CAPITOLO 33
33
«Chi era, tesoro?» la voce di Maurice Fournier le giunse come ovattata attraverso il corridoio. Astrid riattaccò, si fece un caffè caldo e tornò in camera da letto. «Lavoro, come al solito.»
«Non puoi staccare il telefono, almeno per qualche ora?» le rispose lui battendo la mano sul materasso come a indicarle di tornare sotto le lenzuola.
«Mi piacerebbe, ma sai che non è possibile... È già tanto se ci concediamo qualche strappo alla regola...»
«Direi che ne vale la pena, però» fece ancora lui con aria ammiccante. «Che ne dici se riprendiamo da dove siamo stati interrotti?»
Astrid sorrise, poggiò la tazzina sul comodino e si tolse la vestaglia. «Era quello che stavo per proporti» gli sussurrò prima di infilarsi sotto le coperte.
Mezz'ora più tardi Maurice si accese una sigaretta, poggiando la schiena alla testiera del letto.
«Quindici anni di matrimonio e sei sempre focosa come quando ci siamo conosciuti.»
«Beh, anche tu non scherzi e comunque devo dire che la tua idea d'incontrarci di straforo come una coppia di giovani innamorati, non è stata niente male. Dopotutto non si vive di solo lavoro, no?»
«A chi lo dici. Senti, a proposito dell'argomento, so che Margot non si è ancora ripresa dallo shock per la morte del suo ex marito, e lo posso comprendere, ma tu?»
«Io cosa?»
«Diamine Astrid, sono preoccupato per te, no? Lo leggo nei tuoi occhi che ti senti responsabile, ma non è colpa tua.»
«Lo so, passerà. In quanto a Margot saprà cavarsela. La conosco bene, è una donna forte, troverà il modo di superare anche questo.»
«Ascolta, so che ti fidi di lei e che la faccenda del quadro di Böcklin è molto importante, ma sta prendendo una piega non convenzionale. Due morti e un attentato, Astrid, e non sappiamo ancora cosa potrà succedere. Pensi davvero che valga la pena di continuare?»
Suo marito aveva ragione. Era la stessa domanda che si era posta anche lei negli ultimi giorni almeno un centinaio di volte, e che continuava a risuonarle nella mente come un mantra, ma purtroppo ancora non aveva una risposta. Ritrovare le opere d'arte perdute e restituirle al mondo era l'obiettivo per cui era stata costituita la Horus, ma poteva questo bastare a giustificare la perdita di vite umane? Fino a quel momento non aveva mai dovuto affrontare un dilemma simile e sinceramente non sapeva come comportarsi. Parlarne con suo marito, che in parte condivideva il suo lavoro all'UNESCO, l'aiutava ad alleggerire quel peso.
Scosse la testa. «Non lo so Maurice. Per Margot la Horus è tutto, vi si è dedicata anima e corpo negli ultimi due anni sacrificando parte della sua vita. Non credo che vi rinunzi così facilmente. Sì, è vero, in questo momento è confusa, ma sono convinta che sta già recuperando la lucidità. E poi c'è la faccenda di Wagner. Non ho intenzione di fargliela passare a quel figlio di...»
«Attenta, Astrid, stai parlando del Cancelliere tedesco, ricordatelo. Però su una cosa hai ragione, non può cavarsela così impunemente soprattutto se dietro a quelle uccisioni c'è la sua mano. Dico solo che forse dovreste rallentare un po' e magari avere delle prove concrete prima di imboccare una strada senza ritorno.»
«Ma tu sei dalla mia parte o no? Hai sentito cosa è successo, giusto?»
«Certo che sono con te, per questo sono preoccupato. E se il prossimo attentato fosse nei tuoi confronti? Ci hai pensato, Astrid?»
«Non succederà» gli mise una mano sulla coscia nuda «Ma non possiamo fermarci. Siamo andati fin troppo oltre, Maurice. Prima al telefono era Payne, quel professore d'arte che Margot ha reclutato e di cui ti ho parlato. Mi ha riferito che sono riusciti a contattare il tizio che possiede l'ultima copia del quadro. Si chiama Caspar Böcklin e pare che sia una specie di nerd che vive in una villa ereditata dal bis-nonno sulle colline di Fiesole. Tra due giorni saranno lì.»
Lui scosse la testa spengendo la sigaretta nel posacenere. «Non mi piace, Astrid. Mica vorrai andare anche tu?»
«No, tranquillo, io sono tutta per te» e si distese su di lui scaraventando per terra le coperte. «Che ne dici? Facciamo il bis?»
Lui la tirò a sé e la baciò sulla bocca. «Speravo proprio che me lo chiedessi...»
***
Maurice attese che Astrid fosse uscita dal loro appartamento, quindi aprì la finestra della camera e si portò sulla terrazza che dava sull'immensa distesa boscosa del Bois de Vincennes. Attese fino a quando non vide sua moglie salire in macchina, mettere in moto e imboccare Chau de l'Etang. A quel punto prese il cellulare per fare il numero di Karl Wagner e una smorfia di disgusto increspò le sue labbra nel momento in cui notò che c'erano ben tre chiamate senza risposta. Strinse i pugni e facendosi forza digitò il suo numero mentre teneva gli occhi puntati nella direzione del lago di Saint-Mandé a poche centinaia di metri da lui.
«Finalmente!» fece il Cancelliere al primo squillo. «Perché diavolo non hai risposto prima? Sapevi che ti stavo cercando.»
«Non tutti sono sempre a disposizione, Wagner.»
