CAPITOLO 35

35

Màrcia entrò nel salone, appena dietro Caspar e approfittò dell'attimo di silenzio prima delle presentazioni per muovere gli occhi da una parte all'altra nel tentativo di memorizzare ogni particolare. Davanti a sé vide due finestre a doppia arcata che davano sul giardino esterno, alcune piante finte appoggiate alla parete intermedia e un paio di vetrine con prototipi di macchine robotiche, oltre a diversi computer risalenti agli anni '80. Stupita, ma anche incuriosita, avanzò di qualche passo gettando lo sguardo verso l'alto catturata dalle possenti travi di legno del soffitto, tra le quali correvano numerosi fili in stile vintage a cui erano fissati molteplici faretti a led. Una luce calda e uniforme si diffondeva per tutto l'ambiente. Notò diverse mensole alle pareti di pietra con sopra dei router WIFI e altri gingilli elettronici, tra i quali riconobbe un disturbatore di segnale, un access point di ultima generazione e almeno tre mini-gruppi di continuità necessari per garantire la sicurezza della corrente elettrica, soprattutto in giornate come quella. Frastornata seguì Caspar al centro del salone dove un lungo tavolo ovale in noce, dalle gambe finemente intarsiate, occupava quasi tutto lo spazio. Anche qui il contrasto tra la raffinatezza dell'ambiente e la ricerca costante della tecnologia era più che evidente. Un pannello LCD era stato installato all'interno della superficie di legno e diversi cavetti correvano lungo le gambe finendo sotto il pavimento per poi sparire, come inghiottiti. Accanto ad esso erano state disposte ciotole con pietanze e stuzzichini di vario genere, oltre a bibite gassate, lattine di Red Bull in quantità e un contenitore con chiavette usb di diverse dimensioni. Tutto intorno si estendevano un divano angolare dal colore grigio antracite e diverse poltrone in pelle nera, mentre, appoggiato alla parete opposta alle vetrate, faceva sfoggio di sé una libreria di mogano scuro stracolma di volumi sull'informatica. Màrcià, spostando lo sguardo in quella direzione non poté non notare anche quella che pareva essere una lunga mensola bianca che correva parallela al terreno fino all'altezza di una nuova porta. Sopra vi erano poggiati quattro enormi monitor LCD collegati ad altrettanti computers da cui fuoriuscivano matasse di cavi racchiusi dentro tubicini di plastica bianca che poi svanivano nel muro retrostante come serpenti fra le pietre. Uno stereo vintage posato a terra accanto alla porta a vetri e collegato a casse bluetooth ultramoderne diffondeva una soffusa sinfonia classica. Màrcia era attonita e spaesata, e solo in quel momento, forse, intuì davvero in che razza di situazione assurda si fosse andata a cacciare. Caspar, vedendola perplessa, si affrettò a metterla in contatto con i suoi compagni. Il primo, un ragazzo, che si presentò con un sorriso come Trovatore98 e la seconda, una ragazza, bassa di statura e sguardo duro e impenetrabile. Infine si accomodò su una delle poltrone e la invitò a fare altrettanto.

Lei si tolse lo zaino e il cappotto e si adagiò sprofondando nella morbida pelle.

«Una Red Bull?» le domandò Trovatore98.

Annuì. Forse le avrebbe fatto bene bere qualcosa che la tenesse vigile e in allerta. Nell'aria c'era una strana atmosfera e lei percepiva chiaramente la falsa rilassatezza dei suoi ospiti, come se tutta quella bonaria accoglienza servisse solo come specchietto per le allodole. Si sentiva in trappola come una preda che fosse inconsapevole di essere appena finita nella tela del ragno. Lo sguardo duro e fisso della ragazza le ricordò che nessuno di loro era veramente suo amico.

«Interessante quel tuo BOT» la voce di Caspar la strappò alle riflessioni. Il ragazzo le aveva rivolto di nuovo la parola, ma senza guardarla negli occhi.

«Grazie» mormorò lei timidamente cercando di non dare l'impressione di essere troppo arrogante e smaliziata, come aveva fatto in chat. Dopotutto tra il parlare tramite una tastiera e farlo di persona, almeno per i nerd come quei ragazzi, c'era una bella differenza. E lei si doveva adeguare.

