Capitolo 67.

Lucifer's Pov
Io e la Detective avevamo quasi finito quel noiosissimo lavoro di compilazione dei documenti.

Un compito noioso ma, per mia fortuna, piuttosto complicato.

Abbastanza da tenermi impegnato, perché non pensassi a Jennifer, al fatto che avesse deciso di lasciarmi, al dolore sordo che minacciava di farmi esplodere la testa.

<<A che punto sei?>> chiese Chloe, ma io non le risposi perché proprio in quel momento udii una voce che catturò la mia più completa attenzione.

<<Sto cercando la detective Decker>> diceva Jennifer ad una sempre sorridente signorina Lopez <<La conosce, per caso?>>

<<Ma certo che conosco Chloe: guarda, è proprio lì, seduta alla sua scrivania>> la istruì il medico legale, indicando nella nostra direzione.

Jennifer ringraziò la donna con un sorriso e solo in quel momento notai che proprio dietro di lei, a poche decine di centimetri, stava in piedi un uomo che mi era purtroppo molto familiare.

La faccia da schiaffi di Michael Marmont era impossibile da dimenticare, poco importava che quest'ultimo si fosse tinto i capelli e fatto crescere la barba.

Mi alzai in piedi lentamente, spingendo indietro la sedia sulla quale ero seduto, e mi concentrai per controllare la forte ondata di rabbia che iniziava a farmi tremare i polsi.

Se fossi stato quello di una volta non avrei esitato mezzo secondo ad afferrare quello stronzo per il colletto della camicia e a lasciargli un ricordino che non avrebbe scordato con facilità.

Ma non ero più quella persona, ormai. E comunque non avrei potuto fare granché, non in una stanza piena di poliziotti.

<<Chloe, qui c'è qualcuno che vorrebbe parlare con te>> disse Jennifer alla Detective.

Michael, mentre le due donne parlavano, mi lanciava un'occhiata terrorizzata dopo l'altra.

Chloe spalancò gli occhi, rendendosi conto di chi fosse davvero quell'uomo, probabilmente perché aveva indagato per mesi e mesi sull'organizzazione mafiosa della quale lui era esponente.

<<Vuole parlarmi?>> domandò, stavolta rivolta a quella sottospecie di essere umano.

<<Sì>> confermò lui, con la voce tremula <<Ho sentito che le servono delle informazioni, ed io sono più che disposto a dargliele>>

Aggrottai le sopracciglia, sorpreso da quella dichiarazione.

<<Perfetto>> la Detective accennò alla stanza degli interrogatori <<Mi segua, prego>> disse, rivolta a Michael.

Io rivolsi un'ultimo sguardo a Jennifer, la quale evitò abilmente il contatto visivo, e poi feci per seguirli.

<<No, lui no, per favore!>> esclamò il signor Marmont, quando si accorse che mi avviavo con loro.

<<La prego, la prego, non lo faccia venire con noi!>> quasi gridò rivolto a Chloe, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.

La mia partner mi rivolse un'occhiata di rimprovero, appena prima di acconsentire alla richiesta che le era stata fatta.

Li seguii con lo sguardò finché non scomparirono all'interno della stanza degli interrogatori, poi rivolsi la mia attenzione su Jennifer, la quale non si era ancora mossa.

<<Ciao>> avevo la gola secca <<È tutto a posto?>>

Lei mi sorrise, visibilmente sollevata di non avere più nelle vicinanze l'uomo che l'aveva fatta drogare:<<Sì, tutto a posto. È venuto a casa mia per chiedermi scusa...Per quello che ha fatto, ha detto di voler cambiare e mi ha pregato di farlo parlare con la polizia. Ovviamente ho pensato subito che stesse mentendo, ma poi mi ha raccontato del vostro incontro, delle cose che gli hai detto...E così gli ho creduto>>

Vedevo nei suoi occhi verdi che mi biasimava per non avergliene mai parlato, ma non è che anche lei fosse esattamente una santa sotto questo aspetto.

La tensione tra noi due era palpabile, tanto che persino io potevo sentirne l'effetto.

<<Devo dirti una cosa>> esordì lei, palesemente in ansia.

Io annuii:<<Lo so>>

Vidi il suo volto contrarsi in un'espressione sorpresa:<<Lo sai?>> domandò con un filo di voce.

<<Sì>> sentivo un groppo in gola, quando parlai <<So che hai pianificato di tornare a vivere in Italia e che non me lo hai detto>> mi sforzavo di non alzare la voce <<Iniziavo a credere che non l'avresti mai fatto, visto che la partenza è domani sera>>

Il tono che avevo usato per quest'ultima frase era più acido di quanto non avrei voluto, ma mi sentivo tradito.

