Capitolo 70.

<<Allora ci vediamo domani!>> mi salutò Daniele, non appena prima che chiudessi la porta di casa.

Lui, tra tutti, era il più felice che fossi tornata a Bologna, e che ora vivessimo a una quindicina scarsa di minuti l'uno dall'altra.

Mi buttai sul divano sentendomi sul punto di collassare, visto che ormai si era fatta tarda sera, ed io avevo passato almeno sette ore a studiare per il prossimo esame.

Considerai di trascinarmi fino in cucina per prendere qualcosa da mangiare, ma la sola idea mi fece aumentare il mal di schiena: forse stare piegata per così tanto tempo sulla scrivania non mi aveva giovato.

Sbuffai, sistemando un cuscino sotto di me, in corrispondenza della colonna vertebrale, sapendo che così facendo avrei diminuito il dolore e presto mi sarei sentita rinata.

In effetti, da quattro mesi a quella parte, da quando avevo lasciato la Città degli Angeli, le cose erano andate meglio del previsto.

Dopo tutto quello che avevo passato, dopo aver scoperto che il Diavolo, Dio, gli angeli e i demoni erano reali, dopo aver preso parte ad una guerra celestiale, la prospettiva di rivivere tutti i ricordi legati alla mia famiglia non mi spaventava più di tanto.

Non era stato affatto facile, soprattutto nelle prime settimane. Rivedere le stesse identiche stanze nelle quali ero cresciuta, e percepirvi la mancanza della mia famiglia, mi aveva fatta soffrire, come immaginavo.

Ma avevo anche rivisto molti dei miei amici d'infanzia e di compagni di scuola, riallacciando un paio di rapporti che temevo di aver perso per sempre.

Ed avevo potuto frequentare l'università dal vivo, sopratutto. Avevo potuto rivedere i portici e le strade di una città che amavo dal profondo del cuore, e alla quale sentivo di appartenere.

Non era stato facile, ma non mi pentivo della mia scelta.

Tanto più che riuscivo senza problemi a tenermi in contatto con i miei amici di LA, tramite i messaggi e le videochiamate, che non erano granché, ma erano già meglio di niente.

Lucifer, in quei quattro mesi, mi aveva scritto spesso, ma ci eravamo sentiti raramente al cellulare.

Lui aveva sempre detto di essere molto occupato con il suo nuovo "impiego", o almeno così lo definiva lui.

E non mi era mai venuto a trovare.

Mi girai attentamente su di un lato, cercando di non farmi male, e mi godetti la morbidezza di quel divano blu rivestito di tessuto di jeans.

Avevo gli occhi stanchi e, sebbene non fossero nemmeno le nove di sera, si era fatto troppo dispendioso tenere le palpebre spalancate.

Rivolsi una pigra occhiata all'anello infilato al mio anulare sinistro, meravigliandomi ancora una volta di quanto fosse magnifico e domandandomi quando colui che me lo aveva donato avrebbe deciso di farsi vivo.

Fu solo quando riaprii gli occhi che mi resi conto di essermi addormentata.

Il dolore alla schiena era migliorato abbastanza da permettermi di stare seduta senza farmi venire voglia di piangere.

Mi alzai in piedi con calma, infilai le mie ciabatte blu e rosse perché il pavimento era gelido ed io ero a piedi nudi, e mi diressi con passo strasciato fino in camera da letto.

La sveglia sul comodino segnava le quattro e ventidue di mattina, il che mi lasciò piacevolmente sorpresa: avevo dormito per una notte intera senza svegliarmi di soprassalto. Niente incubi.

Ed erano ormai sette notti, con quella.

Dovevo affrettarmi a scriverlo sul diario che mi aveva consigliato di tenere Linda, poi avevo intenzione di chiamare la psicologa per raccontarle di quel fantastico miglioramento.

