita di tutti i giorni non ci sarà nessuno che vi farà trovare tutto pronto ad ogni evenienza. Inoltre pensiamo che sia una scelta che vi permetterà di esprimere il vostro stile ed i vostri gusti personali, sempre trovando accordi con i vostri compagni.
- Detto questo, prima che il banchetto venga servito e prima che le vostre pance si riempiano, lasciatemi darvi un consiglio che ribadisco ogni anno da quando ho avuto l'onore di essere scelta per guidare il Collegio: siate sempre sinceri con voi stessi e non esitate mai a mostrarvi per quello che siete. L'onestà verrà sempre apprezzata finché sarò io la preside di questa scuola.
Quando la donna ebbe finito il discorso tutti le dedicarono uno scroscio d'applausi che pareva non finire più.
Ad Emerald piacque molto il discorso della preside. A dire il vero le ispirava fiducia. Si vedeva che era una donna forte, decisa, che sapeva bene quello che faceva. Aveva un'aura di saggezza che la circondava, molto rassicurante.
Quando gli applausi cessarono, dalle porte della sala entrarono numerosi camerieri che trasportavano vassoi enormi.
Iniziarono a girare per i tavoli, distribuendo abbondanti porzioni di cibi squisiti.
- Abbiamo i camerieri? Forte! - esclamò Ayman.
I ragazzi si avventarono sul cibo.
Il banchetto durò molto e cessò solo quando ogni singolo centimetro delle pance dei presenti fu pieno.
Prima che gli studenti potessero alzarsi, un uomo alto, pallido e dai capelli nerissimi si alzò dal tavolo degli insegnanti.
Sedeva accanto alla preside e nonostante lei fosse una donna molto alta lui lo era ancora di più. Le spalle erano larghe. Aveva uno sguardo magnetico, inquietava solo guardarlo. Nulla in confronto a quello caldo e rassicurante della preside.
- Vi pregherei di rivolgermi la vostra attenzione - disse con tono freddo. - Per quelli che non lo sanno, io sono il vicepreside, Dimitri Sokolov. Dovrei darvi alcune informazioni di servizio. - proseguì sempre con sguardo glaciale.
- Siete caldamente invitati a completare l'arredamento dei vostri alloggi entro stasera. Le lezioni inizieranno domani. Avrete una settimana di tempo per scegliere le materie facoltative che vorrete affrontare. Fino ad allora siete tenuti a presentarvi solamente alle lezioni obbligatorie. Vi consiglio di consultare il regolamento dell'Istituto che troverete tra i fogli che vi sono stati consegnati. La nostra scuola ha poche e semplici regole, che però vanno rigorosamente rispettate. Per eventuali problematiche potrete rivolgervi a noi insegnanti oppure ai vostri tutor, che non sono altro che i Guardiani di questa scuola: Joyce Grendel per i ragazzi, mentre Caterina Bluesun per le ragazze. In questa settimana, dato che le lezioni facoltative non saranno ancora iniziate, avrete di conseguenza più tempo e potrete usufruirne per visitare l'intero palazzo, ad esempio. - disse il tutto con un tono minaccioso.
- Siete liberi di raggiungere i vostri dormitori. Sia quello delle ragazze che quello dei ragazzi dispongono di una sala comune, dove siete invitati a presentarvi alle sei di questo pomeriggio. La cena si terrà alle otto - concluse con un'espressione fredda, squadrando uno per uno gli studenti presenti nella sala.
Quegli occhi vuoti e spaventosamente gelidi fecero accapponare Emerald.
Quando il vicepreside diede il via libera per uscire dalla sala, ci fu un grande schiamazzo ed i ragazzi ripresero a chiacchierare.
- Ma l'avete visto? Sembrava il conte Dracula! - esclamò Jia riferendosi al vicepreside.
- Brutta faccia. - commentò Aalim.
- Già, invece la preside mi piace molto. Mi trasmette un senso di sicurezza - disse Em.
- È una preside come tante altre. Non mi sembra così eccezionale. - commentò Raphael, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'Italica.
- Ragazze, dovremmo finire di sistemare la stanza - li interruppe Amelie.
Le tre ragazze salutarono i compagni e si diressero verso il loro alloggio.
Entrarono ed Emerald afferrò i suoi guanti. Sapeva che per quanto si sarebbero impegnate, Amelie e Jia avrebbero spostato al massimo il tavolino e qualche sedia.