E - forse anche peggio - messo da parte come si fa con un giocattolo usato.

Lei si morse il labbro e deglutì, passandosi le dita tra i capelli:<<Le cose non stanno proprio così>>

<<E allora com'è che stanno? Dimmelo tu!>> senza nemmeno rendermene conto avevo gridato, ed ora quasi tutte le persone nella stanza con noi si erano girate a guardare la scena.

Jennifer sospirò, accorgendosi degli sguardi puntati nella nostra direzione:<<Usciamo, per favore. Così potremo parlarne in pace>> suggerì sottovoce.

Ma io ero troppo arrabbiato, mi sentivo troppo tradito per fare come diceva.

<<Noi due non abbiamo nulla da dirci, hai capito?!>> non accennai ad abbassare la voce, incurante delle persone intorno a noi che mi fissavano <<Vuoi andartene?! Vuoi tornare a casa tua e vivere la tua vita senza di me?! Vuoi lasciarmi?! Perfetto, fallo pure!>> mi portai le mani dietro il collo per slacciare la catenina con la croce che lei mi aveva dato e la sbattei sulla scrivania in mezzo a noi <<Basta solo che poi tu non venga da me a lamentarti con quello sguardo di scuse negli occhi, perché se qui c'è uno che dovrebbe lamentarsi, quello sono io!>>

Senza aggiungere altro la superai e scattai verso l'uscita della centrale, assolutamente incurante di aver dato spettacolo.

In quel momento davvero non mi importava. Le uniche cose che percepivo erano la rabbia e l'odio che mi si rimescolavano dentro. Faticavo a fare respiri profondi, mentre i sentimenti distruttivi che provavo mi opprimevano il petto.

Mi bastò un mezzo sguardo e la mia amata Corvette nera, ferma nel parcheggiò lì davanti, prese vita con un rombo del motore.

Se avessi fatto i duecentocinquanta - il massimo a cui poteva arrivare - sarei stato lontano da Los Angeles in un battito di ciglia.

<<Lucifer, aspetta un secondo!>> la sua voce era vicina <<Lasciami spiegare!>>

Seppi che mi aveva seguito anche senza bisogno di voltarmi a guardare.

<<Cos'è che vorresti spiegare?>> avrei voluto essere lontano da lì, ma parlai senza quasi rendermene conto <<Avanti, su, spiega pure! Dammi un solo buon motivo per trattarmi così!>>

Jennifer si fermò a pochi metri da me, rossa in viso e con le lacrime agli occhi:<<S-se solo mi lasciassi il tempo per spiegarti->>

<<Tu ti sei iscritta all'università in un altro stato! Dall'altra parte del mondo! E non hai pensato, nemmeno per un secondo, di dirmelo, di parlarne con me...E non eri tu quella che mi rimproverava di non essere sincero?!>> la accusai io, avvicinandomi a grandi passi e puntandole un dito al petto.

<<È s-successo all'inizio di settembre, quando tu eri andato...Non pensavo che ti avrei più rivisto c-così...Sì, l'ho fatto: mi sono iscritta alla facoltà di lettere>>

<<A Bologna>> puntualizzai io, appoggiandomi ad una portiera della mia auto, avendo bisogno di un qualche tipo di sostegno.

<<Sì>> Jennifer annuì, asciugandosi le guance <<Volevo fare qualcosa della mia vita, sai? Del tipo prendere una laurea ed iniziare a intraprendere una carriera che potesse...Farmi felice, credo. Invece che rimanere qui a vivere di sogni infantili...Ma non ho mai e poi mai voluto ferirti, né tantomeno lasciarti>>

La sua espressione triste mi avrebbe spezzato il cuore se solo il suo prossimo abbandono non l'avesse già polverizzato.

<<Però non mi hai detto nulla quando sono tornato>> ero sul punto di collassare, non mi ero mai sentito così debole ed indifeso in tutta la mia dannata esistenza:<<Credevi che avrei provato a fermarti?! Come se ti avessi mai impedito di fare le tue scelte!>>

Lei tirò su col naso, scuotendo la testa:<<Mi dispiace>> sussurrò <<Volevo dirtelo, Luci. Ma con tutto quello che è successo- Con tutto quello che è successo in così pochi giorni, n-non ne ho avuto tempo>>

Sentivo la mia faccia calda bollente, come quando ero sul punto di rivelare la mia vera natura. Il mostro che ero.

