CAPITOLO 10

Parigi

Sede della Horus

10

«Impressionante, davvero» fece Payne dopo che Margot gli ebbe fatto fare un giro completo della struttura sotterranea. «Non lo avrei mai detto.»

«Venga, la riunione sta per cominciare» e lo guidò verso la sala riunione al centro del complesso.

«Era proprio necessario?» le domandò a un tratto Martin poco prima di entrare toccandosi la nuca ancora indolenzita.

«Misure precauzionali, Payne. Scoprirà ben presto che nel nostro lavoro poter essere rintracciati ha il suo peso.»

«Non mi pare che il GPS abbia aiutato un gran che il vostro agente, o forse mi sbaglio?»

Margot si fece cupa. «No, purtroppo, ma la sua morte ci ha fornito un indizio importante.»

«Che sarebbe?»

«Da questa parte, ne parleremo tutti insieme.»

Entrarono.

«Signori» esordì Margot mettendosi a sedere «vi presento il signor Martin R. Payne, meglio noto come le Marquise Noir. Da oggi ufficialmente membro della Horus.»

«Allora è per quello che siete in ritardo» commentò Bernard Blanchard tendendogli la mano. «Procedura d'impianto GPS, immagino...»

«Un bel regalo di benvenuto, in effetti» aggiunse Payne stringendola con vigore. «Fa un male del diavolo, ma pare che sia necessaria» poi rivolse lo sguardo all'uomo taciturno alla sua destra che lo stava osservando in silenzio.

«François Bonnet» s'affrettò a presentarlo Margot. «E' il nostro capo degli agenti operativi, e non è di molte parole. È lui che ha riattivato i sistemi al Centre de Conservation du Louvre.»

«È un vero piacere conoscere chi ha contribuito alla mia cattura» gli disse allora Payne poggiando la schiena alla sedia. «I miei complimenti.»

«Benissimo, se abbiamo finito con le presentazioni» s'intromise Astrid fissando il suo sguardo sul nuovo arrivato «adesso abbiamo cose più urgenti di cui parlare» e gli tese la mano. «Legrand, mister Payne. Benvenuto a bordo» poi si rivolse a Margot. «Dimmi una cosa, tu sei davvero sicura che il GPS di Deveroux indicasse proprio Wewelsburg?»

Lei annuì.

«Un momento, state parlando proprio della fortezza che fu di Himmler?» domandò Payne con una certa preoccupazione.

«Sì», gli rispose Margot. «Dopo la retata a casa di Cornelius, il segnale di Bastien è riapparso esattamente lì, ma solo per poco, poi lo abbiamo perso del tutto, Non abbiamo fatto in tempo a tirarlo fuori» scosse la testa stringendo i pugni per la rabbia.

«A chi appartiene quel castello, oggi?» chiese Bernard.

Fu Astrid a rispondergli. «A Karl Wagner e, prima che me lo chiediate, si tratta di una personalità di spicco in Germania. E' membro attivo del Bundestag e probabile futuro cancelliere.»

«Potrebbe essere stato un errore?» domandò Payne.

«Il GPS una volta impiantato viene collegato alle funzioni vitali del corpo» gli spiegò Bonnet con voce atona «e non c'è modo di interromperlo a meno che il soggetto non muoia. Non si può bypassare o deviare in alcun modo» era serio. «Deveroux è stato ucciso a Wewelsburg, su questo non ci sono dubbi.»

Martin si voltò allora verso Margot. «Quando mi ha messo a parte di tutta questa storia mi ha anche detto di aver trovato un vecchio diario con il simbolo dei Cavalieri Neri, giusto?»

Lei annuì.

«Lo ha con sé?»

Margot si chinò di lato e armeggiò con la borsa che aveva poggiato a terra. Lo prese e lo poggiò sul tavolo. «Eccolo.»

«Posso?»

Lei glielo porse. Martin lo afferrò soffermandosi subito sul piccolo simbolo inciso al centro della copertina di pelle.

«Sono loro...» mormorò in un sussurro, poi alzò lo sguardo su Margot. «Lei pensa ...»

«Sì», lo interruppe senza lasciargli finire la frase «e sono sempre più convinta che ci sia una sorta di loro moderna incarnazione dietro a tutto ciò che è successo. L'Isola dei Morti deve aver in qualche modo risvegliato quell'ordine oscuro.»