«Te la stavi spassando con tua moglie, eh? O forse con qualcun'altra?»
«Non sono affari tuoi.»
«Oh eccome, invece. Devo forse ricordarti del dossier alquanto dettagliato sulle tue scappatelle?»
Maurice strinse il telefono. Odiava quell'uomo tanto quanto se stesso. Tradire Astrid era stato uno sbaglio, certo, ma ancora di più lo era stato fidarsi di quel demonio. Si erano conosciuti un anno e mezzo prima, durante una cena di gala a Parigi. All'inizio gli era sembrato sinceramente interessato al lavoro dell'UNESCO e alla salvaguardia del patrimonio artistico mondiale e come membro del Bundestag aveva pensato che potesse avere anche una discreta voce in capitolo sulla questione delle opere rubate durante il periodo del nazismo. Così si era lasciato convincere a collaborare nella speranza di poter sfruttare quella posizione a vantaggio dell'organizzazione, ma si era sbagliato e adesso ne stava pagando le conseguenze. Troppo tardi, infatti, aveva capito che quell'uomo lo aveva avvicinato solo perché era il marito di Astrid e le sue scappatelle amorose non avevano fatto altro che fornirgli su un piatto d'argento la scusa perfetta per essere ricattato.
«Cosa vuoi, Karl?» disse a denti stretti maledicendosi per la sua stupidità.
«Lo sai. Informazioni. Dimmi, c'è qualche novità su Firenze?»
Maurice gli raccontò tutto ben sapendo di non avere scelta.
«Altro?» gli domandò Karl soddisfatto quando ebbe ascoltato ogni particolare.
«Sì», fece Fournier con voce dura «voglio sapere se dietro all'attentato di Margot ci sei tu.»
Karl rise. «E tu pensi che io sia così stupido da confermare o smentire una simile accusa per telefono? Mi deludi decisamente, amico mio.»
«Sei uno stronzo bastardo, Karl. Che cazzo ti frulla per la testa?»
«Parli proprio come tua moglie, sai?» gli rispose invece lui con calma cambiando argomento. «A proposito, è venuta a trovarmi a Wewelsburg l'altro giorno, non te l'ha detto?»
«No, ma spero che ti abbia sputato in faccia.»
«Non proprio. Abbiamo discusso e se ne è andata con una velata minaccia, proprio come stai facendo tu adesso. Forse con te saprà essere più esplicita, se glielo chiedi.»
«Senti, non me ne frega un cazzo di cosa fai della tua vita, ma lascia fuori mia moglie da questa storia, chiaro?»
«Accidenti che paroloni, Maurice. Da dove viene tutta questa tua risolutezza?»
«Non sto scherzando, Karl e visto come stanno andando le cose questa è l'ultima volta che collaboro con te. Tu sei pazzo e non intendo andare oltre.»
«Non ti conviene minacciarmi, sai di cosa sono capace.»
«Fa' come vuoi. È tempo che io confessi ad Astrid i miei peccati. Voglio uscirne pulito e soprattutto non voglio più avere a che fare con te. Dannazione non puoi andare a giro uccidendo le persone con le bombe.»
«Quindi è la tua ultima decisione?» ancora una volta non rispose alla provocazione. La sua voce non tradiva la minima ansia o paura.
«Fai bene a non rispondere ... comunque mi hai sentito, no? Da adesso dovrai cavartela da solo gran figlio di puttana e se ti azzardi a fare del male a mia moglie, Karl, la prossima volta ...»
«Cosa? Cosa farai, Maurice?»
«Non sei l'unico ad avere delle risorse, Cancelliere. Usa l'immaginazione.»
«Lo farò. Addio, Fournier.»
***
Astrid spense il cellulare. Aveva sentito abbastanza. L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era spiare suo marito, ma Margot aveva avuto la giusta intuizione a dubitare di lui e adesso anche lei ne aveva la conferma.
Sentì gli occhi inumidirsi, ma era più incazzata che triste. Sulle scappatelle amorose avrebbe anche potuto chiudere un occhio, ma sul tradimento con Wagner, no. Maurice aveva oltrepassato ogni limite e ne avrebbe pagato le conseguenze. Chiuse l'app d'intercettazione che aveva installato sul suo telefono grazie a Pereira e compose il numero di Margot.
«Avevi ragione, su tutto» le disse non appena lei rispose.
«Mi spiace, Astrid, davvero.»
«Adesso non è il momento di piangersi addosso. Abbiamo una missione da portare avanti e ha la priorità assoluta, per cui tenete gli occhi ben aperti. A quanto pare, avrete presto compagnia.»
«Lo faremo. Dimmi solo un'ultima cosa, Astrid, e ti prego di essere sincera. Maurice sapeva dell'attentato a mio marito?»
«No, almeno su questo quel bastardo è pulito. Da quel che si sono detti ho intuito che è stata solo un'idea di Wagner e basta.»
«Okay, grazie» ci fu un leggero sospiro come una sorta di liberazione poi Margot riprese. «Adesso che farai?» domandò all'amica.
«Tornerò al lavoro, come sempre. Se Maurice vorrà parlarmi lo ascolterò, ma tra noi è finita. Ciò che ha fatto non può essere perdonato e sta' sicura che troverò il modo di fargliela pagare.»
«Quando succederà fammi un fischio, non vorrei perdermelo e se hai bisogno di una mano non hai che da dirlo.»
«Contaci. Adesso però voglio che vi concentriate su Böcklin, poi penseremo a come sistemare quei due figli di puttana.»
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