Capitolo 49.

Lucifer's pov
A quanto pareva Jennifer aveva una cultura praticamente infinita riguardo alla seconda guerra mondiale, argomento di cui era molto appassionata.

Si vedeva da come ne parlava.

Eravamo arrivati a quella conversazione perché, mentre si cambiava la fasciatura alla mano, io le avevo chiesto se non le facesse impressione il rigonfiamento trasparente formatosi in seguito alla scottatura.

Lei aveva replicato che non era una persona facilmente impressionabile, anche perché già dai sei anni guardava i peggiori film di guerra senza provare alcun ribrezzo.

Da lì era partita una discussione storico-filmografica sull'argomento.

Io continuavo a farle domande, essendo arrivato alla conclusione che farla parlare, e di conseguenza distrarre, fosse la scelta migliore che potessi prendere per farla stare meglio.

E poi ero interessato alle sue passioni.

Ero stato a più riprese tentato di parlarle del loop infernale di Adolf Hitler, ma menzionarle l'Inferno, anche in tono leggero, mi avrebbe fatto sentire ancora peggio di quanto già non stessi per la mia scelta.

<<Voglio dire: tu non provi un gran fastidio quando nei film ci sono delle evidenti inaccuratezze storiche?>> mi chiese lei.

<<Non particolarmente, no>> risi.

Jennifer spalancò le braccia:<<Ma come "no"?! È davvero frustrante!>>

Sorrisi, frugando nella memoria per farmi venire in mente il film giusto da tirare in ballo:<<Allora è una fortuna che tu non abbia mai visto il film Pompei, altrimenti nulla ti avrebbe fermata dall'appostarti fuori casa del regista per tendergli un'imboscata>>

<<Oh sì che l'ho visto! Davvero imbarazzante! Anche se quel giorno, nel 79 d.C., non ero lì ad assistere all'eruzione del Vesuvio, sono certa che non ci sia stato nessuno tsunami alto ventisettemila metri e che la terra non si sia aperta in crepacci enormi!>>

<<Azrael ha avuto più lavoro del solito, questo è certo>>

Mi pentii di aver citato l'Angelo della Morte, temendo che avrei rattristato di nuovo Jennifer, ma così non fu.

<<E che mi dici dei combattimenti tra gladiatori?>> domandò <<Ho sempre voluto assistervi!>>

Sorrisi ancora, colpito dal suo entusiasmo:<<Non è un bello spettacolo, davvero per niente. Di persona ho avuro l'onore di vederne solo un paio di volte, ma molti ospiti, giù all'Inferno, ne parlavano in continuazione...Quando non erano troppo impegnati a strillare di dolore, ovviamente>>

<<Ha senso>> sussurrò, schiarendosi la gola.

Mi sarei voluto rimangiare l'ultima frase, nonché il mio riferimento all'Inferno.

Mi ero ripromesso di non menzionarlo.

Quando ero con lei abbassavo troppo la guardia. Mi faceva sentire umano, stranamente normale.

Non che fosse una brutta sensazione, solo che questo mi portava a commettere errori tipicamente umani, come dire la cosa sbagliata al momento sbagliato e dimenticare quello a cui stavo pensando un secondo prima.

La presi tra le braccia e la baciai, così, all'improvviso, come se avessi avuto bisogno di un motivo particolare per starle il più vicino possibile.

Lei mi sorrise:<<Mi faresti un favore?>> sussurrò sensualmente, mordendosi il labbro inferiore.

<<Chiedi e ti sarà dato>> non si poteva dire che non sapesse come prendermi. Non sarei stato in grado di rifiutarle nulla, non se me lo chiedeva così.

<<Dovresti toglierti i vestiti da te, visto che io non posso farlo>> ed accennò alla mano infortunata <<E poi dovresti fare lo stesso con i miei, se non è troppo disturbo...>>

<<O potrei sempre strapparli>> mi slacciai alla velocità della luce i primi tre bottoni della camicia <<Ci metteremmo meno tempo>>

<<E perché dovremmo metterci meno tempo?>> mi chiese, avvicinando le labbra al mio orecchio e provocandomi così una sequela infinita di brividi dietro il collo <<Sei in ritardo per qualche appuntamento?>>

<<Per niente>> le infilai le mani sotto le cosce e la presi in braccio, mentre lei mi allacciava le gambe intorno alla vita <<Abbiamo tutto il tempo del mondo>>

Feci per appoggiarla sul divano del salotto:<<Non andiamo in camera?>> mi domandò.