<<Si trova il tempo!>> esclamai <<Sempre che parlarmene fosse per davvero nelle tue intenzioni...>>

Jennifer allargò le braccia:<<Credi che me ne sarei andata senza dirti nulla?!>> stavolta gridava anche lei.

<<Non so, dimmelo tu: te ne saresti andata senza dirmi nulla?>> feci ancora mezzo passo in avanti, sul punto di esplodere.

Lei alzò gli occhi nei miei, lasciandosi sfuggire un singhiozzo:<<Io lo so di avere sbagliato>> disse <<E capisco che tu sia arrabbiato con me...Davvero: hai t-tutte le ragioni per esserlo, ma sono sicura che noi due possiamo parlarne...E possiamo chiarirci e possiamo trovare una soluzione insieme>>

Distolsi lo sguardo, la testa piena di chiasso che mi impediva di concentrarmi su qualcosa che non fosse la mia stessa rabbia distruttiva.

<<Perché noi p-possiamo trovare una soluzione, vero?>> domandò lei, vedendo che non parlavo.

I miei pensieri furono occupati dall'immagine di lei che se ne andava, che mi lasciava solo, che mi ripudiava, come avevano fatto tutti quanti.

Forse, in fin dei conti, era meglio che rimanessi da solo, dopotutto il Diavolo non meritava la compassione di nessuno.

<<Lucifer?>> mi chiamò lei, appoggiandomi una mano sull'avambraccio. Io me la scrollai di dosso.

Scossi la testa:<<Sono stanco di parlare>> sputai tra i denti <<Al momento desidero soltanto un paio di drinks ed una bella scopata>>

Jennifer annuì piano:<<Ora sei davvero troppo arrabbiato per ragionare, ma se più tardi vorrai sentirci per->>

Si interruppe, e così io colsi l'occasione:<<Arrabiato? E perché mai dovrei essere arrabbiato?!>> aprii la portiera della mia macchina e mi ci accomodai <<E comunque io dico sempre la verità, credevo che l'avessi capito>>

Misi in moto e partii a tutta velocità, senza voltarmi indietro neanche per mezzo secondo.

Dovevo allontanarmi da lei, e anche alla svelta.

Rivolsi una veloce occhiata al mio riflesso nello specchietto della Corvette e le pupille dei miei occhi erano di colore rosso accesso.

Andavo talmente veloce - ignorando tutti i segnali stradali - che dubitavo che qualcuno se ne accorgesse, ma dovevo calmarmi, bere un pò di alcool di buona qualità e farmi anche qualcuno, magari.

Quando parcheggiai davanti al Lux, il mio adorato rifugio sicuro, iniziai a sentirmi più sicuro di me.

Mi sistemai i capelli e i vestiti, ben sapendo che comunque non ne avrei avuto alcun bisogno, visto l'effetto che avevo su quasi tutti gli umani.

L'interno del mio locale mi diede il benvenuto, ed io potei finalmente trarre un sospiro di sollievo. Ero nel mio elemento naturale, senza più scocciature, o stupidi sentimenti terresti che si mettessero in mezzo tra me ed il mio obbiettivo: il divertimento.

Il motivo per cui ero venuto in mezzo agli umani, dopotutto, non era altro che quello: sesso, superalcolici ed altro sesso.

Mi sedetti davanti al bancone, adocchiando subito un paio di ragazze sulla trentina che bevevano due cocktails analcolici a pochi metri da me.

Durante il giorno il Lux era poco frequentato, ma quella mattina ero stato fortunato, a quanto pareva.

<<Sally, mi faresti qualcosa da bere?>> attirai l'attenzione della barista dai capelli rossi.

Era così che si chiamava la donna che avevo promesso di assumere al Lux durante la mia caccia a Dromos...Circa un'eternità prima. O almeno quella che a me pareva un'eternità.

<<Cosa vuoi che ti faccia, capo?>>

Io alzai le spalle:<<Basta che sia molto forte>> le risposi stancamente.

La donna annuì e si mise subito all'opera, mentre io mi concentravo sulla mia missione primaria.

Benché ovviamente non avrei disdegnato una cosa a tre, al momento ero in vena di un classica sessione di sesso vecchio stile.

Una di quelle due ragazze - quella con la lunga treccia nera - si voltava a guardarmi ad intervalli regolari di circa ventisette secondi e poi si rigirava per parlottare sottovoce con la sua amica.

Sorrisi al solo pensiero delle ore che avrei passato insieme a lei.

Lei si girò ancora per guardarmi proprio mentre Sally mi appoggiava davanti il mio drink, che io scolai tutto d'un fiato.