Da tempo ormai avevo disperato di poter tornare a dormire tranquillamente, ed invece, a quanto pareva, mi ero data per vinta troppo presto.

Venni presa da un sentimento di gioia così intensa che mi ritrovai letteralmente a saltellare fino in cucina, con il bisogno impellente di introdurre della caffeina nel mio organismo.

Accesi l'interruttore della luce e dovetti coprirmi gli occhi con una mano per qualche secondo.

Poi, quando finalmente riuscii a reggere la luminosità del lampadario dopo tanto buio, rischiai di affogarmi con la saliva.

Su una delle sedie intorno al tavolo, rilassato e a suo agio come se fosse stato seduto davanti al bancone del suo attico, avvolto in un elegante completo color marrone tegola, stava un certo diavolo di mia conoscenza.

Si picchiettava placidamente le dita della mano sul mento, mentre il suo sguardo vagava per le pareti della stanza, senza una mèta precisa, tanto per fare.

Non appena ebbi acceso la luce, le sue pupille scure si posarono su di me, ed uno dei suoi classici, luminosi sorrisi, fece la propria comparsa.

Anche io ero certa di star sorridendo, ma, per un lungo periodo di tempo, nessuno di noi due aprì bocca.

<<Buongiorno>> disse, spezzando il silenzio <<Avevo pensato di portarti la colazione, come da migliore tradizione Bianchistar, ma poi mi è sembrato un pò troppo presto per quello>>

Quando si alzò in piedi e venne verso verso me, forse aspettandosi un'arguta risposta alla sua considerazione, io gli gettai le braccia al collo e lo strinsi forte.

<<Sì>> mi sussurrò lui all'orecchio, ricambiando l'abbraccio <<Anche tu mi sei mancata>>

Scoppiai a ridere senza sapere bene il perché, e lui mi sistemò i capelli con le mani, senza smettere di sorridere.

Mi sarei vergognata della disordinata massa di antimateria che avevo in testa, se mi fossi trovata davanti chiunque altro.

Ma Luci mi aveva già vista in quelle condizioni più di un paio di volte, perciò non era il caso che mi agitassi.

<<Ti amo>> dichiarò lui, baciandomi la mano.

Ed, io nello stesso momento, dissi:<<Stavo per farmi qualcosa da bere, tu hai sete?>>

Ridemmo entrambi, di gusto, ed io mi deliziai del suono familiare della sua profonda risata.

<<Ti amo anch'io>> gli risposi, mettendo su l'acqua e tirando fuori una bustina di ginseng in polvere.

Poi fu il suo turno:<<Sono a posto>> disse <<A meno che tu non abbia del Bourbon, qui da qualche parte>>

<<Puoi provare a cercare, ma dubito che avrai fortuna>>

<<Immaginavo>> sbuffò lui, fingendosi scocciato, e lisciandosi il tessuto della giacca con entrambe le mani.

Quando l'acqua bollì io potei finalmente prepararmi il caffè e, sbadigliando, andai a sedermi accanto a lui intorno al tavolo.

La tazza che stringevo fra le mani mi scaldava in quella fredda mattina di inizio aprile, ma mai quanto la sua vicinanza.

<<Allora>> bevvi un piccolo sorso di ginseng <<È per questo che non sei potuto venire a trovarmi, in questi mesi? Eri troppo indaffarato a scegliere il nome migliore per la nostra ship? E, non so, hai considerato Morninchini e Bianchifer?>>

Lui mi rivolse uno sguardo divertito, ma fu abbastanza sveglio da capire che ero piuttosto indispettita che si fosse fatto sentire così poco.

Si sporse sulle sedia e mi scoccò un bacio su una guancia, poi si risistemò ben dritto, tanto per tenere alto il suo buon nome.

<<In effetti, devo ammettere che Morninchini l'avevo considerato. Ma poi, come dire, mi era parso troppo...Troppo ricercato, ecco>>

Inarcai le sopracciglia:<<Ricercato?!>>

<<Non mi aspetto che tu capisca, dopotutto sei solo umana>> scherzò.