Fu un lavoro stancante, anche perché le sue compagne non stavano un attimo ferme ed aveva la costante paura di schiacciarle sotto un mobile.
Ma la fatica fu ripagata perché, quando finirono, l'appartamento risultava molto accogliente.
Emerald si sarebbe trovata sicuramente bene.
All'entrata le ragazze avevano attaccato un pratico attaccapanni al muro, inoltre era stato posizionato, in modo da non essere urtato dalla porta, un tavolino sul quale Jia aveva insistito per mettere una piantina di tè portato dalla Cina. Amelie all'inizio aveva fatto un po' di storie, dicendo che le piante attiravano solo zanzare ed altri insetti, ma poi, con la scusa che la pianta fosse veramente di dimensioni minuscole, si lasciò convincere. Vicino al tavolino avevano messo anche una piccola scarpiera, poco ingombrante.
Più avanti c'era il salottino che ora era dotato di un divano e due poltrone molto comode, disposti a semicerchio intorno ad un mobiletto con sopra il televisore. A trasportarlo era stata Jia che per poco non lo aveva sbattuto contro lo stipite della porta. Due delle tre librerie che avevano preso erano state attaccate al muro dietro al divano e alle poltrone, lo steso muro che confinava con il bagno.
Un tavolo rotondo, circondato da tre sedie, era stato messo nell'altra metà della stanza ed avevano attaccato al gas una piccola cucina a quattro fuochi. Vicino alla cucinetta c'era anche un mini frigo. I piatti e le stoviglie erano stati sistemanti in una credenza non molto spaziosa, che però bastava per il minimo indispensabile. Infine, sotto alla grande finestra in fondo a quella che era diventata una cucina ed una sala da pranzo allo stesso tempo, era stata adagiata una cassapanca con due cuscini sopra.
Il bagno era stato dotato - finalmente - una doccia, di uno specchio a mezzo busto e di due mensole sulle quali sistemare saponi, shampoo e tutte le altre cose che le ragazze si erano portate dietro. Le ragazze erano inoltre riuscite ad aggiudicarsi ben tre lavandini da disporre per il bagno.
- Lo spazio c'è, quindi perché no? - come aveva detto Amelie.
La camera da letto adesso aveva molto più di tre materassi: oltre a quelli, posizionati sulle brande, le ragazze avevano disposto delle scrivane di legno bianco al centro della stanza ed esse formavano un triangolo.
Era stata un'idea di Jia che le altre due avevano accolto felici. Era una trovata originale per studiare insieme. Ogni scrivania aveva la sua sedia e per la stanza erano stati disposti tre puf colorati. Lungo il muro, dalla parte opposta di dove si trovavano i letti, le ragazze avevano messo una libreria che aveva giusto tre scompartimenti. Era davvero grande, in legno scuro, Emerald non sapeva di che tipo fosse. Sapeva solo che le aveva dato parecchi problemi per riuscire a farla entrare nella stanza. Accanto alla libreria era stato messo un armadio guardaroba a due ante ed altri due erano stati disposti lungo il muro adiacente. Un cassettone, anch'esso in legno, era stato appoggiato lungo l'ultima parete libera.
Vicino al letto singolo era stato messo un comodino di legno bianco, come quello delle scrivanie, ed anche vicino alla branda inferiore del letto a castello ce n'era uno. Alla fine era stato deciso che nel letto superiore avrebbe dormito Jia, che aveva pensato di sistemare una mensola dello stesso materiale in fondo al materasso, così che potesse avere anche lei una superficie sulla quale appoggiare le sue cose.
L'appartamento era davvero bello ed Emerald soddisfatta.
L'unica cosa che aveva lasciato perplesse le ragazze era stata l'assenza di lampade nella lista.
In ogni stanza c'era un lampadario, ma qualche abat-jour in più avrebbe fatto comodo.
Quando ebbero finito, tra una chiacchiera e l'altra, si erano già fatte le cinque e mezza del pomeriggio. Ebbero giusto il tempo di darsi una sistemata per poi precipitarsi verso la sala comune, che non trovarono senza perdersi almeno una volta, nonostante la cartina dell'edificio.
Una volta arrivate si sistemarono su dei divanetti. Ce n'erano molti in quella stanza. Era un ampio spazio con divanetti, poltroncine e puf sparsi per tutta la sala. Inoltre qua e là c'erano anche dei tavolini. In fondo alla spaziosa sala c'era un grande televisore e da una parte era stato sistemato un frigorifero ed un tavolo abbastanza lungo. Dal soffitto scendevano delle lampade grigie, semplici, che lasciavano intravedere le lampadine.
