Capitolo 49 extra
Mazikeen's pov
<<Eve avrà l'anello>> sentii dire Lucifer, ed una sensazione di tranquillità mi pervase il petto, lenendo il dolore.
La mia vista era sfocata, ed ero così debole, debole come non sarei mai voluta essere, ma ora potevo essere certa che Eve avrebbe avuto per sempre con sé un segno del mio amore per lei.
<<Grazie>> dissi, chiudendo gli occhi, e lasciando che l'oscurità calasse. Stava per essere tutto finito, lo sentivo.
Almeno avevo la mano di Lucifer a stringere la mia, almeno non ero sola.
Non sarei morta da sola.
Ma c'era un'ultima cosa che mi sentivo in dovere di dire, in qualità di frase finale ad effetto:<<Con sti cazzo di anelli...Dev'essere una specie di fissaz-zione di famiglia>>
Poi mi abbandonai.
Non sentii paura, né ansia, né tantomeno terrore, ma solo un vago senso di rassegnazione: sapevo quello che mi aspettava.
Ai demoni non era concesso il paradiso.
Il che, solitamente, non era un problema, perché, non avendo un'anima, quando morivano... Loro morivano e basta.
Io, che invece ne avevo sviluppata una, non potevo che finire all'Inferno.
Almeno sarei tornata a casa, in un modo o nell'altro.
Tutto intorno a me diventò nero, non sentii più niente, a parte la sensazione di stare cadendo verso il basso.
Iniziai a chiedermi in cosa sarebbe consistito il mio loop infernale, ma proprio non avrei saputo a cosa pensare.
Avevo commesso così tante azioni sbagliate e violente in vita mia che c'era solo l'imbarazzo della scelta...
Eppure, trovarne una per la quale mi sentissi in colpa, quella sì che era un'impresa.
Non vidi nulla per una quantità di tempo che mi parve infinita, essendo io completamente priva di qualsivoglia riferimento per calcolare il passare delle ore.
Poi, all'improvviso, ripresi coscienza del mio corpo. O almeno così mi parve.
Stavo in piedi su una superficie nera e liscia, simile ad un pavimento.
Intorno a me tutto era buio eccetto per un rettangolo di due o tre metri di larghezza e di circa quattro metri d'altezza: una tenue luce azzurrognola sembrava scaturirne.
Non resistetti alla tentazione di avvicinarmi per guardare meglio la mia unica fonte di illuminazione.
Scostai una tendina leggera che copriva con precisione millimetrica il rettangolo luminoso e mi trovai davanti uno scorcio di una stanza che conoscevo bene: un bagno.
Quello di casa di Eve, per la precisione.
Le familiari piastrelle blu della parete che potevo scorgere dal mio punto di vista, piccole e quadrate, somiglianti a tante tessere di un mosaico, facevano da contorno alla parte superiore di un gabinetto bianco.
Quindi dovevo stare guardando la scena attraverso lo specchio, in qualche modo a me sconosciuto.
Sapevo che alla mia sinistra si trovavano la porta d'ingresso e la doccia, mentre davanti a me, di poco spostato a destra, quel tanto che bastava perché fosse al di fuori dalla mia vista, c'era il bidet.
Eve si vantava sempre di essere una visionaria, per quanto riguardava l'igiene intima personale.
Io ridevo e le davo qualche affettuoso buffetto sulla testa.
Proprio in quel momento udii la porta del bagno aprirsi e poi chiudersi e, qualche secondo dopo, vidi la donna che amavo entrare nel mio limitato campo visivo.
Provai un brivido d'eccitazione, contenta di poterla vedere - solo dalla vita in su, ma meglio che niente - ma solo finché non mi accorsi di come fosse molto pallida.
Aveva gli occhi irritati e gonfi, nonché dei segni rossi sulle guance.
Piangeva.
Capii subito che doveva essere successo qualcosa di grave... Ma Lucifer mi aveva assicurato che lei stesse bene!