<<Oh, grazie, come sei gentile!>> terminai la mia tazza di caffè <<Dovrei essere arrabbiata con te, sai? Ti sei intrufolato in casa mia come una specie di ladro, ancora una volta, e tuo Padre solo sa come cavolo fai!>>

Lui mi sorrise ed inarcò un sopracciglio nero e ben disegnato:<<Segreti del mestiere, cara>> asserì <<Comunque hai davvero una casa fantastica, devo ammetterlo...Mi ha colpito soprattutto la tua camera, con quel bel lettone caldo e confortevole: vorrei davvero, davvero provarlo, se non ti dispiace>>

Mi fece gli occhioni supplichevoli da cucciolo, pregandomi con lo sguardo affinché accondiscendessi alla sua richiesta.

La verità era che - da quando era arrivato - non aspettavo altro.

Mi alzai, stringendomi nel mio pigiama viola preferito, e lo presi per mano, guidandolo verso la mia camera da letto attraverso le stanze buie e silenziose della casa.

<<Non posso chiedere di meglio>> gli dissi, una volta che fummo finalmente arrivati a destinazione.

Lucifer mi fece fare mezzo giro su me stessa finché non fui incollata al suo petto, con le sue labbra che si appoggiavano sulle mie, per poi passare a sfiorarmi il collo con gentilezza, un bacio dopo l'altro.

Arrivò a spingersi fino al bordo superiore della scollatura del mio pigiama, per quanto poco profonda fosse, ed io iniziai a sentirmi la bocca secca.

Gli appoggiai le mani sulle spalle e lo allontanai di qualche centimetro da me, tentando di riprendere fiato per parlare.

Lui mi guardò confuso, aggrottando le sopracciglia, nel palese tentavo di capire dove avesse sbagliato.

<<Stavolta niente buchi nelle pareti, d'accordo?>>

<<Vedremo>> si limitò a dire, ritrovando di colpo tutto il buonumore.

Quando avemmo definitivamente finito erano le nove passate di mattina ed il mio male alla schiena era scomparso.

Mi stiracchiai a fondo tra le coperte, rendendomi conto che la notte prima non avevo abbassato le tapparelle della finestra.

A parte quel piccolo dettaglio, comunque, era tutto perfetto.

A parte quel piccolo dettaglio e il fatto che a quell'ora - secondo il piano di studi che mi ero fatta - sarei già dovuta essere sui libri.

Scrollai Luci con delicatezza, baciandolo piano, finché non aprì gli occhi.

<<Buongiorno di nuovo, amore mio>> mormorò lui, contro le mie labbra.

<<Buongiorno di nuovo>> risposi, e poi mi feci forza e mi alzai dal letto, provando a ritrovare i miei vestiti in quel mare di coperte scombinate.

Lui incrociò le braccia dietro la testa, osservandomi. Potevo sentire il suo sguardo che mi accarezzava la schiena, mentre mi innervosivo sempre più a causa della mia ricerca infruttuosa.

<<Cerchi i tuoi vestiti?>>

Io annuii.

<<Credo siano da qualche parte sotto il letto>> ammiccò nella mia direzione <<Ma perché ti alzi così presto?>>

Mi piegai per recuperare il mio pigiama che, in effetti, dopo essere stato lì sotto per delle ore, era pieno zeppo di polvere. Così come il mio reggiseno e le mie mutande.

<<Guarda che sono quasi le dieci, non è mica presto!>> esclamai <<A quest'ora dovrei già stare studiando, tra l'altro, come se non bastasse, il prossimo esame che devo dare è di statistica>>

<<Sono sicuro che andrai alla grande>> mi incoraggiò il Diavolo, evidentemente senza avvertire il bisogno di muovere un solo muscolo.