«Mi piacerebbe vederlo all'opera nella sua intera struttura» continuò Caspar afferrando una Red Bull.

«Ho qui il mio PC» gli rispose lei indicando lo zaino «con una simulazione che ho preparato proprio per l'incontro» sorrise appena come se avesse detto una cosa sbagliata.

Caspar scosse la testa. «Non puoi usare il tuo computer, noi non lo facciamo» volse lo sguardo ai suoi compagni. «Dico bene?»

«Ha ragione» fece Trovatore98. «E' per la sicurezza, ovvio. Lo capisci, no?»

«Avresti fatto meglio a non portarlo!» rincarò la dose la ragazza con una voce carica di risentimento.

«Glitch!» intervenne un ragazzo biondo appena entrato nella sala. «Ricordati che lei è nuova. Lasciamole un po' di spazio, diamole il tempo di...»

«E tu, invece, perché non torni dalla mamma, Opus16

«Fanculo!» le rispose il giovane mettendosi a sedere.

«Adesso basta! Fatela finita, tutti e due» intervenne Caspar senza troppa convinzione. Poi si voltò verso Màrcia e guardando in basso le ordinò. «Fammi vedere cosa c'è nel tuo zaino.» Il suo tono stavolta non ammetteva repliche.

Màrcia lo afferrò e lo aprì. «È solo il mio portatile e questo è uno scanner digitale, una specie di lettore barcode. Lo sto sviluppando con un software di mia invenzione e lo porto sempre con me, sapete, per sfruttare ogni momento...»

«Dobbiamo scannerizzare il PC» fece ancora Caspar allungando le mani in un gesto più che eloquente.

Lei annuì, lo prese e glielo porse.

Caspar lo passò a Trovatore98 che si alzò subito e lo poggiò sulla mensola accanto alla libreria. Qui lo accese e vi attaccò un cavetto USB collegato a uno dei computer della stanza.

«La password è...» iniziò Màrcia, ma venne subito interrotta da Caspar. «Non ci serve. Abbiamo tutto il necessario. Non ci vorrà molto, nel frattempo, se vuoi, puoi servirti. Abbiamo un sacco di cose da mangiare.»

«Magari dopo» gli rispose lei afflosciandosi nella poltrona.

Cinque minuti più tardi Trovatore98 le restituì il portatile. «Pulito» disse a beneficio di tutti e poi le fece l'occhiolino.

«Visto?» fece Opus16.

Glitch alzò le spalle, afferrò un tramezzino e una Red Bull e tornò a fissare Màrcia. «Allora, questo BOT? Ce lo fai vedere o no? Caspar dice che è roba grossa...» la sua voce tradiva rabbia e un misto di gelosia.

«Posso attaccare il portatile ai vostri server, adesso?»

«Visto che è pulito, per stavolta faremo un'eccezione» le confermò Caspar alzandosi e indicandole quale usare.

Màrcia lo seguì e dopo qualche breve operazione alla tastiera spiegò nel dettaglio come aveva costruito il programma e cosa era in grado di eseguire una volta installato.

«Quindi stai dicendo» commentò alla fine Caspar fissando lo schermo, «che hai creato un sistema integrato in grado di modificare il significato e la funzione stessa del BOT?»

«Sì, se inserito in un'interfaccia multimediale in cui convivono testo, immagini e bottoni di comando. Usando algoritmi potenti e nuovi canali sono riuscita a "chiudere" il BOT dandogli così un obiettivo ben definito.»

«Geniale» commentò Trovatore98. «Se non erro era quello che avresti voluto fare anche tu, no?» fece poi rivolto a Glitch che gli lanciò un'occhiata carica di disprezzo.

«Dovremmo collaborare insieme» aggiunse Caspar prendendo un tramezzino. «Hai talento.»

«Un tempo lo dicevi di me» fece risentita Glitch.

«Gelosa?» Opus16 sembrava stranamente divertito.

