3. Incubi
La notte avvolge Grande Inverno in un manto silenzioso, un abbraccio gelido che sembra soffocare ogni suono.
Sotto le pesanti coperte, cerco di trovare pace, ma è come cercare calore nel cuore dell'inverno.
Il freddo non è solo esterno, penetra nelle ossa, si annida nell'anima.
Provo a scivolare nel sonno, ma la mia mente mi tradisce.
All'improvviso, mi ritrovo di nuovo lì, a Castel [NomeCasata].
Le mura che dovrebbero essere un rifugio sicuro, ora sembrano opprimenti, schiaccianti.
La luce delle torce getta ombre lunghe e minacciose, come se la stessa pietra cercasse di avvertirmi del pericolo imminente.
Cammino per i corridoi vuoti, il rumore dei miei passi che rimbomba sinistro.
So dove mi trovo, eppure tutto mi appare estraneo, distorto.
I corridoi familiari sembrano infiniti, e non c'è nessuno.
L’assenza di vita, quel silenzio assordante, mi fa accapponare la pelle.
Il cuore mi batte forte, l’angoscia cresce, si fa strada nel petto, serrandomi la gola.
Dove sono tutti?
Perché non vedo nessuno?
Poi, improvvisamente, il silenzio è squarciato da un grido, un urlo acuto che sembra lacerare l'aria stessa.
È la voce di mia madre, una voce che non dimenticherò mai.
Un grido di pura disperazione e terrore.
Il mio corpo si muove prima che la mia mente possa elaborare, le gambe che mi portano verso quella sala grande dove so che qualcosa di terribile mi attende.
Quando arrivo, mi fermo sulla soglia.
La scena davanti a me è un quadro dipinto con i colori più orribili dell’inferno.
Il fuoco divampa, le fiamme lambiscono le pareti, gettando ombre danzanti e sinistre.
E al centro di quella visione diabolica, c'è la mia famiglia.
Mio padre giace riverso a terra, il suo corpo robusto ormai immobile, il sangue che scorre copioso dalla ferita profonda sul fianco.
Il suo volto, che una volta emanava sicurezza e forza, è ora contorto in un’espressione di agonia che non avrei mai voluto vedere.
Mia madre è accasciata poco distante, i suoi capelli scuri sparsi sul pavimento come un'aura di tenebra.
I suoi occhi, che una volta brillavano di vita, ora sono vuoti, spenti, fissi su un punto lontano che solo lei può vedere.
Le sue mani sono ancora tese verso di me, come se avesse cercato di proteggermi fino all'ultimo respiro.
Ma è su mio fratello che i miei occhi si fermano, e il mondo si ferma con loro.
È ancora vivo.
Un piccolo gemito gli sfugge dalle labbra mentre cerca di muoversi, di scappare, ma è ferito, troppo ferito per farcela.
La sua tunica è intrisa di sangue, un rosso scuro che si allarga in una macchia sempre più grande.
Gli occhi terrorizzati di mio fratello incontrano i miei, e in quel momento capisco che sto per assistere all'impensabile.
Prima che possa fare qualsiasi cosa, li vedo.
Uomini in armature nere come la notte, i volti nascosti da elmi che li rendono anonimi, mostri senza volto.
Non riesco a distinguere chi siano, non riesco a vedere i loro occhi, i loro volti.
Sono ombre, incubi fatti carne.
Uno di loro si avvicina a mio fratello.
Ha in mano una spada, una lama affilata che brilla minacciosamente alla luce del fuoco.
Lui cerca di indietreggiare, ma non ha la forza.
Le sue mani si agitano debolmente, come a chiedere pietà, come a cercare un aiuto che non arriverà mai.
"No! Fermati!" urlo, ma la mia voce è un sussurro nel vento, soffocata dal terrore che mi stringe la gola.
Le gambe mi tradiscono, non riesco a muovermi, sono radicata al suolo come se i miei piedi fossero fatti di pietra.
L'uomo non si ferma.
La spada si alza, e in un movimento lento, quasi solenne, cala.
La lama penetra nel corpo di mio fratello con un suono sordo, un suono che non dimenticherò mai.
È come se il tempo si fermasse.
Il corpo si irrigidisce, i suoi occhi si spalancano per un istante, poi si spengono.
E con essi, qualcosa dentro di me muore.
Il sangue spruzza, una linea rossa brillante che si staglia contro la pietra fredda del pavimento, come un colpo di pennello di un pittore folle.
Quel rosso è tutto ciò che vedo.
Il sangue di mio fratello che si mescola con quello di mia madre e mio padre, formando un lago oscuro che mi circonda, che sembra attirarmi dentro, voler inghiottire anche me.
"Corri!" La voce di mia madre risuona nella mia testa, un'eco del passato, un ordine che non riesco a eseguire.
Ma non posso correre, non posso muovermi.
Non posso fare altro che guardare, impotente, mentre la mia famiglia viene sterminata davanti ai miei occhi.
Gli uomini si girano verso di me, e il loro sguardo, nascosto dagli elmi, sembra perforare la mia anima.
Mi fissano, e sento che mi vogliono, che non mi lasceranno andare.
Provo a gridare, ma la mia voce si perde, soffocata dal terrore.
Le loro mani mi afferrano, mi stringono forte, e io urlo, finalmente urlo con tutta la forza che ho.
Ma il mio grido non è altro che un suono vuoto, perso in un oceano di oscurità e paura.
Il mondo intorno a me si dissolve, ma il dolore, il terrore, sono ancora lì, incisi nella mia mente come una cicatrice che non potrà mai guarire.
Poi, in un istante, tutto si spegne.
Il fuoco, le voci, il dolore.
C'è solo il buio.
E in quel buio, un'ultima visione: gli occhi vuoti di mio fratello, fissi su di me, accusatori, chiedendo perché non l'ho salvato, perché sono ancora viva mentre lui giace in una pozza di sangue.
Il respiro è affannoso, il cuore batte all'impazzata nel petto.
Mi ci vuole un attimo per capire dove sono, per distinguere la realtà dall'incubo.
Sono nella mia stanza a Grande Inverno, ma il freddo che sento non è quello della notte.
È il gelo del terrore, il gelo della morte che si è impresso dentro di me quella notte.
Le immagini del sogno sono ancora vivide nella mia mente.
Il sangue, la morte, gli uomini senza volto.
Non riesco a liberarmene, non posso scappare.
È tutto lì, stampato dentro di me, un ricordo che non posso dimenticare.
Non posso sfuggire al passato.
Mi siedo sul letto, abbracciandomi le ginocchia, cercando di calmare il tremore che scuote il mio corpo.
Ma è inutile.
Le mani mi tremano ancora, il respiro è ancora spezzato.
Vorrei piangere, ma non ci riesco.
Le lacrime sono finite da tempo, sostituite da un vuoto che non riesco a colmare.
Fuori, la neve cade lenta e silenziosa, coprendo il mondo in un manto bianco e immacolato.
Ma dentro di me, vedo solo il rosso del sangue.
E so che non c’è pace per me, non davvero.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top