CAPITOLO 7

7

«Sistema disattivato» fece l'uomo all'auricolare «via libera.»

Il compagno sgattaiolò fuori dal bagno del secondo piano in cui si era nascosto poco prima dell'uscita degli ospiti, nell'unico luogo in cui sapeva non esserci telecamere.

Il buio era totale, ma il visore a infrarossi gli permetteva di muoversi con agilità. Aveva studiato con precisione la disposizione interna dei locali, ogni corridoio e ogni singola sala espositiva. Conosceva nel dettaglio l'interno della Alte Nationalgalerie e sapeva esattamente dove andare e quanto tempo ci avrebbe messo.

Sgattaiolò come un'ombra fino al primo piano, quello che si trovava al livello del suolo, dirigendosi poi verso la sala dove erano esposte le opere di Böcklin. Sulle spalle uno zaino, in mano una pistola taser. A un certo punto vide da lontano una figura che correva nella sua direzione. Si appiattì contro il muro osservando l'uomo corpulento oltrepassarlo e sparire su per le scale. Lo aveva riconosciuto, si trattava del Direttore del Museo.

Si portò una mano all'auricolare e schiacciò un pulsante. «Ho appena visto passare Leroux, che cazzo sta succedendo?»

Rumore di scariche elettriche.

«No .. n .. .. so. Il Museo do ... ve ...va essere vu... oto.»

Si spostò verso una delle finestre nella speranza che il segnale lì prendesse meglio.

«... forse si tratta di una manutenzione straordinaria» stava dicendo la voce del compagno nel suo orecchio «comunque è tutto sotto controllo. Nessun movimento sospetto. Muoviti, il tempo stringe.»

«Okay, tu tieniti pronto.»

Si voltò, scacciando la sensazione che qualcosa non stesse andando per il verso giusto e si mosse in avanti ricoprendo gli ultimi metri che lo separavano dalla sala espositiva. Giunto sulla soglia, la varcò. In quel momento una figura scura riempì tutta la visuale degli infrarossi, troppo vicina per poterla scansare. Ci provò, ma non ci riuscì. Se la ritrovò addosso e ne venne travolto cadendo a terra.

***

Bernard reagì d'istinto portandosi a ridosso della parete più vicina. I suoi sensi da agente della Horus gli avevano fatto prendere quella decisione in una frazione di secondo. Poteva essere anche un guasto momentaneo al sistema, ma l'esperienza gli stava suggerendo esattamente il contrario. Stava succedendo qualcosa, ne era più che certo. Si tasto d'istinto la giacca in cerca della pistola, ma stavolta non l'aveva con sé. Oltre al fatto che non gli sarebbe servita per esaminare il quadro, non avrebbe nemmeno saputo come giustificarla ai controlli del galà. Doveva trovare qualcos'altro da usare come arma improvvisata. Ma cosa? Poi si ricordò del rilevatore che aveva in tasca. Poteva andare bene lo stesso, piccolo ma abbastanza duro per colpire eventuali intrusi.

Cercò di fendere l'oscurità ma non c'era modo di distinguere nulla. Il silenzio era ancora totale e non percepiva rumore di passi. Forse si era trattato davvero di un guasto e il Direttore stava cercando di rimediare. Si rilassò, ma in ogni caso decise di uscire da quella sala. Sarebbe salito al primo piano e avrebbe cercato Leroux. Con in mano lo scanner portatile si mosse rapido verso l'uscita accorgendosi un pelo troppo tardi di un'ombra scura che stava venendo dalla direzione opposta. Gli andò a sbattere in faccia ed entrambi caddero a terra con un tonfo.

***

L'uomo si rialzò di scatto. Nella caduta aveva tenuto il taser ben stretto nella mano senza lasciarlo andare, per cui ne approfittò per schiacciare il pulsante. I due elettrodi posti in cima ai dardi vennero rilasciati a una velocità altissima colpendo il fianco sinistro della figura ancora a terra. Una scarica di corrente ad alta tensione e bassa intensità venne rilasciata in brevissimi impulsi facendo contrarre a Bernard i muscoli in uno spasmo violento. Cinquantamila volt di tensione attraversarono quel corpo che prese a tremare convulsamente fino a che, qualche secondo più tardi, non si immobilizzò.

Senza perdere altro tempo a chiedersi chi fosse, l'uomo si rialzò ed entrò nella sala dirigendosi subito verso il quadro di Böcklin. Il sistema di allarme era stato disattivato dal suo collega così come le telecamere, per cui avrebbe potuto agire indisturbato. Lo afferrò e lo appoggiò a terra. Avrebbe dovuto toglierlo dalla pesante cornice di bronzo, ma la situazione si era improvvisamente complicata e non aveva tempo per le sottigliezze. Tirò quindi fuori dalla tasca un coltello, lo aprì e tagliò rapidamente il dipinto lungo i bordi, poi lo estrasse e lo ripiegò mettendolo dentro la giacca. Recuperò il taser che aveva appoggiato sul pavimento e uscì di corsa saltando il corpo svenuto dell'uomo. Percorse senza fermarsi tutto il corridoio del primo piano fino all'inizio della grande scalinata di marmo bianco che portava al piano superiore da dove proseguì arrivando proprio a ridosso della porta che conduceva nel vano esterno, sotto la statua equestre di Federico Guglielmo IV.

Quello era lo stretto passaggio usato di solito usato dai camioncini per il carico e lo scarico delle merci e lui aveva pensato che fosse il luogo migliore da dove fuggire, considerando che in quei giorni, là sotto, era stato allestito una specie di cantiere per dei lavori di manutenzione. Cinque minuti più tardi si trovava all'aperto.

Scavalcò alcune casse di legno cercando di non inciampare negli attrezzi lasciati per terra e, zizzagando fra un muletto e un paio di camion di piccole dimensioni, sbucò sul selciato di fronte al Museo. Senza fermarsi si mise a correre oltrepassando alcune aiuole muovendosi in direzione del fiume. Arrivato al loggiato esterno, si issò sul muretto, lo scavalcò e fece un salto sul motoscafo che galleggiava a pochi metri di distanza dal muricciolo di pietra.

Il compagno aveva già acceso il motore per cui fu questione di minuti. La barca aggredì l'acqua portandosi in mezzo al fiume e non appena l'uomo schiacciò fino in fondo la leva del gas, la prua si alzò leggermente facendo sfrecciare il motoscafo sulle acque scure della Sprea. 

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