Prologo


Il purgatorio scorreva monotono, grigio, interrotto solo a tratti dalle bracciate di qualche disperato che annaspava verso la riva opposta. Ma erano momenti, poi sparivano inghiottiti dalla fissità dei flutti. Pareva quasi una lastra di metallo, fredda e dura, su cui posare i piedi con sicurezza.

In effetti, loro potevano farlo.

Morte lanciò nel fiume il mozzicone di sigaretta e subito se ne accese un'altra.

Il Tristo Roditore, seduto al suo fianco, mordicchiava qualcosa, condividendo con la collega quel momento di riposo.

«Cosa stai rosicchiando?» chiese lei, senza una reale curiosità.

«Un osso.»

«Tuo?»

«No, non so di chi è» rispose lui osservando il bastoncino biancastro.

«Perché lo fai?»

«Devo, altrimenti i denti mi crescono a dismisura. È davvero fastidiosa questa recrudescenza di vita, un impiccio del tutto inutile. Immagino che tu fumi per lo stesso motivo?»

Morte rimase in silenzio, saggiando la consistenza della sigaretta tra le dita. Era una vera sigaretta, con del vero tabacco di ottima qualità, ma lei poteva apprezzarne solo quello, la consistenza. E il calore del fumo tra i denti.

«Più o meno» rispose.

Un tonfo interruppe i loro pensieri. L'anima di un derelitto arrancava verso la loro riva, quella sbagliata, proprio lì di fronte. Allungando le mani supplicò aiuto. Morte e il Tristo Roditore scossero all'unisono il capo. Quello insistette finché un vortice lo risucchiò. Nessuno poteva più avvicinarsi alla riva di partenza.

«C'è però una cosa che mi manca dell'essere vivo» riprese il Tristo Roditore. «Non che sia mai stato vivo, ovvio, però quando li vedo che s'ingozzano di formaggio, con i baffi tutti luridi e la bavetta alla bocca, ecco, in quei momenti lì rimpiango di non avere il gusto. È assurdo, mi crescono i denti ma non posso nemmeno sentire il sapore di quello che rosicchio» protestò vivamente.

«È perché non hai la lingua.»

In lontananza arrivava lo sciabordare del traghetto e un canto mesto ma melodioso. Qualcuno era di buon umore, chissà perché.

«E a te manca qualcosa dell'essere viva? Cioè, la vorresti? Perché è chiaro, neanche tu sei mai stata viva, ma ecco... sì, insomma, hai capito.»

Morte lasciò cadere le parole del Tristo Roditore nel vuoto, e attese un momento di vero silenzio per rispondere: «L'amore.»

«Oh, è una cosa grossa» disse lui, dopo un improvviso attimo di stupore.

«Sì.»

Il Tristo Roditore diede gli ultimi morsi al suo ossicino, fissando come ipnotizzato una mano che si agitava fuori dalle acque.

«Quando li prelevo, ciò per cui si disperano di più o che più li conforta, è l'amore. Sì, qualcuno rimpiange il potere, quasi nessuno il denaro, ma tutti sospirano almeno un momento per un amore perduto. E gli unici che non lo fanno sono coloro che, grazie a me, sperano di riabbracciarlo quell'amore.»

«Confesso, faccio fatica a capire. I miei più che volersi riprodurre in continuazione non è che fanno, ma da come ne parli sembra una forza molto potente.»

«È la più potente.»

Uno schiocco lontano annunciò loro l'attracco del traghetto. Presto avrebbero dovuto consegnare un nuovo carico. Ma non si lasciarono prendere dall'ansia, in fondo per loro il tempo non aveva alcun significato.

«Certe anime si rifiutano categoricamente di andare Oltre e abbandonare la loro gemella. Restano lì in attesa di attraversare insieme.»

Il Tristo Roditore sputacchiò alcuni rimasugli del suo spuntino. «Beh, è una cosa che ti capita spesso, a dire il vero...»

«È diverso. Le anime che rifiutano la realtà, o che ne sono sconvolte, restano senza consapevolezza. Un'anima che ha perduto l'amore resta con uno scopo.»

«Anche quello strego...»

«Non. Pronunciare. Quella. Parola.»

Il Tristo Roditore sentì un'onda di gelo attraversarlo. «Va bene, scusa. Scusa.» Rimase ancora un po' seduto poi si rassegnò a riprendere il lavoro.

«Lo scopo di un'anima in amore è ben diverso, non c'è solo un egoistico desiderio di restare attaccata alla vita. No, c'è il rimpianto di non poter più ricambiare, di non poter proteggere e consolare. Poi c'è la rabbia e la paura d'essere sostituita da una contendente cui non puoi contrapporti. E c'è l'amore, che pulsa nel profondo incessantemente, incondizionatamente. Queste anime vivono anche dopo la morte, vivono nonostante la morte.»

Il Tristo Roditore raccolse la sua falce e fissò la collega con curioso stupore. «A sentirti sembra che tu l'abbia provato.»

Morte non reagì subito, ma prima che lui se ne andasse scosse lieve il capo.

«Però l'hai visto, cioè, qualcuno che hai prelevato di recente?»

«Già» disse Morte alzandosi e gettando il mozzicone nel Purgatorio.

«Non mi dirai com'è andata, vero?»

«No, non credo» rispose lei raccogliendo a sua volta la propria falce.

«Peccato, sarebbe stata una bella storia da raccontare.»

«E da quand'è che te ne vai in giro a raccontare le storie degli umani?»

Il Tristo Roditore tossicchiò nervoso: «Non è che me ne vado in giro... era così, un discorso ipotetico. Pensavo che se avessi qualcuno cui raccontare una storia, questa poteva essere interessante.»

La luce si aprì davanti a loro, abbagliante, ma non ebbero bisogno di proteggersi la vista. D'altronde non vedevano con gli occhi. Morte però si voltò a guardare ancora una volta il Purgatorio. Da lì era poco più d'una infinita riga che delimitava un infinito orizzonte. Suo malgrado dovette dar ragione al Tristo Roditore: sarebbe stata una gran bella storia.

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