<<Come no!>> buttai il pigiama sul pavimento, accanto al mio letto matrimoniale, e passai a cercare dei vestiti decenti da mettermi.

Quando anche quella faccenda fu sbrigata, Lucifer capì che il tempo per stare a letto era scaduto, così si convinse ad alzarsi.

<<Fammi il favore di metterti qualcosa addosso!>> esclamai, notando che mi stava seguendo fuori dalla stanza senza essersi disturbato ad infilarsi alcunché.

Lui sbuffò, tentando di replicare, ma l'occhiata che gli rivolsi gli fece probabilmente cambiare idea, perché si affrettò ad esclamare un:<<Come desideri>>.

Mi diressi in cucina e sistemai i miei libri sul tavolo, preparandomi mentalmente a diverse ore di studio intenso.

Pochi minuti dopo Lucifer mi raggiunse, vestito di tutto punto e pettinato.

<<Stai bene, tesoro?>> domandò lui, piegandosi per baciarmi sui capelli

<<Sì>> inclinai la testa all'indietro per guardarlo negli occhi <<Solo un pochino di ansia>>

<<Vuoi che ti vada a prendere qualcosa al bar?>>

Io ridacchiai, scuotendo la testa:<<No, grazie. Sono a posto>>

Allora Lucifer si sedette accanto a me, prendendo una delle mie mani tra le sue, mentre io mi concentravo sul testo universitario che avevo davanti agli occhi.

Passai così una mezz'oretta buona, con me che studiavo e Luci che mi accarezzava il dorso della mano destra, in silenzio.

<<Dico davvero>> saltai su io ad un certo punto <<Che cos'hai fatto di tanto impegnativo in questi mesi?>>

Lui alzò lo sguardo sul mio volto:<<Ho scoperto che sono bravo ad aiutare le persone, soprattutto quelli che ormai sembrerebbero non avere più speranze>>

Ora sì che mi aveva incuriosita.

<<Sai, stavo ripensando a quello che è capitato a te, quando sei finita all'Inferno nonostante tu sia una delle persone migliori che io conosca. Ho capito che probabilmente laggiù c'è tantissima gente nella tua stessa condizione, tantissima gente che non merita di stare lì, e così ho scoperto che posso aiutarli ad uscire dal loro loop infernale>>

<<Non pensavo che fosse possibile lasciare l'Inferno>> commentai, presa totalmente alla sprovvista.

<<Già>> disse il Diavolo <<Non pensavo nemmeno io che fosse una cosa possibile, ma poi ho deciso di tentare ed ha funzionato alla grande!>>

Un sorriso spontaneo mi distese le labbra, notando quanto fosse felice della sua nuova occupazione.

Lasciai perdere i miei libri e andai ad accomodarmi sulle sue gambe. Lui fu più che felice di quella mia scelta e mi strinse le braccia intorno alla vita, soddisfatto.

<<È davvero fantastico>> gli dissi <<Sono fiera di te, lo sai, vero?>>

Gli passai un braccio intorno al collo, passando amorevolmente le dita tra i suoi capelli scuri.

<<Grazie>> sussurrò, facendomi accomodare più vicina a lui, con la testa appoggiata sulla sua spalla.

Rimanemmo così, immobili, per un tempo che mi parve lunghissimo, come se fossimo di nuovo all'Inferno, dove le ore passavano lente come millenni.

Tuttavia ne ero più che lieta, ed avrei lasciato senza problemi che quell'istante si protraesse per l'eternità intera.

Fu lui a parlare per primo:<<Lo sai che ti amo tanto, ma vuoi davvero che io faccia da padrino al battesimo di Charlie?>>

Io annuii, senza la minima esitazione, ma non potei fare a meno di scoppiare a ridere davanti al suo disappunto.

-
Ed eccola qui: la Fine di questa storia.

Vi ringrazio per il supporto che mi avete mostrato durante tutta la pubblicazione di questa storia.

Grazie mille 💗

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