Capitolo 22.
Avevo sempre pensato che ci fosse qualcosa di poetico nel personaggio di Edmond Dantès.
Certamente non poteva essere definito un protagonista positivo : l'unico suo obbiettivo era vendicarsi delle persone che gli avevano fatto del male, rovinando le loro vite proprio come loro avevano rovinato la sua.
A questo scopo cambierà identità, assumendone una nuova - il conte di Montecristo, per l'appunto - e tornerà in Francia per punire i quattro uomini che, per motivi diversi ma tutti egualmente egoistici, l'avevano fatto condannare ed imprigionare per un crimine che sapevano non avesse commesso.
Avevo sempre trovato interessante quel personaggio, poiché diventava "malvagio" a causa di tutta la sofferenza e il dolore che altre persone gli provocavano. Lui non voleva fare quelle cose cattive a nessuno, ma solo vivere in pace. Il mondo l'aveva trasformato in un mostro contro la sua volontà, tant'è che, alla fine, resosi conto di ciò che era diventato, né sarebbe stato disgustato.
Scossi la testa, riscuotendomi da quei pensieri. Chiusi la mia copia logora del Conte di Montecristo e la appoggiai sul tavolo della sala.
Erano circa le dieci e mezza di mattina, oramai, ed io avevo finito di fare colazione da quasi due ore.
La sera prima, dopo aver parlato con Lucifer, Dani mi aveva riaccompagnato a casa con la sua macchina e ci eravamo ripromessi di metterci d'accordo l'indomani per vederci il più presto possibile.
Quella settimana sarebbe passata troppo in fretta, già lo sapevo.
Per tutta la mattinata avevo avuto il forte impulso di chiamare Daniele, ma poi avevo pensato che gli ci sarebbe voluto un po' per abituarsi al fuso orario, perciò l'avrei lasciato dormire finché avesse voluto, tanto più che la notte precedente avevamo fatto tardi.
Uno dei miei libri preferiti - quello che avevo appena messo giù - mi aveva aiutato a passare quelle ore di vuoto.
Tra l'altro quella era tipo la ventesima volta che lo rileggevo, eppure certi libri non mi stancavano proprio mai.
Anzi, trovavo che ci fosse un che di rassicurante nel rileggere ciò che avevo già letto. Mi dava un senso di profonda stabilità sapere che ciò che era scritto su quelle pagine nero su bianco, fosse immutabile, predefinito. Usavo quelle storie come àncore di salvezza, quando tutto intorno a me pareva sgretolarsi miseramente.
Dopo essermi lavata in bagno, andai in camera da letto e mi misi una semplice canottiera a righe verticali verdi e rosse e dei pantaloncini neri.
Le previsioni dicevano che quel giorno - ventitré giugno - avrebbe fatto eccezionalmente caldo.
Poi, però, mi ricordai che dove stavo andando i pantaloncini corti non potevo mettermeli.
Me li cambiai, optando per dei pantaloni bianchi lunghi fino a metà coscia, ma fatti di un materiale molto leggero.
Feci un profondo respiro ed uscì di casa, chiudendo la porta a chiave. La catenina d'argento con la croce, assicurata alla mia caviglia destra come sempre, quel giorno pareva più pesante del solito.
Anche quella era una specie di piccola "tradizione" alla quale non potevo, ed in un certo senso non volevo, sottrarmi.
Il cielo di Los Angeles era nuvoloso, ed i raggi del sole mattutino non riuscivano a penetrare quella spessa coltre grigia.
Tutto pareva ovattato, persino il rumore delle auto che viaggiavano per strada.
Quella spessa coltre cotonata sembrava avere la capacità di cullarmi, lenendo le mie pene.
Parcheggiai la macchina davanti a letteralmente la prima chiesa che trovai. Davvero non mi importava dove : bastava che fosse una cavolo di chiesa.
Entrai senza troppe cerimonie. Infondo non ero certo lì per pregare.
Mi sedetti su una delle ultime panche, le più vicine all'altare.
A pochi metri da me c'era una coppia di anziani con le mani giunte e le teste abbassate, intenti a dire quello che pareva un rosario.
Del resto la chiesa pareva deserta.