La ragazza davanti a me si diede una breve occhiata allo specchio, ed io immaginai che potesse vedermi, anche se sapevo che non era così.
Poi Eve alzò la mano sinistra e né osservò il riflesso: all'anulare portava un fine anello d'oro, sormontato da un diamante marrone il cui colore era quasi identico a quello dei suoi occhi.
A quella vista fui davvero sul punto di piangere di felicità.
Avevo sempre sognato che se lo mettesse, per vedere come le stava.
E le stava alla perfezione, ovviamente.
Bella com'era, c'era ben poco che non le sarebbe stato bene, ma comunque mi lasciai cullare dalla soddisfazione.
Sapendo che l'aveva al dito ero certa che non si sarebbe mai dimenticata di me.
Ero così felice di quella rivelazione che... Che Eve se lo sfilò dal dito, emettendo un'esclamazione di profondo fastidio, e lo buttò con rabbia contro il vetro dello specchio.
L'anello ci rimbalzò contro e cadde nel lavandino, a giudicare dal tintinnio che produsse all'atterraggio.
Ebbi la sensazione che qualcuno mi aprisse in due il petto e ne estraesse il cuore ancora pulsante, solo per poi stritolarlo senza pietà.
<<Ti odio!>> gridò il riflesso della mia fidanzata dall'altra parte dello specchio, mentre le lacrime le cadevano più copiose:<<Ti odio, cazzo! Sei una bugiarda...Una bugiarda! Mi hai lasciata qui, da sola! Mi hai abbandonata!>>
Come se già vederla in quello stato non fosse abbastanza doloroso per me, quando alla fine compresi ciò che stava succedendo, la mia sofferenza triplicò.
Avevo iniziato a piangere senza nemmeno accorgermene, faticando a rimanere salda sulle gambe.
Tutto, ma questo no, per favore.
Quindi era quello il mio più grande rimpianto, l'unica cosa per la quale mi rimproverassi: non essere riuscita a mantenere la promessa fatta ad Eve di tornare in qualche modo da lei.
Fu nero, come all'inizio. E poi tutto ricominciò, ripetendosi.
Sapevo quello che stava per accadere, ogni volta lo sapevo, ma questo non mi impediva di sentirmi morire ogni volta un pochino di più.
E non c'era scampo.
Avevo fatto la guardia a così tante anime dannate, per così tanto tempo, che di questo ero sicura: non c'era alcuno scampo. Nessuno era mai riuscito ad aprire la porta della propria cella di tortura, ad uscire dall'Inferno.
Ripetizione numero novantasette... O forse centonovantasette?
In quel posto era impossibile tenere il conto del tempo che passava, visto che l'unica compagne che avessi erano la sofferenza e la commiserazione.
Verso la ripetizione numero cinquantasette, però, avevo realizzato che avrei quantomeno avuto l'opportunità di vedere il viso di Eve per il resto dell'eternità.
Sarei stata anche costretta ad osservarla mentre urlava che mi odiava, che l'avevo abbandonata, cosa che mi avrebbe logorata fin nel profondo, ma almeno potevo vederla.
E - scoperta fatta durante la ripetizione numero trentatré - se allungavo la mano a toccare il vetro, e se la mettevo all'altezza giusta dello specchio, avevo quasi l'impressione di sentirmi sfiorare i polpastrelli dal metallo dell'anello, quando Eve lo lanciava via.
Erano delle mere consolazioni in mezzo al mare di dolore nel quale ero immersa, ma erano sempre qualcosa a cui mi aggrappavo con tutte le mie forze. Erano tutto ciò che mi rimaneva.
Ripetizione numero ventisettemila, o giù di lì.
Col passare del... Delle ripetizioni del loop, avevo scoperto con orrore un dettaglio del quale non avevo mai saputo nulla, quando lavoravo in qualità di carceriera: iniziavo a svanire.
