Capitolo 63.

Lucifer's pov
Non era esattamente la prima volta che venivo ferito: lavorando con l'ALPD mi era già capitato, ma non avevo mai preso in considerazione la prospettiva della morte.

Un po' perché ero, beh, il Diavolo, ed un po' perché nessuno dei criminali a cui davo la caccia fosse solito portare con sé armi che potessero ferirmi.

Tuttavia non avevo avuto paura di morire: dopotutto conoscevo bene il luogo nel quale sarei finito.

Ero preoccupato, sì, ma non per me.

Avevo visto il dolore negli occhi di Jennifer, avevo sentito il tono concitato con cui mi chiedeva scusa tra le lacrime, come se fosse colpa sua se il mio gemello era uno stronzo sleale.

Non potevo sopportare l'idea di essere per lei causa di ulteriore sofferenza, ma sapevo anche che non potessi fare nulla per cambiare ciò che era stato.

Quando mi resi conto della familiarità del posto nel quale mi trovavo, sobbalzai leggermente.

La luce brillante che mi avvolgeva - una luce che non vedevo da miliardi di anni, se non nei miei incubi - non lasciava spazio a fraintendimenti.

In effetti ha senso che il mio loop infernale sia proprio la Città d'Argento.

<<Ti stai divertendo, eh, bastardo?!>> mi alzai in piedi e gridai <<Chissà che goduria dev'essere, stare lassù ad assistere alle mie disavventure!>>

Il paesaggio paradisiaco tutto intorno a me sembrava deridermi, mentre la rabbia verso mio Padre mi bruciava nel petto come non mai.

<<Ciao, Samàel>> una voce profonda, proveniente dalle mie spalle, mi fece girare di scatto.

Ed eccolo lì mio Papà, in tutta la sua divina inopportunaggine.

Erano millenni che non lo vedevo e ad essere onesto avrei pagato pur di non vederlo ancora per altrettanti.

<<Vedo che sei venuto a goderti lo spettacolo da vicino>> lo salutai io, tra i denti.

Lui inclinò la testa di lato, leggermente, e mi guardò con rassegnazione:<<Di che spettacolo parli?>>

Risi forte, rovescando il capo all'indietro:<<Risparmiati la scenetta, Papà: sappiamo benissimo entrambi perché sei qui>>

<<Dimmi, Samàel, perché credi che io sia qui?>> la sua sola vista mi nauseava, ma non quanto la sua evidente mancanza di gusto nel vestire.

<<Non chiamarmi così!>> esclamai, tremando di rabbia.

Valutai momentaneamente l'idea di prendere Dio a pugni in faccia, ma alla fine realizzai che non sarebbe stata una mossa ben fatta e desistetti.

<<Non sono qui per farti infuriare, figliolo>> disse, avvicinandosi a me di qualche passo.

<<Forse avresti dovuto pensarci prima...Sì, sai, prima di ripudiarmi>> indietreggiai ancora, inciampando nella radice di un albero e finendo lungo disteso su un tappeto di erba verdissima.

<<Guarda quest'albero, sembra davvero quello della Mela Proibita, nel Giardino dell'Eden. Molto realistico, Papà, complimenti>> mi rialzai in piedi a fatica. Ne avevo già piene le tasche di quella situazione.

<<A volte le cose sono proprio quelle che sembrano, Samàel>> asserì l'uomo di colore vestito in bianco.

Allargai le braccia, in un gesto di frustrazione:<<E questo che dovrebbe significare, scusa?>> sbuffai, ricordandomi come mai avessi in principio scatenato una ribellione contro di lui <<Non puoi - per una volta soltanto - parlare in modo comprensibile e non per allusioni?!>>

Dio mi sorrise:<<Quest'albero è l'albero della Mela Proibita. Figliolo, tu sei nel Giardino dell'Eden, altrimenti come credi che sarei qui anch'io?>>

Alzai un sopracciglio, indeciso se rimettermi a ridere o se sputargli dritto in faccia:<<Il che sarebbe plausibile, se solo tu non mi avessi bandito dalla Città d'Argento, ricordi?! Se questo fosse davvero il paradiso, di me non rimarrebbe che una montagnetta di polvere diabolica>>

<<O forse no>> asserì mio Padre, avendo l'ardore di appoggiarmi una mano sulla spalla, che io mi scrollai di dosso prontamente.

