Dicembre 1944 - Slesia Polacca
I camion sono in ritardo. Sarebbero dovuti arrivare già da tre giorni, eppure ancora nulla. Guardo verso la strada cercando di penetrare la fitta coltre di nebbia che avvolge la campagna intorno al bordello, ma ciò che scorgo è solo un grigio uniforme. Fa freddo per cui mi alzò il bavero della giacca battendo i piedi a terra per riattivare la circolazione.
«Arriveranno» mi sussurra Inge stringendosi a me. «Devi avere fede.»
Annuisco, poi mi volto e pianto i miei occhi in quelli grandi di lei. È molto giovane, vent'anni appena compiuti, lunghi capelli corvini leggermente mossi, un bel seno e fianchi torniti. Ne ho conosciute molte di ragazze al bordello, ma lei si è dimostrata fin da subito molto più matura di tutte le altre sue coetanee. Ci siamo incontrati appena un anno prima, quando sono arrivato sul luogo per ordine di Hitler, con il compito di organizzare e mettere a punto il sito di accoglienza. Adesso è tutto pronto, devo solo aspettare l'arrivo dei camion da Altaussee.
Guardo ancora Inge.
È stata una collaboratrice preziosa in tutto questo tempo e so che lo sarà anche in futuro. All'inizio ero titubante nel metterla a parte del piano, ma la sua incrollabile fiducia nel Führer unita alla perfetta conoscenza del luogo e delle persone, mi hanno indotto a prendere quella decisione.
E ho fatto bene.
«Ho fiducia in te, mia amata» la tirò a me e la bacio con passione. Le sue labbra sono tiepide, morbide. Mi scaldano il cuore in quella fredda e umida mattinata di dicembre. Fra poco sarà Natale, ma nessuno nei villaggi vicini è in vena di festeggiare. La guerra è entrata in una fase critica per la Germania. I russi stanno avanzando con rapidità premendo ai confini mentre gli alleati hanno già conquistato gran parte dell'Europa. I continui bombardamenti della contraerea alleata hanno distrutto città e villaggi, raso al suolo ponti e vie di comunicazione e la miseria attanaglia la popolazione in rivolta. Le truppe tedesche si adoperano per sedare le ribellioni con la massima forza, ma le rappresaglie della resistenza sono sempre di più, e temo che prima o poi abbiamo il sopravvento.
Qui, nella Slesia polacca la situazione è drammatica. La maggioranza della popolazione espulsa all'inizio della guerra per essere sostituita con miei connazionali, adesso si sta riorganizzando e preme con forza per riottenere le proprie case e il proprio territorio. Breslavia è un cumolo di macerie e anche le campagne circostanti in cui mi trovo non sono state risparmiate.
«Adesso va'» dico a Inge strappandomi malvolentieri al suo abbraccio. «Torna al bordello o qualcuno sospetterà. Io attendo ancora un po' qua fuori l'arrivo dei camion.»
Lei annuisce e mi volta le spalle sparendo piano piano avvolta dalla foschia. La guardo andare via, con quei suoi lunghi capelli corvini che ondeggiano al vento. Nessuno deve venire a conoscenza della nostra relazione o lei morirà. È una debolezza con cui devo convivere. Non voglio mettere a repentaglio la sua vita, ma non posso fare a meno del suo amore. In mezzo a questo territorio spoglio e desolato è forse l'unica nota di calore che mi tiene in vita.
Un rumore sordo mi distrae da quei pensieri. Tornò a fendere la nebbia davanti a me e stavolta mi pare d'intravedere il bagliore annacquato di alcuni fari. Mi metto sull'attenti, il cuore che sobbalza nel petto.
***
Non mi sono sbagliato, si tratta proprio di un mezzo tedesco. La prima cosa che noto non appena si avvicina sono i molteplici fori nel telone, ma non ho tempo di soffermarmi su altro. Il motore è ancora acceso quando un soldato esce da dietro e si porta a pochi passi da me. La divisa da ufficiale delle SS che indosso lo induce a rilassarsi. Mi saluta alzando la mano. «Caporale Fritz Goring» la sua voce è ferma e salda «sto cercando il Corvo. Mi hanno detto che è di stanza in questo distaccamento.»
