Bakunin

L'INCARICATO - UN RACCONTO AMBIENTATO A PONTE: SESTA PUNTATA
C’è chi crede che la storia sia fatta a cicli che di tanto in tanto si ripetono e chi, invece, pensa piuttosto a una sorta di freccia  termodinamica che va avanti senza fermarsi. Per Mario Bonetti, soprannominato Bakunin, la storia era invece ferma al 6 novembre 1917, scoppio della Rivoluzione russa (quella che per colpa del calendario non riformato ancora chiamiamo Rivoluzione d’Ottobre). Con quella esperienza l’utopia si era fatta realtà ma aveva fallito.
In realtà il suo nome era dovuto a un fraintendimento di “confusi nemici del popolo” come avrebbe potuto spiegare a chiunque il Bonetti, perché anziché a Bakunin il suo pensiero si rifaceva a Fourier, pensatore del socialismo utopico.
Bakunin aveva 53 anni, una fronte spaziosa e un volto abbronzato dal sole della campagna della quale si occupava nel tempo libero e viveva a Berola, contrada alta che dominava il borgo dai terrazzamenti coltivati ancora a vite, e di lavoro faceva l’operaio, ma per scelta. Sì perché dopo essersi laureato in filosofia, aveva “compreso lo sfruttamento intellettuale al quale i pensatori vengono assoggettati integrandoli al vile sistema borghese” (una definizione sua) e non aveva avuto altra scelta che raggiungere il luogo che era ovviamente la culla della nuova rivoluzione: la fabbrica.
Aveva poi fondato, con altri reduci di ideologie più o meno comuniste /socialiste e anarchiche, il Comitato Rivoluzionario, un gruppo spontaneo che non si era costituito in associazione per non essere troppo omologato ma che si riuniva ogni sabato intorno al suo Lider Maximo da ben 26 anni.
Che cosa spingesse i sette o otto membri del Comitato alle riunioni era davvero un mistero. Forse il carisma del capo, che parlava con la monocorde tonalità di un cronista sportivo della radio negli anni ‘70? Forse i suoi discorsi ai partecipanti della durata di una trasmissione radiofonica cubana con Fidel Castro? Forse il suo continuo fustigarli perché non erano abbastanza ideologicamente puri? Insomma, c’erano buone possibilità, a detta di molti, che fossero masochisti. A detta di altri, invece, il vero motivo era l’eccellente vino che, inconsapevolmente, Bakunin produceva da anni e che offriva con grande generosità a tutti coloro che si sottoponevano ai suoi sermoni.
L’uditorio anche quella sera era misto, un paio di settantenni, due ragazzi smilzi che arrivavano per la prima o seconda volta e le tre habitué, le cosiddette ancelle della rivoluzione, ormai a loro volta vicine ai cinquanta e assidue frequentatrici del Comitato.
“Ed è così, compagni, che ho compreso, dopo tutti questi anni, l’impossibilità di avviare in termini concreti una rivoluzione popolare dal basso in senso classico che possa da qui estendersi all’Italia e al mondo”.
Le Ancelle sussultarono, come se avesse detto un’enormità, mentre i ragazzi lo guardarono come se avesse detto che per la prima volta capiva che la terra era rotonda.
“Ma forse una luce brilla in fondo all’oscurità dei tempi: il caso infatti ci ha messi di fronte a una possibilità che, nonostante il nostro odio per il Capitale e per il vile denaro prodotto da padroni e sfruttatori con il sangue dei deboli e della Classe Operaia, non possiamo assolutamente non sfruttare. ” Renato, uno dei due settantenni, si illuminò all’improvviso in volto: che persino Bakunin fosse interessato ai 20 milioni?
“Chiunque altro si impossessi dei venti milioni che un capitalista in preda ai rimorsi per le efferate angherie perpetrate agli sfruttati sta ora mettendo a disposizione, non farà altro che usarli a danno dei lavoratori e creando un nuovo nucleo borghese di cui il paese di Ponte non ha proprio bisogno”.
“E quindi?” chiese Remo, pragmatico, cercando di venire al dunque.
“E quindi costruiremo un organismo paritario e senza capi e direttamente rappresentativo che si incaricherà di presentare il nostro progetto. Realizzeremo un Falansterio a Ponte!”
“Un falan-ché?” Chiese Giovanni, uno dei due ragazzi appena arrivati.
“Un falansterio, una fabbrica ideale, proprio come quelle progettate da Fourier!” Squittì Marisa, una delle ancelle della rivoluzione.
“Il socialismo rinascerà da qui!” esclamò la seconda, Monica.
“Ma è… meraviglioso” decretò con trasporto Lorenza, la terza.
Anche gli altri sembravano tutti convinti, compreso Giovanni. Solo il suo pallido amico Federico non pareva convinto.
“E in effetti è sempre meraviglioso fare la rivoluzione con i soldi degli altri. Ma chissà se gli altri sono d’accordo” pensò, infatti, mentre accettava il brindisi “alla Rivoluzione” con il vino di Bakunin.

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