«Ho visto che stai testando il tuo BOT per l'AI usando dei prototipi di reti neurali» continuò Caspar senza degnare Glitch di una risposta. Sembrava un'altra persona rispetto al timido ragazzo che l'aveva accolta nel salone. Persino le guance avevano assunto un leggero colorito rossastro. «Ho ragione?»

Lei annuì. «Reti Neurali Ricorrenti, per la precisione. In pratica la macchina nella quale viene installato il BOT è come se all'improvviso fosse in grado di pesare le parole e perfino di misurarle» spiegò mentre sentiva la calma impadronirsi di nuovo del suo corpo.

«Ma come fai a dare loro una forma?» domandò Trovatore98 sinceramente interessato, mentre Opus16 fissava lo schermo affascinato da quelle righe di comando. «Hai usato il Word Embedding, per caso?»

«In un certo senso, sì» gli rispose lei. «Vedete, dopo svariati tentativi sono riuscita a trovare la maniera di combinare quella tecnica ormai collaudata con quella più recente del Machine Learning, sviluppando una modalità più semplice per rappresentare in modo distribuito le parole in uno spazio vettoriale. Non è stato facile ma alla fine tale scelta ha fatto sì che il software stesso potesse essere in grado di memorizzare le informazioni sia semantiche che sintattiche a partire da uno luogo in cui i vettori delle parole sono più vicini se le parole occorrono negli stessi contesti linguistici, ovvero se sono riconosciute come semanticamente più simili.»

«In pratica hai realizzato un'analisi testuale che mette in relazione le singole parole con il contesto in cui si trovano» concluse Caspar riassumendo il discorso. «Diamine, io stesso ci ho provato per diverso tempo, ma non sono arrivato molto lontano. È sbalorditivo quello che sei riuscita a fare.»

Lei alzò le spalle senza aggiungere altro. Da un certo punto di vista poteva capire ciò che stavano provando quei ragazzi e una parte di lei era anche felice di aver mostrato loro un po' del suo lavoro. Era pur sempre gratificante ricevere sinceri complimenti soprattutto se venivano da qualcuno che capiva fino in fondo ciò a cui aveva dedicato la sua vita. Adesso però sarebbe stato ancora più difficile fare quello per cui si trovava lì.

«Bene, abbiamo capito di aver un genio tra noi» commentò Glitch più arrabbiata che sarcastica. «E ora?» fece rivolta a Caspar. «Cosa hai intenzione di fare?»

«Una pausa» le rispose lui. «Potremo riprendere il discorso fra un po'. Vorrei mangiare, se siete tutti d'accordo.»

Glitch emise un lungo sospiro, mentre Opus16 ridacchiava.

«Mi piacerebbe molto visitare la casa» intervenne a un tratto Màrcia, timidamente. «Sai, sono una grande appassionata d'arte e so che questa villa un tempo apparteneva al tuo bisnonno, Arnold Boklin, il famoso pittore. Pensi che sia possibile?»

«Anche questo» sussurrò Glitch afferrando una nuova Red Bull «che palle!»

«Credo che si possa fare, sì» le rispose Caspar tornando a guardare in basso. «Non ho mai dato grande importanza ai quadri del mio bisnonno» fece dondolando la testa «ma se ho questa splendida residenza in fondo lo devo a lui, quindi ... okay va bene.»

«Grazie.»

«Sai, ho anche un quadro esposto» riprese come se la cosa gli importasse davvero. «l'Isola dei Morti. Un dipinto inquietante a dire il vero. Non mi è mai piaciuto, ma è una delle cinque copie che il mio bisnonno realizzò e la critica lo ha da sempre ritenuto uno dei suoi capolavori. Se ti va di vederlo...»

«Sarebbe magnifico.»

«Sì, come no!» commentò piano Glitch. «Un vero spasso. Che noia!»

«Non le dare retta» concluse Caspar alzandosi. «Dai, andiamo subito, dopo vorrei dare ancora un'occhiata a quel tuo programma e il tempo che abbiamo a disposizione non è molto.»

«Divertitevi!» gracchiò Glitch con un sorriso beffardo gettando nel cestino la lattina accartocciata di Red Bull. «Noi lo faremo...»

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