17. Partenze²
Sono ancora seduta a tavola, cercando di ingoiare un pezzo di pane che sembra più duro del ferro di Damasco, quando vedo Jon entrare nella sala.
Il cuore mi fa un piccolo salto nel petto, ma cerco di non farmene accorgere.
Non sarebbe saggio alzarsi di scatto e corrergli incontro, no?
Almeno non davanti a tutti.
Non davanti a Robb.
Jon è già vestito per la partenza.
La pelliccia pesante sulle spalle sembra renderlo ancora più imponente di quanto non sia.
I suoi occhi, però, tradiscono il peso che porta dentro.
È strano vedere qualcuno così giovane sembrare così vecchio.
Forse è perché anche lui sa che la sua vita qui, quella che conosce, sta per finire.
Si avvicina a noi, silenzioso come sempre, e io cerco di non fissarlo troppo a lungo.
Sansa lo saluta con un sorriso cortese e freddo, mentre Robb annuisce con una leggera stretta di mano sul braccio del fratellastro.
Io mi limito a un cenno del capo, ma le mie mani si stringono così forte sul bordo del tavolo che le nocche diventano bianche.
"Allora, tutto pronto?" domanda Robb, con quel tono che usa quando cerca di nascondere i sentimenti.
"Sì," risponde Jon, senza aggiungere altro.
Il silenzio si stende su di noi come una coperta soffocante.
Sansa si agita sulla sedia, probabilmente infastidita da questa atmosfera funerea.
Io mi alzo, non riuscendo più a sopportare il peso dell'addio che incombe sopra di noi.
"Jon, posso parlarti un attimo?" chiedo, cercando di mantenere la voce calma.
Lui annuisce e si avvia verso la porta.
Robb mi guarda per un istante, il suo sguardo indagatore che cerca risposte a domande che non osa fare.
Lo seguo fuori dalla sala e mi ritrovo nel corridoio con Jon, lontani dalle orecchie indiscrete.
L'aria tra noi è pesante, come se ci fossero troppe cose non dette, troppi sentimenti soffocati.
Si gira verso di me, e noto che ha qualcosa in mano.
Prima che io possa chiedergli cosa stia succedendo, tira fuori un piccolo pugnale.
La lama luccica nella penombra del corridoio.
"Volevo darti qualcosa prima di partire," dice, porgendomi il pugnale con una certa riluttanza "Non so cosa succederà nei prossimi giorni, ma voglio che tu sia pronta."
Lo guardo, sorpresa.
Non mi aspettavo un regalo, e men che meno un'arma.
Lo prendo in mano, sentendo il peso freddo del metallo contro la mia pelle.
La lama è perfetta, affilata, e la sua lunghezza è giusta per una mano come la mia.
"Grazie, Jon," dico, cercando di non sembrare troppo commossa "Spero di non doverlo usare."
Lui mi guarda con quei suoi occhi profondi, e so che ha capito cosa intendo davvero.
Questo pugnale non è solo un'arma; è una promessa.
Una promessa di protezione, di essere pronti per tutto ciò che verrà.
"Non dovresti restare da sola qui," dice piano, quasi come se stesse parlando più a sé stesso che a me "Ma so che sei forte. Sei sempre stata forte."
Faccio un respiro profondo e annuisco, cercando di non lasciarmi sopraffare dalle emozioni che mi stanno stritolando il petto.
"Jon, non... non dimenticarti di noi, ok?" La mia voce esce più fragile di quanto vorrei.
"Non potrei mai" risponde lui, e c’è una tale sincerità nel suo sguardo che mi fa male "E tu... abbi cura di te."
Prima che possa rispondere, sentiamo dei passi leggeri dietro di noi.
Arya spunta fuori dal nulla, il volto vispo e curioso.
"Jon! Non penserai di andartene senza salutarmi, vero?" dice con un sorrisetto, anche se vedo nei suoi occhi l’ombra della tristezza.
Jon si inginocchia davanti a lei, tirando fuori un altro pacchetto dalla sua sacca.
Lo apre lentamente, rivelando una spada sottile e affilata come un ago.
Arya lo guarda con occhi sgranati, completamente rapita.
"Questa è per te" dice Jon, con un sorriso che è quasi triste "L'ho fatta fare apposta. Si chiama Ago. Piccola e letale, proprio come te."
Arya lo guarda incredula, poi afferra la spada con entrambe le mani, come se fosse il tesoro più prezioso del mondo "Grazie, Jon!" esclama, stringendolo forte.
La guardo, e non posso fare a meno di sorridere.
Arya, con la sua testardaggine e il suo spirito ribelle, è probabilmente la più adatta a ricevere un regalo del genere.
Se c'è qualcuno che può cavarsela con una spada, è lei.
Dopo averla abbracciata, Jon si rialza, lanciandomi uno sguardo significativo.
"Devo andare," dice, e anche se non lo dice apertamente, so che questo è l’addio.
Annuisco, non riuscendo a trovare le parole giuste per rispondere.
C’è un groppo in gola che non se ne vuole andare, ma non voglio piangere.
Non davanti a lui.
Non così.
Jon si avvia verso l’ingresso del castello, e io lo seguo insieme a Robb, Sansa e Arya.
Ned ci aspetta fuori, pronto per l’addio definitivo.
Jon monta a cavallo con una facilità che mi fa male, come se fosse nato per partire, per andarsene.
Le parole di addio tra Jon e Ned sono brevi, senza fronzoli, come è da aspettarsi tra loro.
Arya si aggrappa a lui, lo abbraccia ancora una volta, e vedo che anche Robb fatica a nascondere le emozioni.
Io, invece, rimango un po’ indietro, cercando di nascondere il dolore che mi attanaglia.
Quando è finalmente il mio turno, Jon mi guarda, e non serve dire altro.
Il silenzio tra noi è carico di tutto quello che non abbiamo detto.
Di tutto quello che non possiamo dire.
"Abbi cura di te" riesco a dire, la voce spezzata.
"L'ho sempre fatto" risponde Jon, e poi, senza un altro sguardo, fa partire il cavallo.
Lo guardo andare via, il cuore che si spezza un po’ di più a ogni passo del suo destriero.
Resto lì, immobile, fino a quando Jon non è più che un puntino lontano, e poi, anche quel puntino scompare del tutto.
Mi sento vuota, come se una parte di me fosse partita insieme a lui.
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