NOTA DELL'AUTORE

NOTA DELL'AUTORE

Scrivere questo romanzo è stato molto difficile. Cercare, fra le miriadi di informazioni, il filo conduttore che collegasse tutti i puntini dell'idea che mi frullava per la testa si è rivelata un'impresa più ardua del previsto, ma allo stesso tempo un'avventura stimolante e istruttiva.

Alla fine, ho fatto un bellissimo viaggio. Ho visitato le più belle gallerie d'arte d'Europa, esplorato le ville storiche italiane e fatto parte di logge massoniche antichissime, approfondendo un periodo oscuro e drammatico come la Seconda guerra mondiale.

Adesso però è giunto il momento di alzare il velo e svelare ciò che è reale e ciò che non lo è.

Partiamo dall'elemento principale del romanzo, ovvero il quadro di Arnold Böcklin, l'Isola dei Morti.

Tutto quello che scrivo a proposito del dipinto risponde a verità. L'autore ne realizzò davvero cinque copie, nel periodo compreso tra il 1880 e il 1886, principalmente su commissione della contessa di Oriolo, Marie Berna che era rimasta talmente affascinata dal primo dipinto da volerne delle varianti. Ognuna di esse, differente per qualche particolare, per il contrasto dei colori o della prospettiva, ha poi intrapreso nel corso degli anni un percorso diverso e attualmente, se qualcuno le volesse visitare, si possono trovare in questi luoghi: la prima, quella realizzata nel 1880, a Basilea al Kunstmuseum, la seconda al Metropolitan Museum of Art di New York, la terza alla Alte Nationalgalerie di Berlino, e la quinta al Museum der bildenden Künste di Lipsia.

Per quanto riguarda invece la quarta, essa è, purtroppo, andata distrutta durante la Seconda guerra mondiale.

Ovviamente non esiste nessuna lettera nascosta sotto la superficie dei quadri e Hitler non ha mai usato le copie per nascondervi indizi sulle opere d'arte rubate. Vero però che il Führer fu talmente affascinato e stregato da quel quadro e dalle sue atmosfere oscure ed enigmatiche da volerne acquistarne a tutti i costi una copia che divenne il suo quadro prediletto. Lo espose prima al Berghof, la sua residenza sulle Api descritta nel libro fedelmente, e poi addirittura all'interno della Cancelleria del Reich. Ho scoperto tra l'altro una foto d'epoca, datata 12 novembre 1940, in cui l'Isola dei Morti appare in bella vista proprio sulla parete alle spalle del Ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop e del Presidente dei Commissari del Popolo russo Vjačeslav Molotov, convocati insieme a Hitler per una riunione operativa.

Tornando però di nuovo alla vita di Bocklin narrata nelle pagine del libro deve confessare che essa è del tutto vera, compresi i suoi ultimi anni trascorsi all'interno di Villa Bellagio, una splendida dimora eretta sulle colline di Fiesole. La sua ultima residenza è descritta fedelmente in ogni particolare, tranne la presenza di suo nipote, Caspar Böcklin, e del suo strano gruppo di amici nerd.

Rispondente a verità invece è il linguaggio slang usato dai giovani residenti della villa quando uno dei protagonisti si intrufola fra di loro per poter scannerizzare il quadro. Ho dovuto studiare a fondo il modo di esprimersi degli appassionati di tecnologia, e non è stato semplice, ma mi è sembrata un'idea interessante e fuori dagli schemi quella di unire il mondo dell'intelligenza artificiale e dei BOT con una narrazione che invece affonda le sue radici in un periodo ben lontano.

Parte della storia, tra l'altro, è ambientata a Firenze e questa è stata un'altra importante coincidenza a cui non ho saputo resistere dato che si tratta della città in cui vivo. Poterla descrivere nei suoi aspetti è stato un omaggio che ho fatto più che volentieri.

