CAPITOLO 19

Rheinsberg

Land Brandeburgo

19

Karl Wagner poteva ritenersi soddisfatto. L'esame del quadro al DESY aveva dato i frutti sperati rivelando la presenza di elementi nascosti sotto la tela e già questo per lui bastava a giustificare ogni azione intrapresa fino a quel momento. Inoltre, la serata trascorsa nella solitudine dell'hotel gli era servita per fare notevole chiarezza su ciò che quel viscido di Ernst Dönitz aveva rivelato prima di essere ucciso. Non era stato per niente facile ricostruire ogni dettaglio, ma lui era sempre stato molto bravo con le ricerche e alla fine era riuscito a trovare sia il significato di quelle strane frasi che della particolare stretta di mano.

Massoni! C'era da aspettarselo, soprattutto da uno che aveva rinnegato per tutta la vita il passato e il retaggio della sua famiglia nonché tutti gli sforzi compiuti dal padre per compiacere il Führer.

Provò un moto di stizza al solo pensiero. Quello sì che era stato un uomo da ammirare! Comandante della flotta sottomarina, ammiraglio e politico sempre fedele a Hitler, alla fine era stato scelto dal Führer in persona come suo successore alla carica di Presidente del Reich, divenendo, di fatto, l'ultimo capo della Germania nazista.

Altro che quel rammollito di suo figlio!

Strinse i pugni, poi diede uno sguardo al navigatore. Mancavano meno di dieci minuti alla posizione segnalatagli dal suo uomo, poi avrebbe potuto cercare conferma alle teorie elaborate nella notte. E al diavolo i giochetti di Ernst Dönitz!

Era ancora assorto nelle proprie riflessioni quando sentì squillare il cellulare. Distratto da quell'inaspettato rumore, gettò un'occhiata al display riconoscendo subito il numero. Il turbinio dei pensieri gli aveva quasi fatto dimenticare che attendeva notizie dall'Italia.

Attivò il bluetooth e rispose.

«Sono io, la linea è criptata possiamo parlare.»

«Lo spero bene. Allora? Che notizie mi porta, Frinzelli?»

«Purtroppo, non buone. Il quadro è stato rubato, ieri sera durante il galà.»

Wagner strinse forte il volante invaso da una cocente rabbia, ma non fece trapelare alcunché. «Mi racconti tutto» si limitò a domandare fissando la strada.

«Non c'è molto da dire. La polizia sta già conducendo le indagini, ma non ha ancora una pista precisa. L'unica anomalia riscontrata nella serata è stata l'interruzione della luce per circa due minuti, lasso di tempo che deve essere servito al ladro per impossessarsi del dipinto. Null'altro. Chiunque sia stato ha lasciato solo la cornice appesa al muro. Nessuna impronta, niente che possa al momento fornire un indizio concreto.»

«Un lavoro da professionisti dunque.»

«Senza dubbio. Tutto deve essere stato pianificato fin nei minimi dettagli. Del resto, per poter agire in un tempo così breve...»

«Lasci stare i commenti, Frinzelli» fece Wagner con tono irritato «e mi dica piuttosto se ha notato qualche altro particolare fuori posto.»

«No, c'era un sacco di gente e stavamo tutti attendendo l'esposizione dei quadri della collezione. È accaduto talmente di fretta che nessuno si è accorto di nulla fino a questa mattina, quando i custodi hanno notato la cornice vuota appesa al muro. L'unico elemento fuori posto era un ammasso informe di plastica trovato sul tavolo di legno accanto al mappamondo. Ma so che non è stato ancora identificato.»

Karl cercò di concentrarsi. Non poteva essere una coincidenza, non dopo ciò che era accaduto a Berlino ed Aumühle. Ci doveva essere la Horus anche dietro a quel furto. Folgorato da un'idea improvvisa gli domandò: «Mi dica un'altra cosa, Frinzelli, lei per caso conosce una certa Margot Labouche?»

Lui ebbe un attimo di esitazione. «Sì, certo» rispose poi riprendendosi subito «ma non capisco cosa c'entri lei con la storia del quadro.»

«Sto solo seguendo una pista, Frinzelli, tutto qui. Non si preoccupi. Piuttosto, quando ha visto quella donna l'ultima volta?»

Sempre più perplesso il senatore gli rispose. «Ieri sera, al galà.»