O meglio: i miei ricordi, svanivano.
Spesso avevo passato diversi secondi a cercare di riconoscere la stanza che stavo guardando attraverso lo specchio, dopo aver scostato la tendina che lo copriva.
Sapevo che era un ambiente familiare, ma non mi ricordavo dove l'avessi visto, né riuscivo ad associarvi altri ricordi.
Durante le ultime ripetizioni... Le ultime novanta, più o meno, avevo iniziato ad avere dei dubbi persino su chi fosse Eve.
Non che non mi ricordassi di lei, solo che non riuscivo a ricordare nessuna delle esperienze vissute insieme.
Quando gridava di odiarmi, che ero una bugiarda, il dolore mi colpiva ancora più forte perché non riuscivo a ricordare un momento in cui non mi avesse considerata tale.
La consapevolezza che quei momenti esistessero era per il momento ancora ben radicata in me. Non potevo riportarli alla mente, ma sapevo che c'erano stati.
Temevo però che, andando avanti così, avrei finito per perdere completamente la percezione anche di quelli.
Questo pensiero mi spaventava a morte, e quando vi indugiavo, circa una volta ogni tre o quattro ripetizioni, mi sentivo ancora peggio.
Perciò provavo a concentrarmi su altro riguardante la mia vita precedente: sul mio lavoro, per esempio.
E, come per i ricordi legati ad Eve, non riuscivo a riportare alla mente nulla.
Sapevo che ero stata una cacciatrice di taglie, ma non lo ricordavo affatto.
E così era per tutte le persone che conoscevo: non ricordavo i momenti trascorsi con loro, né belli né brutti.
Ripetizione numero novantanovemila. Forse.
I volti delle persone che avevo conosciuto durante il tempo passato sulla Terra, ovvero Linda, Chloe, Charlie e Jennifer, non li ricordavo più.
Sapevo che Jennifer portava i capelli di un bel castano chiaro lunghi fino alle spalle, per esempio, ma non riuscivo a visualizzarli.
Per quanto riguardava Lucifer e Amenadiel, invece, riuscivo ancora a riportare alla mente il loro aspetto fisico.
Forse perché li conoscevo da molto più tempo?
Ma temevo che non sarebbe durato.
Ero persino arrivata a gioire del fatto che Eve fosse parte integrante del mio loop infernale, nonostante ciò fosse la causa della mia sofferenza, perché almeno in questo modo non avrei mai dimenticato che aspetto avessero i suoi capelli, i suoi occhi o le sue labbra...
Sono almeno un paio di decine di ripetizioni che ho smesso di tenere il conto delle ripetizioni.
Ormai gli unici ricordi che riuscivo a visualizzare erano quelli della mia infanzia - decisamente non i più felici della mia vita - ed ero sprofondata nel panico più totale.
Iniziavo persino a fare confusione con i nomi... Presto mi sarei dimenticata persino come si chiamasse la donna che amavo?
Da almeno cinque ripetizioni pensavo al suo nome in continuazione, pregando che bastasse per non farlo scivolare via come tutto il resto.
Sono quasi trecentoventimila ripetizioni da quando ho smesso di contarle e poi ho ricominciato a farlo.
Quindi era questo l'inferno?
L'inferno, nella sua crudeltà più vera e totale?
Non ti costringeva solo a rivivere all'infinito, senza sosta, senza nemmeno un secondo di tregua, il tuo peggior rimpianto... Oh no, sarebbe stato troppo facile: ti faceva a pezzi l'anima, togliendoti tutto ciò che fino ad allora ti aveva reso una persona, o quantomeno un essere senziente.
E volevo solo che finisse. E sapevo bene che non sarebbe finita.
-
A FRIENDLY REMINDER: Le diverse ripetizioni delle stesse parole che avete trovato leggendo questo capitolo non sono un errore: sono messe lì apposta per ribadire la natura ripetitiva - appunto- e immutabile dell'Inferno.
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