Capitolo 6
Sarebbe comodo avere un’auto ora, dovrei impegnarmi anche nella ricerca di benzina ma almeno le ore di cammino diminuirebbero. Il fatto che non so guidare non c’entra, anche se ne fossi stata capace sarei senza macchina. L’ultima volta che ho visto la nostra auto è stata quando la mamma è andata in cerca di provviste più di due mesi fa.
Sono per strada da un’ora e si alza il vento così mi stringo nella giacca. Balto saltella allegro mantenendo il mio passo, io non riesco a godermi il viaggio come lui, sobbalzo ad ogni rumore, e alla fine si tratta solo di una foglia spostata dal vento.
Chissà per quale strano caso fortunato, i “musi-grigi” non attaccano gli animali, deve essere una qualche benedizione divina, forse faccio talmente tanta pena che qualcuno ha deciso di lasciarmi almeno il cane.
Case in vista? nessuna. Solo una strada che sembra infinita e tanti alberi. Tanti tanti alberi.
Mi dico che devo rimanere concentrata ma a volte proprio non riesco ad impedire alla mia mente di tornare a quando ero con Luke e Ethan. Siamo andati nella stessa scuola per tutto questo tempo e non li ho mai nemmeno incontrati o visti di sfuggita, è strano, ma è pur vero che c’erano migliaia di studenti lì.
“La scuola più grande della città!” Il preside ci teneva particolarmente a sottolinearlo, cartelloni colorati sparsi in giro per l’edificio me lo ricordavano ogni giorno.
Ma in fondo non è che io prestassi molta attenzione alle persone che avevo intorno, e la cosa era reciproca. Stavo con Noah, e andava bene così.
Mi fermo sentendo delle voci, e mi volto immediatamente quando capisco che provengono dalle mie spalle. Appena un sussurro trasportato dal vento, ma se fossi rimasta concentrata le avrei sentite prima.
Dietro di me, a qualche centinaio di metri di distanza, ci sono due uomini. Alti, robusti, armati. Non armati di coltelli o insignificanti martelli, quello è un fucile.
Mi giro e accelero, poi inizio a correre, non ho bisogno di sapere altro sul loro conto per essere preoccupata.
Ho sentito spesso da Noah storie di gente che si attacca a vicenda anche per le più insignificanti quantità di cibo, non credo che tutti gli esseri umani rimasti in vita siano pazzi omicidi, ma allo stesso tempo non credo sia il caso di dimostrare la mia teoria.
Ho bisogno di tutte le parti del corpo per andare avanti, quindi sfidarli è fuori discussione. Allo stesso tempo, ho bisogno del mio cibo per non morire di fame, quindi assecondarli è fuori discussione.
Il mio battito comincia ad accelerare e sento delle gocce di sudore attraversarmi la fronte.
Devo mantenere la calma.
Do un’occhiata veloce alle mie spalle e ora stanno correndo anche loro.
Accelero finché non sento più le gambe, mi manca il fiato. Quand’è stata l’ultima volta che ho corso?
“Ehi ragazzina!” Continuo a correre, mi fa male tutto “Fermati vogliamo solo parlare!”
Le mie gambe iniziano a bruciare, non so per quanto posso andare avanti prima di crollare.
In lontananza avvisto qualcuno, l’ultima cosa che mi serve al momento è qualcun altro di cui preoccuparmi, socchiudo gli occhi per vedere meglio.
Non qualcuno, qualcosa. È uno zombie.
Rallento un po’ per regolarizzare il respiro, stringo la presa sulla mia arma e avanzo decisa verso il mostro che si accorge di me e mi viene incontro.
L’adrenalina prende il sopravvento, dimentico il dolore alle gambe, dimentico i due uomini dietro di me.
Ancora qualche passo, alzo l’accetta pronta a colpire.
Un boato.
Lui cade.
Io mi spavento.
La mia accetta cade e con essa anch’io, inciampando sui miei stessi passi.
Porto le mani davanti a me per non farmi male sbattendo comunque il ginocchio, sbucciandomelo, il gomito destro e i palmi delle mani fanno la stessa fine.
La pelle brucia a contatto con l’asfalto ruvido e il suo odore, amplificato dall’umidità, mi arriva alle narici facendomi venire la nausea.
Sento il ginocchio pulsare, provo a rialzarmi ma non riesco a poggiarmici completamente. Non credo si sia rotto niente ma sono un po’ indolenzita.
Mi sposto velocemente per allontanarmi dal fetore del mostro disteso a pochi centimetri da me.
Sento i lamenti di Balto, si è spaventato anche lui e si nasconde dietro al mio corpo, guardando alle mie spalle.
Quando finalmente mi riprendo seguo la sua traiettoria e vedo i due uomini ormai a pochi passi da me, la canna del fucile è ancora fumante.
Indietreggio spaventata dimenticandomi della mia accetta, quando me ne accorgo è ormai troppo tardi.
L'uomo senza fucile la raccoglie rigirandosela tra le mani come se non pesasse niente, e facendola risplendere alla luce del sole.
L’altro, il più grosso, mi guarda con un ghigno stampato sul viso rugoso “Non muoverti ragazzina”.
Stavolta il fucile è puntato verso di me e lui non sembra turbato all’idea di usarlo.
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Bello perché sono le 3 e io ho deciso di pubblicare tutto il libro
non siamo sorpresi
intanto vi dico qualcosa su di me così non pensate che sono un indiano che costruisce piscine
ho due cani meticci molto carini, sono al primo anno di scienze della comunicazione (delle merendine), e il mio color preferito è il viola!
fatemi sapere cosa ne pensate
muah
-emme <3
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