I muri erano anch'essi dipinti di un grigio cenere. Era una stanza piuttosto squallida, fatta eccezione per le grandi finestre, che circondavano la stanza, eccetto per la parete dalla quale vi si accedeva, e facevano entrare la luce del pomeriggio.
Anche altre ragazze erano arrivate e pian piano la sala comune si stava riempendo.
Una ragazza urtò il divanetto dove era seduta Emerald e per poco non cadde a terra.
- Scusa, non volevo! - esclamò subito imbarazzata. Aveva i capelli tinti di rosa. Emerald li trovava fantastici.
- Non fa niente, piacere io sono Emerald - disse tendendole la mano.
- Io mi chiamo Diana.
- Aspetta, sei un'Italica? - chiese Emerald incredula.
- Sì, anche tu?
- Sì, oddio, sono così felice di averne trovata un'altra! - esclamò Em felice.
Invitò Diana a sedersi ed iniziarono a chiacchierare. Scoprì che veniva da un paesino umbro. I suoi genitori erano entrambi Italici. Era la più piccola di tre sorelle e quello era il primo anno anche per lei. Alloggiava nella camera 330. Passò una buona mezz'oretta, fino a quando una donna sulla trentina entrò nella sala comune.
Indossava dei jeans attillati ed un maglione nero. I capelli erano lunghi e biondi, gli occhi avevano un colore grigio brillante. Si esibì un sorriso solare ed andò a posizionarsi di spalle al televisore, in fondo alla stanza.
- Ciao ragazze! - esclamò pimpante - Io sono Caterina e sono una dei due Guardiani di questa scuola. Ho anche il ruolo di tutor femminile, ciò vuol dire che per qualsiasi problema potete rivolgervi a me. Vi ho convocate qui per la presentazione! Per quelle nuove, si tratta di una procedura standard del Collegio. Come dice il nome ci presentiamo. Ma vi spiegherò tutto dopo. Ora quello che dovete fare è semplice: afferrate un puf, oppure un divanetto se siete particolarmente forti, e disponetevi in cerchio. Voglio vedere un grande cerchio! - esclamò sempre con quel tono giocoso.
Emerald si chiese se si rendeva conto di star parlando con persone dai diciannove anni in su e non con bambini dell'asilo.
Nonostante ciò sollevò il divanetto con il suo potere e lo fece levitare vicino al puf che aveva afferrato Amelie. Si sedette e Diana la seguì.
Quando tutte si furono disposte in un grande cerchio, Caterina andò al centro del gruppo. Quel sorriso che aveva stampato sul volto cominciava ad essere inquietante.
- Dunque! - esclamò ancora più esaltata di prima - Ragazze, ora io chiamerò una di voi, verrete interpellate tutte, vi farò qualche domanda e dopodiché vi attaccherò uno di questi adesivi - tirò fuori da una tasca degli enormi adesivi a forma di faccina sorridente - per potermi ricordare chi ho chiamato e chi no. Domande? Tu! Dimmi pure!
Caterina si era girata verso Emerald e, per un momento, lei ebbe paura che, quella che le sembrava sempre di più una svitata, ce l'avesse con lei. Ma poi vide la mano alzata di Amelie, di fianco a lei.
- Se io mi rifiutassi di mettere quei cosi orribili e ridicoli? - chiese con il suo fare indifferente, riferendosi agli adesivi.
Ci fu un mormorio generale e varie risatine d'appoggio.
- Verresti segnalata alla preside. - rispose Caterina con il suo fare pimpante.
- Incantevole. - disse in tutta risposta la ragazza Gaelica.
- Dato che sei così intraprendente, inizierai tu. Coraggio, vieni qui! - esclamò ridacchiando la Guardiana.
Amelie si alzò con calma, prendendosi tutto il tempo che voleva. poi si spostò lentamente verso il centro del cerchio.
- Allora, come ti chiami? - chiese Caterina.
- Amelie Girard.
- Bene Amelie, qual è la tua Tribù?
- Gaelici.
- Okay, ora qualcosa sulla tua vita privata... dunque... di che Tribù sono i tuoi genitori? - chiese Caterina.
- Mio padre è un Gaelico, mentre mia madre era una Germanica. - disse con un tono diverso dal solito.
Infatti Emerald aveva notato che i suoi occhi si erano incupiti, ed il tono della voce era ancora più duro del solito.
- Perché "era"? - domandò ancora la tutor.