«Chi la manda, Caporale?»
«L'ufficiale Frederich Wagner. Lei conosce il Corvo?»
A sentire il nome del mio contatto un rivolo di sudore m'imperla la fronte nonostante il freddo. Temo il peggio.
«Sono io, Herr Goring. Vi stavo aspettando, da tre giorni ormai. Ditemi, come mai siete solo? Dove sono gli altri quattro camion?»
«Non lo so. Ci siamo divisi una volta partiti dalle miniere di Altaussee, per sicurezza. Ordini di Wagner. Non sono ancora arrivati i miei compagni?»
«Nein. Mi faccia parlare con Frederich, Caporale. Adesso!»
«Temo che non sia possibile. C'è stato un agguato, poco fuori Praga. Non ce l'ha fatta.»
Stringo i pugni. Maledetta resistenza! Faccio qualche altra domanda al caporale, poi gli ordino di rimontare sul camion e seguirmi fino al distaccamento poco lontano dal bordello. Nessuno di quegli uomini deve sapere dove si trova l'accesso al sito di accoglienza, ma dopo un viaggio così lungo e pericoloso il minimo che posso fare è offrire loro cibo e riposo.
Mi dispiace per Wagner. Non l'ho mai conosciuto di persona, ma sono sicuro che fosse un ufficiale degno della fiducia del Führer. Se così non fosse stato non sarebbe stato scelto per organizzare una missione così pericolosa. Sarebbe stato bello scambiare quattro chiacchiere con lui.
Gli ordini però sono chiari e l'indomani inizierò con il primo carico in attesa dell'arrivo degli altri. Devo affrettarmi, non so quanto durerà la tregua dalle ribellioni e non so quanto ancora resisteremo alla pressione sovietica vicino al confine. Se i Russi dovessero invadere il territorio non ci sarebbe più scampo per nessuno di noi e io non avrei il tempo necessario per concludere ciò che ho iniziato.
La nebbia per fortuna è un fedele alleato e nasconde alla vista ogni possibile riferimento al luogo che con grande perizia mi sono premurato di sistemare nel corso dell'ultimo anno, ma ciò non toglie che devo stare in allerta. Intanto guido i soldati al riparo ordinando ad altri commilitoni di montare la guardia in modo che nessuno si avvicini al camion. Io passerò la notte con loro, la mente rivolta alla missione e alla mia amata Inge.
***
Mentre sto sovrintendendo allo scarico delle casse arrivano anche gli altri quattro camion. Le operazioni si intensificano. Prima di tutto faccio scaricare l'intero carico nel deposito accanto alla casa di piacere, poi una volta che tutte le casse saranno lì, mi attiverò per portarle al sicuro. Avrò bisogno di Inge, come al solito, ma al momento è bene che lei rimanga lontana da sguardi indiscreti.
Alla fine del secondo giorno concedo tutti i soldati. Il carico è al sicuro nel deposito, d'ora in avanti toccherà a me trasferirlo.
Mando a chiamare Inge.
«Mia cara» le dico quasi in un sussurro «è giunto il momento. Un passaggio è stato scavato nell'Orangeria, una vera e propria casa sicura per le casse e gli altri contenitori che sono stati inviati. Presto lo vedrai anche tu, come promesso. La guerra ho paura che sia ormai perduta e temo per il nostro Führer, ma so anche che tu svolgerai al meglio il gravoso compito. Se qualcosa dovesse andare storto ricordati dell'Isola dei Morti.»
«Sarò all'altezza, puoi starne certo e veglierò sulle casse e il loro contenuto finché avrò fiato, ma non voglio pensare che ti possa accadere alcunché. Non lo sopporterei, preferirei morire.»
La stringo. «Sappiamo bene tutti e due cosa sta accadendo. I russi sono sempre più vicini e le incursioni della resistenza si fanno ogni giorno più audaci. Presto dovrò tornare a Berlino, ma ho la certezza che con te il prezioso carico sarà in ottime mani. Tu sai cosa fare.»
«Non perderemo la guerra. Il Führer si risolleverà, ne sono più che certa e tu non dovrai rimanere in Germania. Ho bisogno di te, qui.»