Cambiai subito direzione di marcia.

Il suo letto matrimoniale era più comodo e spazioso rispetto al divano, in effetti.

Il campanello suonò, una, due, tre volte, interrompendo i nostri sogni di gloria.

<<Vedo chi è>> disse Jennifer con un sospiro, dopo che l'ebbi riappoggiata per terra.

<<Va bene, Eve, ho capito...>> la sentii dire in tono concitato, dopo qualche secondo <<Vieni su>>

Quando tornò da me, dopo aver aperto la porta, aveva il viso segnato dalla preoccupazione. Tutta l'eccitazione di qualche momento prima era scomparsa:<<Maze è in pericolo. Devi andare subito da lei>> disse.

<<Ma che->> provai a farmi dare qualche ulteriore spiegazione.

<<Ora, Lucifer! Non c'è tempo!>> mi interruppe lei <<Io penso ad Eve: sembra sconvolta>>

L'ansia che aveva preso ad agitarmisi nello stomaco si amplificò alla decima potenza, impadronendosi del mio intero corpo.

Sfoderai le ali ed in pochi secondi mi ritrovai a librarmi nel cielo, che quel giorno era incredibilmente terso.

Mi concentrai sul mio obbiettivo: trovare Maze, la quale, a detta di Eve, era in pericolo.

Non è da Maze trovarsi in pericolo.

Comunque la traccia che i demoni lasciavano era incondibile, tanto più lo era la sua per me, poiché ci avevo convissuto spalla a spalla per... Tutta la vita, in pratica.

Non avrei avuto problemi a trovarla in pochi minuti.

Ed infatti, esattamente centoventisette secondi dopo, mi ritrovai ad atterrare sul tetto spiovente di una villa abbandonata, qualche miglio fuori Los Angeles.

Doveva essere quello il nascondiglio segreto dove il demone aveva portato Eve.

Mi calai senza problemi fino alla soffitta, nella quale entrai da una finestra lasciata parzialmente aperta.

Lo spettacolo che mi si presentò davanti agli occhi mi lasciò di stucco: sul pavimento di legno erano abbandonati quelli che a colpo d'occhio parevano una decina di cadaveri, nelle più disparate posizioni.

Il loro sangue, ormai rappreso, aveva formato un'enorme macchia color rosso scuro sotto di loro.

L'odore non lasciava spazio a dubbi: quei corpi umani erano posseduti da demoni, al momento della morte.

Maze aveva combattuto contro tutte quelle persone... Ma perché?

E soprattutto dov'era lei? Stava bene?

Mi rifiutavo di pensare al peggio. Doveva stare bene. Punto.

<<Mi chiedevo quanto... Ci av-vresti messo ad arrivare>> una voce proveniente dalla mia destra mi fece sobbalzare.

Abbassai lo sguardo e notai che, appoggiata ad un piccolo divanetto rosso e mezzo scassato, c'era una familiare figura snella ricoperta dalla testa ai piedi di pelle nera.

L'intensità del sollievo che provai nel saperla viva sorprese anche me, ma l'entusiasmo svanì appena notai che i suoi abiti scuri erano zuppi di sangue e aveva diverse ferite sulle spalle e sul collo che parevano piuttosto gravi.

Il volto era tumefatto in più punti e si premeva una mano sulla spalla destra, come a fermare un'emorraggia.

Senza però riuscirci, perché aveva tutto il braccio incrostato di sangue, mentre del nuovo, di colore più chiaro, le sfuggiva tra le dita.

<<Mannaggia all'Inferno, Maze...!>> esclamai, ma sentivo le lacrime premere per scendere, e la forza per rimproverarla mi venne meno.

