Capitolo 11.

" No, in verità sono stata io a baciare lui, Linda, non viceversa "
Io e la mia ex psicologa eravamo sedute ad un tavolino di un bar di centro città, a settecento metri dallo studio dove lavorava.
Lei aveva gentilmente accettato di farmi una specie di seduta gratis, così come aveva promesso, e ora ci trovavamo sedute con davanti due bicchieri di succo di frutta. Io l'avevo preso alla pesca e lei al mango. Tra l'altro, il mio era molto buono.
" Ma è incredibile, Jennifer! Voglio dire : da quanto vi conoscete, tre minuti? E lui già si è aperto con te. Sai che lui è un mio paziente e che io sono obbligata a rispettare il segreto professionale, però posso dirti che per fare lo stesso con me ci ha messo mesi e mesi " Linda era entusiasta e mi guardava come una madre orgogliosa.
Ragionai per qualche secondo sulle sue parole, e poi dissi :" Non sono affatto una psicologa, ma penso che lui abbia alzato dei muri tra sé e gli altri. Come mi ha detto anche la detective Decker stamattina presto, credo che voglia essere amato ma allo stesso tempo creda di non meritarselo"
Linda mi sorrise e annuii.
" In questo vi assomigliate molto "
Alzai la testa di scatto :" Credi? "
Lei annui nuovamente, per poi prendere un sorso dalla suo bicchiere di succo. Io avevo già finito il mio da diversi minuti.
In effetti, era possibile che il senso di colpa che sentivo riguardo al mio passato interferisse nel mio rapporto con gli altri.
" Comunque" dissi " Non è questo il punto, okay? Il punto è che, dopo il nostro bacio, lui è scappato.
Letteralmente. Si è alzato di scatto e ha detto che aveva un impegno urgente, e che doveva andare via subito" mi coprii la faccia con le mani, sfregandomi gli occhi " Sono stata una vera idiota. Ho già abbastanza problemi e di certo non ho bisogno di aggiungerne altri. Tu lo conosci, Linda, sai com'è fatto : a lui piace divertirsi, gli piacciono le belle ragazze e gli alcolici e di certo non è un tipo da relazione seria "
Mi viene da piangere per quanto sono stata stupida a baciare Lucifer Morningstar, e...
La voce della dottoressa Martin interruppe il mio pensiero e forse fu meglio così, perché certe cose sono troppo stupide anche solo per essere pensate.
" Penso che la vera domanda che dovresti porti non è cosa farebbe o non farebbe Lucifer, ma è cosa vorresti fare tu arrivata a questo punto" mi disse Linda.
" Non lo so "
O forse lo sai, solo che non hai il coraggio di ammetterlo con te stessa.
" Non lo so davvero, Linda. In questo periodo va tutto male ed io, onestamente, sono stanca di soffrire.
Io ci ho provato, ti giuro che ci ho provato ed ho fatto del mio meglio per lasciarmi alle spalle il mio passato e rifarmi una vita qui, ma il mio problema è che non è possibile scappare se il tuo inferno cel'hai dentro. Non puoi scappare da te stessa, né dal tuo passato. Puoi provarci, certo, ma dentro di te lo sai che non servirà a nulla. Eppure tu ci provi lo stesso, perché altrimenti dovresti davvero accettare che per te non c'è speranza di essere felice, e non avresti più nulla per cui vivere... "
Infine mi zittii. Non avevo intenzione di spiattellarle addosso un pippone del genere, era solo che parlare con qualcuno mi faceva sentire meglio.
" E dimmi, Jenny, gli incubi come stanno andando? " mi domandò Linda, il tono di voce basso e comprensivo.
A quelle parole ebbi una specie di piccolo sobbalzo : andavano peggio che mai. Dopotutto, era colpa mia.
Sapevo che affezionandomi a qualcuno avrei avuto il terrore di perderlo, ma non pensavo che sarebbe stato così terribile...
E poi, c'era dell'altro.
" Io..." sussurravo " Da qualche giorno c'è anche Lucifer nei miei incubi"
Linda rimase zitta e pareva invitarmi silenziosamente a spiegarmi meglio.