«La tua fiducia è così salda...» scuoto la testa abbracciandola.
Lei avvicina la bocca alla mia. «Ufficiale Klaus Scholz» mi sussurra «la mia anima ti appartiene, così come la mia volontà. Fa' di me ciò che ritieni necessario.»
La bacio, con passione e ardore assaporando il dolce profumo della sua pelle liscia.
Fuori riprende a nevicare.
***
Quindici giorni dopo, osservo con ammirazione il duro lavoro che Inge e io abbiamo svolto. Le casse sono state trasportate al sicuro, dislocate nei vari cunicoli. Adesso devo occuparmi dei cinque soldati che mi hanno aiutato. Non devono rimanere testimoni. Hanno servito fedelmente il Reich, ma non posso rischiare che rivelino ad alcuno ciò che abbiamo fatto. Con oggi finisco anche il mio resoconto, accludendo la mappa senza indicazioni come d'accordi con Inge. Da ora in poi tutto è riposto nelle sue mani. Se vinceremo la guerra, allora tornerò con il Führer, in caso contrario posso solo sperare che qualcuno un giorno recuperi tutto il contenuto e lo usi come leva per risollevare gli animi del popolo tedesco restaurando un nuovo e più potente Reich.
Mi preparo per l'eliminazione.
***
La notte è calata. Il vento soffia con violenza sferzando le cime degli alberi mentre il suo fischio acuto si perde nel buio della foresta. Fiocchi di neve stanno iniziando a cadere copiosi, imbiancando le cime e il terreno sotto di noi che ben presto si trasformerà in una poltiglia. Ho radunato i cinque soldati in uno spiazzo poco distante dal distaccamento, quasi al centro del bosco. Ho detto loro che grazie al servizio reso saranno accolti in una cerchia ristretta riservata agli eroi del Reich e che per farlo dovranno sottoporsi a una cerimonia d'iniziazione.
Inge mi aspetta nell'oscurità, nascosta fra gli alberi. È una perfetta tiratrice, come io stesso ho avuto modo di constatare durante le incursioni dei ribelli e mi sarà di grande aiuto, come sempre. È questo che mi piace di lei. È dolce e tenera, ma sa essere anche fredda e letale come un serpente.
«In ginocchio» ordino con voce ferma ai soldati, poi passo delle bende nere intorno ai loro occhi e mi porto alle spalle. Per l'occasione ho anche indossato l'anello con la testa di morto. Sto agendo per il bene del Reich, come si confà a un Cavaliere Nero e questa è una missione di alto livello. Tutto deve essere perfetto.
«Soldati» grido a gran voce squarciando il silenzio della sera «siete qui grazie al vostro valore. Stasera sarete insigniti della più alta onorificenza oscura» mentre parlo faccio un cenno a Inge che in silenzio mi si avvicina.
Il vento continua a soffiare incessante e la neve a cadere.
«Siete voi consapevoli di ciò?»
«Sì», gridano in coro.
«Accettate il vostro destino?»
«Sì», urlano ancora.
Inge mi passa il fucile e arma il suo. Lo punto verso la testa del primo soldato e lei fa altrettanto con il secondo. Dovremo agire in fretta, non voglio che nessuno di loro si accorga di ciò che stiamo facendo.
«In nero appaio bianco» pronuncio solennemente «plasmo il lavoro delle forze oscure così che serva il progresso della luce» mi fermo un attimo, poi riprendo. «Nel bianco appaio nero, trasformo nell'oscurità l'opera della luce in modo che sia forzata alla perfezione costante.»
Su quell'ultima parola premiamo all'unisono il grilletto, in rapida successione, sparando alla nuca dei soldati, uno dopo l'altro. L'aria viene spezzata dal rumore assordante dei proiettili e l'odore acre della polvere da sparo si spande rapido per la foresta oscura. Nessuno grida. Pochi secondi e sulla neve rossastra sono accasciati cinque corpi, il volto coperto da un pesante velo nero. Sembrano addormentati e così li lasciamo con il vento che sibila fra gli alberi e i fiocchi candidi che si adagiano mollemente sulle loro giubbe scure.
Tutto è finito.
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