Il fatto che il mio metabolismo angelico mi impedisse di ubriacarmi non significava che non potessi provarci.

Poi mi alzai ed andai verso le due ragazze, mettendomi addosso la classica, diabolica espressione.

<<Salve>> mi sedetti nello sgabello accanto ai loro.

La nera, più bassina della sua amica, si girò subito nella mia direzione e ricambiò il mio saluto con un largo sorriso.

Il suo vestito bianco da sera era del tutto fuori luogo se indossato durante il giorno, ma era innegabile che le stesse divinamente.

<<Salve, mi chiamo Tatiana>> rispose lei porgendomi la mano, mentre la sua amica guardava la scena piena di aspettative.

Strinsi la mano piccola e abbronzata che mi offriva:<<Io sono Lucifer, Lucifer Morningstar>>

Le labbra di Tatiana disegnarono una piccola o non appena le dissi il mio nome.

<<Tu sei il proprietario di questo posto, giusto?!>> una luce le si accese nelle pupille scure, mentre mi squadrava da capo a piedi.

Avevo già visto quello sguardo centinaia di volte. Significava che ero vicino.

<<In persona, cara>> dissi <<Senti, mi stavo chiedendo se per caso non ti andasse di salire su con me, nel mio attico->>

"...Avrei in mente un paio di cose divertenti che potremmo fare insieme"

Sapevo bene come avrei dovuto continuare, e poi il gioco sarebbe stato fatto. Eppure mi fermai.

Era una bella ragazza, senza alcun dubbio, ma davvero non volevo fare sesso con lei.

Quella consapevolezza mi colpì in pieno petto, impedendomi di continuare la frase che avevo iniziato.

<<Nel tuo attico per fare che cosa?>> chiese Tatiana, scendendo dal suo sgabello e avvicinandosi a me con fare sensuale.

<<Mi dispiace>> mi schiarì la voce <<Devo andare, scusami>> e mi fiondai su per le scale, impaziente di trovarmi finalmente nel mio appartamento.

Magari non avrei fatto sesso, ma quantomeno avrei bevuto.

Anche se ci avrei messo delle ore, forse persino dei giorni, per ubricarmi del tutto.

Forse non valeva la pena nemmeno di bere.

Sbuffai forte, buttandomi sul letto di camera mia, cercando di zittire la cacofonia di sensi di colpa che mi si agitava in testa.

Era stata Jennifer a tenermi nascosto il proprio progetto, eppure io mi sentivo in colpa per il modo in cui l'avevo trattata.

E non è che ci fossi andato piano, con lei...Ero sicuro di non aver mai urlato tanto forte in vita mia, ma quella ragazza mi aveva spezzato il cuore.

Quindi meritava di credere che io me la stessi spassando con qualcuno, proprio adesso.

Mi ripetei più volte quel pensiero in testa: Jennifer se lo meritava.

Mi ci volle molto poco per rendermi conto che se le parti fossero state invertite, se cioè fosse stata lei ad arrabbiarsi perché non le avevo detto della mia faccia da diavolo, e mi avesse fatto credere di voler fare sesso con qualcun'altro, di sicuro non l'avrei presa bene.

Anzi, il pensiero di lei insieme a un'altra persona mi avrebbe fatto stare malissimo.

Il cellulare squillò dalla tasca anteriore dei miei pantaloni, ed io guardai chi fosse.

Grazie a mio Padre era la Detective e non Jennifer, perché in quel momento non sarei stato abbastanza lucido da parlarle.

<<Pronto, Lucifer, ci sei?>>

<<Sì, Detective. Hai bisogno di aiuto per un nuovo caso?>>

Pregai che la risposta fosse affermativa, perché morivo dal bisogno di una buona distrazione.

<<No, nessun nuovo caso>> mi sembrò di vederla alzare gli occhi al cielo <<So che sai perché ti ho chiamato>>

Il che, guarda un pò, era anche l'unico argomento di conversazione che di certo non mi avrebbe fornito la distrazione che tanto agognavo.

<<Quindi lo sai>> mi limitai a dire.

<<Sì, certo che lo so. Alla centrale lo sanno tutti, ormai>> sbuffò <<Se proprio dovevate, potevate almeno andare in un posto più appartato>>

<<Mi dispiace>> non avevo voglia di discutere, tantomeno con lei.

<<Figurati>> conoscendola, sapevo che non si sarebbe arrabbiata per un motivo così futile <<Tu piuttosto stai bene?>>

<<Non sto bene, a dire il vero>> mi sfuggì un singhiozzo <<Sono a pezzi, Detective>>

Non riuscivo a capire da dove venisse tutta quella franchezza da parte mia. Forse sentivo solo il bisogno stringente di parlare con qualcuno.