<<Vorresti farmi credere che sono finito in paradiso e non all'Inferno, il Diavolo che muore e finisce nella Città d'Argento?>>

Mio Padre scosse la testa:<<Non sei finito nella Città d'Argento, sono stato io che ti ho portato qui. E non sei neanche morto, a dire il vero>>

La rabbia mi ribolliva nelle vene, tingendo la mia visuale di rosso accesso:<<Tu- tu mi hai salvato?>>

<<Sei mio figlio, dopotutto, che cosa ti aspettavi che facessi?>>

Mi stava manipolando, ancora, si stava arrogando dei diritti che non aveva sulla mia esistenza, sul mio destino.

Mi ripetei un paio di volte:"la violenza non è la risposta", prima di aprire bocca:<<Quindi sono libero di tornare sulla terra?>>

<<Certo che sì, ma non subito. Vorrei che ti trattenessi ancora qualche tempo qui con me per parlare un pochino>>

Non credevo alle mie orecchie: ma come osava, dopo tutto quello che mi aveva fatto, pretendere che rimanessi a chiacchierare con lui come se niente fosse? Senza contare che le persone a cui tenevo erano in difficoltà, ed io dovevo tornare da loro.

<<Io e te non abbiamo niente da dirci, né ora né mai>> gli puntai il dito indice contro il petto <<Vedi di ricordartelo, la prossima volta in cui ti verrà voglia di interferire con la mia vita>>

Detto ciò gli diedi le spalle ed iniziai ad allontanarmi a grandi passi dalla fonte di tutte le mie disgrazie, pronto a tirare fuori le ali e a tornare a Los Angeles.

<<Non abbiamo niente da dirci? Neanche riguardo ad una certa Jennifer?>>

Mi immobilizzai di colpo, come fulminato, mentre il mio respiro accellerava.

<<Che cosa vuoi sapere?>> ritornai verso di lui, tentando di fingermi calmo.

<<Tu tieni a quella ragazza, non è vero, figliolo? Più di quanto saresti mai disposto ad ammettere di fronte a me, in ogni caso>>

No, no, no. No.

Finire sotto i riflettori di Dio non era mai un bene, ed io lo sapevo meglio di tutti.

Avevo giurato a Jennifer che non avrei più mentito, e l'avevo giurato anche a me stesso, ma dovevo trovare il coraggio per l'ultima bugia. Per lei.

<<No>> affermai, sicuro <<È carina, su questo non ci piove, ed è un piacere andare a letto con lei, ma decisamente non significa nulla per me. Non nel senso che intendi tu>>

Mentire a mio Padre Onnipresente non era proprio un piano destinato ad avere successo, ma dovevo tentare, dovevo tentare di tenere Jennifer al sicuro.

Dio rise, scuotendo la testa:<<Eppure la collanina che indossi sembrerebbe suggerire tutto il contrario>> disse.

<<E va bene, va bene>> sospirai, ormai senza vie d'uscita <<Tengo molto a lei, hai ragione>>

<<Oggi la tua fidanzata ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere...Il che - come sai - capita davvero di rado. Ma credo che avesse ragione: io e te siamo uguali, Samàel>>

<<Vorrai scherzare, spero!>> la mia pazienza aveva un limite <<Solo perché non ho sputato in faccia a lei, questo non significa che sarò altrettanto cortese una seconda volta!>>

<<Non c'è bisogno di scaldarsi tanto, soprattutto dal momento che io ho ragione e tu torto>>

Scossi la testa:<<Io non sono come te, Papà, chiaro?! Non lo sono, e prego di non diventarlo mai!>>

<<Ne sei sicuro?>>

<<Certo che sì>> affermai <<Io non sono un bastardo manipolatore, e se mai dovessi avere un figlio di certo non gli farei quello che tu hai fatto a me!>>

Per la prima volta intravidi un guizzo negli occhi di mio Padre e ciò mi fece capire che avevo toccato un nervo scoperto.

