CAPITOLO 3
Da qui potrò tenere d'occhio la bottega di Lachi senza essere visto.
Mi siedo nel sedile posteriore, le gambe strette al petto, un guanciale dietro la schiena
In poco tempo nuove briciole si aggiungono alle altre sul tappetino pieno di confezioni per grissini e bustine di maionese vuote.
Tra un boccone e l'altro mi disseto con una brodaglia fredda al gusto di caffè; verranno tempi migliori anche per me e magari potrò perfino permettermi un termos nuovo; strofino forte le mani mentre una goccia di malinconia scende sulla guancia.
Ho la gola secca e anche se il mio fegato, d'accordo con il medico, me l'hanno proibito, se non succede nulla entro l'alba, andrò in un locale a far colazione in un profondo boccale traboccante di sana schiuma al luppolo.
Ecco Lachi finalmente, testa bassa, aria furtiva; osserva più volte a destra e a sinistra, la saracinesca si alza; scompare dietro la porta; le due vetrate, con le inferriate ancora chiuse, si illuminano, la prima ha la scritta "salato" e l'altra "dolce"; delle mani tolgono i vassoi dalle vetrine, un'ombra armeggia sulla parete e dei nuovi vassoi tornano al loro posto.
La prima finestra sul muro della via laterale si illumina, alcuni minuti dopo da un tubo argentato, grande come una mano aperta, inizia a uscire del vapore.
La porta laterale si apre e Lachi vestito di bianco, deposita due sacchi dentro il cassonetto.
Sono giorni che mangio fette biscottate e grissini; la porta si chiude, la mia mano stringe la maniglia dello sportello, quei sacchi saranno miei!
Una luce arancione serpeggia tra le pareti, un mostro di ferro rombando inghiotte il sogno di abbuffarmi con del buon cibo.
Il camion della nettezza urbana, prosegue per la sua strada portandosi via ogni cosa.
Mi stringo dentro il cappotto e ricomincio a mangiare grissini.
Il fornaio proprio, non vuole saperne di tradire la moglie, è lei che cerca solo un modo, per diventare unica proprietaria di tutte le proprietà del marito.
Debora ha decisamente torto, Lachi ha solo iniziato a vivere la sua vita.
Il mio stomaco brontola, stanco di questo cibo spazzatura, ho un disperato bisogno di sgranchirmi le gambe.
Esco dall'ombra che mi ha protetto, i vetri oscurati sono veramente un'invenzione utile in certi casi; con le dita alliscio i capelli sulle tempie.
Oltre la strada il marciapiede è sconnesso e brilla sotto l'insegna al neon nella quale è scritto: "Salato & Dolce da Lachi" le veneziane abbassate per metà, nella vetrina di sinistra ci sono decine di abeti alti non più di venti centimetri, sparsi intorno ad una radura, c'è una pecorella che bruca poco prima di una caverna ai piedi di una montagna "fatti con la pasta per il pane e poi colorati con vernice alimentare, solo esposizione." specifica il cartello attaccato al bordo del ripiano.
Nella vetrina di destra c'è un lupacchiotto di fronte a una costruzione in finto marmo, il pavimento è formato da mattonelle esagonali, in tutto una decina di volte il lupo, sei colonne cilindriche, una ogni angolo, sotto il tetto a volta una sfera grande la metà della stanza.
A ogni passo che faccio, il profumo del pane fresco è più invitante, mi ricorda tanto la mia adolescenza quando Anselmo, il nostro cuoco di famiglia, mi insegnò a fare il pane, ho ancora in bocca il sapore del pane caldo sul miele.
La campanella sopra la porta annuncia il mio arrivo e subito sento due voci sussurrare:
«Hai visto? Te l'avevo detto!»
«Potrebbe essere chiunque.»
Un'oggetto metallico, forse una teglia, colpisce con forza il pavimento:
«Sei un cretino, guarda cosa hai combinato!»
«Ti prego, ti scongiuro.»
«È lei ti dico, me lo sento, ha capito tutto Sai cosa devi fare.»
«Non posso, per favore abbassa la voce ci sentiranno.»
«Cosa? Io devo! Come ti permetti!! Sei un inutile...»
Mentre gli scambi amorevoli continuano, sono costretto ad ammettere che ad un certo punto devo essermi addormentato senza rendermene conto., soprattutto che Debora ha tutte le ragioni per dubitare del marito.
Un caso facile, domani potrei avere i miei soldi! Però voglio anche sapere con chi sta tradendo sua moglie.
Non sono fiero di mangiare sopra le debolezze degli altri ma non è colpa mia, sono loro che sbagliano, io sono... il karma.
Dei tacchi hanno preso a muoversi rapidi, vanno da destra a sinistra, nell'altra stanza qualcuno ha acceso la radio, arrivano delle canzoni romantiche degli anni sessanta ad alto volume, coprono parte dei dialoghi:
«Mia signora, no... Sarebbe già entrata.»
«Si sono sicuro?»
«Non è necessario è solo uno sbandato, uno di quei drogati che scambiano la notte per il giorno, me ne libero subito!»
«Ti supplico.»
«Si, lo farò.»
«No, non qui.»
«Si, si lo so.»
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