" Lui è lì, Linda : alla fine di ogni sogno, o meglio, io non lo vedo perché lui è sempre fuori dal mio campo visivo, ma lo percepisco. Posso avvertire il suo giudizio su di me, su quello che ho fatto... Anche lui pensa che sia tutta colpa mia "
Lei scosse la testa e si avvicinò, passandomi un braccio intorno alle spalle. La sua vicinanza mi confortava come poche altre cose al mondo.
" Questo è un classico esempio di proiettamento delle paure : tu temi che Lucifer ti giudichi negativamente, e quindi proietti questo tuo timore anche nell'ambiente onirico" mentre parlava mi accarezzava la schiena " Sai tesoro, il tuo problema è che tu sei la prima a ritenerti colpevole. Non passa giorno senza che tu ti commiseri per ciò che successe quel giorno di quattro anni fa.
Continui ad addossarti la colpa di eventi che non avevi e non hai mai avuto il potere di impedire... La verità è che sei il giudice peggiore di te stessa, e non riesci a perdonarti"
Annuii, asciugandomi con rabbia una lacrima che mi stava scendendo dalla guancia destra.
" Abbiamo fatto questo d-discorso tante volte, e altrettante volte ti ho detto che non ne sono capace. Non sono brava a perdonare gli altri, ma con me stessa s-sono ancora più severa. Ho accettato da tempo che il senso di colpa non mi abbandonerà mai, e che... " la voce mi tremò " che nessuno mai potrà accettarmi o amarmi. Resterò sola per tutta la vita, già lo so.
Ed hai ragione anche su un'altra cosa, Linda : io e Lucifer ci assomigliamo. Entrambi pensiamo che se ci aprissimo completamente con gli altri, saremmo respinti.
L'unica differenza tra noi due è che io sono l'unica che probabilmente ha un buon motivo per pensarlo "
Ormai piangevo a ruota libera, potevo avvertire le lacrime che mi inondavano le guance e scendevano fino al collo.
" Io ho passato ogni giorno da quattro anni a questa parte a sentirmi sbagliata. Vedevo le persone che passavano per strada e facevano scorrere lo sguardo su di me, ma se avessero saputo la verità... Se avessero saputo la verità su di me sapevo che non mi avrebbero accettata mai "
Anche Linda aveva gli occhi lucidi e fece per abbracciarmi, ma io mi sottrassi, alzandomi dal tavolo ed indietreggiando.
" Mi dispiace, devo andare " mi limita a dire, e sotto il suo sguardo preoccupato e confuso mi girai ed uscì dal bar. Dovevo uscire da lì. Subito.
Mi ero resa ridicola, così mi sentivo ogni volta che provavo a parlare dei miei sentimenti.
Mi fiondai nella mia macchina, parcheggiata poche centinaia di metri più in là, vi entrai e mi chiusi dentro.
E poi piansi tutte le mie lacrime.
La solitudine che provavo mi schiacciava il petto, ostruendomi i polmoni, ma la consapevolezza che sarei stata sola per tutta la vita era anche peggio.
Perché chi mai avrebbe potuto amarmi?
Avevo letto da qualche parte che, per essere amati, bisognava in primo luogo imparare a volere bene a sé stessi. Ed io mi odiavo.
Facevo fatica a guardarmi allo specchio addirittura, perché la figura che vedevo riflessa non era la mia, ma quella di un mostro che distrugge tutto quello su cui mette le mani.
All'improvviso mi squillò il cellulare. In primo luogo pensai che fosse Linda, che mi aveva chiamata, preoccupata per me. Ma dovetti ravvedermi quando il nome di Lucifer apparve sullo schermo.
Rimisi via il cellulare : non volevo parlargli. Volevo stare da sola.
Dopotutto, ormai ci avevo fatto l'abitudine.
Misi in moto e partii a tutta velocità, fregandomene dei limiti. Davvero non mi importava.
All'improvviso non capivo perché mi trovassi a Los Angeles, negli Stati Uniti d'America. Io non appartenevo a quel posto.
Per un lungo istante desiderai tornare in Italia, a casa, e rivedere le collinette ed i campi di grano tra i quali ero cresciuta e avevo passato gli anni migliori della mia vita.