Wagner batté una mano sul volante. Lo sapevo! «Ed era da sola?»

«No», la voce di Frinzelli divenne a quel ricordo carica di rabbia repressa. «C'era un uomo con lei, un certo Martin Payne, professore d'arte alla Ecole du Louvre. Un tipo piuttosto antipatico, a dire il vero, il classico saputello con un sorriso irritante.»

«Non me ne frega un accidente di cosa ne pensa. Faccia piuttosto qualche indagine su quell'uomo e mi tenga informato.»

«E il nostro accordo?»

«A quanto pare è andato in fumo con il furto del quadro» replicò stizzito Wagner «ma se riuscisse a trovare qualche informazione utile su Payne, forse potrei anche riconsiderarlo.»

«Lei è un arrivista figlio di puttana, Wagner, lo sa vero?»

«Come del resto lei, Frinzelli. La saluto» e riattaccò.

Imbecille!

Con la mente persa nelle sue riflessioni proseguì per altri due chilometri fino a quando non girò la macchina a sinistra entrando nel parcheggio del Motel. A quel punto spense il motore e mandò un breve SMS al suo uomo, giusto per avvertirlo che era arrivato.

Quando lo vide uscire e dirigersi verso di lui, aprì il finestrino e gli fece cenno di avvicinarsi.

«Cambio di programma» gli disse con aria sbrigativa prima che potesse parlare. «Ho bisogno che tu torni immediatamente a Wewelsburg. Assicurati che il quadro sia al sicuro nella camera delle cerimonie fino al mio ritorno. Qui me la sbrigo da solo.»

L'uomo annuì.

«Un'altra cosa» gli sussurrò Wagner prima di chiudere il finestrino «voglio che ti occupi di una donna di nome Margot Labouche. Di lei so solo che lavora per la Horus, un'agenzia interna all'Unesco con sede da qualche parte a Parigi» fece una leggera pausa fissandolo con uno sguardo di ghiaccio. «Scopri dove abita e poi falla sparire per sempre.»

***

Dieci minuti più tardi diminuì la velocità iniziando a costeggiare gli enormi giardini del castello di Rheinsberg adagiati sulla sponda meridionale del lago Grienerick. L'aria era fresca e il cielo leggermente striato di nuvole bianche mentre una brezza secca spirava da nord creando piccole increspature sulle acque scure. Quasi senza rendersene conto si ritrovò a gettare una rapida occhiata alla sua sinistra, verso la sagoma imponente del maniero e delle sue due torri che, poste ai lati della facciata centrale, si riflettevano nel lago in un gioco di specchi che aveva un che di fiabesco ma allo stesso tempo di sinistro. Scosse la testa, tornando a guardare la strada e domandandosi quante riunioni massoniche si fossero tenute fra quelle mura, quali decisioni fossero state prese e soprattutto come mai Dönitz lo avesse scelto come luogo in cui nascondere la copia dell'Isola dei Morti.

Sapeva che la storia della Massoneria tedesca era sempre stata abbastanza travagliata. Suo padre glielo aveva raccontato un sacco di volte cercando di inculcargli l'idea che sarebbe stato utile e saggio aderire ad almeno una delle logge, ma lui non ci era mai riuscito. Non aveva mai amato quel genere di associazioni, preferendo di gran lunga riesumare quella più pura dei Cavalieri Neri di Himmler, ma ciò non gli aveva comunque impedito di studiarne le storia e l'evoluzione, tutte informazioni che la sera precedente, durante le sue ricerche, gli erano tornate prepotentemente alla memoria.

Si era ricordato per esempio che, nel 1933, con l'avvento del Terzo Reich, tutte le principali obbedienze tedesche si erano ritrovate in una situazione delicata e perciò avevano tentato in tutti i modi di sopravvivere adattandosi al nuovo clima politico. Le Grandi Logge umanitarie si erano trasformate in società profane, escludendo completamente i non ariani, mentre la Gran Loggia nazionale aveva addirittura rinnegato l'istituzione stessa della Massoneria, assumendo la denominazione di Ordine Tedesco-Cristiano dei Templari.

