CAPITOLO 5

Castello di Wewelsburg

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Karl Wagner richiuse la vetrata e tornò nel suo studio. Da allora erano passati più di settant'anni e molte cose erano cambiate. Il nonno non c'era più, suo padre anche e tutto l'impero industriale di famiglia si reggeva sulle sue spalle. Lui non si era mai sposato e non aveva figli, avendo preferito dedicare l'intera vita alla Nazione. Alla soglia dei cinquanta era ancora vigoroso e massiccio come da giovane, ma con in più la scaltrezza e l'audacia tipiche di chi ha acquisito la consapevolezza del proprio potere e della propria autorità. Era un personaggio chiave del governo federale, membro attivo del Bundestag e in lizza per essere eletto nuovo Cancelliere. Ormai il mandato dell'attuale capo del Governo stava per scadere e lui sapeva per certo che il Parlamento non gli avrebbe rinnovato la fiducia. Presto ci sarebbero state nuove elezioni e lui aveva lavorato sottobanco con grande cura per assicurarsi i voti necessari a ottenere la maggioranza.

Certo la Germania non era più quella di un tempo, e la situazione economico-politica molto diversa, ma lo spirito del popolo, anche se sopito, era sempre in agguato. Lo sapeva bene lui che per anni aveva soffocato ogni velleità di rivalsa per accondiscendere suo padre. Come lui, gran parte della popolazione anelava un nuovo cambiamento, voleva la Germania al centro del potere in un Europa in netta crisi. E questo era proprio il suo obiettivo. Una volta che avesse preso il potere, era solo questione di tempo prima che riuscisse a ricostruire un nuovo Reich. Per farlo però doveva agire con astuzia, sollevando le leve giuste e una di queste era senza dubbio mostrare alla Nazione le opere d'arte che il Führer aveva accumulato negli anni di guerra. Certo una simile dimostrazione avrebbe scatenato il putiferio internazionale visto che si trattava di oggetti rubati, ma lui sperava proprio in una simile reazione per aizzare il popolo e porsi come il grande mediatore della rinascita del Paese. Se avesse giocato bene le sue carte la strada verso la dittatura e il potere assoluto sarebbero state in totale discesa.

Si rigirò di nuovo il grosso anello al dito anulare sinistro osservando con riverenza il teschio inciso su fronde di quercia. Era il simbolo dei Cavalieri Neri, una squadra di élite voluta dal Reichsführer Himmler in persona con lo scopo di costruire un nuovo ordine mondiale, ma anche quello della neonata società che faceva capo a lui e che aveva lo stesso identico obiettivo. Lo sfiorò con delicatezza ripensando a Cornelius e al diario del Corvo.

Fino a pochi mesi prima lui era il solo e unico depositario delle seppur minime informazioni sulla vicenda dei camion diretti in Slesia, ma adesso a quanto pareva non più. Aveva fatto un sacco di ricerche sull'Isola dei Morti e quando finalmente era giunto alla conclusione che un qualche segreto doveva essere stato celato nelle cinque copie di quel dipinto, ecco che era spuntato fuori quel dannato diario. Si era mosso subito, ma proprio quando tutto sembrava fatto, l'affare gli era scivolato dalle mani. Adesso qualcun altro avrebbe potuto riscostruire la storia e forse avrebbe addirittura avuto maggiori informazioni rispetto a lui e tutto a causa di quel Deveroux. La tortura non era servita a rivelargli il luogo dove erano state portate le casse di Cornelius, ma facendo delle indagini approfondite tramite le sue fonti era comunque venuto a sapere che nella faccenda era coinvolta la Horus, una specie di agenzia governativa in seno all'UNESCO specializzata nella ricerca delle opere d'arte perdute durante la Seconda guerra mondiale. La qual cosa non prometteva nulla di buono.

Doveva arginare la falla prima che fosse troppo tardi. Intanto si era premurato di far sparire tutte le tracce che potessero in qualche modo riportare a lui, come il cadavere di Deveroux e quello di Cornelius. Il passo successivo sarebbe stato poi quello di attendere l'esito dei suoi agenti alla Alte Nationalgalerie di Berlino. Se quella sera tutto fosse filato liscio avrebbe potuto, forse, avere la conferma alla sua tesi e, nel caso, dare finalmente l'avvio alla ricerca delle opere perdute. In quanto alla Horus era una faccenda che avrebbe gestito in prima persona, ma non prima di avere nuove e più approfondite informazioni al riguardo. Sfiorò di nuovo il grosso anello, quasi volesse trarre da esso la forza necessaria per andare avanti, poi inforcò gli occhiali, accese il computer e mandò un breve messaggio al suo contatto all'UNESCO.

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