Eppure sapevo che in Italia non era rimasto niente per me. Se fossi tornata, i miei incubi sarebbero diventati realtà e i ricordi di quattro anni prima mi avrebbero distrutta.
Era probabile che non fosse rimasto niente per me nel mondo intero.
Come avevo detto prima a Linda, sarei potuta andare anche fino in Tibet, ma non sarei comunque stata in grado di fuggire dal mio inferno personale. Quello era certo.
Non stavo guidando verso nessun luogo in particolare, mi limitavo a guidare a caso tra le strade della Città degli Angeli.
Andavo avanti senza mèta.
Il cellulare mi squillò ancora ed ancora, finché non mi decisi finalmente a rispondere.
Per fortuna non era Lucifer, ma la detective Chloe Decker. Non avrei dovuto parlare al cellulare mentre guidavo, ma in quel momento poco mi importava.
" Pronto detective" tirai su col
naso " come stai?" le chiesi.
" Bene " disse lei " Senti, ho fatto una ricerca di poche ore sul clan mafioso di cui fanno parte il signor Marmont e suo cugino, e ho trovato tantissimi riscontri. Sono anni che li teniamo sotto controllo, ma non riusciamo a raccogliere abbastanza prove per incriminarli"
" Beh, magari potreste iniziare con arrestarli per un crimine di minore entità in cui potete dimostrare il loro coinvolgimento, e poi, mentre li tenete in cust..."
La detective mi interruppe :" Non funziona così, Jennifer. Sono dei boss quei due, hai presente? Se li buttassimo dentro per un furtarello pagherebbero la cauzione e sarebbero fuori in poche ore, per non parlare del fatto che perderemmo tutto il nostro vantaggio su di loro"
Gemetti di frustrazione :" Giusto" dissi " non ci avevo pensato, e quindi? "
" E quindi, mi dispiace, ma non ho assolutamente niente in mano. Ti ho chiamata perché vorrei che tenessi d'occhio Lucifer, mentre io continuo con le indagini "
" Ma certo, detective, lo prometto"
Mi salutò e misi giù.
Non potevo certo dirle che avevo baciato Lucifer Morningstar come una stupida. Perché era così che mi sentivo.
Stupida e incazzata con me stessa.
Non potevo dire alla detective che l'avevo baciato e lui mi aveva respinta in modo più che eloquente.
Del resto, che cosa mi aspettavo?
Lucifer era abituato a farsela con le modelle - o quasi - tipo quella Gianna. Una come me non l'avrebbe neanche guardata se non fosse che si sentiva responsabile per quello che mi era successo.
Doveva essere così. Per forza.
Avevo voglia di sbattere la testa da qualche parte. Un muro possibilmente, o una superficie altrettanto solida.
Chissà che il dolore non risvegliasse qualche impulso neuronale nel mio cervello, spingendomi a compiere una decisione decente, per una volta.
Era quasi mezz'ora che guidavo a caso per il centro di Los Angeles.
Gli stessi pensieri cupi mi ristagnavano nella mente, torturandomi.
Personalmente non credevo nell'inferno o nel paradiso, né in nessuna delle tante religioni che conoscevo. In verità, da bambina ero stata battezzata e fino ai nove anni - più o meno - credevo nel dio dei cristiani. E pensavo che tutto ciò che accadeva accadesse per un motivo, perché era Lui a volerlo.
Tante cose erano cambiate da allora : io ero cresciuta e la vita mi aveva disillusa in tutti i modi possibili.
A ventidue anni compiuti evitavo le chiese come se ne andasse della mia vita.
In quel momento il mio cellulare squillò di nuovo ed io decisi di rispondere, con il sole delle undici che mi scaldava la pelle attraverso il vetro dei finestrini.
" Che c'è?" il mio tono di voce era freddo e sbrigativo.
" Dove sei?" quello di Lucifer, di tono, era completamente diverso.
" In giro, perché? Non puoi chiamarmi sette volte al minuto, sai? Sembrerà incredibile ad uno come te ma anche io ho una vita "
In un momento normale mi sarei pentita del mio atteggiamento così esageratamente acido, ma non quel giorno. Non dopo tutto il dolore che avevo sofferto, non dopo che lui era la causa di una buona parte di quel dolore.