<<Vuoi che venga da te?>> mi domandò Chloe.

<<Se è possibile...>> mi asciugai le guance con la mano libera <<Sono nel mio attico>>

Avrei chiamato Maze, se solo non avessi saputo che era da Eve e non avessi quindi voluto disturbarle.

<<Quindici minuti e sono lì, partner>> mi rassicurò <<Oh, a proposito: avete lasciato una collana d'argento sulla mia scrivania, vuoi che te la riporti, no?>>

<<Certo>> risposi io con voce strozzata, appena prima di concludere la chiamata.

Non potevo credere di essermi davvero sfilato la collanina di Jennifer - quella che mi aveva dato perché non mi lasciassi consumare consumare dal senso di colpa all'Inferno, per dimostrarmi quanto tenesse a me - e di avergliela praticamente sbattuta in faccia.

Nessun comportamento da parte sua avrebbe potuto giustificare la mia reazione.

Jennifer's Pov
Il divano di Linda ed Amenadiel era così comodo e confortevole che sembrava un soffice abbraccio, ed io ci ero accocolata sopra, con l'angelo e la psicologa a lato.

Avevo appena finito di raccontare loro ciò che era successo tra me e Lucifer, ciò che io avevo fatto.

Non mi sembrava di avere diritto di piangere e stare male per le cose che mi aveva detto, perché in fin dei conti ero stata io a fare qualcosa che sapevo lo avrebbe ferito.

Io avevo causato quella reazione non dicendogli la verità, perciò dovevo convivere con l'immagine di Lucifer che sbatteva sulla scrivania la collanina di mia sorella, o che mi gridava di avere voglia di una scopata appena prima di andarsene.

<<Se può consolarti, posso dirti che avrebbe potuto reagire anche molto peggio, conoscendolo>> Amenadiel mi appoggiò piano una mano sulla spalla, proprio come aveva fatto il giorno della battaglia.

Gli rivolsi un sorriso debole ma pieno di vera gratitudine.

<<Non avresti dovuto tenergli nascosto il tuo progetto, Jennifer>> mi disse Linda <<E non avresti dovuto tenerlo nascosto neanche a noi, per dirla tutta>>

<<Mi dispiace>> mi sporsi verso di lei e la abbracciai.

<<Ma, come stavo dicendo, Lucifer è andato troppo oltre>> riprese la psicologa quando mi staccai da lei <<Non avrebbe dovuto reagire così>>

Scossi la testa, inumidendomi il labbro inferiore con la lingua:<<È tutta colpa mia, invece. Anche io mi sarei arrabbiata con lui se avesse pianificato di andare via così...Basti pensare a quante gliene ho dette quando ha deciso di tornare all'Inferno! E lui lo faceva per il bene di tutta l'umanità, non per ragioni egoistiche come le mie>>

Mi coprii il volto con le mani, sentendomi la persona orribile che ero.

<<Non essere così dura con te stessa>> Linda mi passò un braccio intorno alle spalle <<Ne avete passate tante, tesoro, sia tu sia Lucifer. Ed è normale che facciate degli errori. Nessuno è perfetto, te lo hanno mai detto? A quanto pare nemmeno Dio stesso lo è>>

<<Confermo>> si intromise il fratello di Lucifer, sempre utilizzando il suo tono basso e rassicurante di voce.

Fu allora che ebbi l'illuminazione.

Luci era stato infuriato con suo Padre per millenni, forse persino per eoni interi, ma alla fine le cose si erano allentate tra di loro quando Dio gli aveva salvato la vita.

Quindi, forse, la chiave per farmi perdonare da lui era fare un gesto grandioso, che gli dimostrasse quanto fosse importante per me.

Quanto lo amassi.

<<Credo di sapere come rimettere a posto le cose tra me e Lucifer>> saltai su io, strofinandomi gli occhi <<O almeno come iniziare a rimettere le cose a posto>>

Sia Amendiel sia Linda furono presi alla sprovvista dalle mie parole.

<<Davvero?>> mi domandò l'angelo.

<<Credo di sì>> risposi <<Ma avrò bisogno del tuo aiuto, se voglio attuare il mio piano>>

-
Okay, questo capitolo è triste, lo so, ma lo dovevo scrivere per diverse ragioni inerenti la trama.

Il prossimo (che sarà anche uno degli ultimi) sarà un pò più allegro.

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