La paura di essere smantellate dal Regime aveva in qualche maniera mutato la loro natura, ma tutte avevano scelto la strada della ragione. Il Supremo Consiglio e la Gran Loggia Simbolica di Germania, per esempio, avevano deciso di mettersi da parte, preferendo restare sottotraccia in uno stato quasi dormiente piuttosto che fare atto di obbedienza al nuovo regime. Il loro atteggiamento di sottile sfida non aveva fatto altro che arrecare ai loro dirigenti persecuzioni e sevizie da parte della Gestapo fino a quando, nell'agosto del '35, il regime nazista, ormai definitivamente al potere, non aveva interdetto e fatto sciogliere tutte quelle logge che avevano scelto di non aderire al programma politico di Hitler. Solo la Gran Loggia Simbolica di Germania e la Gran Loggia di Amburgo erano sopravvissute in segreto, riuscendo persino a proseguire le loro attività attraverso la mediazione di alcune Logge site a Gerusalemme e a Valparaìso. Poi era arrivata la guerra. Il conflitto mondiale e la relativa sconfitta della Germania avevano dato nuovo vigore alla Massoneria che, nel primo dopoguerra, aveva tentato timidamente di rimettere ordine nel caos generato dalla guerra. Ad Amburgo, nel '45, si erano tenute le prime riunioni, mentre nel giugno del '47, a Francoforte, si era riunita un'assemblea composta dai ventuno membri delle antiche obbedienze, ad eccezione di quelli della Gran Loggia Nazionale, ancora radicati alle idee nazionalsocialiste.

Suo padre amava molto raccontargli quelle storie e tante volte si era soffermato sui dettagli della sua iniziazione proprio a quella loggia. Amava riferirgli i particolari più scabrosi nel tentativo di convincerlo ad unirsi ai fratelli, sostenendo che per un Wagner quella era la strada tracciata. Ma lui aveva in mente altri progetti per se stesso e non aveva mai seguito i consigli del padre, quanto piuttosto quelli del nonno.

In merito alla Loggia sapeva che esisteva ancora oggi visto che, a seguito della caduta del muro di Berlino nell'89, la Massoneria stessa era stata nuovamente autorizzata anche nella Germania orientale dopo cinquant'anni di divieti e persecuzioni, così come la vecchia obbedienza Simbolica, in una specie di continua e segreto gioco di contrasti ideologici. Probabilmente Ernst Dönitz aveva fatto parte di quest'ultima dato che era sempre stata apertamente in lotta con il regime autoritario di Hitler.

Svoltò a sinistra seguendo Parkstrasse in direzione del piccolo borgo di Rheinsberg e del parcheggio del castello, ragionando sul fatto che, almeno da quanto aveva letto, in Germania operavano ancora oggi circa quattrocentosettanta logge massoniche. Un chiaro segno che l'idea di fondo era tutt'altro che morta, esattamente come aveva fatto capire loro il vecchio indicando quell'antica residenza costruita intorno alla metà del '700 e dove lo stesso Federico II di Prussia aveva trascorso gli anni più felici della sua via dedicandosi alla filosofia, alla letteratura, alla musica e alla massoneria. Non a caso aveva scoperto che propri lì l'imperatore aveva dato origine alla prima loggia prussiana della storia.

Un chilometro più avanti fece una nuova svolta a sinistra fino a che, rallentando, non entrò nell'ampio sterrato di fronte alla parte sud del Castello. Fermata la macchina, spense il motore e scese chiudendo la portiera dietro di sé, lasciando che la brezza fresca gli scompigliasse i corti capelli neri tagliati alla militare. Stava per muoversi quando il suono del cellulare lo bloccò.

Rispose. Due minuti dopo riattaccò. Irritato. Quella telefonata proprio non ci voleva. Conosceva Astrid Legrand da molto tempo ma lei non gli aveva mai chiesto un incontro di persona. Quell'improvviso interessamento puzzava di indagine e quasi sicuramente dietro si celava la figura di Margot Labouche. Ma lui non avrebbe abboccato. Loro non avevano idea che lui avesse dei seri sospetti sull'agenzia e ciò poteva giocare a suo vantaggio. Però doveva state attento. In ogni caso aveva detto alla sua segretaria di rimandare l'appuntamento a data da definirsi. Adesso non aveva tempo per quella donna, prima doveva risolvere la faccenda del quadro, poi avrebbe affrontato anche quel problema.

Con un sospiro, si abbottonò la giacca fin sotto il mento e si diresse rapido verso l'ingresso.

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