Lui parve esitare :" Mi dispiace, Jennifer" sussurrò infine " È solo che non dovresti andare in giro. Non sei affatto al sicuro "
Mi limitai a sbuffare, sperando che Lucifer lo sentisse e capisse quanto fossi frustrata di intraprendere quella conversazione.
" Io starò bene, come ho sempre fatto : non devi preoccuparti per me "
" Ed invece io mi preoccupo per te
per-rché... Beh, tu... "
Mi venne quasi da sorridere : balbettare così, essere incerto insomma, non era affatto da lui.
" E io che pensavo che avessi un impegno urgente visto come te ne sei andato velocemente, qualche ora fa..."
Il sarcasmo nella mia voce era più tagliente di un coltello.
" Hai già risolto la situazione? perché in caso contrario penso che dovresti mettere giù il cellulare e iniziare a darti da fare " sarcasmo e ancora sarcasmo.
" No " disse Lucifer" In verità, Jennifer, non ho mai avuto nessuna questione urgente da risolvere "
Come se già non lo sapessi.
A quel punto mi sarebbero venute le lacrime agli occhi se solo me ne fosse rimasta qualcuna di riserva.
" E perché dici di non mentire mai, se poi lo fai? " stavo iniziando ad incazzarmi veramente.
Lucifer Morningstar esitò, ma dopo un attimo di silenzio disse : " No, io non lo faccio. Di solito non mento mai, ma la situazione è diver..."
Si interruppe a metà della frase, di colpo, probabilmente rendendosi conto di quanto fosse assurdo ed illogico ciò che stava dicendo.
" Va bene, come vuoi" ero esasperata.
" Ma, Jennifer, ora non sto mentendo, devi credermi!"
" Quindi tu mi stai dicendo che di solito sei sempre sincero con tutti, ma che con me ti senti autorizzato a sparare cazzate ogni volta che ti va?"
Ed eccolo di nuovo, il mio vecchio e caro amico, il signor Sarcasmo.
" Non è questo il pun..."
Io lo interruppi appena iniziò a parlare :" Fa niente " sussurrai.
" Come sarebbe a dire ' fa niente'? "
" Sarebbe a dire che, va bene, ho capito quello che hai da dire a tua discolpa e che non mi interessa... Non voglio sentirmelo dire, capito? Lo so anche io, non sono così stupida, sai?"
" Io non... Io non capisco" disse lui.
Feci un respiro profondo e una fitta di dolore mi trapassò lo sterno. Maledetti dolori intercostali.
" Per me essere respinta non è affatto insolito " sussurrai così piano che non credevo che Lucifer mi avesse sentita. Più che altro speravo che non mi avesse sentita.
Passò qualche secondo nei quali regnò un silenzio di tomba da parte sua. Ecco : appunto. Il fatto che non mi rispondesse dimostrava che quello che avevo affermato era vero.
Un rifiuto in più o un rifiuto in meno, ormai non mi cambiava più di tanto. Nella vita avevo ricevuto più rifiuti che strette di mano, in pratica.
" Comunque" fui io a spezzare il silenzio " La detective Decker è preoccupata che tu ti cacci nei guai. Quindi stai buono e fatti gli affari tuoi"
O le modelle tue, nel suo caso.
" Sì, me li sto facendo, ma..."
" Bene, ci sentiamo Lucifer " e chiusi la chiamata.
L'avevo trattato davvero con cattiveria ma non mi sentivo in colpa. Del resto poteva essere meno stronzo con me e, se proprio voleva rifiutarmi, poteva farlo prima che ci baciassimo.
Il mio sarcasmo se lo meritava tutto.
E avevo di nuovo il vomito.
Per distrarmi dal malessere che provavo guardai casualmente dallo specchietto retrovisore e notai che dietro di me c'era una macchina nera lucida, probabilmente una Nissan.
Ci feci passare lo sguardo distrattamente sopra, senza darci troppa attenzione.
Prestai attenzione quando, circa cinque minuti dopo, notai che quell'auto mi stava ancora seguendo.
Il sangue mi si congelò nelle vene. All'improvviso avevo freddo e tremavo, sebbene fosse quasi mezzogiorno e il sole si riflettesse caldo sui grattacieli di Los Angeles.