Stranamente, quindi, si sentiva in colpa per il modo in cui mi aveva trattato. O almeno sembrava sentirsi in colpa.

<<Io non manipolo nessuno, Samàel, e tantomeno te>> dichiarò.

Incrociai le braccia sul petto:<<Chi è il bugiardo, adesso?!>>

Era tutta l'eternità che non faceva altro che manipolarmi.

<<Io non manipolo nessuno di voi. In fin dei conti, sei stato proprio tu a scatenare una ribellione per ottenere la possibilità di scegliere, per ottenere il Libero Arbitrio.
Eppure - ora che cel'hai - continui ad incolpare me per ogni cosa che non va nella tua vita. Come se avessi io la responsabilità delle tue scelte sbagliate. Non ti suona familiare?>>

Aggrottai le sopracciglia, spaventato da quella nuova prospettiva.

<<No>> dissi <<Non può essere...Altrimenti come spieghi che il mio potere non funzioni con Jennifer e neanche con la Detective?>>

Dio alzò le spalle, sul viso un'espressione innocente.

<<E non provare a dirmi che tu non c'entri nulla, perché so che dev'essere opera tua!>> avevo le lacrime agli occhi per la rabbia e l'agitazione.

<<Io non c'entro nulla. Come per le tue ali e per la tua faccia da Diavolo, sei tu a scegliere per te stesso. Sei tu a scegliere di non farlo funzionare, Lucifer>>

Almeno mi aveva chiamato col nome giusto.

Lo scrutai per bene in faccia, cercando di stabilire se fosse onesto, se stesse dicendo la verità, o se questa non fosse altro che la più grande di tutte le manipolazioni.

<<E perché dovrei scegliere di non farlo funzionare?>> quella conversazione stava diventando strana, più strana del previsto.

<<Non ne ho idea, mi spiace. Neanche Dio ha tutte le risposte>>

O Dio non ha voglia di darmi tutte le risposte, a quanto pare.

<<Noto con piacere che sei tornato alle tue classiche allusioni criptiche>> ma questa volta la rabbia che sentivo nel petto iniziava a scemare.

<<Non vedo l'ora di conoscere Jennifer e anche Linda, comunque>> cambiò discorso <<E dì pure ad Amenadiel che sarò più che felice di venire ad assistere al battesimo di Charlie, se mi vorrà>>

Mi raccomandai di ricordarmi di essere il più lontano possibile da Los Angeles, per quella data.

<<Come ti pare>> tagliai corto io, impaziente di tornare da Jennifer e dagli altri <<Ma, visto che chiaramente tu non ci manipoli, immagino che non punirai Michael in alcun modo per ciò che ha fatto!>>

Dio scosse la testa:<<No>> rispose <<Ma ho come la sensazione che qualcuno ci abbia già pensato>>

Mi chiesi per un attimo cosa intendesse dire, ma decisi di aver già perso troppo tempo in quella conversazione.

<<I-io vado>> mi schiarii la gola, chiedendomi il perché di quella sensazione di oppressione che sentivo al centro del petto.

<<Ricordati che sono fiero di te, va bene?>>

<<Cosa?>> pensai di aver capito male.

<<Sono fiero dei progressi che hai fatto, Samàel>> ripeté lui <<E mi- mi dispiace se, in passato, sono stato- diciamo, un po' troppo severo con te>>

Avrei voluto rispondere con sarcasmo, avrei voluto gridargli in faccia tutto il dolore che mi aveva causato con il suo gesto, avrei voluto fargli sapere che lo odiavo con tutto il mio cuore, ma in quel momento avevo gli occhi troppo lucidi per risultare credibile.

Mi limitai ad annuire piano, sforzandomi per non scoppiare a piangere davanti a lui, e poi spiccai il volo per tornare nel luogo a cui appartenevo.

-
Cel'ho finalmente fatta a finire un altro capitolo che avevo pianificato di scrivere da diversi mesi, anche perché il modo in cui la serie originale ha trattato l'argomento non mi ha soddisfatta del tutto.

Spero vi piaccia 💝

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