«Non affrettiamo le conclusioni» intervenne Astrid come sempre molto concreta «atteniamoci ai fatti, per adesso. Signor Payne, cosa sappiamo di preciso su quell'antica setta?»

«Molto» le rispose Martin senza staccare gli occhi dall'immagine inquietante del diario. «Vedete, tutto è cominciato nell'inverno del 1933, quando due uomini decisero d'incontrarsi nel cuore della foresta di Teutoburgo. Il primo era Karl Maria Wiligut uno stregone, mago nero nonché esperto di rune, mentre il secondo il Reichsführer delle SS, Heinrich Himmler. Se l'idea di Hitler era quella di costruire un nuovo ordine mondiale, Himmler era invece convinto che fosse necessario soppiantare il cristianesimo con una nuova religione dai forti richiami mistici e medievali basati sulla forza del popolo tedesco e si trovava lì proprio per decidere dove costruire il centro del suo nuovo ordine.»

«Un altro dei folli piani dei nazisti» commentò Bernard con disprezzo.

«Già, ma all'epoca entrambi si convinsero che potesse funzionare tanto che Himmler, dopo aver visionato l'edificio e il luogo dove sorgeva, decise di firmare un contratto di affitto della durata simbolica di cento anni. Il suo piano era rendere il castello il centro del mondo ariano, un epicentro per le massime autorità dell'Ordine Nero, dodici cavalieri scelti da lui stesso per guidare una civiltà superiore. Tra l'altro il castello, che un tempo era stato un monastero poi abbandonato, si trovava vicino al complesso megalitico di Externsteine dove, in tempi antichi, era stato eretto Irminsul, il pilastro sacro che secondo le leggende reggeva l'universo. Himmler ritenne che ciò fosse una specie di segno del destino e iniziò i lavori di restauro sfruttando l'oro del Reich.

Sotto la sua direzione il castello venne ben presto trasformato in una specie di luogo magico e di culto: le facciate furono scurite con l'uso di mattoni e le dodici camere riservate ai cavalieri furono arredate con vessilli di rimando germanico studiati per rappresentare l'incarnazione degli eroi mitologici tedeschi quali Enrico I, Barbarossa e lo stesso Parsifal. Ma la cosa non finì qui.

Himmler voleva di più così ordinò che fosse costruita, all'interno della torre Nord, una Obergruppenführersaal, meglio conosciuta come Camera dei Generali, il sancta sanctorum del castello. Essa conteneva una tavola rotonda destinata ai dodici Cavalieri che lui vedeva come moderni templari con il duro compito di diffondere l'ideologia neopagana nel mondo» fece una piccola pausa per far assimilare tutte quelle nozioni.

«Da non credere...» mormorò ancora Bernard scuotendo la testa.

«Purtroppo, è tutto vero» riprese Payne. «Himmler era un fanatico dell'occultismo e la sua mente era offuscata dagli eroi del passato. Lui stesso si vedeva come la reincarnazione di un antico Re e voleva che intorno a lui tutto apparisse come un'estensione del suo potere e della sua influenza.»

«Era solo un egocentrico figlio di puttana» fece Margot disgustata.

«Non c'è dubbio. Ma ciò non toglie che tutto ciò sia vero. Tra le altre cose ho letto anche che per ufficializzare il Nuovo Ordine fece addirittura forgiare dodici anelli a testa di morto, ciascuno per ogni cavaliere sotto il suo comando. Dovevano diventare il simbolo dei Cavalieri Neri. Secondo la leggenda pare che fossero talmente importanti che alla morte dell'adepto esso doveva essere riportato al castello dove veniva riposto all'interno di una specie di cripta costruita sotto la Obergruppenführersaal

«Sta dicendo sul serio?»

«Non scherzo su queste cose. Si trattava di un vero e proprio sacrario circondato da dodici piedistalli con al centro un cerchio dove ardeva una fiamma sempre accesa, alimentata da una conduttura a gas posta sotto il pavimento.»

«D'accordo, Payne» intervenne Astrid «è tutto storicamente molto interessante, ma adesso, e per fortuna aggiungerei, non siamo più nel 1933. Non starà mica sostenendo che qualcuno ha riesumato quell'antico culto, vero?»

«Potrebbe, invece» le rispose Margot seria. «Il GPS e la morte di Deveraux lo dimostrano.»