Mi dissi di restare calma e di non saltare alle conclusioni.
Infondo non è detto che mi segua, magari il guidatore sta, come me, girando per il centro di Los Angeles e solo per caso sta percorrendo la mia stessa strada...
Aspettai ancora tre minuti, gli occhi incollati agli specchietti retrovisori, ma la Nissan era ancora, sempre lì.
Sì, mi sta seguendo.
Avevo visto troppi film d'azione per non sapere che quando una macchina ti pedina, dopo che la notte precedente hai ricevuto una telefonata di minacce da un clan mafioso, per te si mette davvero male.
Dovevo restare calma : la stazione di polizia dell'ALPD era a pochi chilometri da lì.
Quattro o cinque minuti.
Se fossi arrivata fin lì, sarei stata al sicuro, più o meno.
Con un occhio guardavo la strada davanti a me, mentre l'altro rimaneva fisso sulla macchina nera che mi stava seguendo ormai da un quarto d'ora.
Sentivo il cuore che mi batteva persino nelle orecchie. Non avevo mai avuto tanta paura in vita mia.
Presi il cellulare in mano e lo accesi, componendo il numero della detective.
" Chloe" le dissi " sto venendo alla centrale, tu sei lì?"
" Sì, sto facendo le ricerche che ti avevo promesso. Ma va tutto bene? Mi sembri agitata"
In effetti, l'ansia mi spingeva a parlare troppo veloce e le parole mi si spezzavano in punti strani.
" Una macchina nera mi segue. Da quindici minuti. È una Nissan"
Sparai queste tre informazioni a macchinetta, con le mani che mi tremavano sul volante.
" Sicura che ti segua?"
" Sì!" alzai la voce " Sono piuttosto sicura che mi segua!"
" Va bene" disse la detective " Dove sei? Arrivo subito, tu però devi stare calma e non lasciarti prendere dal panico. Andrà tutto bene"
Davanti a me, a circa settecento metri sulla destra, la grigia stazione di polizia, che fino a quel momento mi aveva sempre messo tristezza, adesso mi pareva un'ancòra di salvezza.
Potei tirare un sospirò quando finalmente mi apprestai ad entrare nel parcheggio dell'edificio.
" Detective, io sto entrando nel parcheggio della stazione, mi puoi venire incontro?"
" Certo, sono quasi lì "
" Grazie mille, ora sto parchegg..."
Tutto accadde in pochissimi secondi :
Subii una forte spinta dal retro della mia auto e venni sbalzata in avanti.
Gridai, di questo sono certa.
Poi sbattei la fronte contro una superficie dura. Non feci nemmeno in tempo a provare dolore perché tutto divenne nero.
Quando tornai in me, qualcuno mi aveva tirata fuori dalla macchina e fatta distendere per terra, sul cemento. Lo sapevo perché sentivo che, sotto di me, c'era una superficie calda e dura.
Andai ancora più in panico quando notai che non vedevo quasi nulla, solo delle immagini sfocate. Sbattei le palpebre più volte, ma niente.
Intorno a me, intanto, sentivo un gran via vai di persone che gridavano cose che avevo troppo dolore alla testa per ascoltare.
" Jennifer... Jennifer, mi senti?" sentivo la voce della detective molto vicina, probabilmente era inginocchiata vicino a me " Tieni duro, okay? Sta arrivando un'ambulanza. Andrà tutto bene"
Aveva detto anche prima che sarebbe andato tutto bene, e invece...
" Chloe, ti prego... Devi aiutarmi : ho male dappertutto e n-non vedo nulla!"
Stavo andando in panico. Anzi, no, ero già andata in panico.
Provai ad alzarmi, ma appena feci per muovermi Chloe mi tenne ferma per le spalle :" Non muoverti, adesso ci penso io " mi disse lei.
Mi fidavo di lei e feci come diceva. Qualche secondo dopo iniziò a pulirmi la fronte, le guance ma soprattutto intorno agli occhi, con un qualcosa di morbido e umido, forse delle salviette.
Quando ebbe finito la mia vista andava già molto meglio : potevo vedere il cielo e i poliziotti intorno a me, e, qualche metro più in là, la mia macchina mezza distrutta.
Era ancora tutto un po' sfocato, ma andava molto meglio.