Lei aprì faticosamente gli occhi scuri, uno dei quali era circondato da un livido bluastro e gonfio, che le impediva di spalancarlo del tutto:<<Eve?>> domandò, prima di avere un accesso di tosse.

<<Sta bene>> la rassicurai <<È con Jennifer>>

Lei annuii sollevata, con il mento sporco del sangue fresco che le era uscito tossendo, e lasciò cadere la testa all'indietro.

Pessimo segno.

<<No, Maze, resta sveglia!>> le rimisi dritto il capo e lei gemette di dolore <<Ora devo tirarti su, va bene? Ti porto a casa di Jennifer e ti cureremo... Andrà tutto bene: te lo giuro>> le lacrime mi spingevano dietro gli occhi, ma non potevo lasciarmi andare. Dovevo restare concentrato.

Le tremarono le labbra, una sola lacrima le solcò il volto sporco:<<N-Non vorrai farmi... Muovere>> sussurrò lei, e fece per ridere, ma questo le causò soltanto l'ennesimo attacco di tosse.

Il respiro le usciva in un sibilo convulso, come se avesse subito qualche lesione ai polmoni. E forse era davvero così.

<<Devo farti muovere...Devi muoverti: non hai scelta!>> stavo andando in panico, sebbene mi ripetessi che dovevo rimanere lucido.

Se non ti muovo non hai speranze.

Feci per prenderla tra le braccia, ma lei scosse piano la testa.

Sorrise amaramente:<<Non farlo, per favore... Sai che n-non sopravviverei... Al volo>>

Sì, lo sapevo, ma non potevo accettarlo.

<<Dobbiamo provarci, Maze! Non vorrai mica arrenderti!>> la incitai <<Fallo per Eve!>>

Se era quasi morta per proteggere quella ragazza, speravo che per lei trovasse anche la forza di aggrapparsi alla vita.

<<Non mi aspettavo che... Che s-sarebbe finita... Così>> la sua voce si era ridotta ad un sussurro roco ed a malapena comprensibile.

La afferrai per le spalle, provando a tirarla a sedere dritta, nonostante i suoi deboli lamenti di dolore.

<<Non è finita!>> gridai, stentando a controllarmi <<Non dire così... Hai ancora tanti posti in cui andare, tante persone da massacrare...>> le lacrime mi appannavano la vista <<E poi come farò io, senza più nessuno che mi salvi il culo?!>>

La feci ridacchiare, ma subito dopo si portò una mano al petto, sussultando.

<<Non ho paura di morire... Anche se andrò all'Inferno... Ma tu devi farmi una promessa, Lucifer. Me lo devi>>

Rabbrividii nel constatare come sua madre, Lilith, mi avesse fatto giurare, quasi cento anni prima, utilizzando all'incirca le stesse parole che sentivo pronunciare da Maze ora.

<<Qualunque cosa>> e non c'era stata una sola volta, durante millenni passati a stringere accordi, in cui l'avessi detto.

<<Eve>> mormorò lei, tremando <<L'anello p-per Eve... Daglielo>>

<<Anello? Quale anello, di cosa stai parlando?!>>

<<L'ho comprato per Eve... È al Lux... Tu d-devi dargli->> si fermò e fece una smorfia di dolore, stringendo i denti <<Giuramelo>>

Aveva intenzione di chiedere a Eve di sposarla?

Avrei voluto acconsentire alla sua richiesta, ma se l'avessi fatto avrei dovuto ammettere con me stesso che stavo per perderla sul serio.

<<No... No, perché sarai tu a darglielo, Maze! Non hai mai mollato, mai in tutta la tua esistenza, e non permetterò che tu lo faccia proprio ora! Ora che potresti ottenere la felicità che meriti!>>

Le infilai un braccio sotto le gambe e l'altro dietro la schiena e la tirai su, facendola gridare di dolore.

Una ferita all'addome della quale non mi ero accorto prese a sanguinare più copiosamente a causa di quel forzato e repentino cambio di posizione.

Santo Papà.

Provai a fare qualche passo con lei in braccio, ma Maze dovette sforzarsi di stringere le labbra per non strillare di nuovo.