«Non sono d'accordo» Astrid era ancora perplessa. «Conosco Karl Wagner da molto tempo. È un uomo ambizioso, certo, e con idee anche reazionarie, ma come molti altri suoi colleghi, né più né meno. Non riesco a credere che possa appartenere a un culto ormai estinto da decenni. Se vogliano risolvere la faccenda abbiamo bisogno di altri tipi di prove. Non possiamo basarci solo su un segnale GPS interrotto nei pressi del castello di Wewelsburg per additare uno degli uomini più influenti del Paese, come un assassino.» Poi si rivolse a Payne. «Mi dica, Martin, lei cosa ne pensa? Sarebbe davvero possibile?»

Lui alzò le spalle. «Non ne ho proprio idea, sono sincero, ma i tedeschi non mi sono mai piaciuti. Troppo nazionalisti, troppo fedeli ai loro leader e troppo facilmente influenzabili, quindi non lo escluderei a priori.»

«Che ne è stato dei Cavalieri di Himmler?» domandò invece Bernard. «Il culto si è davvero estinto con la fine della guerra?»

«Bella domanda» fece Payne. «In realtà nessuno lo sa con certezza. Himmler si stabilì al castello e lo uso per diversi anni, ma alla fine anche lui fu costretto ad abbandonarlo. La disfatta nazista in Russia e lo sbarco degli Alleati ribaltarono le sorti della guerra e le ingenti spese di gestione per la sua manutenzione non furono più tollerate dal partito. I fondi furono perciò destinati alle manovre militari fino al marzo del '45 quando gran parte di Wewelsburg venne demolita. Per quel che ne sapevo io, solo la torre Nord rimase relativamente intatta.»

«Ed è da lì che la famiglia Wagner è ripartita per la ricostruzione» aggiunse di nuovo Astrid. «Acquistò il castello alla metà degli anni Settanta dal comune e da allora si è sempre adoperata per ripotarlo ai fasti di un tempo. Adesso è di proprietà di Karl, unico erede dell'immenso patrimonio di famiglia.»

«Dobbiamo parlare con questo Wagner» suggerì Margot. «Non hai detto che lo conosci?» fece rivolta ad Astrid.

Lei annuì.

«Allora organizza un incontro con lui e vedi di scoprire se qualcosa di tutto ciò è minimamente vero. Non credo che sia una coincidenza ciò che abbiamo trovato in quel diario e l'improvvisa apparizione della famiglia Wagner.»

«Bonnet?»

«Sono d'accordo con Margot» le rispose François che era stato in silenzio fino a quel momento. «Mentre Pyane organizza il furto al Vittoriale, lei dovrebbe conoscere meglio questo Karl Wagner.»

«D'accordo, vedrò cosa posso fare. Se mai dovesse venire fuori che è anche solo minimamente coinvolto nella morte di Bastien, prenderò i dovuti provvedimenti, potete starne certi, ma fino ad allora, acqua in bocca. Nessuna notizia deve trapelare al di fuori di questa stanza, per nessun motivo. Tornando invece all'Isola dei Morti» stavolta si rivolse direttamente a Margot «è proprio necessario rubare il quadro al Vittoriale?»

«Sì.»

«E se non trovassimo nulla in quella copia?»

«Ne dubito. I fatti di Berlino parlano chiaro, ma se così sarà la restituiremo subito e a quel punto ci saremmo fatti anche un ottimo alleato.»

Lei ci pensò su un attimo, ancora poco convinta, poi si rivolse a Payne. «A che punto è con il piano?»

«Ci sto lavorando.»

«Allora faccia più in fretta» poi si voltò verso Bonnet. «Lei François, vada subito a Lipsia e faccia mettere sotto sorveglianza il quadro esposto al Museo. Se qualcuno si avvicina voglio saperlo. Bernard» e guardò Blanchard «a lei invece tocca la villa di Dönitz. Si rechi laggiù il prima possibile e tenga gli occhi bene aperti su tutto ciò che potrebbe accadere. Nel frattempo, cerchi anche di reperire informazioni su quella copia e sul proprietario» quindi si alzò e dopo aver fatto un cenno a Margot uscì dalla stanza.

Payne riprese in mano il diario del Corvo. «Lei lo ha letto, non è vero?»

Margot annuì.

«Immaginavo. E cos'altro c'è scritto, oltre a ciò che mi ha già detto?»

Per tutta risposta lei glielo riprese dalle mani e lo aprì. «È meglio se ve lo leggo. Giunti a questo punto credo che tutti voi abbiate il diritto di sapere.» 

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