Mi paralizzai, appena mi resi conto da cosa mi aveva pulito gli occhi.
" Perdo tanto sangue, detective?"
Strano : ero sorprendentemente calma e padrona di me stessa, nonostante il dolore pulsante alla testa.
Chloe, accanto a me, tentennò :" Un pochino" si limitò a dire, ma poi mi accorsi che, vicino a lei, c'era una pila di fazzoletti sporchi di sangue.
Chiusi gli occhi, tremando.
Quel bastardo mi aveva tamponata.
Il dolore alla testa e al collo, intanto, aumentava. Provavo una sensazione come se avessi il cranio schiacciato da qualcosa di molto pesante.
" Chloe, io voglio dormire..." le sussurrai mentre lei mi tamponava la ferita alla fronte.
" No : lo so che è difficile, ma devi restare sveglia, va bene?" si spostò da dietro alla mia testa al mio fianco destro, senza smettere di tenermi premuta della carta sulla frangia " Su, dimmi una poesia. Una qualunque"
Vedevo la paura nei suoi occhi, e sapevo che non era per il sangue : lei era una detective, ci era abituata.
Dovevo essere messa proprio male.
" Non ne conosco, detective... Non di inglesi " se parlavo il male alla testa peggiorava a dismisura.
" E allora dimmene una in italiano"
Sebbene parlare mi costasse una certa fatica, iniziai a recitarne una, balbettando. La prima che mi veniva in mente.
" La nebbia agl'irti colli piovviginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar. Ma per le vie del borgo, tra il ribollir dei tini, va' l'aspro odor dei vini l'animo a rallegrar..."
Aggrottai le sopracciglia, provando a riportare alla memoria come continuasse. Non ci riuscì.
Eppure fino a quella mattina la ricordavo bene, anzi, perfettamente.
" Non me la ricordo più " dissi in inglese, e la detective si lasciò sfuggire un :" merda!" sottovoce.
In quel momento un paio di conati di vomito mi fecero tremare ancora più forte, e Chloe mi girò lentamente e con attenzione la testa di lato, perché non mi soffocassi.
Sentivo in bocca un sapore amaro, come se avessi mangiato troppo limone... E non per via del vomito.
" Sai" dissi ad alta voce " una volta, a quattordici anni, feci una gara con due mie amiche per chi mangiava più fette di limone in meno tempo... L'ho vinta io. Ho mangiato otto fettine di limone, ed ho quasi vomitato, dopo" scoppiai a ridere, poi gemetti perché la testa mi infillse una fitta di dolore più forte di quelle a cui ero ormai abituata.
La detective mi guardava più preoccupata di prima, quasi terrorizzata, ma anche interdetta.
Pensava quasi di sicuro che avessi iniziato a delirare.
" Ho parlato in italiano senza accorgermene, vero?" le domandai.
Lei annuii accarezzandomi delicatamente una spalla.
Avevo di nuovo il vomito.
Intorno a noi due, intanto, vari poliziotti e poliziotte si davano da fare per raccogliere più prove che potevano dall'auto nera che mi aveva tamponato.
" Dov'è il guidatore?" chiesi, provando ad accennare col capo alla Nissan con il cofano tutto ammaccato per l'impatto con la mia povera macchina.
La detective mi tenne ferma la testa.
" Era telecomandata" disse " Nessun guidatore. I finestrini oscurati hanno fatto sì che nessuno se ne accorgesse"
Proprio in quel momento iniziai ad udire il rumore delle sirene di un'ambulanza che si avvicinavano.
Afferrai la mano sinistra di Chloe, ancora appoggiata sulla mia spalla, e la strinsi più forte che potei.
" Ti prego" le sussurrai " Ti prego... non lasciarmi sola "
Lei annuii di nuovo : " Non temere" mi rassicurò.
A quel punto, parzialmente tranquillizzata dalle sue parole, chiusi gli occhi e mi lasciai andare.

-

Allora, che ne pensate di questo nuovo capitolo?
Ad essere onesta, mentre lo scrivevo mi sono anche un pochino commossa per le vicende di Jennifer. No, non sto scherzando.
Spero che possa piacere anche a voi tanto quanto piace a me 💗

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