Il cimitero degli Inglesi, per esempio, esiste realmente ed è un luogo suggestivo e ricco di storia. Ciò che ho scritto risponde a verità, tranne la presenza della finta tomba di Böcklin che in realtà si trova nel vicino cimitero del Galluzzo. Inventata è anche l'iscrizione in russo sulla finta lapide che nel romanzo indica ai protagonisti la Villa di Sergej Vasil'evič Rachmaninov, la cui vita è invece narrata fedelmente. Quando ho letto che il compositore russo aveva realmente visionato l'Isola dei Morti esposta a Dresda ai primi del '900, ho pensato che fosse un particolare da non sottovalutare. Poi, approfondendo l'argomento, ho scoperto che ne era rimasto così affascinato da farne persino una composizione sinfonica, l'Opera 29, e allora ho capito che dovevo sfruttare l'informazione ai fini del romanzo.

Villa Senar, in Svizzera, fatta costruire proprio da Rachmaninov, è descritta fedelmente in ogni dettaglio, dai giardini, al molo, agli interni. Unica nota inventata è il busto del compositore e il nascondiglio con il diario all'interno. Parlando invece delle gallerie d'arte inserite nel libro, l'Alte Nationalgalerie di Berlino e il Museo di Lipsia, esse sono realmente esistenti e descritte con fedeltà, un piccolo omaggio a due luoghi di immensa cultura.

Una menzione a parte va invece fatta per il Vittoriale.

L'intero complesso l'ho visitato di persona molti anni fa e già allora ne rimasi affascinato. Ho sempre voluto inserirlo in un romanzo e credo di averlo fatto, alla fine, in quello più appropriato. Ogni dettaglio è descritto con precisione, dalle targhe sui muri, agli esterni, dall'eclettico arredamento interno, alle sale espositive per finire con i cortili interni. Si tratta di un complesso magnifico e del tutto fuori del comune, opera di un personaggio dalle mille sfaccettature come fu Gabriele d'Annunzio. L'unica nota inventata è la presenza del quadro di Böcklin, ma ai fini della narrazione mi è sembrata una scelta più che sensata, soprattutto alla luce del fatto che uno dei protagonisti è un ladro che deve dimostrare le sue incredibili abilità.

A tal proposito anche il Centro di Conservazione del Louvre, citato nel primo capitolo, è realmente così come lo presento. Inaugurato nel 2019 a Liévin, nel nord della Francia, nasce con lo scopo di proteggere le collezioni nazionali francesi dal rischio di inondazioni e per migliorare le condizioni di conservazione e ricerca. Si stima che entro il 2024 ospiterà circa 250.000 opere, divenendo di fatto uno dei centri di studio e ricerca più grandi d'Europa.

Per quanto riguarda i centri all'avanguardia non potevo non citare il D.E.S.Y. Acronimo per Deutsches Elektronen-Synchrotron (Elettrosincrotrone tedesco) si tratta di un centro di ricerca scientifica sulla fisica nucleare ed è situato in Germania, ad Amburgo, dove il centro è operativo dal 1964. Ho cercato di descriverlo nei minimi dettagli soffermandomi soprattutto sulla procedura per il rilevamento degli strati sotto la superficie dei colori. È una tecnica ormai nota, ma che in questo caso è servita allo scopo del romanzo. La presenza invece di scanner portatili è inventata anche se immagino che non sia troppo lontana dal realizzarsi.

Parliamo adesso di tutto ciò che concerne il periodo della Seconda guerra mondiale, cominciando dal capitolo inziale sulle miniere di sale di Altaussee.

La sua descrizione risponde a verità. A partire dal 1943 esse divennero il caveau per tutte le opere d'arte rubate dai tedeschi e destinate alla collezione personale di Hitler, il Fürhermuseum. Nel giro di due anni esse arrivarono a contenere quasi seimilacinquecento settantasette tele, duecentotrenta disegni e acquerelli, novecento sessantaquattro stampe e più di centotrentasette oggetti di valore. Nel maggio 1945 i capolavori occultati ad Altausse, tra cui la Madonna di Bruges di Michelangelo, rischiarono addirittura di saltare in aria. August Eigruber, capo regionale del partito nazista austriaco, aveva fatto depositare nella miniera otto casse di esplosivo, determinato a distruggere la miniera pur di non consegnare i tesori al nemico. Quando ho letto un articolo sull'argomento ho pensato che valesse la pena iniziare il romanzo proprio da qui, per dare visibilità a una parte della storia ancora fin troppo sottotraccia.