E poi sapevo che aveva ragione: se avessi insistito a muoverla sarebbe morta dissanguata in poco più di un minuto, a giudicare dalla gravità delle ferite che aveva riportato.

Persa ogni speranza di poterla trasportare la appoggiai con più attenzione possibile sul sofà rosso. Lei tirò un sospiro di sollievo e digrignò i denti, cercando di dissimulare la sofferenza.

Mi puntò addosso gli occhi scuri, come a voler intendere:"io te lo avevo detto!".

Sarcastica fino alla fine, ma poi scartai quel pensiero: mi rifiutavo di pensare all'eventualità della sua morte.

Non sarebbe successo e basta.

<<Va bene, okay, non è un problema>> ormai parlavo senza nemmeno pensare a quello che mi usciva dalla bocca, solo per tenermi occupato <<Ora faccio venire qui Amenadiel e... Lui ti curerà. Vedrai. Sì, fermerà il tempo per noi! Ha già funzionato una volta e funzionerà di nuovo!>> non può non funzionare.

Sapevamo benissimo entrambi che il Figlio Prediletto di Dio aveva perso la capacità di fermare il tempo a comando mesi prima, e che quindi non avrebbe potuto fare nulla per aiutarla, ammesso e non concesso che non ci volesse troppo per farlo arrivare.

Ma parlare di quella situazione come se ci fosse davvero una soluzione, come se potessimo trovare una scappatoia, mi faceva sentire meglio.

Meglio per tutte le volte in cui Mazikeen era stata al mio fianco e mi aveva aiutato, mentre io non avevo fatto altro che nasconderle le cose e darla per scontata.

"Tu sei stata creata per proteggermi" le avevo detto spesso:"Così è sempre stato e così sarà per sempre".

Non l'avevo neanche mai ringraziata. Nemmeno una volta.

Nei suoi occhi scuri vedevo l'agitazione: era perfettamente consapevole che non le restasse molto tempo.

<<Promettilo!>> pregò lei, alzando a fatica una mano e afferrando un lembo della mia camicia bianca.

Io la presi e la strinsi forte:<<Sì, lo prometto>> mi asciugai velocemente le lacrime <<Eve avrà l'anello>>

<<Grazie>> sussurrò, chiudendo gli occhi <<Con sti anelli del cazzo... Dev'essere una specie di fissaz-zione di famiglia>>

<<Maze>> mi tremò la voce nel pronunciare il suo nome, perché la sua mano, che ancora stringevo tra le mie, era diventata fredda.

No, non può essere vero.

Mi piagai in avanti, sul suo viso, per sentire se ci fosse un qualche residuo, minimo alito di vita, ma non ne avvertii alcuno.

Ed il cuore non batteva.

Non può essere vero: adesso mi sveglierò e sarà stata solo un brutto sogno. Massì, per forza dev'essere così.

Non può essere altrimenti.

Maze è Maze, santo cielo, non può morire. Lei è...

Il corpo freddo ed immobile disteso davanti a me su quel divano sembrava però raccontare tutta un'altra storia.

Tra le lacrime mi venne quasi da ridere ripensando alle sue ultime parole:"Dev'essere una fissazione di famiglia" aveva detto.

"Una fissazione di famiglia".

Mi sfilai dal dito medio della mano sinistra, dove riposava da ottant'anni, l'anello donatomi da Lilith, e lo infilai al dito di sua figlia.

La mia idea poteva benissimo non sortire alcun effetto.

La pietra nera incastonata al di sopra di esso conteneva sì l'immortalità di Lilith, ma avrebbe funzionato dopo così tanto tempo? Sarebbe bastata per... Riportare in vita una persona?

Accarezzai piano i capelli scuri di Mazikeen, sperando con tutto me stesso che il mio piano portasse dei risultati.

Mi sarei messo a pregare se solo non fossi stato certo che quel Bastardo di mio Padre mi avrebbe ignorato sistematicamente.

Intanto i secondi passavano, le lacrime scendevano e mi bagnavano il colletto della camicia, ma non succedeva alcunché.

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