CAPITOLO 51

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Hans Schädle era convinto che in quei cunicoli stesse succedendo qualcosa. Quei due si trovavano là sotto ormai da troppo tempo e questo poteva significare solo che avevano deciso di esplorare i tunnel oltre il cancello di ferro.

Che avessero trovato le tracce del tesoro?

La curiosità lo stava divorando, ma non voleva muoversi dal suo nascondiglio. Non poteva rischiare di rovinare l'effetto sorpresa.

Si mise perciò a camminare in cerchio, sempre al riparo degli alberi, divorato dall'impotenza, ragionando intanto su come i Nazisti avessero potuto trasportare tutte le casse in quei sotterranei. Per ingannare il tempo aveva studiato a fondo, dalla sua postazione, l'ambiente circostante lambiccandosi il cervello per trovare una risposta logica a quella domanda, ma più i minuti passavano, più si andava convincendo che ci doveva essere, da qualche parte, un'entrata secondaria, un nuovo tunnel che sbucava all'aperto usato all'epoca dai camion con le casse.

Era impensabile che i tedeschi avessero fatto tutto il lavoro usando i cunicoli in cui era passato lui.

Sì, ma dove poteva essere? Non aveva visto nulla di simile nei dintorni quando aveva attraversato il prato antistante il palazzo e anche dalla sua posizione non c'era niente che assomigliasse all'entrata di un cunicolo.

Strinse i pugni e alla fine decise che valeva la pena fare un tentativo sul retro dell'ex bordello. Ormai, tra l'altro, si stava facendo sera e la penombra avrebbe coperto le sue tracce in una zona già di per sé abbandonata.

Si voltò un'ultima volta intorno, poi agì. Attraversò rapido la sterpaglia antistante il palazzo e si portò dalla parte opposta. Vi arrivò ansimando e si nascose subito dietro il tronco di un grosso albero. Da qui osservò con attenzione ogni angolo della costruzione in rovina, ogni possibile luogo nascosto, ma non notò nulla che potesse far pensare a una uscita di qualche genere.

Chiuse un attimo gli occhi e cercò di calmarsi. Doveva ragionare. Come avrebbero fatto i nazisti dell'epoca? Cercò di immaginarsi come doveva apparire il palazzo nel '44 e si costruì nella mente i possibili scenari. In quell'inverno la guerra era ormai persa per la Germania, il territorio oggetto di continue incursioni da parte dei ribelli e dei sovietici e numerose pattuglie della contraerea dovevano probabilmente sorvolare i cieli in modo assiduo. Il rischio di essere scoperti doveva essere stato molto alto per cui l'ingresso alle gallerie avrebbe dovuto essere mascherato il più possibile soprattutto se vi fosse stata la necessità di farvi passare diversi camion. La soluzione più logica sarebbe stata perciò di realizzarlo in mezzo al bosco e in modo tale che sbucasse il più lontano possibile dal bordello, ma a una distanza comunque ragionevole.

Riaprì gli occhi.

Poteva avere senso. Si voltò indietro e prese a camminare all'ombra degli alberi in direzione opposta all'ingresso, scrutando a destra e a sinistra. Dopo circa quindici minuti arrivò al margine del bosco, poco prima della statale che curvava lasciandosi sulla sinistra i capannoni in disuso.

Quello poteva essere il luogo adatto, per cui si fermò, osservando la zona intorno a sé. Fece qualche passo verso destra per rimanere comunque al riparo da eventuali sguardi indiscreti e in quel momento si accorse di una specie di arco di pietra seminascosto dalla vegetazione.

Sicuro di essere nella direzione giusta si avvicinò ancora di più constatando però con disappunto che l'ingresso era sbarrato da una possente grata di ferro, arrugginita e quasi del tutto coperta dall'edera. Se non si fosse fermato in quella parte del bosco non lo avrebbe mai visto anche perché dietro l'arco il terreno era quasi pianeggiante. Con ogni probabilità l'accesso al condotto principale era stato scavato diagonalmente sottoterra in modo che la grata risultasse quasi al livello del suolo, solo leggermente rialzata come un piccolo dosso.

Sorrise, ormai certo di aver trovato il vecchio ingresso ai cunicoli del progetto RIESE. A quel punto dette uno sguardo rapido all'interno con la luce del cellulare giusto per accertarsi che il cunicolo fosse abbastanza largo da far passare i camion. Poi, soddisfatto ritornò sui suoi passi. In caso di necessità quella poteva essere una valida alternativa per una sortita a effetto. Era quasi arrivato nei pressi del palazzo che un paio di voci attrassero la sua attenzione. Si acquattò rapido fra la sterpaglia, aguzzando la vista. A qualche decina di metri un uomo e una donna stavano attraversando il prato diretti verso l'ingresso, proprio come gli aveva riferito Karl.

Attese qualche secondo per essere sicuro, poi non appena furono abbastanza lontani, prese il telefono e scrisse un breve messaggio per Wagner.

Gli ospiti sono tutti arrivati. L'accoglienza è pronta. Trovato il luogo ideale per il banchetto.

Lo inviò e si rimise in piedi deciso a tornare alla postazione inziale, ma era appena giunto sul perimetro della sterpaglia, che si dovette fermare di colpo, facendo un passo indietro e nascondendosi dietro un paio di grossi alberi.

Dall'ingresso del palazzo erano usciti la donna e l'uomo che aveva visto all'inizio e adesso tutti e quattro stavano confabulando sui gradini di fronte al portone.

Da dove si trovava non riusciva a capire una sola parola di quel che si stavano dicendo, ma dalle espressioni e dai gesti si rese conto che dovevano aver trovato qualcosa, sicuramente l'accesso alle gallerie con le casse. Il che confermava anche come mai gli altri due li avessero raggiunti così in fretta.

Le cose si mettevano sempre meglio.

Nessuno di loro era a conoscenza della sua presenza e Wagner ancora non era arrivato. Se fossero scesi di nuovo nei sotterranei avrebbe potuto attuare il suo piano in anticipo sui tempi, attendendo poi con calma di raccoglierne i frutti.

Quasi gli avessero letto nel pensiero vide le due donne e l'ultimo arrivato entrare nel palazzo mentre l'altro uomo rimanere all'esterno.

Dunque, non volevano correre rischi. Poco male. Uno solo non gli avrebbe causato problemi, sempre che non arrivassero rinforzi non pianificati.

Guardò l'orologio. Considerando la lunghezza dei tunnel quei tre non sarebbero passati dalla sala con le bombe prima di quindici, venti minuti almeno. Calcolò mentalmente di attenderne comunque trenta prima di agire, giusto per essere sicuro che fossero ben inoltrati nei sotterranei.

Fece un bel respiro. Tutto era predisposto, adesso non restava che occuparsi dell'ultimo incomodo. Tirò fuori la pistola dalla giacca e piantò lo sguardo diritto su di lui, in piedi di fronte all'ingresso.

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