Epilogo

Due ragazzini, avranno avuto otto anni, si rincorrevano lungo il sentiero che portava al podere. Erano felici di quel gioco semplice e innocente, ignari di ciò che l'età adulta avrebbe preteso in cambio delle sue velleitarie passioni.

Se ora un viandante avesse chiesto loro di barattare quel divertimento improvvisato con una notte d'amore, gli avrebbero riso in faccia. Ma da lì a pochi anni, avrebbero scambiato quello e ben altro anche solo per un minuto.

Ysbel, dal suo angolo di nulla, li osservò allontanarsi fino a diventare foschia nella calura estiva. Si sorprese a rimpiangere quella sensazione, il calore della pelle sotto il sole, il fastidio del sudore lungo la schiena.

In tutto quel tempo non aveva mai rimpianto altro se non Magda. Mentre lei l'aveva dimenticata, cancellata, rinnegata.

Era stata così sciocca.

«Pensavo che consistesse in questo l'amore: perdere completamente la ragione.»

Ysbel alzò gli occhi: Morte era in piedi in mezzo al grano come un faro in un mare giallo.

«Anche, ma non solo.»

Morte emerse e le si parò davanti, falce alla mano, in una posa che chi la conosceva meglio avrebbe definito "rilassata".

«Tu l'hai sempre saputo che lei...» l'accusò Ysbel, senza avere il coraggio di completare la frase.

«Anche tu lo hai sempre saputo.»

Ysbel si sedette su un masso ai bordi del campo, i capelli biondi confusi tra le spighe come un'unica, gigantesca, piega. Stava piangendo, ma le lacrime non potevano scendere dai suoi occhi privi di vita.

«Allora spiegamelo: cos'è l'amore?» domandò Morte.

«Come puoi capirlo tu, che conosci solo i miasmi della tomba?»

Morte s'irrigidì, ma i singhiozzi di Ysbel erano tanto gelidi e ineluttabili da bloccarle tra i denti ogni parola. Posò la falce a terra e le sedette al fianco: «Prova a spiegarmelo ugualmente.»

Ysbel spostò lievemente la testa, come volesse cercare il suo viso ma poi avesse cambiato idea. Dopo un lungo silenzio le chiese: «Come ti senti quando non stringi la falce?»

Morte non si aspettava una domanda: «Non ci ho mai pensato. È come se mi mancasse qualcosa» rispose, raccogliendo d'istinto l'attrezzo.

«Ecco. L'amore è così. Finché non lo provi, finché non te ne importa nulla, tutto va bene. Ma appena lo scopri ti si apre un vuoto dentro e senti un pressante bisogno di riempirlo.»

«Magda riempiva il tuo vuoto?»

«Così credevo. Ma forse sedava solo la paura di quel vuoto, la paura di restare qui, nel nulla, sola.»

Morte si alzò e guardò con compassione il volto tanto bello quanto diafano di Ysbel: «Non sei sola. E non sei costretta a restare qui.»

«Ma sarò sola anche... di là.»

«Oh, là non puoi essere sola, là è concentrata l'energia di tutto l'intero creato. E anche di più.»

Ysbel sollevò il viso e guardò Morte nel profondo delle sue orbite vuote. Non le faceva paura, anzi, la trovava rassicurante, l'aveva sempre trovata rassicurante. In più ora sembrava quasi sorriderle.

Si alzò e le porse la mano.

Morte la strinse con delicatezza e la guidò verso la luce.

Camminarono così, mano nella mano, verso il confine infinito delimitato dal Purgatorio, puntando una macchia più scura che presto si consolidò nella forma di un battello sgangherato.

«Il tuo viaggio inizia ora. Sii felice Ysbel» la salutò Morte, consegnandola alle cure del vecchio marinaio che attendeva sul molo.

«Tu non vieni con me?»

«Non posso.»

«Forza, piccola, stavamo aspettando solo te» la incoraggiò il Traghettatore.

«Ci rivedremo?» le chiese prima di posare piede sull'imbarcazione.

«Sempre. Per noi il tempo non ha alcun significato.» E questa volta, Ysbel ne fu certa, Morte stava sorridendo.

Il traghetto salpò con il suo carico di anime. Morte rimase sul molo ancora un momento, a guardare Ysbel che la salutava dal ponte.

«Giornata dura?» si intromise una vocetta petulante.

Morte abbassò lo sguardo sul Tristo Roditore: «Non più del solito.»

«Ti va una pausa?»

«Volentieri» disse lei tirando fuori una sigaretta.

Anche il Tristo Roditore estrasse qualcosa dagli anfratti della sua veste e insieme si sedettero sulla riva del fiume, a scrutare la fissità delle acque.

Il silenzio era interrotto solo dallo sciabordare lontano del traghetto, e dal rosicchiare del Tristo Roditore.

Restarono lì, le orbite sulle acque piatte, spezzate dal solitario annaspare di qualche anima, e chiacchierarono sulla recrudescenza della vita per un tempo indefinibile. Se lo potevano permettere, per loro il tempo non aveva alcun significato.

Ma nonostante questo dovettero tornare al lavoro.

«Sicura che non me la vuoi raccontare quella storia?»

«Sicura» rispose Morte prima che la luce si aprisse davanti a loro. Si voltò ancora una volta verso il Purgatorio, giusto il tempo per il Tristo Roditore di sparire.

Poi lo seguì anche lei, seppure verso un'altra destinazione.

Era un altro tempo, ma per lei non faceva differenza. Il campo sotto la luna brillava di scintille, la rugiada faceva a gara con le lucciole. Lei era là, distesa supina, gli occhi a quel cielo inondato di stelle. Presto il sole sarebbe sorto, senza che lei potesse goderne più il calore.

Il viso sofferente, pallido, restava d'una bellezza pura, fragile e gentile, i capelli d'oro riflettevano il chiarore lunare come un'aura ultraterrena.

Emise ancora alcuni sospiri sordi e faticosi, poi i suoi polmoni smisero di riempirsi, il suo cuore batté l'ultimo colpo.

Quando le apparve di fronte non mostrò alcun timore. Ma con fermezza l'anticipò: «Non verrò con te, aspetto una persona.»

«Ti faccio compagnia per un po', se ti va.»

«Certo» sorrise Ysbel.

Morte posò la falce, si sedette accanto alla giovane e insieme attesero l'alba.

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