CAPITOLO 4
Tossisco per far sentire che sto ancora aspettando; sono entrato già da alcuni minuti, gli occhiali si sono spannati; la mia attenzione cade su un oggetto particolare alla mia sinistra; mi avvicino, un vecchio tavolo rotondo, sulla metà più lontana un palco rettangolare, delle tende legate sui riflettori posizionati su ogni angolo.
Dall'altra metà invece escono per alcuni centimetri, una mezza dozzina di bottiglie di birra rovesciate con sopra piattini pieni di cibo, hai lati di ognuna di esse due tappi soprapposti, con delle personcine di legno sedute; uno dei tavoli, ha solo un ospite anche se è apparecchiato per due.
Poco distante, attaccata ad una parete è appesa una mazza da baseball rovesciata, con molte finestre disegnate, dentro alcune di loro ci sono delle scritte piccolissime, sulla cima dell'impugnatura, c'è un vecchio elicottero:
«Mi scusi l'attesa, non abbiamo molti clienti a quest'ora.»
L'uomo che ha attraversato la tenda è sulla cinquantina, il lobo dell'orecchio è sporco di rosso, probabilmente rossetto, la testa è coperta da un cappello bianco, i capelli raccolti in una coda che termina al centro delle spalle, indossa una giacca di almeno una taglia più piccola, respira in modo rumoroso e accelerato:
«Questo Natale sarà più freddo del solito, voi almeno lavorate al caldo.»
«Il mio nome è Lachi desidera?»
Il suo tono è distaccato, mi fissa con un sorriso appena accennato, poi osserva la merce disposta alla rinfusa tra il banco e la vetrina che ci separa; il profumo di crema ancora calda, è ormai come le sirene di Ulisse:
«Avete così tante cose appetitose che non so decidermi»
Potrei anche spendere un euro per una di queste appetitose delizie ripiene, se lo faccio però, non posso costringerlo a darmi attenzione:
«Lei e sua moglie lavorate qui da molto tempo?»
Fingo di notare solo in quel momento la sua mano libera da luccichii:
«Sua...»
I nostri sguardi si scontrano, il suo occhio destro ha un lieve tremore, si gratta l'orecchio:
«Ops mi scusi non volevo.»
Guardo ancora le ingordigie che ci separano, la musica dall'altra stanza si sente appena:
«Sono tornato due giorni fa, ho vissuto per vent'anni in Australia, qui ho la casa dei miei genitori, degli amici l'hanno controllata in tutti questi anni; questa è la prima notte che trascorro nel vostro grazioso paese»
La mia mano attraversa la fronte e carezza i capelli fino al collo, fisso il lungo pavimento di fronte a me:
«L'incendio è andato avanti per giorni, ho perso tutto: la casa, la fabbrica con la quale producevo marmellata e anche tutti gli alberi da frutta.»
La mia voce e roca, chiudo gli occhi e fingo di asciugarli con il fazzoletto bianco, quando li riapro guardo Lachi.
Lui fa un profondo sospiro, sembra aver capito che non sono una minaccia per il suo matrimonio, mi vede come un uomo ferito duramente dalla vita, con le mani, continua a grattarsi l'orecchio; dall'altra stanza, la radio è spenta e la voce di prima tossisce:
«Sono già passati diversi anni da quando ho aperto il primo negozio sa?»
Mentre lo dice il palmo scivola verso la bilancia e la punta dell'anulare fa pressione sul cerchietto d'oro che si solleva ed entra dove, a giudicare dal segno sul dito, è stato per molti anni:
«Alcune volte anche qui fa un po' freddo non so se mi capisce?»
Il mio sorriso è vago come a chiedere il motivo per una così importante confessione:
«Adesso ne abbiamo più di venti sa?»
Il mio sorriso si allarga mentre mi avvicino dall'angolo nel quale ero rimasto:
«Di negozi, questo è principalmente il laboratorio dove produciamo e vendiamo pastarelle maxi per colazioni golose, pane e focacce; dei campioni di pasticceria invece vengono portati qui per un ultimo controllo, del quale si può occupare solo la mia amata mogliettina, deve vedere quanto si arrabbia se tutto non è fatto a regola d'arte.»
«Non avevo dubbi, appena sono passato qui di fronte ho sentito di dover entrare per assaggiare qualcosa, ci sono così tanti odori invitanti che non so decidermi.»
Passo le dita sui lati della bocca socchiusa, i miei occhi percorrono ogni centimetro della vetrina:
«i nostri ingredienti sono tutti di prima qualità, mica quelle porcherie in polvere che spacciano come naturali alcuni negozianti con pochi scrupoli; la frutta delle nostre crostate è la migliore del mondo!!»
Faccio un grande sorriso così da trasmettergli il mio apprezzamento per il suo impegno e gli stringo la mano:
«Sa buonuomo»
Mi rivolgo a lui con un nodo in gola, questo tizio mi è simpatico, devo stare attento, se mi lascio trasportare dalle emozioni è finita, io lavoro per la moglie e lui la tradisce:
«Se ci fossimo conosciuti prima, le avrei fatto aprire qualche pasticceria anche a Sidney, avremmo fatto fortuna insieme! Ho molte conoscenze in quella città.»
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