Anche il diario del Corvo non è del tutto inventato. Esso fa riferimento a un vero diario ritrovato da alcuni ricercatori della Fondazione del Ponte di Slesia che si ritiene sia stato scritto da un alto ufficiale delle SS con lo pseudonimo di Michaelis, e in cui si parla di uno scavo e di un tesoro nascosto in Slesia. L'annotazione è datata 12 marzo 1945 e insieme a questa è stata anche ritrovata una lettera, inviata da un altro ufficiale delle SS, un certo Von Stein, alla sua amante che lavorava nel palazzo di Minkowskie. Un po' troppe coincidenze a dire il vero, che, messe insieme, hanno contribuito a creare la scintilla che ha portato all'idea del romanzo. Lo stesso palazzo, ex bordello nazista oggi quasi diroccato, è descritto minuziosamente compresa la mappa senza nomi che fa riferimento al progetto RIESE e che indentificherebbe i cunicoli con le casse.

A proposito di tale progetto vorrei farne una menzione a parte. Anche se ne sappiamo poco, quel poco è comunque vero e inquietante. Si tratta, di fatto, di un nome in codice per la ricostruzione della Germania nazista tra il 1943 e il 1945, e fa riferimento a sette strutture sotterranee che sarebbero situate tra gli Eulengebirge (Monti del Gufo) e il castello di Książ in Bassa Slesia, all'epoca territorio tedesco, oggi invece zona polacca. L'obiettivo del progetto rimane ancora incerto a causa della mancanza di documentazione, ma alcune fonti suggeriscono che tutte le strutture dovevano far parte del quartier generale del Führer mentre secondo altre era una combinazione di quartier generale e di industrie per le armi. La loro costruzione fu portata avanti dai prigionieri di guerra e dei campi di concentramento e molti tunnel furono scavati con la fatica e la morte di centinaia di persone.

Un'altra pagina oscura poco nota alla storia.

Ovviamente nessun tesoro si trova là sotto, almeno a quanto ne sappiamo, eppure gli scavi continuano ancora oggi sulla base di quei pochi indizi ritrovati. Chissà se un giorno verrà fuori qualcosa.

Per rimanere in tema di opere d'arte rubate, anche la retata descritta nei primi capitoli nella casa del figlio del Gallerista di Hitler, Cornelius Gurlit, ha un fondamento di verità. Nel 2012 il tribunale di Augusta spiccò un mandato di perquisizione per l'abitazione di Gurlit situata a Monaco a causa di una sospetta evasione fiscale, ma ciò che gli agenti trovarono davvero là dentro fu tutt'altra cosa. La retata infatti portò alla luce un bottino di quasi millequattrocento quadri, tra cui anche capolavori di Chagall, Picasso, Matisse e di molti maggiori maestri dell'arte moderna. Altra piccola coincidenza che non potevo non considerare ai fini della storia.

Passiamo ora ai capolavori architettonici descritti nel romanzo.

Fra essi ce n'è uno particolarmente affascinante e si tratta del lago sotterraneo che sorge cinque piano sotto l'Operà di Parigi (dove ho collocato tra l'altro la sede della Horus). Non sapevo assolutamente niente della sua esistenza e quando ho letto un articolo sull'argomento quasi non ho creduto ai miei occhi. Ma, anche se incredibile, è tutto vero. Non esiste nelle guide e non si può visitare, ma si trova davvero là sotto. Fu Charles Garnier a immaginarlo, nel 1861, mentre portava avanti la costruzione dell'edificio. Gli venne l'idea vedendo che il suolo era di pessima qualità e l'acqua di infiltrazione sempre più abbondante. L'edificio sarebbe crollato se non avessero trovato una soluzione e alla fine fu deciso di creare un grande serbatoio impermeabile sotto l'edificio. Che esiste tutt'oggi!