Meglio così che non incontrassi nessun prete.
Presi la catenina d'argento con la croce che era appartenuta a mia sorella e me la rigirai tra le mani.
Le era stata regalata per la cresima, anche se in quel momento non mi ricordavo esattamente da chi.
E - cosa più importante - Diana l'aveva addosso il giorno dell'incidente.
In verità, non è che mia sorella fosse particolarmente credente. Aveva fatto i suoi anni di catechismo insieme a me, ma dopo di quelli non era più andata a messa. Almeno per quanto ne sapessi io.
Era probabile che anche lei portasse al collo quella catenina per motivi affettivi, o semplicemente per abitudine.
Feci come avevo fatto gli anni precedenti e stetti seduta lì, in silenzio, facendo passare lo sguardo dalla collana alla croce di legno davanti a me, appesa al di sopra dell'altare.
Non sapevo bene perché quello di andare in chiesa ogni ventitré giugno fosse diventato un rito... Forse volevo solo reteirare a me stessa il messaggio che su dio di certo non potevo contare, appunto perché non esiste nessun dio.
Potevo contare solo su me stessa.
Dopo qualche minuto mi alzai e uscì dall'edificio a passo spedito.
Un signore di mezza età mi lanciò uno sguardo bieco quando non mi feci il segno della croce, mentre uscivo.
Lo ignorai.
L'aria mi parve immediatamente più leggera appena fui fuori.
Feci un gran sospirone, rilassando i muscoli. Mi appoggiai alla mia auto e mi inginocchiai per chiudermi di nuovo la catenina intorno alla caviglia, dove sarebbe rimasta per un altro anno.
<<Jennifer! >> sentì una voce che mi chiamava, e non ebbi dubbi su chi fosse il suo proprietario.
Lucifer Morningstar si avviava verso di me, dirigendo veloci occhiate di disgusto alla sua destra, verso la chiesa.
Avrei ridacchiato a quel particolare se solo non fossi stata scocciata di rivederlo così presto.
Cioè, non che non volessi vederlo, solo che... Non ero sicura di voler sapere quello che aveva da dirmi.
E se non può cambiare atteggiamento, se avesse deciso che preferisce lasciarti perdere?
Feci un altro respiro profondo per calmarmi.
Se non fosse stato un grado di cambiare, allora sarei stata io a doverlo lasciar perdere.
E l'avrei fatto, non mi importava a a che prezzo : l'avrei dimenticato per il mio bene e per il suo.
<<Buongiorno>> mi disse Lucifer, sorridendo. Tuttavia il sorriso non gli illuminava gli occhi, segno che non fosse spontaneo.
<<Ciao>>
<<Hai dormito bene? >> mi chiese lui, dopo troppi attimi di silenzio imbarazzato.
Sono stata sveglia tutta la notte, a rigirarmi tra le lenzuola, e quando mi sono poi addormentata ho fatto uno dei miei soliti incubi... <<Sì, grazie. E tu? >>
Lui annuì :<<Come un bambino! >> disse, e nella sua voce percepivo una nota vagamente ironica.
<<Allora>> chiesi, incrociando le braccia sul petto <<Mi stavi pedinando? >>
Luci affilò lo sguardo.
<<Non direi proprio "pedinare", più... "Seguire qualcuno con scopi preventivi" >>
<<Ho capito : mi stavi pedinando>> sbuffai, infastidita ed anche un po' inquietata dal suo comportamento <<Ma perché? Se volevi parlarmi ti bastava farmi una telefonata...>>
<<Mi dispiace>> sussurrò lui <<Volevo solo assicurarmi che tu fossi al sicuro... Diciamo>>
Mi passai una mano sul viso :<<Volevi parlarmi ma non trovavi il coraggio, così hai iniziato a seguirmi in modo molto poco inquietante>>
<<Mi dispiace>> ripetè.
Rimasi in silenzio, aspettando che dicesse ciò che chiaramente era venuto a dirmi.
<<... Mi dispiace per tutto. Davvero. Se solo potessi spiegarti tutto, lo farei all'istante. Credimi. Ma non posso farlo>>.