- È morta. - rispose secca, con lo sguardo basso. Le braccia erano dritte lungo i fianchi e le mani erano dei pugni stretti che rendevano le nocche strette.
Calò il silenzio nella sala.
Emerald si sentì pervadere da un senso di tristezza tremendo, come se non sapesse più cosa fosse la felicità, come se intorno a lei ci fosse solo buio e tristezza.
Poi vide Jia, in preda alle lacrime, che si alzava e che andava verso Amelie, abbracciandola.
- Basta, calmati. - le disse. Dopo poco tempo, la Gaelica tornò a sedere sul suo puf.
- Cos'è successo? - le chiese Em confusa.
- Il potere dei Gaelici è quello di controllare le emozioni. Senza volere ho trasmesso a tutte le persone presenti quello che provavo io in quel momento. Mi dispiace. - spiegò lei.
- Sta' tranquilla. È normalissimo. - la rassicurò Emerald. In fondo era sua madre, era più che comprensibile che si sentisse in quel modo.
Piuttosto era arrabbiata con la ridicola Guardiana. Non le aveva nemmeno chiesto scusa.
- Amelie, ci siamo scordate di una cosa! - disse invece quella.
Poi si diresse verso la compagna di Em e le appiccicò uno di quegli stupidi adesivi sulla felpa. Poi si girò per tornare al centro del cerchio.
Diana dovette trattenere Em per non farla saltare addosso alla tutor. Come si permetteva? Non solo aveva rievocato un ricordo doloroso come la morte della madre senza scusarsi, ma l'aveva addirittura ridicolizzata appiccicandole quell'adesivo catarifrangente.
Alla fine si calmò ma continuò a fissarla con lo sguardo più ostile che avesse.
- Tu, accanto ad Amelie! Vieni! - disse ridacchiando rivolgendosi ad Em.
Lei si alzò senza dire una parola, arrabbiata, decisa. Se guerra voleva, guerra avrebbe avuto. Si diresse verso la sua tutor. Al centro del cerchio tutte la fissavano.
- Come ti chiami? - domandò Caterina con fare idiota.
- Emerald Shylock.
- Shylock... sai, mi ricorda un personaggio de "Il mercante di Venezia" di Shakespeare. Finisce maluccio! - esclamò ridacchiando.
- Fidati, non serve chiamarsi Shylock per "finire maluccio". - rispose a denti stretti Em.
Se pensava di prendersi gioco di lei, si sbagliava di grosso.
- Oh, ma qui abbiamo qualcuno a cui piace scherzare! - esclamò ridacchiando come suo solito - Qual è la tua Tribù Emerald?
- Italici.
- I tuoi genitori?
- Mia madre è un'Italica mentre mio padre un Britannico.
- Bè, ti è andata bene! - esclamò ridendo ancora di più.
- In che senso, scusa? - chiese non capendo la ragazza.
- Senza offesa per le Britanniche qui presenti, ma il loro non è un gran potere. A dire il vero è un po' inutile. - spiego con il suo solito tono, come se fossero tutte bambine di cinque anni.
Emerald rimase immobile per un secondo. Quella pazzoide aveva appena detto che la Tribù di suo padre era inutile. D'accordo era una tutor, una Guardiana, un'adulta. Ma chi le dava il diritto di parlarle in quel modo. Chi le dava il diritto di dire quelle cose.
Quando quel secondo di riflessione passò, non ci pensò due volte e le saltò addosso buttandola per terra.
Si mise a cavalcioni su di lei e fece per tirarle un pugno, quando qualcuno da dietro la fermò e cercò di trattenerla.
- Em no! Ferma! - esclamò Jia.
- Lasciami! - urlò Emerald, mentre continuava a cercare di colpire la tutor e ci riuscì: le aveva assestato un bel pugno sul labbro ed aveva iniziato a sanguinare.
Dopo qualche secondo arrivò anche Amelie a trattenerla, dato che Jia stava perdendo la presa. Altre ragazze erano andate ad assistere la Guardiana. Lei si alzò in piedi dopo poco tempo e si diresse verso Emerald.
- Chiedimi scusa, Emerald - le ordinò con la sua vocina smielata.
Em non pensò neanche a quello che stava facendo, quando le sputò in faccia. Sapeva che non avrebbe dovuto, ma quella donna era orribile. Tutto di lei lo era.
- Bene, - affermò Caterina allontanandosi lentamente - sembra che qualcuno finirà nell'ufficio della preside.
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