Il castello di Wewelsburg invece è di tutt'altra fattura. È descritto in modo accurato, sia per quanto riguarda l'architettura simbolica che evoca sia per quel che concerne il suo acquisto e la sua destinazione a luogo di culto oscuro ad opera di Himmler. Negli anni dal '39 al '34 fu davvero la sede oscura del Cavalieri Neri, un ordine segreto di templari con il compito di diffondere l'ideologia nazista del Nuovo Mondo. Le cerimonie narrate nel romanzo sono purtroppo vere, tutte escogitate dalla mente malata di Himmler così come gli anelli con la testa di morto e la presenza della cripta segreta nella torre Nord. Nelle intenzioni di Himmler, il castello doveva diventare il luogo dove far rinascere i Cavalieri della Tavola Rotonda, impersonati da dodici ufficiali delle S.S., cavalieri che sarebbero stati il suo seguito durante riti sconosciuti praticati all'interno del castello.

Ho cercato di rendere l'atmosfera mistica e oscura del luogo attraverso le parole del Reichsführer durante il rito di iniziazione, riportate fedelmente grazie ad alcuni documenti che ho visionato.

Anche tutte le descrizioni che narro in prima persona e che riguardano la devastazione dell'Europa durante la Seconda guerra mondiale sono vere. I bombardamenti, le incursioni, i ponti distrutti, i villaggi fantasma, gli avamposti nemici, ogni cosa è fedele alla realtà così come la visione di Praga in mano ai tedeschi.

Sempre parlando di castelli anche quello di Rheinsberg è reale, magnifico esempio dello stile architettonico rococò federiciano, mentre inventata è la biblioteca sotterranea descritta dalla Sentinella. Lo stesso dicasi della targa posta sul soffitto con l'iscrizione relativa alla poesia IF di Joseph Rudyard Kipling. Mi serviva un aggancio per poter narrare della Loggia Canongate Kilwinning di Edimburgo e quel luogo mi è parso fin da subito l'ideale considerando anche che il castello fu davvero un centro massonico non indifferente.

Tutto vero invece per quel che riguarda la vita di Kipling e il suo componimento. Egli fu davvero il fondatore di diverse logge massoniche e fu affiliato ad honorem in quella di Edimburgo.

Anche ciò che scrivo a proposito della stretta massonica e della loggia in questione è tutto vero, compresa la descrizione della sala principale dove si trova il Gran Maestro. Pavimenti, targhe e quadri, ogni dettaglio è reale così come la frase palindroma che funge da chiave di decrittazione. Inventato invece è il nascondiglio dietro il quadro dove ho fatto sì che venisse occultata una delle cinque copie del quadro di Böcklin.

Per finire, devo dire che non è mai esistito alcun piano segreto di Hitler per nascondere le opere d'arte destinate al suo museo privato, almeno che si sappia, e non c'è mai stato nessun ordine segreto per l'Alto Comando riguardante il trasporto del contenuto dalle miniere di Altaussee ai tunnel in Slesia.

L'incredibile serie di coincidenze disseminate come molliche di pane nel corso degli anni, invece, è assolutamente vera. Tutti questi particolari, se uniti in una certa maniera, possono però arrivare a raccontarci una storia molto diversa dalla realtà e compito dello scrittore è appunto quello di riuscire in una tale impresa per creare un percorso che sia plausibile e storicamente attendibile.

Spero di esserci riuscito.

Vorrei a questo punto concludere con un breve estratto tratto delle parole di James S. Plaut, direttore, dal novembre '44 all'aprile '46, dell'unità d'indagine sul saccheggio dell'arte dell'Ufficio dei servizi strategici (OSS) che fanno proprio riferimento al punto cruciale da cui ha avuto inizio tutta la narrazione.

Trovo che sia emblematico.

«Nelle miniere di sale erano conservati circa 6755 dipinti antichi, di cui 5350 destinati a Linz, 230 disegni, 1039 stampe, 95 arazzi, 68 sculture, 43 casse di oggetti d'arte e innumerevoli mobili; inoltre, 119 casse di libri della biblioteca di Hitler a Berlino e 237 casse di libri per la biblioteca di Linz. Nessuno sa dove siano finiti ...»

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