<<E perché no?>>
Lo vidi esitare, in difficoltà :<<Io dubito... Che saresti in grado di capire>>
<<Oh>> esclamai <<Ma certo, come no?! >> e feci per aprire uno sportello e salire in macchina.
<<Aspetta un secondo, per favore>> disse Lucifer <<Lasciami parlare>>
Sbuffai, girandomi nuovamente verso di lui e facendogli segno di continuare.
<<Quello che intendevo, Jennifer, è che non penso sarei in grado di spiegarti tutta la faccenda in modo che tu ci creda... Per farti credere nelle mie parole, so che dovrei darti una prova - perché ne vorresti almeno una - e io finirei col dartela.
E allora sì che non vorresti più vedermi>>
Distolsi lo sguardo, pensando a quello che aveva appena detto.
<<Se non me ne parli, Lucifer, come puoi essere sicuro che non ci crederò? >>
<<Lo so e basta! >> esclamò lui, alzando la voce.
<<Va bene>> risposi <<Quindi tu sei venuto qui e mi hai seguita per tipo sette ore, solo per dirmi che vorresti essere sincero con me ma non puoi farlo?>> stavo per perdere la calma.
Lui si strinse nelle spalle :<<Davvero : mi dispiace tanto. Vorrei che ci fosse un modo, cara. Ci ho pensato tutta la notte, ti giuro, ma il problema è che non c'è una soluzione... Se ci fosse l'avrei trovata... Ma non c'è>>
Rimasi in silenzio per lunghi battiti di cuore, tremando leggermente, sebbene l'aria fosse calda e afosa.
<<Capisco>> dissi, sebbene in realtà non avessi capito nulla della nostra conversazione, se non che Lucifer stesse facendo una tragedia assurda invece di dirmi semplicemente che non era abbastanza maturo per portare avanti la nostra... Beh, qualunque cosa ci fosse tra noi.
<<Jennifer, ti prego... >> fece per prendermi per mano.
Mi ritrassi, spazientita :<<Mi preghi di cosa?! Io giuro che non capisco perché fai tutte queste storie, invece di dirmi la pura e semplice verità! >>
Lui si passò le mani tra i capelli corvini :<<Ma io ti ho detto la verità, tel'ho detta tante volte, sei tu che non ci hai mai creduto>>
<<Ridimmela, allora>> dissi.
Lui fece un passo verso di me, appoggiandomi le mani sulle spalle ed inclinando la testa verso il basso per guardarmi per bene negli occhi.
I suoi erano del solito color marrone, caldo ed ipnotico al tempo stesso.
<<Jennifer...>> disse solennemente <<Io sono davvero il diavolo, che tu ci creda o no>>.
Sospirai, scuotendo la testa e sorridendogli debolmente.
<<Ma certo che non lo sei, Lucifer>> dissi <<Magari credi davvero di esserlo, ma posso assicurarti che non è assolutamente così>>
Lui mi accarezzò la schiena, attirandomi più vicina al suo petto.
<<Vero?>> disse <<Negli ultimi tempi inizio ad avere qualche dubbio persino io>>
Luci si piegò, come se volesse baciarmi, ma si limitò ad appoggiare la fronte sulla mia.
<<Grazie>> riprese <<Ma l'avevo detto che non avresti capito>>
Mi divincolai dal suo abbraccio, allargando le braccia con rabbia.
<<Cos'è che non avrei capito?! >> ora ero io ad alzare la voce <<Dovrei credere che tu sia veramente il diavolo? Il Re dell'Inferno?!
Lo sai che non credo in dio, quindi perché dovrei credere nel diavolo? >>
<<Dici di non credere in dio, eppure porti una catenina con una croce addosso, e sei appena uscita da una chiesa! Qualcosa mi dice che non sono l'unico che mente... >>
<<Questi sono affari miei. Niente che ti riguardi! >>
Lucifer fece un collerico gesto con la mano, come a sminuire le mie parole.
Si girò e se ne andò velocemente.
Appoggiai i gomiti sul cofano grigio della mia macchina, prendendomi la testa fra le mani senza neanche disturbarmi a celare le mie emozioni.
Tanto non mi stava guardando nessuno.
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