Capitolo 2.
Quella sera il Maccheroni House, il ristorante italiano dove lavoravo, era più pieno del solito.
Ovviamente, pensai mentre servivo una sottospecie di lasagna ad una donna vestita con un completo nero elegante, non sia mai che il cielo mi conceda un attimo di pace.
Ero davvero esausta, il che portava pericolosamente vicino allo zero spaccato il mio equilibrio, che già di per sé non era dei migliori.
In mezz'ora ero riuscita a distruggere un bicchiere di cristallo, guadagnandomi parecchie occhiate di rimprovero da parte di Mary Mills, l'intransigentissima titolare del ristorante.
Un'altra stoviglia danneggiata e mi avrebbe cacciata dal locale a calci nel sedere. O mi avrebbe licenziata.
E non potevo nemmeno immaginare una prospettiva così nefasta.
I cinquecento euro mensili che guadagnavo grazie a quel lavoro mi permettevano di vivere una vita decente. Modesta, ma decente. In più, lavorare in un ristorante mi assicurava di cenare gratis tutte le sere a parte la domenica, il mio giorno libero.
Se dovevo essere sincera fare la cameriera era un lavoro che non mi dispiaceva, soprattutto perché mi dava l'opportunità di essere ogni giorno a contatto con specialità della cucina italiana che mi ricordavano casa.
Nonostante il fatto che ogni volta che vedessi un piatto di tortellini cosparso di rosmarino, da buona bolognese, fossi costretta a fingere di non essere indignata. E a deglutire più volte per mandare giù il vomito.
<<Tavolo numero sette>> mi comunicò lo chef, appoggiando tre piatti di orecchiette ai broccoli sul bancone davanti a me.
Senza perdere tempo e facendo più attenzione che potevo per non fare altri danni, presi i piatti e mi avviai a passi cauti verso la sala.
Sfrecciai come un proiettile tra i tavolini di legno ricoperti da delle sottili tovaglie rosse, zigzagando con un modus operandi a cui ormai avevo fatto l'abitudine.
Gli avventori del tavolo numero sette erano tre uomini robusti vestiti di colori scuri, tutti e tre con addosso degli spessi occhiali da sole neri benché fosse già buio fuori.
Uno dei tre, quello che pareva il più importante, aveva in bocca una sigaretta spenta e di tanto in tanto si passava la mano grassoccia tra i capelli biondi.
<<Ecco qui>> dissi, mentre appoggiavo i piatti davanti a ognuno di loro senza dimenticare di sorridere.
<<Grazie mille, signorina>> mi rispose l'uomo della sigaretta, mentre gli altri due rimasero zitti e a malapena alzarono lo sguardo.
Era bello sentire qualcuno parlare la mia lingua, dopo quarantotto mesi di "pizza, pasta, mandolino" ogni qualvolta che nominavo l'Italia.
E dire che non l'avevo neanche mai visto un mandolino.
<<Si figuri>> risposi in tono amabile, parlando italiano anche io.
<<Senta>> mi disse l'uomo che avevo già battezzato come il Padrino:<<Io e i miei amici vorremmo ordinare del vino, lei cosa ci consiglia?>>
<<Preferite del bianco o del rosso?>>
<<Bianco>> rispose il mio interlocutore, senza disturbarsi a consultare gli altri due uomini seduti al tavolo insieme a lui.
<<Beh, noi avremmo dell'ottimo Pignoletto, se vi va bene>>
<<Sì, è davvero perfetto>>
<<Arriva subito>>
Ed ecco un'altra cosa che mi era mancata : sentire parlare la gente e indovinare in base all'accento da che regione venivano. Era un gioco che io e mia sorella facevamo sempre da bambine. Nel caso di quell'uomo le 'c' aspirate non lasciavano dubbi sulla sua provenienza.
Appena fui uscita dal ristorante, finito di lavorare e di ripulire, tirai un sospiro di sollievo e potei finalmente rilassare i muscoli doloranti.
Erano quasi le tre di notte : quella sera cel'eravamo presa comoda con le pulizie, anche perché due cameriere erano ammalate e quindi eravamo in meno rispetto al solito.
E io prima di tornare a lavorare dovevo arrivare a casa, farmi una doccia, cambiarmi e mangiare qualcosa per non collassare.
Salii in macchina e misi in moto : il rumore del motore che prendeva vita riusciva sempre a rassicurarmi.
Quella sera - o meglio, quella notte - ero esausta, ma anche piuttosto soddisfatta. Il signore fiorentino del Pignoletto, quello che assomigliava ad una specie di brutta copia di Marlon Brando, mi aveva lasciato venti euro di mancia. Il che giustificava il mio umore euforico.
Se tutti i clienti del ristorante fossero stati soliti lasciarmi quello che lui mi aveva lasciato, avrei guadagnato il doppio del mio stipendio.
Immersa com'ero nel mare dei miei pensieri guidai fino a casa in modalità aerea, come se il mio cervello fosse stato settato sul pilota automatico.
Più mi avvicinavo alla destinazione più i palazzi e gli imponenti edifici del centro città lasciavano spazio a delle vecchie costruzioni con l'intonaco scrostato e ricoperte di graffiti.
Il mio quartiere era uno dei più pericolosi di tutta Los Angeles, senza contare che abitavo vicinissima Skid Row, celeberrimo per il suo alto tasso di di delinquenza.
Insomma, non proprio un bel posto nel quale fare una passeggiata notturna, da sola. Eppure anche quello era un rischio che mi ero abituata a correre tutte le notti.
Il mio appartamento si trovava in un palazzo di sette piani che non vedeva una ristrutturazione da almeno vent'anni e che ne avrebbe avuto davvero bisogno. Io abitavo al terzo: non troppo in alto, ma abbastanza perché eventuali ladri fossero più o meno scoraggiati dal provare ad arrampicarsi.
Parcheggiai l'auto nel parcheggio di fronte all'entrata dell'edificio, la spensi, mi misi le chiavi nella tasca dell'impermeabile e feci per aprire la portiera.
Fu in quel momento che notai un uomo appoggiato vicino alla porta d'entrata del mio palazzo, con la schiena contro il muro e le braccia incrociate sul petto.
Era difficile per me vederlo bene a causa della scarsa illuminazione fornita dai lampioni ai lati della strada.
Cazzo.
Ci mancava solo questa.
Provai a fare un respiro profondo, ma l'ansia era come una pressa che mi schiacciava i polmoni, lasciandomi senza fiato. Riflettendo non era detto che quell'uomo fosse lì per me, visto che il condominio aveva sedici appartamenti. Eppure avevo un brutto, bruttissimo presentimento.
Una cosa era certa : quello sconosciuto stava aspettando qualcuno.
-
Allora bella gente, ecco qui il secondo capitolo della mia storia.
Beh, ovviamente spero vi piaccia e che non vi facciate problemi a farmi qualche critica costruttiva.
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