CAPITOLO 42
Hertenstein - Lago dei Quattro Cantoni
Villa Senar
42
Hans Schädle spense il motore dell'imbarcazione e lasciò che la corrente lo spingesse fino alla rimessa delle barche. Intanto era calata la notte. Nel cielo, sgombro di nuvole e costellato da una moltitudine di stelle luminose, splendeva una luna quasi piena che irradiava con i suoi deboli raggi le acque del lago increspate dal forte vento. Continue onde s'infrangevano rumorosamente sulla costa frastagliata mentre le fronde degli alberi si piegavano emettendo dei sinistri fruscii.
Infreddolito, si chiuse il giubbotto fino sopra la gola, poi prese dalla tasca il passamontagna nero e si coprì il volto preparandosi a saltare a terra. La spalla gli faceva ancora male, ma per fortuna il proiettile che lo aveva colpito non aveva leso nessun muscolo provocandogli solo una dolorosa ferita. Imbottito di antidolorifici, era in grado di muoverlo abbastanza bene e questo gli garantiva un buon margine d'azione. Non appena il gommone si fermò arenandosi sulla spiaggia sabbiosa, scese a terra con un balzo e si affrettò a legare la corda a uno dei pioli di legno conficcati nel terreno lì vicino. Verificò poi che la pistola fosse carica e che in tasca avesse messo un caricatore di riserva, quindi, si voltò intorno per un ulteriore controllo. Non vide nessuno e non udì altro suono se non il continuo e insistente sibilo del vento unito al fragore della risacca. Sistemato lo zaino ben stretto sulle spalle si avviò allora con rapidità su per il pendio fangoso, saltando le pozze residuo della pioggia del giorno prima e, schiena bassa, risalì il terrapieno racchiuso da alti alberi che circondavano la tenuta fino a fermarsi di fronte a un cancello di ferro, al riparo di un grosso tronco.
Il freddo era pungente e dal naso gli uscivano nuvolette di fumo bianco ogni qual volta respirava. Si acquattò dietro al tronco per confondersi con il buio della notte e fece un bel respiro ripensando per un attimo alla disposizione della villa e alle sue misure di sicurezza.
Wagner era stato alquanto prolifico al riguardo. Grazie ai suoi agganci lo aveva informato non solo che la villa era in parziale ristrutturazione e quindi non aperta al pubblico, ma anche che delle sette telecamere sparse per l'intero perimetro in realtà solo tre erano realmente in funzione, come quelle a pochi passi da lui. In silenzio, ripassò mentalmente la struttura dell'edificio e del giardino antistante, là dove era collocata la statua e quando si sentì pronto si tolse lo zaino dalle spalle tirandone fuori una bomboletta spray. Con il volto coperto dal passamontagna e i guanti alle mani fece allora un passo in avanti spruzzando al contempo la speciale vernice corrosiva contenuta nella bomboletta sulla telecamera agganciata al cancello. Attese qualche minuto perché facesse effetto sciogliendo il vetro e rendendo impossibile visualizzare le immagini, quindi, si mosse verso l'entrata.
Dell'allarme e di possibili guardie non si sarebbe dovuto preoccupare visto che, come Wagner si era premurato di riferirgli, non solo non era stato installato niente di simile, ma stando alle ultime notizie solo una guardia privata aveva il compito, ogni mattina, di visionare i filmati della sera in cerca di eventuali problemi. Del resto a chi mai sarebbe venuto in mente di introdursi in quella villa che di fatto ospitava solo una piccola collezione dei volumi musicali di Rachmaninoff, qualche spartito originale, della vecchia mobilia, oltre a un piccolo museo dedicato al compositore? Nessuno, considerato che il valore di tutto ciò non valeva il rischio.
Guardò un attimo l'orologio. Le quattro di notte. Avrebbe avuto ancora un sacco di tempo. Rincuorato da ciò, prese delle tronchesi dallo zaino e ruppe con facilità il lucchetto semi arrugginito dall'umidità aprendo il cancello quel tanto che bastava a passare, poi, rimessosi il tutto sulle spalle, a passi rapidi entrò nella tenuta attraversandola in diagonale fino alla fine del loggiato, là dove troneggiava la statua in bronzo di Sergei Rachmaninoff.
***
Margot, dopo aver osservato il gommone arenato sulla spiaggia a pochi metri da lei, virò la barca cercando di farla accostare dalla parte opposta della rimessa. Non era facile governarla a causa delle continue onde e del vento, ma con un po' di pazienza ci riuscì. Una volta toccata la ghiaia fangosa non perse tempo e scese a terra con un balzo, subito seguita da Bonnet e da Payne. Si guardò furtiva intorno, poi tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un coltellino svizzero e lo gettò a François. «Sai cosa fare» gli ordinò mentre si avviava veloce verso il terrapieno.
Lui lo afferrò al volo e si mosse rapido nella direzione del gommone. Qui si piegò sulle ginocchia e infilò con forza la lama nella fiancata, spingendo fino in fondo. A quel punto spostò con forza il coltello verso destra in modo da aprire un enorme squarcio nel PVC. Una volta raggiunta la lunghezza di almeno mezzo metro, ammirò soddisfatto il suo lavoro, quindi, estrasse la lama e raggiunse i compagni.
«Non sappiamo in quanti sono» sussurrò Margot non appena lo vide arrivare calcandosi un passamontagna nero sulla testa e tirando fuori la pistola, «per cui dividiamoci. Payne, lei verrà con me mentre Bonnet ci coprirà le spalle rimanendo tra il terrapieno e il giardino. Domande?»
Lui scosse la testa e altrettanto fece Martin.
«Bene, allora diamoci una mossa».
Pochi minuti dopo giunsero presso il cancello in cima allo sterrato. Margot si avvicinò e, constatato che la telecamera aveva il vetro corroso e annerito, con un mezzo sorriso lo aprì spingendolo con la punta della scarpa, poi s'introdusse all'interno acquattandosi subito dopo a ridosso della siepe che costeggiava il perimetro della tenuta. A quel punto si voltò verso Martin e gli fece cenno di raggiungerla.
La statua del compositore russo si trovava dalla parte opposta alla loro, quasi in linea verticale con la posizione in cui si trovavano illuminata dall'azzurrognola luce della luna. Anche da quella distanza era in grado di distinguere piuttosto bene i contorni dell'edificio e del pergolato così come i movimenti di una figura che, china sul terreno, pareva stesse esaminando con estrema attenzione il piedistallo della statua.
«E adesso?» le sussurrò piano Payne. «Qual è il piano?»
«Per ora ce ne staremo all'ombra della siepe in osservazione. Non mi pare di vedere altre persone intorno, quindi presumo che per fare più veloce Wagner abbia mandato solo quell'uomo, probabilmente lo stesso che era a Firenze...»
«Vuole rendergli pan per focaccia eh?» l'anticipò Payne con un sorriso. «Far fare a loro il lavoro sporco per poi impadronirci del risultato. Mi piace.»
«Vedo che afferra al volo. Sì, questa è l'idea. Adesso però stia zitto e si tenga pronto, qualunque cosa accada.»
Lui annuì appiattendosi ancora di più al riparo della siepe.
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